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Guardiani della Galassia Vol. 3 - Recensione: nel cielo meraviglioso

Nelle sale è finalmente arrivato Guardiani della Galassia Vol. 3, l'ultimo film della trilogia di James Gunn che ci porta nell’infinito cielo meraviglioso della poetica dei reietti

Parlare di Guardiani della Galassia Vol. 3 senza spoiler non è facile e vi chiedo di comprendere come si renda necessario un lavoro atto a schermarvi da qualsivoglia dettaglio.

 

Il mio desiderio è infantile, è la frenesia di un bambino che trascina i genitori al cinema convinto di risvegliare passione, estro e gioia nel loro cuore, rendendoli più simili agli eroi dello schermo, per cambiare la visione del mondo. 

Vorrei appiccicare un trailer e pregarvi di andare al cinema per assistere, da vergini, a una storia straordinaria nella quale James Gunn usa tutto il suo talento, la sua sensibilità e il suo estro per regalare al pubblico una Space Opera accorata, melanconica, appassionante e innamorata della vita come di questi personaggi e questo universo.

 

Scusate quindi se non scenderò in dettagli, ma il mio sincero augurio è quello di lasciare che sia il film a innescare in voi quell’assurda magia per la quale, pur consci della finzione, per oltre due ore riuscirete a perdervi dentro un mondo straordinario, credendo a ogni singolo fotogramma.  

 

[Il trailer internazionale di Guardiani della Galassia Vol. 3]

 

 

Guardiani della Galassia Vol. 3 è la fine di un viaggio inaspettato, un'epopea spaziale scoordinata dedicata a un gruppo di reietti, ladri e truffatori.

 

Uomini, alieni e procioni buttati nella mischia di uno spazio freddo e profondo, acceso di calore, colore e immaginazione dalle bordate pop del Cinema sovversivo di James Gunn.

 

Un Cinema in antitesi con l’appiattimento di tentpole consci di essere ormai un prodotto di consumo seriale, non più legati all’idea di raccontare storie, personaggi e morali che siano un monito per i più giovani chiamati ad assorbire e amare queste storie; un processo che il pubblico più vicino al genere supereroistico ha invece già fatto molto tempo fa sulla carta, divenendo popolo e cassa di risonanza di mitologie e morali immortali.

 

Per portare i suoi Guardiani della Galassia sul grande schermo James Gunn ha contaminato quella visione posticcia con le sue abilità dietro la macchina da presa, servendosi di un’estrosa reinterpretazione dell’immaginario pop del fumetto, sporcando l’azione e la comicità per tutti, con il gusto Troma delle sue origini, ma in particolare affondando nel cuore dei reietti per raccontare un gruppo di sovversivi della conformazione. 

 

Quello che vediamo in Guardiani della Galassia Vol. 3 è un James Gunn registicamente sempre più maturo e il cui lavoro di preparazione, attraverso le montagne di storyboard condivise sui social, si riflette durante la visione. 

Apre il suo film con la musica, muovendo la macchina da presa attorno a Rocket per introdurre un tema che sarà il grimaldello emotivo di un film dedicato alle radici, uno dei leitmotiv necessari per risolvere ogni protagonista della trilogia.

 

Una scelta che dimostra come, sotto il punto di vista della regia e dell’utilizzo degli effetti visivi, Guardiani della Galassia Vol. 3 sia forse una delle opere più complete e curate del Marvel Cinematic Universe. 

 

Opera il cui pregio è soprattutto quello di ricordare a Hollywood che la tecnica e la tecnologia devono essere impiegate al servizio della storia, piuttosto che fare rumore in plot privi di qualsivoglia cuore, stupore, mistero o meraviglia.   

 

 

[In Guardiani della Galassia Vol. 3 la fantasia di Gunn serve splendidamente dramma, commedia e spettacolo]


 

James Gunn confeziona immagini straordinarie e in un momento del film ci chiude in un corridoio con un piano sequenza, riprendendo con grazia il dinamismo di una scena di combattimento che unisce live-action e CGI senza perdere mai di vista lo storytelling. 

