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#top8

Gli 8 migliori film del 2023 secondo la redazione di CineFacts.it

Ecco quali sono i migliori film usciti quest'anno secondo noi!

Il 2023 è stato un grande anno per il Cinema, le chiusure forzate causa pandemia sono ormai cosa lontana e una serie di fortunate circostanze ha riportato in sala milioni di spettatori in tutto il mondo. 

 

Circostanze che a mio avviso dovrebbero far sorridere e riflettere gli addetti ai lavori, dato che i più grandi successi dell'anno sono dovuti a qualcosa nato spontaneamente, fuori dalle logiche di distribuzione e promozione, il dettaglio che più di tutti riesce ancora oggi nonostante tutto a convincere il pubblico a uscire di casa per recarsi in una sala cinematografica: il passaparola. 

 

[Leila e i suoi fratelli è il primo dei secondi: per soli 6 voti è rimasto fuori dalla nostra Top 8]

 

 

Senza dubbio uno degli eventi cinematografici dell'anno appena passato è stato il Barbenheimer. 

 

Il termine nasce dalla crasi tra Barbie e Oppenheimer, due dei film più attesi del 2023 che erano stati programmati per essere distribuiti negli Stati Uniti lo stesso giorno; la cosa ha fatto nascere spontaneamente una delle migliori campagne marketing che si siano viste negli ultimi decenni, dove il film di Greta Gerwig e quello di Christopher Nolan venivano accoppiati per contrasto - difficile in effetti immaginare due film più distanti, come tono e intenzione - dando vita a meme, magliette, manifesti e soprattutto alla gara per riuscire a vedere entrambi nello stesso giorno. 

 

Il passaparola ha funzionato talmente bene che ha portato Oppenheimer a diventare il terzo film più redditizio del regista britannico - dietro Il cavaliere oscuro e il sequel - e Barbie a essere il film Warner più redditizio di sempre sul territorio statunitense, sorpassando proprio il secondo capitolo della trilogia su Batman di Nolan. 

 

[Proprio Barbie non è entrato in Top 8 per pochi voti: 11° posto ex aequo con Io capitano per il film di Greta Gerwig]

 

 

Barbie è anche il film che nel 2023 ha incassato di più nel mondo e sarebbe stato così anche in Italia, se il passaparola - sempre lui - non avesse portato da noi quasi 5 milioni di persone in sala a vedere C'è ancora domani, debutto da regista di Paola Cortellesi.

 

Il film è uscito a fine ottobre e da subito ha goduto del favore degli spettatori, che hanno spontaneamente iniziato a parlarne sui social network in maniera più che positiva, alimentando la discussione al centro del film - purtroppo ancora drammaticamente attuale - e facendolo salire al botteghino fino a diventare il film più visto nel nostro Paese, anche se sulle varie classifiche uscite negli ultimi giorni dell'anno appena concluso ci sarebbero da fare un paio di distinguo.  

 

C'è ancora domani - al momento della stesura di questo pezzo - ha incassato 33 milioni e mezzo di euro, contro i 31,2 milioni de La vita è bella di Roberto Benigni: la cosa ha fatto scrivere fiumi di parole su molte testate, che indicano il film di Cortellesi come il 9° incasso più alto di sempre per il box office italiano, entrato in classifica proprio scalzando il film del toscanaccio, ma questi dati non tengono conto dell'inflazione.

 

Una volta aggiustati gli incassi del 1997 al cambio attuale si scopre che La vita è bella di milioni di euro ne ha incassati 49 e facendo il calcolo per tutti gli altri film campioni di incasso in Italia si può notare come prima di C'è ancora domani ci siano altri 17 film che hanno incassato di più: Avatar (84,3 milioni di euro), Titanic (81,4), Quo vado? (73,9), Sole a catinelle (58,7), Che bella giornata (51,1), Tolo Tolo (51), Il ciclone (44,9), Avatar - La via dell'acqua (44,7), Chiedimi se sono felice (42,2), Il re leone (41,3), Fuochi d'artificio (40,7), Natale sul Nilo (39,8), Harry Potter e la pietra filosofale (39,2), Il codice Da Vinci (37,2), Pinocchio (36,9), Alice in Wonderland (36,8) e L'era glaciale 3 (36,5). 

 

Non voglio togliere nessun merito al film di Cortellesi - che personalmente ho amato parecchio - ma credo che almeno qui su CineFacts.it si possa fare un minimo di chiarezza sulla questione. 

 

[Altro escluso eccellente: 10° posto per La chimera di Alice Rohrwacher]

 

 

Inflazione o meno il risultato è sotto gli occhi di tutti: nel mondo il 2023 ha fatto incassare all'industria cinematografica un totale di quasi 9 miliardi di dollari, una cifra ancora lontana dagli 11 a cui si era arrivati pre-COVID, ma che fa segnare un +18% rispetto ai 7 miliardi e 369 milioni del 2022. 

