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Priscilla - Recensione: una storia d'amore e controllo

Questa settimana arriva nei nostri cinema Priscilla, il nuovo film di Sofia Coppola tratto dal memoir Elvis and Me, scritto da Priscilla Presley: il film era solo una sceneggiatura quando ha acceso le prime controversie, ma ora che è realtà sembra un timido latrato perso nella notte del Cinema

Con Priscilla Hollywood chiude il suo Elvis Presley Expanded Universe, salvo che qualcuno non decida di realizzare una pellicola incentrata unicamente sulla figura del Colonnello Tom Parker

 

Magari qualche emulo di Todd Phillips desideroso di realizzare il proprio Joker con un Colonnello sopra le righe: interpretato da Nicolas Cage, intriso di umori tra il grottesco e il lisergico. 

Chiaramente si parla di coincidenze.

 

Dopo l’Elvis di Baz Luhrmann che ha lanciato nella stratosfera Austin Butler, entrato così tanto nel personaggio da rimanere incastrato nell’accento tipico del re del rock, Sofia Coppola per raccontare Priscilla sceglie Jacob Elordi, recentemente diventato molto richiesto dopo le sue interpretazioni in Euphoria e in Saltburn.

 

Priscilla però parla solo collateralmente di Elvis, per concentrarsi su Priscilla Presley e raccontare una storia d’amore atipica, nella quale una teenager deve fare i conti con il suo diventare donna sedendo all’ombra di un dio della popolarità, imparando a convivere con la fama planetaria del re del rock.

 

Attraverso lo sguardo di Priscilla, Sofia Coppola ci racconta i lati più intimi di una leggenda statunitense, esplorando un lungo e controverso corteggiamento che inizia quando la ragazza ha solo quattordici anni e che sfocerà in un turbolento matrimonio.

 

[Il trailer di Priscilla]

 

 

Guardando semplicemente alla storia tra Elvis e Priscilla, si può avvertire nell’aria il sibilare dell’aria che ispiriamo a denti stretti quando qualcosa è controverso o estremamente "cringe": Elvis era un uomo adulto, una rockstar internazionale che seppur circondata da donne dello spettacolo mature, decide di corteggiare una ragazza del liceo.

 

Ancora prima che la produzione prendesse velocità la figlia di Priscilla, Lisa Marie Presley, ha portato il suo dissenso alla corte di Sofia Coppola.

Secondo le mail trapelate e pubblicate in parte da Variety, dopo aver letto quella che sembrava essere una bozza della sceneggiatura, la figlia di Elvis e Priscilla ha parlato di un film che dipingeva Elvis come “un predatore manipolatorio” e non riconosceva in quel racconto un ritratto fedele del padre.

 

La compianta Lisa Marie Presley, inoltre, temeva che la madre produttrice esecutiva del film non avrebbe compreso la portata dell’opera: oggi nessuno accetterebbe quanto accade nel film e, tra qualche giorno, nelle sale uscirà May December, una pellicola che si basa proprio su un famoso caso giudiziario che vede protagonisti un ragazzino di tredici anni e una donna adulta. 

Le preoccupazioni della figlia di Priscilla Presley erano alquanto fondate, tuttavia il film di Coppola sembra aver cambiato parte di quella sceneggiatura e, in linea di massima, la regista e sceneggiatrice non sta “cercando di essere critica verso nessuno dei personaggi”, come dichiarato dalla stessa a Rolling Stone. 

 

Mettendo in soffitta tutto questo dramma dietro le quinte, il film è davvero così controverso? Per quanto mi riguarda no e Sofia Coppola ha effettivamente rispettato il principio alla base del film. 

 

 

[Cailee Spaeny in una scena di Priscilla]

 

 

Priscilla racconta una storia d’amore tra una teenager e un idolo delle masse.

 

Una realtà che per alcune ragazze dell’epoca, come nel recente passato costellato di boy band pop di fama globale, è sicuramente stata un sogno a occhi aperti guardando al poster appeso in camera. 

In Priscilla c’è gentilezza, una grande grazia e attenzione nel mettere in scena l’avvicinamento tra Elvis e Priscilla, avvenuto in una base militare statunitense in Germania; molti di voi ricorderanno il periodo in cui il re del rock si arruolò nell’esercito.