 

I Guardiani della Galassia e le loro peculiarità non servono solo come spettacolo, ma anche come messaggio per raccontare allo spettatore un momento di unione, un unico movimento corale che, seppur reso sgraziato dalle singole differenze, funziona nel raccontare una famiglia protagonista di una Space Opera scanzonata.

I concetti di famiglia, radici e appartenenza sono un centro emotivo potente per raccontare un manipolo di eroi, ladri e ultimi senza patria e senza colore, alla disperata ricerca di loro stessi attraverso le proprie imperfezioni.

 

Guardiani della Galassia Vol. 3 parla appunto di questo: imperfezioni.

Rocket Raccoon è la chiave per aprire il conflitto di una storia fondata sulla ricerca del cuore di ogni personaggio, un viaggio on the galaxy dedicato a chi sono e verso quale destinazione ultima abbiano navigato per tutto questo tempo.

 

Contrariamente a quanto potrebbe sembrare James Gunn non cerca un tono crepuscolare, ma ci fa volare in uno spazio nostalgico nel quale riverbera l’idea di imperfezione come nemica della vita. 

L’Alto Evoluzionario, il villain di questo film, è infatti un ottimo pretesto che muove l’ultima avventura del gruppo: un uomo ossessionato dalla creazione della società perfetta.

 

Guardiani della Galassia Vol. 3, in tal senso, sembra voler trovare un antidoto a una società sempre più contaminata dalla ricerca ossessiva di immagini di perfezione, il cui unico risultato a oggi è stato quello di innestare un incolmabile senso di inadeguatezza nell’animo di intere giovani generazioni. 

 

Questi ultimi, come gli stessi Guardiani, sono invece contraddistinti da sane imperfezioni, difetti e cicatrici incompatibili con le demenziali narrazioni di una vita perfetta che si alternano ogni giorno.

 

 



Diciamo che L’Alto Evoluzionario non ha mai visto Il terzo uomo di Carol Reed, nel quale Orson Welles ricorda sardonicamente come le imperfezioni dell’uomo assieme alle sue tragedie e alle sue miserie abbiano portato alla creazione di grande bellezza, mentre le utopie non sono riuscite ad andare oltre l’orologio a cucù.

 

Quello interpretato da Chukwudi Iwuji è un villain dalla morale distorta a cui, citando la frase di Rocket presente anche nel trailer, “non interessa la perfezione, semplicemente odia le cose come stanno.”

 

Nello scrivere e mettere in scena L’Alto Evoluzionario, Gunn non cerca di aderire a quella regola per la quale la grandezza del cattivo definisce la levatura dell’eroe. 

Questa massima di storytelling va ovviamente usata in specifici contesti e declinata adeguatamente, perché abbiamo visto quante volte Hollywood e le sue trame si siano perse nel delineare avversari troppo impegnati a fare discorsi e sofismi, piuttosto che rappresentare qualcosa che mettesse alla prova la morale dell’eroe.

 

In Guardiani della Galassia Vol. 3 Gunn decide quindi di scrivere un villain basandosi sul conflitto morale della perfezione, mettendo però al centro i suoi protagonisti, il loro viaggio e la loro ricerca.

Questo non rende l’Alto Evoluzionario meno carismatico, ma semplicemente evita di farne un pretestuoso strumento per sciorinare monologhi fintamente complessi: il suo scopo è ben preciso e rappresenta uno dei principi più tossici del nostro tempo e della nostra Storia come genere umano, e questo è quanto necessario per sviluppare la morale del film.   

 

Partendo da Rocket, indagando nelle sue origini, guardiamo anche a ogni singolo membro dei Guardiani e scopriamo quindi chi è davvero Drax il Distruttore e cosa lo rende un gigante ingenuo e un po' cringe, la natura della fredda risolutezza di Nebula, quale viaggio dovrà intraprendere Mantis e cosa la fa sentire incompleta nel rapporto con i suoi poteri, comprendiamo come funziona il dizionario per imparare ad ascoltare Groot e infine cosa accomuna Star-Lord e Gamora nella loro similare ricerca di famiglia e appartenenza.