 

La cifra totale è di poco superiore all'incasso globale del 2005 - da lì in poi la curva era sempre salita fino alla pandemia - ma è interessante notare che negli ultimi 12 anni Barbie è il primo film a non fare parte di un franchise a essere l'incasso più grosso a livello mondiale; se dal novero togliamo il clamoroso successo del primo Avatar, gli anni diventano 20. 

Prima del film di Gerwig in questo secolo la palma di film più redditizio al mondo se la sono spartita i film del Marvel Cinematic Universe (8 volte), i film della saga di Star Wars (2 volte), i film della saga di Harry Potter (2 volte), il sequel di Shrek, il sequel di Transformers, il sequel di Pirati dei Caraibi, il sequel di Top Gun, il terzo capitolo di Bad Boys, il quarto capitolo di Jurassic Park, i due film Pixar dedicati al piccolo Nemo e a Dory e, di nuovo, Il cavaliere oscuro di Christopher Nolan. 

 

A chi si stesse domandando come mai abbia deciso di dedicare tutto questo spazio agli incassi e non al lato artistico del Cinema mondiale rispondo subito: perché il Cinema, che piaccia o meno, è soprattutto un'industria che fa lavorare centinaia di migliaia di persone e se questa industria non incassa, muore.  

 

[Scendendo ancora tra gli esclusi troviamo Holy Spider: 13° posto assieme a Pacifiction]

 

 

È importante quindi monitorare l'andamento dei botteghini perché è da lì che si può vedere come e quanto le major decideranno di investire, cosa decideranno di produrre, quali nuovi autori e autrici vorranno spingere grazie alle spalle coperte dai blockbuster, come si bilanceranno le produzioni per la sala e quelle per lo streaming, oggi che praticamente quasi tutte le major hanno la propria piattaforma di riferimento con contenuti esclusivi. 

 

Del lato artistico della Settima Arte ve ne parliamo periodicamente qui sul sito, sui nostri social network, sul nostro podcast: non c'è bisogno di un editoriale che sottolinei quanto effettivamente sia in forma il Cinema, c'è bisogno secondo me di far sapere quanto in forma possono tornare i cinema, intesi come sale. 

 

Chi si lamenta del fatto che Hollywood abbia finito le idee viene smentito dai fatti e dalla proposta cinematografica di ogni mese, coloro che pensano che il Cinema sia soltanto quello di Hollywood vengono smentiti dalla nostra Top 8 - dove ben 5 film su 8 non sono hollywoodiani - e tutte quelle fastidiose voci che insistono con il dire che il Cinema italiano è morto e non ha più niente da dire sono già state smentite negli ultimi mesi dell'anno, dove per qualche settimana nelle sale c'erano contemporaneamente C'è ancora domani di Paola Cortellesi, La chimera di Alice Rohrwacher, Cento domeniche di Antonio Albanese, Misericordia di Emma Dante e Palazzina Laf di Michele Riondino. 

 

Due esordi alla regia (Riondino e Cortellesi), due conferme di due artiste straordinarie (Dante e Rohrwacher) e il primo film drammatico alla quinta prova da regista per Albanese per cinque film italiani che non hanno assolutamente niente da invidiare a nessuno. 

Senza contare Io capitano di Matteo Garrone, proposto da ANICA all'Academy e al momento in shortlist per l'Oscar come Film Internazionale, Rapito di Marco Bellocchio, presentato a Cannes e vincitore di 6 Nastri d'argento - Il sol dell'avvenire di Nanni Moretti, Lubo di Giorgio Diritti, L'ultima notte di Amore di Andrea Di Stefano e altri tre esordi alla regia: Claudio Bisio con L'ultima volta che siamo stati bambini, Giuseppe Fiorello con Stranizza d'amuri e Giacomo Abbruzzese con Disco Boy

 

Tredici grandi film in dodici mesi: chi si lamenta evidentemente non sa cosa ci sia in sala. 

 

[Appena 15° quella meraviglia di animazione di Spider-Man: Across the Spider-Verse, ma solo perché la qualità media nel 2023 è stata davvero alta]

 

 

È dunque fondamentale, imprescindibile per chi si occupa di informazione cinematografica comunicare con il pubblico convincendolo ad andare al cinema: il film di Cortellesi è l'esempio più lampante di quanto faccia bene il chiacchiericcio del pubblico, il film di Rohrwacher ha giovato della pressione degli spettatori che chiedevano di vederlo ed è palese che, nonostante la grande attesa dietro i due titoli, senza il fenomeno Barbenheimer quei due film avrebbero incassato meno.

 

Sono ormai 5 anni che ve lo ripeto su queste pagine: se amate il Cinema, andate al cinema. 

 

Siamo noi che abbiamo il potere più grande, è il pubblico che fa cambiare rotta alle major, ai distributori e agli esercenti, se spostiamo le terga dal divano e le portiamo in sala ogni volta che esce qualcosa che ci piace e che vorremmo vedere di più allora forse saremo in grado di segnare una strada. 

