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Mad Men - Recensione: si può vivere soltanto due volte

Sex. Lies. Storyboards. 

La prima cosa che ci ha insegnato Mad Men è che per pubblicizzare un prodotto serve uno slogan.

 

Una frase impattante che vada a suggestionare il potenziale cliente, che lo invogli ad acquistare quel che abbiamo da proporgli.

Ma qual è la natura di uno slogan?

Non basta descrivere, elogiare, glorificare il prodotto: per essere efficace uno slogan deve tramutare il prodotto in un’idea, e l’idea in un desiderio. 

 

Perché allora Mad Men?

 

 

 

 

Ci si potrebbe chiedere quale sia il motivo per cui siamo così affascinati dalla finzione cinematografica e televisiva.

 

Forse la ragione è che questi mezzi ci forniscono un modo per evadere dalla vita quotidiana.

Possiamo immergerci in storie incredibili e immaginare di farne esperienza in prima persona, un giorno. Possiamo gioire e soffrire assieme ai personaggi per storie d’amore che altrimenti non avremmo mai vissuto - e magari rievocare malinconicamente quelle che sono terminate.

 

Probabilmente non scaleremo mai una montagna, ma forse possiamo provarne le sensazioni attraverso uno schermo; non siamo pubblicitari di Madison Avenue ma, per un breve momento, è bello sognare di esserlo. 

 

Non è però solo una questione di immedesimazione emotiva.

Grazie a quelle storie siamo effettivamente in grado di costruirne altre nella nostra vita reale, di conoscere persone con le quali condividere quei momenti.

Così possiamo incontrarci, parlarne.

Possiamo guardare qualcosa assieme.

 

Un film è anche un appuntamento, un sorriso, una promessa. Magari quella stessa sera; o magari dopo anni, mentre quel film esce fuori in una conversazione casuale con una persona sconosciuta.

Una citazione al momento giusto.

La magia del Cinema, l’arte come forma di aggregazione sociale e di vita.

 

Ma forse non è solo questo, forse c’è anche dell’altro.

 

Forse, involontariamente, siamo alla ricerca di qualcosa.

Forse mentre le immagini scorrono sullo schermo ad evolvere non sono soltanto i personaggi, ma anche noi spettatori. Li guardiamo, li osserviamo, sogniamo con loro, ci deprimiamo e commuoviamo con loro; e intanto iniziamo a imitarli, a ragionare alla loro stessa maniera.

 

Mentre ci accorgiamo dei loro errori scopriamo di compierli anche noi.

È un continuo riconoscere e riconoscersi, in un processo di reciproca evoluzione. 

 

Mad Men è uno scambio, è la promessa di un cambiamento che dobbiamo essere bravi a saper cogliere.

 

Forse abbiamo iniziato a vedere serie TV perché un giorno speravamo di trovare qualcosa come Mad Men.

 

 

[Mad Men ebbe un successo clamoroso di pubblico e di critica: tra gli altri premi, si annoverano ben 8 Emmy Award e 5 Golden Globe]

 

 

"La pubblicità si basa su un'unica cosa: la felicità. E sapete cos'è la felicità?

La felicità è una macchina nuova, è liberarsi dalla paura, è un cartellone pubblicitario che ti salta all'occhio e che ti grida a gran voce che qualunque cosa tu faccia è ben fatta, e che sei ok."

 

Mad Men, che col tempo ha assunto lo status di vero e proprio cult, muove i propri passi nel contesto storico degli USA anni ’60: si va dalla campagna presidenziale di John Fitzgerald Kennedy al movimento per i diritti civili di Martin Luther King, dal timore per la guerra atomica all’allunaggio, passando per il Vietnam e il movimento beat.

 

Le vicende di un decennio controverso si mescolano a quelle dell’agenzia pubblicitaria Sterling Cooper, perno attorno al quale si struttura gran parte dell’impianto narrativo ideato da Matthew Weiner, già produttore e sceneggiatore de I Soprano.