 

C’è anche un certo sgomento nel guardare come due genitori, uno dei quali un rigido militare, abbiano acconsentito che la loro figlia quattordicenne venisse portata via dalla loro custodia un centimetro alla volta. 

 

Sotto questo punto di vista Priscilla è un film in due tempi e due umori: uno è il sogno, le luci, le grida di festa di Graceland e il pollo fritto servito su enormi vassoi d’argento, mentre l’altro è l’ombra della fama e il racconto di una star consumata dalle sue fragilità e ingenuità. 

Voglio essere gentile come Sofia Coppola e definire “ingenuità” tutti quei tratti che, in un certo senso, non si prendono troppa cura di inquadrare Elvis come un personaggio particolarmente brillante: The Pelvis è in balia di qualsiasi venditore di pezze con due parole ben articolate in bocca, il pupazzo del Colonnello, una banderuola di stracci lasciata al vento di qualsiasi brezza soffi e sostanzialmente un credulone che, sprovvisto di risposte, trova una via in qualsiasi cosa.

 

Sembra un po’ la versione di Elvis interpretata da Bruce Campbell in Bubba Ho-Tep - Il re è qui.

 

 

[Jacob Elordi e Cailee Spaeny in una scena di Priscilla]

 

 

La sensazione è che senza quel gigantesco circo di persone che lo circondano Elvis non sarebbe in grado nemmeno di alzarsi dal letto per mettersi i calzini nel verso giusto, lasciando un po’ sospesa l’idea che nessuno sarebbe mai stato preparato a quella botta di fama e interessi che circondavano la sua persona.

 

Priscilla dipinge Elvis anche come un “uomo della sua epoca”, capace di esercitare controllo e potere unicamente sulla moglie.

 

Si parla di una ragazzina che cresce, come donna, nella gabbia dorata di Graceland e tra le luci di Las Vegas, i negozi sfarzosi dai quali può uscire solo con i vestiti ritenuti belli dal re e dai suoi giullari, la segretezza del rapporto e la fama di Elvis raccontata dai gossip della stampa, le urgenze degli umori giovanili e i tradimenti di Elvis, oltre che con la certezza che ogni forma di realizzazione e sviluppo di una propria persona sia sacrificata sull’altare dei capricci del re per aderire al ruolo che lui ha disegnato su Priscilla. 

Il film di Sofia Coppola non calca mai la mano su questi aspetti e le diverse sfaccettature di questo rapporto passano allo spettatore anche con grazia, cercando di non spostare mai troppo dall’immaginario collettivo il racconto del mito.

 

Priscilla è un film che, per quanto mosso da una storia affascinante e da ottime intenzioni, gioca un po’ in difesa.

Lungo lo sviluppo degli eventi si respira un po’ l’aria stanca di un’opera che per quanto abbia i suoi momenti non è mai ispirata nelle soluzioni di regia e narrazione. 

Cailee Spaney, vincitrice della Coppa Volpi a Venezia per la sua performance in Priscilla, respira nel film grazie a una prova ammaliante. 

 

Dona aria alla pellicola, ma credo non basti.

 

 

[Jacob Elordi e Cailee Spaeny in una scena di Priscilla]

 

 

In Priscilla manca qualcosa. 

 

Gli eventi diventano quasi pedanti; una cronologia di fatti che si avvicendano senza cercare mai nella messa in scena qualcosa che dia ritmo, umore e identità al racconto e forse, seguendo le mie personali fascinazioni per le vie del racconto, speravo nel linguaggio più pop di Sofia Coppola. 

 

Forse sono stato anche viziato da uno come Pablo Larraín, che quando racconta un personaggio potente come Diana, viaggia altrove e trova una poetica trasognata, eppure opprimente, per riassumere in un frammento dello specchio del tempo tutto quello che c’è da dire su un’icona.

 

Priscilla, forse, aveva bisogno di questa interpretazione.

Sofia Coppola si siede su una via del biopic un po’ da Wikipedia, non identifica un cuore della vicenda e quindi il film dice tutto e non dice niente, annacquando un po’ il cosa e la morale in un film che vorresti scuotere alla ricerca di sensazioni. 

 

Priscilla incarna indubbiamente alcuni dei lati migliori del talento e delle capacità di racconto cinematografico di Sofia Coppola, ma dimentica il bello del Cinema e ci lascia seduti a guardare un film che si spegne velocemente, come la vita della sua protagonista.

 

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