 

Il 2023 è stato anche l'anno di un capolavoro - imho - come Killers of the Flower Moon, il nuovo film di uno dei più grandi autori di sempre e probabilmente del più grande in vita, prodotto da Apple perché Paramount lo riteneva poco redditizio; c'è bisogno di riempire le sale anche per scongiurare pericoli simili, perché non è umanamente pensabile che il mondo abbia rischiato di non godere di un film del genere diretto da Martin Scorsese

Fortunatamente Apple non applica la stessa politica di un suo competitor - per il quale anzi le sale sono viste come un fastidio necessario - e porta i propri film anche in sala prima di proporli in streaming, ma il rischio è sempre in agguato. 

 

In ogni caso non date retta alle solite cassandre: il Cinema è in gran forma e questa nostra Top 8 può testimoniarlo, con ben 63 titoli votati dalla redazione tra i Migliori Film del 2023. 

 

Una media di più di un film alla settimana ritenuto ottimo mi sembra un risultato auspicabile da ogni cinefilo.

 

[Introduzione a cura di Teo Youssoufian]

 

Prima di iniziare con la classifica, che in quanto tale sappiamo perfettamente sia passibile di critica e di disaccordo, ecco come ci si è arrivati: ogni membro della redazione che ha voluto partecipare alla stesura ha scelto i propri 10 titoli dell'anno e li ha classificati. 

 

Le discriminanti erano queste: 

- Il film doveva essere stato distribuito in Italia tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2023 

- Non faceva fede solo l’uscita in sala, quindi abbiamo tenuto conto di tutti film distribuiti in sala e su piattaforma (Netflix, Prime Video, Disney+, Infinity, TIMVision, AppleTV+, MUBI, Rakuten, RaiPlay, Paramount Plus, ecc) lasciando però fuori eventuali festival, anteprime stampa e anteprime online. 

 

Ne è uscito un totale di 63 film e si è scelto di assegnare un punteggio da 10 a 1, dalla prima posizione all'ultima, per poi giungere agli 8 di questa classifica.  

 

Per correttezza e trasparenza, nonché per la vostra eventuale curiosità, ecco le classifiche dei singoli redattori.

 

Alessandro Dioguardi 

Decision to Leave

Oppenheimer

Killers of the Flower Moon

Spider-Man: Across the Spider-Verse

Anatomia di una caduta

Guardiani della Galassia Vol. 3

Maestro

Gli spiriti dell'isola

C'è ancora domani

La chimera

 

Andrea Moschioni Fioretti 

Winter Boy - Le Lycéen

Aftersun

C'è ancora domani

The Whale

Il sol dell’avvenire

Oppenheimer

Io capitano

Rotting in the Sun

Dogman

Misericordia

 

Elena Bonaccorso 

Rapito

C'è ancora domani

La chimera

Dogman

Barbie

Palazzina Laf

Gli spiriti dell'isola

Io capitano

Oppenheimer

Il sol dell’avvenire

 

Emanuele Antolini 

Killers of the Flower Moon

Ferrari

Decision to Leave

As bestas

Leila e i suoi fratelli

Il male non esiste

Il cielo brucia

Oppenheimer

Novembre

Aftersun

 

Eris Celentano 

Anatomia di una caduta

Trenque Lauquen

Il male non esiste

Gli spiriti dell'isola

Holy Spider

Leila e i suoi fratelli

Spider-Man: Across the Spider-Verse

Decision to Leave

Foglie al vento

Pacifiction

 

Jacopo Gramegna

Il male non esiste

Holy Spider

Foglie al vento

Leila e i suoi fratelli

Killers of the Flower Moon

Decision to Leave

Gli spiriti dell'isola

Anatomia di una caduta

La chimera

El Conde

 

Lorenza Guerra 

Foglie al vento

Il male non esiste

Killers of the Flower Moon

Leila e i suoi fratelli

Inu-oh

Decision to Leave

Gli spiriti dell'isola

Holy Spider

Il cielo brucia

Gigi la legge

 

Marco Lovisato 

Sick of Myself

Il male non esiste

Il cielo brucia

Come far saltare un oleodotto

Stars at Noon

L'innamorato, l'arabo e la passeggiatrice

Anatomia di una caduta

Bottoms 

Coma 

The Caine Mutiny Court-Martial

 

Maria Socci 

La chimera

C'è ancora domani

Gli spiriti dell'isola

Napoleon

Jeanne du Barry - La favorita del re

Oppenheimer

Barbie

Killers of the Flower Moon

Mia

Asteroid City

 

Matilde Biagioni  

Gli spiriti dell'isola

Decision to Leave

Leila e i suoi fratelli

Foglie al vento

Il male non esiste

Killers of the Flower Moon

Anatomia di una caduta

El Conde

Holy Spider

Il cielo brucia

 

Matteo Salvetti 

Pacifiction

Tár

Decision to Leave

Armageddon Time

Il maestro giardiniere

As bestas

Passeggeri della notte

Asteroid City

Il sol dell’avvenire

Napoleon

 

Mattia Gritti 

Killers of the Flower Moon

Pacifiction

Decision to Leave

Foglie al vento

Trenque Lauquen

Ferrari

Gigi la legge

Rapito

Winter Boy

Gli ultimi giorni dell’umanità

 