 

Attenzione però a considerare Mad Men una serie prettamente storica: come spesso accade il passato non fa altro che richiamare al presente, sicché tutte le contraddizioni e le meschinità sociali che erano proprie di quegli anni sono in realtà pensate per essere un triste specchio dei nostri tempi, tra maschilismo e omofobia.

 

Mad Men a tratti sembra essere la pubblicità del mondo che descrive: all’apparenza affascinante, elegante, brillante e ironico, cela in realtà dei personaggi terribilmente solitari, insoddisfatti, e un grande senso di vuoto.

 

 

Tra una battuta sferzante, una sigaretta e un bicchiere di whisky si consuma a fuoco lento la tragedia umana, di cui gli ipnotici titoli di testa costituiscono un sinistro presagio. 

 

 

 

È proprio dalla sequenza dei titoli di testa che è necessario partire.

 

Una silhouette nera - una stilizzazione del protagonista della serie, Don Draper - entra nel proprio distinto ufficio: dopo qualche istante però l’edificio inizia a crollare, e con esso anche Don, in una spirale di campagne pubblicitarie scintillanti che rappresentano i valori del sogno americano.

 

In questi primi trenta secondi c’è già la condensazione concettuale del piano tematico di Mad Men, nonché un’indicazione formale sull’atmosfera della serie stessa, raffinata e stilizzata al pari dei titoli che la precedono. 

 

 

[Jon Hamm e January Jones, rispettivamente Don e Betty Draper: la famiglia è centrale nelle vicende di Mad Men]

 

 

"Per amore lei intende quel fulmine che ti spacca il cuore, che non ti fa mangiare né lavorare, che ti porta di corsa a sposarti e a fare figli?

Il motivo per cui non l'ha provato è che non esiste: quel tipo di amore è stato inventato da quelli come me per vendere calze."

 

Gran parte della narrazione ruota attorno alla figura enigmatica, misteriosa e carismatica di Don Draper, direttore creativo della Sterling Cooper.

 

Di grande successo sociale, economico, lavorativo, coniugale (e anche extra-coniugale) e in definitiva stella polare dell’intera serie, non possiede tuttavia le comuni caratteristiche che frequentemente ci si aspetterebbe da un personaggio che ricopre questo ruolo diegetico.

Si tratta anzi di un protagonista insolitamente schivo, restio a parlare di sé, per nulla incline al sensazionalismo, e che soprattutto non cede quasi mai al gusto per l’epica, per la spettacolarità, che sembra anzi intimamente disprezzare.

 

Don Draper è, in questo senso, perfetto alter-ego dello stesso Mad Men - grandissimo fascino senza necessità di ostentarlo. 

 

Dal passato torbido e oscuro, Don pare ricercare nel proprio lavoro ciò che non ha mai avuto e a cui ha sempre anelato.

Come significativamente dirà in un episodio, una pubblicità funziona soltanto se si prova qualcosa, se ci si identifica completamente col prodotto - o meglio, con l’idea che di esso si vuol suggerire.

 

Don trasforma i propri desideri e i propri sogni in campagne pubblicitarie, ed è così bravo nel farlo perché è il primo ad averne bisogno, nonostante il successo che la vita gli ha riservato. 

 

Perché in fondo, come esprime amaramente in una delle sue prime apparizioni, Don Draper non dimentica mai che la condizione di base dell’essere umano è quella della solitudine.

 

 

[Peggy Olson è interpretata dalla straordinaria Elisabeth Moss, in uno dei ruoli più memorabili di Mad Men, e della Storia della TV]

 

"Un giorno sei qui, e poi all'improvviso non rimane niente di te.

E allora ti chiedi dov'è finita la tua parte migliore, se vive da qualche parte al di fuori del tuo corpo.

E continui a pensare che prima o poi la riavrai... e poi ti rendi conto che se n'è andata per sempre."

 

Si può affermare, da un diverso punto di vista, che Mad Men non sia altro che la storia di Peggy Olson. Il primo episodio della serie coincide con la sua assunzione in qualità di segretaria presso la Sterling Cooper, e da quel momento assistiamo a un’evoluzione straordinaria del personaggio, del suo ruolo e della sua consapevolezza. Peggy è ambiziosa, talentuosa e rifugge le logiche sociali del proprio periodo, compiendo anche scelte di grande coraggio, in netta contrapposizione ad esempio con Betty Draper, moglie di Don, che invece subisce passivamente la propria condizione di subalternità.

