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Cantando sotto la pioggia e il passaggio dal muto a sonoro

Il musical per antonomasia, che racconta un evento fondamentale della Storia del Cinema

Hollywood, 1927: un anno spartiacque come pochi nella Storia del Cinema.

 

In quell'anno esce infatti nelle sale Il cantante di Jazz, prodotto da Warner Bros.: il film segna l’avvento del sonoro nella Settima Arte, e tale evento è il perno della trama di quello che è oggi universalmente riconosciuto come una delle eccellenze del genere musical: Cantando sotto la pioggia.

 

[Il trailer di Cantando sotto la pioggia]

 

 

Diretto da Stanley Donen e Gene Kelly, la pellicola s’incentra sulle peripezie dell’attore Don Lockwood (interpretato dallo stesso Kelly) e di altri personaggi a lui vicini: l’amico Cosmo Brown (Donald O’Connor), l’amata Kathy Selden (Debbie Reynolds) e la diva del muto Lina Lamont (Jean Hagen). 

 

In primis c'è da fare una piccola precisazione: non sarebbe corretto parlare di passaggio dal Cinema muto al Cinema sonoro perché, già durante l'epoca del muto, le pellicole potevano comunque godere di accompagnamenti musicali suonati da orchestre dal vivo, oppure vi era una voce narrante che spiegava quanto avveniva sullo schermo.

 

 

 

 

Tuttavia con Il cantante di Jazz l'innovazione fu di portata epocale in quanto, per la prima volta, gli spettatori poterono udire le parole pronunciate e le canzoni cantate dai protagonisti, sincronizzate con le immagini proiettate.

 

Sarebbe più giusto, dunque, parlare di Cinema parlato. 

Merito di tale prodigio è da attribuire all'invenzione di un riproduttore elettromagnetico, denominato Vitaphone, che permise la sincronizzazione di suoni e immagini.

 

Prima del 1927 vanno comunque registrati altri esperimenti volti ad accostare audio e video: ad esempio, lo scienziato Thomas Edison nel 1895 diede vita ad uno strumento detto Kinetophone, che però non ebbe grande successo.

 

La novità del sonoro - come altre novità, si pensi al colore - fu osteggiata dai puristi del Cinema dell'epoca, che ritenevano che tale invenzione potesse decretare addirittura la morte della Settima Arte.

 

Fra i detrattori più celebri si può annoverare Charlie Chaplin che girò il suo primo film parlato, Il grande dittatore, soltanto nel 1940; anche i cineasti sovietici si mostrarono scettici di fronte a tale transizione, redigendo nel 1928 il Manifesto dell'asincronismo (firmato anche da Sergej Ėjzenštejn), che cercava di dettare le norme attraverso le quali la nuova tecnologia doveva essere adeguatamente utilizzata.  

Quel che è certo è che il pubblico rispose molto positivamente all'introduzione del parlato nelle pellicole, e i successi al botteghino dissiparono ogni dubbio in materia: il Cinema doveva accettare il cambiamento e tutti gli addetti ai lavori si adeguarono alla situazione.

 

Cantando sotto la pioggia, prodotto nel 1952, è quindi un film colorato e scanzonato su un momento cruciale dell’industria cinematografica.

 

L'opera ci porta - come altre pellicole che seguiranno - dietro le quinte dell'industria: buona parte delle scene sono filmate in teatri di posa e hanno come oggetto la realizzazione de Il Cavaliere della danza, film sonoro inizialmente concepito come muto i cui protagonisti sono, appunto, Lockwood e Lamont. 

 

Nel film di Donen e Kelly si mostra come la portata innovativa del sonoro non venga inizialmente percepita; i protagonisti credono che sarà un’invenzione dalla vita breve, un fenomeno da baraccone che non potrà scalfire la fama dei film muti con i quali star come Lockwood e Lamont hanno raggiunto l’apice della gloria. 

 

 

 

Ma così non è: quando il pubblico ne decreterà il successo, la vita dei protagonisti ne risulterà stravolta; la fama è effimera, specialmente a Hollywood.

 

Lockwood, con l’aiuto del produttore Simpson, di Kathy e di Cosmo (al quale è legato da una sincera amicizia), ne verrà a capo conservando la propria fama e riuscendo anche a mettere in ridicolo l’insopportabile Lina, spregiudicata arrivista dalla voce eccessivamente squillante, inadatta dunque all’epoca che si sta aprendo.

 

La necessaria trasformazione del film nel film, da film muto a film parlato, comporta delle difficoltà ampiamente evidenziate nell’opera: gli interpreti dovevano prendere lezioni di dizione, in modo da poter scandire sul set le parole in maniera chiara e corretta; bisognava, inoltre, formulare i giusti accorgimenti per posizionare i microfoni, senza che essi risultassero visibili alla cinepresa, ma vicino alle bocche degli attori affinché il suono venisse registrato senza intoppi.  