Riccardo Melis 

Gli spiriti dell'isola

Anatomia di una caduta

Decision to Leave

Foglie al vento

Bottoms

Saltburn

The Whale

C'è ancora domani

Barbie

Oppenheimer

 

Sebastiano Miotti 

Beau ha paura

Oppenheimer

Mon crime - La colpevole sono io

Io capitano

Talk to Me

Empire of Light

Il libro delle soluzioni

Il sol dell’avvenire

Sisu - L'immortale

Barbie

 

Simone Beretta 

Decision to Leave

Anatomia di una caduta

Animali selvatici

Il male non esiste

Foglie al vento

La chimera

As bestas

Killers of the Flower Moon

Sick of Myself

Il cielo brucia

 

Teo Youssoufian 

Killers of the Flower Moon 

Gli spiriti dell'isola 

Anatomia di una caduta 

Oppenheimer

The Quiet Girl

Decision to Leave 

Talk to Me

Io capitano

Aftersun 

Godzilla: Minus One

 

Valentino Ciotoli 

Barbie

Oppenheimer

C'è ancora domani

Spider-Man: Across the Spider-Verse

Io capitano

Aftersun

The Old Oak

Il sol dell’avvenire

La chimera

Killers of the Flower Moon

 

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Posizione 8

C'è ancora domani 

di Paola Cortellesi 

 

In un anno ricchissimo per il Cinema internazionale, C’è ancora domani brilla come punta di diamante per aver riportato il vasto pubblico italiano nelle sale e per essere diventato in poco tempo il film con il maggiore incasso del 2023. 

 

Il merito va a Paola Cortellesi, veterana della scena artistica del nostro Paese, al suo esordio come regista.

 

La storia di Delia, donna romana di umili condizioni nell’Italia del dopoguerra, ha conquistato un pubblico così ampio da non poter essere categorizzato.

La mescolanza di diverse tematiche, tutte molto sentite nell’Italia contemporanea, ha contribuito a far breccia nella nostra coscienza, personale e sociale, grazie a una narrazione accessibile ma mai banale.

 

Delia, interpretata dalla stessa Cortellesi, è una madre di famiglia, sposatasi presto con Ivano - Valerio Mastandrea in un ruolo difficile - marito e padre soverchiatore nella sua malignità banale e grottesca.

 

 

Delia sopporterà la propria condizione solo fino a quando vedrà la figlia Marcella - una bravissima Romana Maggiora Vergano - ripetere lo stesso percorso, attraverso il fidanzamento apparentemente felice con Giulio.

 

Cortellesi ha creato un piccolo affresco novecentesco che ben si adatta al racconto della nostra odierna quotidianità.

 

 

Il bianco e nero crea solo in parte un distacco temporale con il racconto, che invece aderisce sempre di più alla contemporaneità ma senza strizzarvi l’occhiolino: se le condizioni sociali di oggi sono migliori di quelle raffigurate, le condizioni socioculturali delle donne sono solo in apparenza migliorate. 

 

 

Agli spettatori non resta che fare i conti con la propria coscienza, grazie a quel retrogusto amaro lasciato dal palesarsi di una situazione tutt’oggi sdrammatizzata, sminuita, se non ignorata: è forse a questa consapevolezza che va ascritto il successo del film, che è ancora presente in molte sale cinematografiche a due mesi dalla sua uscita.

 

[a cura di Elena Bonaccorso]

 

Posizione 7

Foglie al vento

di Aki Kaurismäki

 

Due amanti che si conoscono per caso e altrettanto per caso rischiano di perdersi, un mondo che lotta per preservare un briciolo di umanità, l'amore per il Cinema e tanta buona musica.

 

Sono questi i pilastri su cui è costruito Foglie al vento, ultima opera di Aki Kaurismäki, capace di vincere il Premio della Giuria all'ultimo Festival di Cannes e di conquistare due nomination ai Golden Globe con un'opera all'apparenza semplice e quanto mai delicata, che in soli 80 minuti è in grado di condensare tutto il bello e il brutto del mondo in cui viviamo.

 

Ansa è impiegata in un supermercato, Holappa è un metalmeccanico alcolista.

Si conoscono una sera in un locale karaoke, si innamorano guardando I morti non muoiono di Jim Jarmusch e per colpa di un bigliettino volato via si perdono: intorno a loro c'è il mondo fotografato dal direttore della fotografia Timo Salminen, sospeso e senza tempo nella sua rappresentazione, contemporaneo nella sua ambientazione.

 

Il tema classico del caso si fa strada in un mondo pervaso da notizie di guerra, in cui il lavoro è precario e alcuni degli esseri umani sono corrotti dalla meschinità.

 

Ma in fondo, per chi ha il coraggio di amare e di perdonare, la salvezza non è poi così lontana.

 

 

Il Maestro finlandese, infondendo all'opera il respiro della sua ironia causticamente bonaria, riesce in un piccolo miracolo: regalarci una pellicola universale e profondamente impegnata, intrisa di temi ma trasparente nella sua fruibilità, che ci ricorda che anche i sentimenti sono frutto di prese di posizione politiche e che la nostra umanità va difesa e conquistata giorno per giorno.