 

Proprio il rapporto tra Don Draper e Peggy è forse il più autentico, solido e significativo dell’intera serie. Don è indubbiamente il mentore della ragazza, in particolare durante le prime stagioni, ma col tempo la loro relazione si evolve diventando ancora più profonda e pluri-dimensionale; Peggy è probabilmente l’unica che riesca a comprendere davvero il proprio capo, poiché è estremamente simile a lui. Anche lei fugge da una difficile e opprimente condizione familiare, anche lei ama ossessivamente il proprio lavoro, trovando in esso quel che al di fuori dell’agenzia pubblicitaria non riesce ad ottenere.

 

Soprattutto, anche lei è sostanzialmente sola, nel senso più esistenziale del termine.

 

 

[Vincent Kartheiser interpreta Pete Campbell, uno dei personaggi più complessi di Mad Men]

 

Nei titoli di testa i primi tre nomi a essere menzionati sono nell’ordine quelli di Jon Hamm, Elisabeth Moss e Vincent Kartheiser.

 

Se Don è il protagonista indiscusso della serie, e Peggy merita inequivocabilmente la medaglia d’argento in questa particolare classifica, può forse stupire la presenza del giovane Pete Campbell sul gradino più basso del podio.

A ben pensarci, però, si tratta forse del personaggio scritto meglio dell’intero universo Mad Men, così complesso e sfaccettato da suscitare ad ogni sua apparizione emozioni contrastanti.

 

Pete Campbell è inizialmente un account della Sterling Cooper, vale a dire una figura che si occupa dei rapporti con i clienti, procurandoli all’agenzia, e soddisfacendo tutte le loro esigenze di natura non creativa.

Per quanto sia molto bravo nel proprio lavoro - che egli stesso riassume, di fatto, nel “fare il ruffiano” - vive una condizione di scarso riconoscimento sociale, di frequente frustrazione e di generale insoddisfazione, incapace di comprendere cosa davvero voglia.

 

La ferita maggiore per Campbell pare essere quella di non essere Don Draper - di non avere il suo carisma, il suo charme, il suo talento.

Del resto è in buona compagnia, dentro e fuori il micro-cosmo di Mad Men.

 

Pete è un personaggio controverso, urticante ma capace di suscitare empatia, cinico ma talora ingenuo, tendenzialmente meschino ma anche romantico, e a tratti persino viscido.

In conclusione, estremamente umano.

 

Fornirne un giudizio morale, o categorizzarlo in maniera netta e semplice, è un’impresa difficile e probabilmente finiremmo per considerarlo in maniera ingiusta, in un senso o nell’altro.

 

Rappresenta forse la generazione perduta del proprio tempo, la disillusione verso l’utopia di un futuro migliore, che pure avrebbe avuto le chance di concretizzarsi e che invece non c’è stato. 

 

 

[Bye Bye Birdie...]

 

Se è vero che Mad Men è fortemente centrata sulle vicende di Don Draper, si tratta però di una serie complessivamente corale, dove viene scelto di sviscerare a fondo svariati personaggi.

 

Gran parte del merito è della sceneggiatura, che si prende tutto il tempo necessario all’introspezione psicologica dei suoi protagonisti - il risultato è che nessuno dei 92 episodi di Mad Men ha l’aria di apparire superfluo, o di essere un mero filler.

Naturalmente a ciò viene sacrificata un po’ di esplosività, specialmente nelle prime puntate: è una cottura a fuoco lento, che ha bisogno di qualche episodio per svelare tutto il proprio, corposo, sapore. 

 

Ed è a fuoco lento che allora emergono personaggi come Betty Draper, moglie del protagonista.

 

La sua evoluzione - o involuzione, se preferite - è graduale, fine, ma di sconcertante potenza.