 

Ovviamente essendo un musical il piatto forte della pellicola sono i numeri musicali, coreografati alla perfezione e accompagnati da brani come Good Morning e Singin’ in the rain, entrati di prepotenza nell’immaginario collettivo e conosciuti perfino da chi non ha visto il film.

 

Si pensi che Singin’ in the rain è “omaggiata” - se così si può così dire - anche da Malcolm McDowell in Arancia Meccanica, per la regia di Stanley Kubrick

 

 

[L'"omaggio" di Arancia meccanica a Cantando sotto la pioggia]

 

 

La sequenza in cui Gene Kelly danza sotto una pioggia battente - acqua mescolata con il latte per una resa scenica di maggior efficacia - è il simbolo del genere in cui Cantando sotto la pioggia rientra.

 

Anche Broadway Melody, preludio al finale, è un numero musicale monumentale, imponente, che è entrato a buon diritto nella Storia del Cinema.

In chiusura vorrei fare un accenno al legame tra questo e un altro musical, di gran lunga più recente: La La Land.

 

Chi scrive reputa che le due opere siano molto diverse per toni, più leggero il primo e più malinconico il secondo, ma è difficile, se non impossibile, non pensare che il film di Donen e Kelly sia stato un'importante fonte d’ispirazione per Damien Chazelle.

 

 

[La La Land e Cantando sotto la pioggia: una scena al confronto]

 

 

Si pensi alla la sequenza in cui Emma Stone Ryan Gosling ballano al tramonto sulle note di A lovely night, dove alcune movenze e inquadrature ricordano una scena simile di Cantando sotto la pioggia, nella quale Kelly e Reynolds ballano e cantano You were meant for me in un teatro di posa deserto, con il tramonto ricreato da attrezzature e luci presenti in loco.

 

Certamente, se ben si guarda La La Land, ci si accorgerà che Chazelle ha attinto a piene mani dai musical capolavori delle generazioni precedenti, compreso Cantando sotto la pioggia, pietra miliare di una Hollywood che ormai sembra non esistere più. Cantando sotto la pioggia cantando sotto la pioggia cantando sotto la pioggia

 

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19 commenti

stefano marino

4 anni fa

Non amo tanto il genere, ma ctedo che i musical siano tra le piú alte forme di cinema, l'idea che delle persone normali senza alcun motivo inizino a cantare e ballare, rispecchia fedelmente l'idea di un mezzo artistico che vuole raccontare storie di fantasia riprendendo il mondo in maniera quasi oggettiva.

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Sara Ferracuti

4 anni fa

Meraviglioso. Ricordo ancora la prima volta che lo vidi. Rimasi estasiata dalle sue scene, in particolare la più iconica, quella sotto la pioggia. Non solo la canzone e il modo in cui Gene Kelly si muoveva trasmettevano leggerezza ed allegria, ma anche la maniera in cui si muoveva la telecamera sembrava rendere la scena ancora più emozionante. In più c'erano alcune scene davvero geniali, come quella in cui, durante la proiezione del film sonoro, la voce comincia ad andare in ritardo rispetto alle immagini (o forse in anticipo non ricordo). Un film davvero sublime

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Fede3597

4 anni fa

Bell'articolo, lo ho visto non tanto tempo fa questo film e (nonostante non sia un amante del genere) devo dire che mi è piaciuto. Sono perfettamente d'accordo con te su quanto hai detto a riguardo di La la Land!

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Marco Batelli

4 anni fa

Fede3597
Grazie!

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Simone Maggiani

4 anni fa

Interessantissimo, non sapevo che il primo film parlato fosse un musical...
Se può interessare potrei fare un articolo sull’evoluzione di come veniva registrato il sonoro sulla scena e le varia filosofie :)

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Fede3597

4 anni fa

Simone Maggiani
Direi che sarebbe molto molto interessante!

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Arianna

4 anni fa

Recentemente ho letto un libro ("Messico") di Emilio Cecchi, che in quegli anni si trovava negli Stati Uniti e ha potuto parlare con Chaplin, Keaton e qualche attore che ora mi sfugge, e si era proprio in questo clima. Chaplin preoccupato e refrattario a questa novità, gli attori preoccupati perché non sapevano davvero "recitare", non avevano una bella voce e a volte non parlavano nemmeno bene l'inglese. Dovettero correre ai ripari con vere e proprie lezioni, l'ho trovato interessante. Mimica e voce non andavano di pari passo...

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Nuriell

4 anni fa

Ah, i musical, un tempo erano erano un genere degno come gli altri... oggi però basta, non ce n'è più bisogno.

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OldBoy

4 anni fa

è assurdo come si sia sempre pensato e si continui a pensare alla novità come alla fine di un qualcosa di più grande, ora con Netflix, ieri con il sonoro. La novità non fa altro che evolvere il prodotto, non c'è in meglio o in peggio. Siamo figli del nostro tempo

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Davide Sciacca

4 anni fa

Simpatico il cinefacts riguardo all'acqua e latte. Gran bel film.

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