 

Malgrado la sua uscita tardiva - il 21 dicembre in Italia - Foglie al Vento è riuscito a conquistare i cuori della redazione finendo nella nostra Top 8 dell'anno, oltre che in tutte le classifiche più prestigiose del mondo, dai Cahiers du Cinéma a Sight and Sound, passando anche per le preferenze personali di Barack Obama.

 

 

Non esisteva, probabilmente, modo migliore di chiudere la "Tetralogia del Proletariato", snodatasi negli anni '80-'90 tra Ombre nel paradiso, Ariel e La fiammiferaia: se ancora non conoscete Aki Kaurismäki questo film sarà un'ottima scusa per riscoprirne la meravigliosa filmografia.

 

[a cura di Jacopo Gramegna] 

 

Posizione 6

Oppenheimer

di Christopher Nolan

 

Se le conseguenze di ciò che facciamo si ripercuotono sulle altre persone negli anni, nei decenni, nei secoli, se siamo consapevoli che inseguire un sogno significa costruire l'incubo, se vediamo le cose in un altro modo rispetto al resto del mondo ma quel modo è proprio ciò che ci rovinerà, come dovremmo comportarci? 

 

Christopher Nolan sceglie di giocare a un gioco diverso rispetto a quello che lo ha portato a essere tra i pochi registi noti anche al pubblico di Canale 5. 

Messa da parte la manipolazione del tempo che costringe la messa in scena a rincorrere un'idea, con Oppenheimer il regista britannico dimostra di essere ampiamente in grado di raccontare qualcuno, oltre che qualcosa. 

La narrazione riguarda solo ed esclusivamente un personaggio - interpretato da un monumentale Cillian Murphy, finalmente protagonista assoluto - e tutto il resto rimane distante, fuori campo e fuori dai pensieri; il tempo che scorre rimane ancora presente nel film, ma questa volta non è il concept che muove la storia quanto l'unico modo per raccontarla e per sottolineare costantemente la cosa importante: le conseguenze. 

 

La fisica teorica può convincerci di cose che ancora non abbiamo visto e che dovremo sperimentare, la stessa cosa avviene con le conseguenze delle azioni di ognuno: se però queste ultime possiamo vederle solo andando avanti nel tempo, quindi vivendo e notando come cambiano a seconda di ciò che scegliamo, nel film continuiamo a vederle per poi tornare indietro, per domandarci cosa sarebbe successo se fosse andata in un altro modo. La scelta diversa ovviamente non è disponibile né nella realtà né in Oppenheimer, perché è una scelta-non-scelta: ciò che è accaduto dovrà accadere e ciò che accade porterà ad altri eventi. 

 

Primi e primissimi piani che scrutano dietro il sipario delle ossa e della carne, una moltitudine di volti, di corpi e di movimenti, una tensione che corre costante sotto la pelle, dietro gli sguardi, come se non solo noi ma anche i personaggi stessi sapessero cosa sarebbe successo.

Centinaia di cervelli in azione dietro un unico progetto, durante la più terribile guerra dell'ultimo secolo, con all'orizzonte un mondo interamente nuovo che nessuno ha idea di come sarà e in mano a chi, la tragedia che avrebbe avuto risonanza mondiale raccontata solo e soltanto vedendola da un paesello fittizio, in mezzo al deserto, nascosto e segreto, costosissimo. 

Una sequela di contraddizioni in termini, di ossimori e di persone che si sbagliano, che complottano, che agiscono e che reagiscono e che, inevitabilmente, viaggiano veloci verso le conseguenze.

 

Il passo più grande per il progresso scientifico dell'umanità è un'arma che uccide migliaia di esseri umani. 

L'ossimoro più grande di tutti, sulle spalle di una sola persona. Vivere quella vita non deve essere stata una passeggiata per Oppenheimer. 

 

Il film omonimo a mio avviso racconta perfettamente la testa di una persona così, mostrandocela da più lati e di rimbalzo, attraverso i pregiudizi e le accuse ma senza mai giudicarla. 

 

E centrare perfettamente questo aspetto non deve essere stata una passeggiata per Nolan. 

 

[a cura di Teo Youssoufian] 

 

Posizione 5

Anatomia di una caduta

di Justine Triet

 

Francia. Inverno. Neve.

Giornata di sole. Baita alpina.

 

Qui vive una famiglia felice (?): Sandra, una scrittrice di successo, suo marito Samuel che è anche lui scrittore, ma non ha lo stesso successo, il loro figlio preadolescente ipovedente Daniel e il cane Snoop.

Sandra ha appena concluso un'intervista durante la quale cercava anche di sedurre (?) la giovane giornalista. Samuel non si palesa perche geloso del successo di lei e qualche ora più tardi cade sulla neve da molti metri d'altezza, dalla porta finestra più alta mentre sta facendo dei lavori di bricolage. 

È il figlio a trovarlo: morto. 

 

Si è suicidato? È stata Sandra?

Daniel ha visto o sa qualcosa? La verità è sempre una sola?

