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Antebellum - Recensione: un passato da cui non abbiamo ancora imparato

I produttori di Scappa - Get out e Noi ci mostrano un passato fin troppo presente

Antebellum - disponibile su Amazon Prime Video da dicembre 2020 - si presenta come una pellicola riconducibile al black horror di Jordan Peele.

 

Scritto e diretto da Gerard Bush e Christopher Renz, il film di stampo antirazzista non sembra essere stato particolarmente gradito dalla critica e dalla stessa comunità afroamericana. 

 

[Il trailer ufficiale di Antebellum]

 

 

L’intenzione di associarsi a lavori di successo come Moonlight (Barry Jenkins), Scappa - Get out e Noi (Jordan Peele) è risultata un’operazione eccessivamente presuntuosa secondo le opinioni della maggior parte dei commentatori.

 

La storia proposta in Antebellum però non è priva di spunti di riflessione efficaci. 

Sebbene non si possa inquadrare come il miglior esito cinematografico di denuncia antirazziale, tacciarlo di turpitudine potrebbe essere un po’ troppo semplicistico.

 

La vicenda su cui si incentra la narrazione di Antebellum si riconduce alla Guerra Civile Americana, dove al centro dello scontro tra Nord e Sud vi sono le posizioni assunte dalle due fazioni circa la questione della schiavitù.    

 

 

[Antebellum, la separazione tra passato e presente è molto più labile di quello che pensiamo]

 

Veronica Henley – interpretata dalla cantante e attrice Janelle Monáe, già nota al Cinema per Il Diritto di contare di Theodore Melfi - è un’attivista e scrittrice di successo, costantemente in lotta contro le discriminazioni. 

 

La sua storia come persona individua, però, comincerà ai nostri occhi solo dopo 36 minuti di pellicola.    

La perdita delle coordinate temporali è infatti lo stratagemma più interessante di tutto il film, utile a destabilizzarci e a farci percepire direttamente la stortura pervasiva propria della nostra società.

 

Quella che crediamo essere una comparazione cronologica tra il passato e il presente si rivela qualcosa di molto più complicato.   

 

 

[Antebellum, con una citazione a Shining ci mostra i fantasmi della storia concretizzarsi ancora nel presente]

 

Ieri e oggi si fondono. 

 

Se nella nostra percezione la connessione si presenta come funzionale a collegare avi e successori, capiamo ben presto che Eden non è un’antenata di Veronica

La vera fusione riguarda in realtà il presente e il futuro (che decidiamo noi stessi di intraprendere).   

 

Quando si presenzia a una rappresentazione di questo genere, volta soprattutto a ingannare costantemente lo spettatore per portarlo a riconsiderare la fragilità delle sue certezze, è bene focalizzare l’attenzione sulle modalità attraverso cui il film distribuisce tra personaggi e spettatori le informazioni utili a comprendere la vicenda.  

 

Noi sappiamo molto meno dei protagonisti, anzi, a ben vedere non sappiamo proprio niente. 

Le nostre sono solo esili intuizioni che verranno presto demolite.  

 

Senza scendere troppo nel dettaglio, Antebellum dirama la sua narrazione a partire dall’interrelazione tra un passato storico e un presente contemporaneo. 

Sebbene in prima istanza potrebbe risultare una rappresentazione storica delle crude vicende razziali oramai fortunatamente passate, in verità è il mistero la vera chiave di lettura di tale vicenda.  

 

È molto difficile infatti non rileggerlo soprattutto in comparazione con un altro film che si risolve con egual intento antinomico. 

The Village di M. Night Shyamalan propone lo stesso statico viaggio nel passato. 

 

Ma laddove l’edificazione di uno spazio circoscritto e anacronistico è finalizzata a erigere delle barriere contro il male e contro una piega immorale assunta dalla la società, in Antebellum lo scopo è ben differente.  

 

 

[The Village di M. Night Shyamalan, 2004]

 

Ciò che si vuole ricostruire è una sorta di paradiso pre-secessionista (per l’appunto ante-bellum) in cui ricreare un passato storico disumano, dove lo spazio dei bianchi, idilliaco e incontaminabile, si contrappone allo spazio dei neri, atroce e impietoso.   