Spesso in Mad Men è possibile ravvisare in dettagli sul momento apparentemente insignificanti quanto accadrà nelle puntate e stagioni successive.

Sono piccole avvisaglie a cui a volte si farà caso e altre no, ma nondimeno testimoniano un livello di scrittura importantissimo.

 

La storia di Betty era forse prevedibile sin da subito, nella sua insoddisfazione quasi costitutiva, quasi strutturale, quasi determinata aprioristicamente e confezionatale dal contesto sociale in cui vive; eppure da spettatori raggiungiamo il risultato di farcene comunque sorprendere, pur avendolo vagamente preventivato, come accade solo nelle grandi sceneggiature.

 

Del resto Mad Men è piena di personalità indimenticabili.

Come dimenticare il contraddittorio Roger Sterling?

 

Donnaiolo, viveur, ricco sfondato e sfaccendato impenitente, è probabilmente il personaggio che più di tutti è apertamente scritto per essere irresistibile, ambiguo e fascinoso.

Roger è elegantemente cinico, un vero e proprio dispensatore di brevi stralci di verità a cui talvolta non sembra però credere neppure lui, icona di un’età ancora precedente a quella mostrata nella narrazione, e possibilmente ancora più estrema.

 

Parrebbe il tipico elemento monocorde, fortemente caratterizzato, in grado di compensare con la propria staticità narrativa le controversie interiori degli altri personaggi: invece è a propria volta molto più complesso di quanto possa apparire, in pieno stile Mad Men.

 

O ancora la segretaria Joan Halloway: da archetipica femme fatale a donna dalle numerose e intricate sfumature. 

 

 

[Le tre generazioni di pubblicitari dell'universo Mad Men]

 

E poi la pubblicità.

 

La ricerca del cliente, le acrobazie per accontentarlo, l’affannosa caccia allo slogan, le riunioni con i creativi, la presentazione ufficiale - Mad Men fornisce uno straordinario spaccato sul mondo dell’advertising che risulta davvero interessante.

Viene da pensare, ogni qualvolta si vede uno spot in TV, chi sia il Don Draper che l’ha approvato e quali siano i motivi per cui è stato realizzato proprio in quel modo.

 

Quale l’idea che voleva comunicare.

Quale il target a cui si rivolge.

Viene più in generale da chiedersi quale sia l’impatto che ha la pubblicità sulle nostre vite, in maniera conscia o meno.

 

Viene anche da domandarsi cosa possa essere considerato pubblicità e se forse quelle stesse dinamiche non si ripropongano di continuo nel quotidiano: mentre proviamo a convincere qualcuno di una nostra opinione, mentre ascoltiamo un dibattito in televisione, mentre leggiamo un post su Facebook.

 

Qual è l’idea che ha mosso l’autore di quel post?

Qual è l’intimo desiderio che lo ha spinto a scrivere?

E soprattutto, qual è il nostro, e perché?

 

Mad Men è allora innanzitutto una splendida serie televisiva.

 

Tecnicamente impeccabile, con personaggi e dialoghi memorabili, una scrittura che agisce su più livelli offrendo spunti per questioni culturali, relazionali ed esistenziali, oltre che storicamente una lucida analisi sugli Stati Uniti degli anni '60 e socialmente una forte critica ai nostri tempi.

 

Già queste qualità varrebbero a inquadrarla nel gotha del panorama del piccolo schermo, laddove del resto ormai occupa da anni un posto privilegiato.

Ma, forse, Mad Men è soprattutto una finestra su quel che c’è dietro.

 

Uno scorcio di quel che accade dietro le quinte di un’agenzia pubblicitaria, e di quel che si agita sotterraneamente alla base dei nostri comportamenti, delle nostre sensazioni.

Una pagina strappata e rubata via al libretto delle istruzioni del gioco.

 

"This dream is for you, so pay the price; 

Make one dream come true, you only live twice"

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3 commenti

Francesco Broccoli

3 anni fa

Fantastico! grazie della notizia! 😊

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mariapinacris

3 anni fa

È disponibile su amazon prime video!

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Simone Braca

3 anni fa

grazie!

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