 

Justine Triet dirige un film che scandaglia in profondità le dinamiche in una relazione di coppia, le sfaccettature che raccontano come non è semplice capire chi ha ragione in una discussione, le insicurezze che diventano frustrazioni se accompagnate da competizione, narcisismo e mancanza di empatia.

La regia ha un paio di intuizioni geniali - a volte riesce a farci vivere il mondo come lo vive un ipovedente - il lungo litigio tra i due coniugi è a mio avviso una delle scene migliori del 2023 e tutti gli attori sono in stato di grazia; segnalo uno scatenato Antoine Reinartz come Pubblico Ministero e la poliglotta camaleontica Sandra Hüller come perfetta protagonista.

 

150 minuti di visione che lasciano molte domande e non tutte le risposte che forse ci si aspetta. Ognuno avrà le proprie. 

Perché la verita, nella vita reale, non è oggettiva.

Ovvio (?). 

 

Palma d'oro a Cannes 2023 (meritatissima) e Palm Dog a Messi, il Border Collie che interpreta Snoop. 

 

Se Anatomia di una caduta fosse, sarebbe... Se fosse una canzone sarebbe Sowing the Seeds of Love, dei Tears For Fears. 

Se fosse un animale sarebbe una civetta.

Se fosse un colore sarebbe il bianco.

 

Se fosse una cosa che si mangia sarebbe un'insalata.

 

[a cura di Pietro Baroni]

 

Posizione 4

Il male non esiste

di Ryūsuke Hamaguchi

 

 Il male non esiste è nato da una collaborazione tra il regista ed Eiko Ishibashi, già compositrice delle musiche del precedente Drive My Car e ha vinto il Leone d'argento - Gran Premio della Giuria nell'ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia.

 

Il film è sbocciato spontaneo, come un bucaneve nei mesi più freddi dell'anno, nato dalla vicendevole interazione tra l'autore, la musicista e l'ambiente naturale in cui sono immersi; un punto triplo attorno a cui quello che doveva essere un videoclip musicale è diventato un piccolo - almeno per quanto concerne la durata, inferiore alle due ore - gioiello cinematografico. 

 

Ryūsuke Hamaguchi si allontana dall'ambiente confortevole della città in cui l'umanità, variopinta e complessa, si barcamena alla ricerca di canali comunicativi; i suoi film, saturi di parole, si desaturano all'allontanarsi dal centro abitato.

Il male non esiste infatti è un lungometraggio silenzioso e rarefatto, ambientato in una comunità montana. 

 

Il film si sviluppa attorno a un presupposto piuttosto semplice: un'agenzia di intrattenimento sfrutta i contributi statali offerti per il rilancio economico del Paese in seguito alla pandemia per aprire a Mizubiki un glamping, ovvero un campeggio di lusso (la parola è una crasi tra glamour e camping).

La comunità locale si oppone e nell'animo dei due emissari del progetto, incaricati pur senza conoscenze tecniche di raccogliere il consenso e di omettere ai cittadini i dettagli sull'impatto climatico del piano, si sviluppano dubbi sul senso delle loro azioni e del loro modo di vivere.

 

Lo sguardo dei due personaggi muta, prima filtrato dagli schermi dei computer e degli smartphone - una riflessione estetica sulla contemporaneità da cui Hamaguchi non si è mai sottratto - poi esplicito sulla natura. 

 

Il mistero della natura passa attraverso un padre e una figlia, custodi del bosco, in armonia tra loro, con i pericoli e gli splendori del territorio che li circonda.

La musica stuzzica l'inconscio dello spettatore e le immagini si adattano, elegante equilibrio che nasconde un segreto, che genera inquietudine: fin dai primi minuti possiamo percepire l'imminenza di un evento nefasto. 

Se la lettura ecologista del film è limpida, se quella politica di critica all'espansione capitalistica è appena sotto la superficie, ciò che rende Il male non esiste un'opera unica è l'espressione della magia della foresta, della sottigliezza dei concetti di bene e del male - che, come dice il titolo, non esiste - lì dove la coscienza si spoglia delle sovrastrutture della società e diventa azione d'istinto. 

 

Il finale de Il male non esiste è forse uno dei più ermetici e affascinanti diretti negli ultimi anni, da uno degli autori più interessanti nel panorama cinematografico mondiale. 

 

[a cura di Lorenza Guerra]

 

Posizione 3

Gli spiriti dell'isola

di Martin McDonagh

 

Dopo l'ottimo e già maturo Tre manifesti a Ebbing, Missouri, Martin McDonagh presenta alla 79ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia un'altra opera di grande spessore all'interno della quale risulta piuttosto difficile trovare difetti.

 

Distribuito nelle sale italiane il 2 febbraio 2023, Gli spiriti dell'isola è per il regista britannico di origini irlandesi il modo per ribadire con forza la sua personale poetica, la capacità in primis di creare una storia squisitamente comica che, gradualmente, svela la sua oscura tragicità, qui all'apice della sua potenza drammatica.