 

James Gunn dedica un film agli introversi, ai reietti, a chi si è sentito chiedere “perché non sei come gli altri”, a chi si sente abbandonato in una moltitudine che trova conforto nel conformarsi a sogni di “perfezione” venduti sui social network adesso e in passato in televisione o sulle copertine dei magazine.

 

I Guardiani della Galassia sono il popolo di chi si sente fuori sincrono rispetto al resto e abbraccia chiunque stia cercando un posto dove andare, spingendo lo spettatore ad accettarsi per quello che è, motivandolo a partire verso l’ignoto per cercare la propria gente, persa da qualche parte in uno spazio infinito. 

 

 

[In altri contesti Rocket sarebbe stato un peluche, in Guardiani della Galassia Vol. 3 è, come i personaggi più ingenui, un protagonista con una storia forte]

 

Guardiani della Galassia Vol. 3

 

In questo capitolo finale della saga James Gunn amplifica ogni morale, si diverte con la regia e la messa in scena per dare risalto e giusta enfasi a una storia che riesce a essere divertente, commovente e manifesto di come l’avventura nel Cinema sia ancora possibile. 

 

L’utilizzo delle musiche nei mixtape di Star-Lord è più che in passato uno dei pilastri della narrazione, che si sviluppa come in un gigantesco racconto di crescita lungo il percorso per riflettere anche un cammino musicale che dagli anni ‘80 del primo capitolo ci ha condotto agli anni 2000 di quest’opera conclusiva. 

Senza anticipare nulla su tale frangente, James Gunn è anche uno dei pochi ad aver utilizzato con cognizione di causa uno dei brani più maldestramente abusati degli anni ‘90. 

 

Guardiani della Galassia Vol. 3 è la chiusura di un viaggio verso uno spazio infinito e verso cieli mai così meravigliosi nella loro scoordinata bellezza e imperfezione, svelando il cuore di eroi che non hanno paura di combattere anche contro se stessi, circondati da una famiglia di pirati spaziali.

 

Raramente nel recente passato mi sono trovato così immerso nella visione, investito nell’incedere degli eventi, coinvolto dalle morali e dagli umori di un meraviglioso racconto dove in primo piano c'è l’amore per i personaggi e per ciò che rappresentano. 

 

 

[Come si fa a non amare i Guardiani della Galassia?] 

 

 

Guardiani della Galassia Vol. 3 mi ha quasi spinto a fare immediatamente un secondo giro alla cassa per tornare subito in sala e rimanere ancora un po’ in compagnia di quei personaggi.  

 

Un film dedicato a chi ama la vita e l’avventura vissute seguendo il concetto giapponese di “shōganai”, accettando e accettandosi, consci di non poter avere controllo su tutto, se non su quello che possiamo fare con i difetti che ci rendono noi stessi. 

 

Andate all’avventura.

Andate a guardare Guardiani della Galassia Vol. 3.

 

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3 commenti

Terry Miller

11 mesi fa

Bellissima recensione, su cui mi trovo d'accordo su tutto. GotG è la miglior trilogia targata Marvel e il 3 mi ha emozionato e divertito come non succedeva da parecchio tempo

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Tommaso Lesti

11 mesi fa

Bella riflessione sul sentirsi diversi e "fuori sincrono". Adeguata per Guardiani della Galassia Vol.3.

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Alex Lenoci

11 mesi fa

Recensione splendida con cui condivido il messaggio. Ieri al cinema è stata davvero un'esperienza che da molto non vivevo, soprattutto legata ai cinecomic(infatti lo stesso the suicide squad aveva dato qualcosa di simile). Gunn è davvero un maestro nel gestire i ritmi e i personaggi.

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