 

L’idea di nostalgia per un periodo agghiacciante e barbarico nella Storia della cultura statunitense la ritroviamo anche in una nota pellicola del 1939, oggi al centro di molte polemiche e riletture. 

 

Via col Vento - di Victor Fleming - affronta infatti il tema di una straziante guerra di logoramento, proponendo al centro delle vicende la frivolezza irragionevole di Scarlett O’Hara (Rossella per la traduzione italiana), una presuntuosa ragazza tanto viziata da essere solo interessata a vivere una storia d’amore con un uomo che non potrà mai avere, ma che in fin dei conti nemmeno desidera sul serio. 

I capricci e le relazioni di una giovane vanitosa (difficilmente apprezzabile, rendendo impossibile per lo spettatore il lavoro di immedesimazione), diventano il punto focale attraverso cui raccontare la sofferenza di una guerra, destinata ad essere messa ai margini della Storia, per seguire le vicende di un piccolo pezzo di terra di Atlanta, Tara.  

 

Antebellum sembra però portare in sé anche qualcosa di riconducibile a un altro grande lavoro del Cinema contemporaneo interessato a rimaneggiare completamente la Storia per come la conosciamo – se guardiamo bene, infatti la grande casa bianca all’inizio di Antebellum è la stessa della residenza di Calvin Candie.   

 

 

[Django Unchained, iconica immagine del film di Quentin Tarantino, 2013]

 

Con Django Unchained Tarantino non si limita a riscrivere la Storia, ma attua un'intera rielaborazione dell'epopea western. 

 

I protagonisti non lottano più per difendere la frontiera e porre un confine tra il luogo della legge e quello del crimine.

Si lotta per la libertà.

Una libertà che ha fondamenta e origini tutte storiche. 

 

Quentin Tarantino restituisce il tempo epico del western al tempo cronologico della Storia degli Stati Uniti in cui il duello non è più combattuto su un asse orizzontale (Est contro Ovest), ma sull'asse verticale.

Il Nord si scontra con il Sud nel pieno di quelle tensioni che hanno condotto alla durissima Guerra di Secessione Americana.  

 

Alla fine del racconto Django non viene più proclamato "La pistola più veloce del West", un West che non esiste più e che in realtà forse non è mai esistito. 

Consapevole però della forza e della bellezza di un genere che per eccellenza si lega indissolubilmente alla cultura degli Stati Uniti, Tarantino riafferma il suo racconto. 

 

Django può vivere ancora come personaggio cardine di una rielaborazione storica e culturale.

La sentenza finale da parte di Christoph Waltz è definitiva "Ti chiameranno la pistola più veloce del Sud"

 

Nel dare conclusione a queste riflessioni, ci tengo ancora a meditare sul perché Antebellum possa essere considerato una riflessione interessante e per nulla inefficace. 

 

 

[Antebellum, nella scena vediamo una receptionist scortese stagliata davanti a uno dei tanti simboli dello schiavismo]

 

 

Alla fine del film non possiamo non avvertire la stortura vera e propria della nostra società che ci viene impietosamente messa di fronte, dalle immagini di Antebellum.  

 

Il senso della narrazione non sta esclusivamente nelle sequenze della piantagione o nelle crudeltà passate. 

 

È sulla storia attuale che il film vuole orientare la nostra attenzione, e lo fa disseminando per tutte le scene una serie di micro indizi che, purtroppo, pervadono costantemente la nostra realtà di tutti i giorni: l’impertinenza dei camerieri, la suite a nome Thomas Jefferson in cui Veronica è costretta a soggiornare per lavoro, i dipinti che punteggiano le pareti dei locali della città. 

 

 

[Antebellum, Eden stremata nelle piantagioni]

 

 

Antebellum dunque in un modo un po’ articolato e brutale, sta solo cercando di dirci che esattamente come Veronica nei passaggi tra quelle che ci sembrano due epoche distanti tra loro, dobbiamo svegliarci e aprire gli occhi. 

 

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