 

Sullo sfondo della terribile Guerra Civile Irlandese, solamente accennata attraverso lontane e inquietanti esplosioni, l'intreccio del film si sviluppa a partire dall'allontanamento improvviso di due vecchi amici, il mandriano Padraic e il violinista Colm, interpretati da Colin Farrell e Brendan Gleeson (di nuovo insieme dopo l'esordio nel lungometraggio del regista In Bruges - La coscienza dell'assassino).

 

Questa brusca rottura riscrive improvvisamente il ritmo della quotidianità, della noia e del silenzio delle atmosfere bucoliche dell'immaginaria isola di Inisherin, un non-luogo ideale in cui far muovere i personaggi.

 

In questo ribaltamento inatteso, nel potenziamento di una faida infantile che si carica progressivamente di rancore e violente trovate punitive, McDonagh individua il terreno ideale per riflettere sull'essere umano tutto: sulla stupidità della guerra e sulla religione, sulla Storia sanguinosa dell'Irlanda, sulla questione di genere, sul rapporto tra vittima e carnefice, tra dominio e sottomissione, sull'importanza della cultura per sfuggire all'alienazione della vita di campagna e sull'associazione tra uomo e animale.

Così, la giustapposizione insistita del cane e dell'asino ai protagonisti principali diventa paradossalmente il riflesso di una latente umanità che sempre più è oscurata da un conflitto imbecille alla cui base risiede salda e inamovibile l'impossibilità di una comunicazione empatica finalizzata al raggiungimento di un comune accordo.

Gli spiriti dell'isola è allora soggetto a una stratificazione continua, accerchiato da sottotrame e simbolismi che come meteore impreziosiscono una narrazione solida dove ogni elemento è sapientemente posizionato e ogni personaggio è perfettamente tratteggiato.

In questo senso il giovane Dominic (il sorprendente Barry Keoghan), segnato a vita da una ricorrente violenza domestica, e la dolcissima Siobhan (una fenomenale Kerry Condon), unico vero modello positivo all'interno della storia, diventano l'ultima speranza per far fronte all'inettitudine dell'uomo accecato dal proprio meschino orgoglio.

Con le sue contrapposizioni evocate e con i suoi dialoghi rivelatori caratterizzati da straordinari tempi comici, l'ultimo film di Martin McDonagh fa di una scrittura impeccabile la sua principale forza.

 

Allo stesso tempo, inserisce i suoi personaggi intensi e appassionati dentro inquadrature abilmente organizzate, funzionali a livello drammatico tanto in interni quanto in esterni, per mettere in scena, in forte opposizione, le dimensioni antitetiche di uomo e paessaggio, di umanità e natura.

 

Disponibile su Disney+

 

[a cura di Matilde Biagioni]

 

Posizione 2

Killers of the Flower Moon

di Martin Scorsese

 

Opera del compianto Robbie Robertson, il brano Heartbeat Theme/Ni-U-Kon-Ska rivela la spinta propulsiva forse più audace di un film che, per mano di un regista ottantenne, si fionda in un corpo a corpo epocale.

 

Da esponente di quella New Hollywood intrisa di cinefilia che pure non è stata schiacciata dal peso dei Maestri, e nel pieno di un densissimo finale di carriera, il cattolico Martin Scorsese si confronta con una delle maggiori fonti di (costruzione del) senso della cultura occidentale, o perlomeno della sua declinazione socio-storicamente dominante.

Senza accantonare la componente capitalistica né le specificità statunitensi, la questione riguarda primariamente la tripartizione aristotelica della narrazione (micro e macro): è la sua natura intrinsecamente edipica, fondata sul differimento della risoluzione, a fungere da perno, soprattutto mantenendo disponibili le interpretazioni freudo-lacaniane più ibridate con alcuni aspetti del pensiero di Karl Marx.

 

Proprio la progressività teleologica della narrazione hollywoodiana classica rivela - quasi suo malgrado, tranne che negli interpreti più accorti - il moto incessante di un desiderio apparentemente celato; di conseguenza, il credere di poter creare individualmente (e consapevolmente) la teleologia o di poterla assecondare si mostra come lettura ideologica - su cui è (stato) necessario discutere - che va naturalmente ben al di là del discorso narratologico.

 

Se Brian De Palma ha seguito il magistero hitchcockiano nell'indagare quei (falsi?) movimenti sul piano scopico, Scorsese è giunto ora a osservare compiutamente le fondamenta su cui la nuova Hollywood ha comunque legittimamente poggiato, talvolta risignificandole.

Per un'opera senile di oltre tre ore sarebbe stato lecito attendersi, alla luce del soggetto, un rovesciamento valoriale del grande romanzo ottocentesco, della sua epica totalizzante; una problematizzazione, cioè, impiantata-impantanata nel medesimo paradigma narratologico-concettuale.

Evitando di eleggere protagonista un chiaro capro espiatorio, un William Hale magari anche metonimico ma comunque autoassolutorio proprio a causa della difficoltà a identificarsi, o di innestare una parabola à la Taxi Driver, in cui l'identificazione iniziale è via via minata, e - insieme - negando il whodunit, Scorsese si avvicina alla (im)possibilità di eludere (a Hollywood?) la narrazione tripartita.

 

Possibilità o impossibilità che sia, però, la esplicita (auto)esposizione del piano delle interpretazioni ideologiche, lungi dal rispondere a logiche moderniste o postmoderniste di svelamento della finzione, si dirige verso il sostrato idealmente pre-ideologico, quella fattualità già orientata da ogni narrazione.

In questo senso Heartbeat Theme, autentico leitmotiv, nella sua ricorsività anti-climatica (micro e macro), non conduce propriamente o primariamente al non-senso, bensì riconosce concretissimi movimenti sistemici che, pur senza chiudere a ogni ipotesi di individualità, superano le tradizionali prospettive di scioglimento (narrativo).

 

La principale posta in gioco di Killers of the Flower Moon è un tentativo di comprensione-interpretazione profonda di un punto di vista, quello bianco, a cui Scorsese non rinuncia.

 

[a cura di Mattia Gritti]

 

Posizione 1

Decision to Leave

di Park Chan-wook

 

Park Chan-wook è tra i registi in attività più eleganti del Cinema contemporaneo, ma non si tratta di una eleganza muscolare e perciò di sfacciata esibizione tecnica fine a sé stessa, bensì di una eleganza rigorosa che produce un senso delle immagini che crea.

 

Per questo Decision to Leave può essere paragonato a un tango, un ballo che ha fatto dell’eleganza del gesto un credo.

 

Un ballo che assume le forme e le geometrie del neo-noir, dove la seduzione passa attraverso la parola, che in questo genere è quasi sempre un’arma o uno strumento di determinazione di un sentimento.

 

Dalla parola deriva il linguaggio che in una relazione è sempre un mondo a sé, composto da sguardi, gesti che solo le persone coinvolte possono capire e tradurre. In Decision to Leave l’indagine del detective Hae-jun per scoprire se Seo-rae ha veramente ucciso suo marito è basata tutta sul significato delle parole che la donna (che vive più volte) sceglie di pronunciare. 

 

“Lui dice che mi ama ma sono parole vuote” 

“Quand’è che ti ho detto ti amo?”

 

La prima frase è un’asserzione di Seo-rae rivolta al suo secondo marito, mentre la seconda è una domanda di Hea-jun per rispondere alla stessa Seo-rae.

Solo che nel secondo caso “Ti amo” non è mai stato detto, non mediante questo linguaggio. 

 

Perché quella relazione è reale, figlia di una proiezione fonetica che traduce e implica altri significati e immagini. Come se le parole fossero limitate, percezioni soggettive che necessitano di un dispositivo - durante il film si usa spesso Siri come traduttore - per essere comprese. 

Un po’ come l’occhio umano e il Cinema, l’invenzione che secondo Gilles Deleuze è in grado di comprendere la realtà senza la necessità di uno sguardo.

Anzi, di andare oltre il campo visivo alludendo al mistero del reale, che può assumere allora diverse forme, a seconda della traduzione.

 

In Decision to Leave Seo-rae prende la decisione di lasciare, perciò di sottrarsi a un significato, perché per comunicare nuovamente con lo stesso linguaggio è necessario il fuori campo, un allontanamento che corrisponde a uno nuovo sguardo, un nuovo dispositivo, una nuova parola.

Altrimenti sarebbe la fine.

 

Non vedersi più, rifugiarsi sotto la sabbia, è il gesto finale e disperato di chi crede ancora in un altro tipo di immagine-mondo, specchio di un atto di fede da parte di Park Chan-wook nel Cinema stesso.

 

Disponibile su Sky e NOW 

 

[a cura di Emanuele Antolini]

 



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124 commenti

Alessandro Zaza

11 mesi fa

1. Killers of the Flower Moon
2. Anatomia di una caduta
3. Oppenheimer

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Sasuke

11 mesi fa

1 Oppenheimer
2 Saltburn
3 Killers of the flower moon

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marco bandini

11 mesi fa

1 killers of the flower moon
2 aftersun
3 il sol dell'avvenire

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Emanuele Iengo

11 mesi fa

1. Oppenheimer
2. Spider-man: Across the Spiderverse
3. Napoleon

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Lorenzo Ambrosone

11 mesi fa

1) Oppenheimer
2) Decision to leave
3) Spider-Man: across the Spiderverse

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Riccardo Galeotti

11 mesi fa

1) Gli spiriti dell'isola
2) Spider-man: Across the Spiderverse
3) C'è ancora domani

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Alessio Bottoni

11 mesi fa

1) Spiderman: Across the Spider-Verse
2) Oppenheimer
3) C'è ancora domani

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Enis Ben Chahed

11 mesi fa

1 Oppheneimer
2 Killer of the flower moon
3 C'è ancora domani

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Pierpaolo Fantini

11 mesi fa

1- L'ultima luna di settembre
2- The Quiet Girl
3- Spider-Man: Across the Spider-Verse

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Christian Caimi

11 mesi fa

1 - Oppenheimer
2 - Killer of the flower moon
3 - Godzilla Minus One

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