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Oscar Martínez: incarnare i volti nascosti dell'umanità

Ritratto di Oscar Martínez, straordinario attore argentino protagonista di Finale a sorpresa - Official Competition

Oscar Martínez è un attore in possesso di una dote unica: lungo tutta la sua carriera è sempre stato in grado di mostrarci che esistono dei volti nascosti dell'umanità.

 

Si tratta di un interprete capace di sedersi sempre dal lato opposto della nostra empatia, di esplorare un perenne altrove dell'animo.

 

[Il trailer italiano di Finale a sorpresa - Official Competition, film di Gastón Duprat e Mariano Cohn in cui Oscar Martínez fornisce una grandissima prova]

 

 

La sua ultima, formidabile, prova fornita sotto la direzione di Gastón Duprat e Mariano Cohn in Finale a sorpresa - Official Competition è l'ennesima conferma di quanto Oscar Martínez sia nato per recitare con estrema classe dei ruoli che non tendono mai la mano allo spettatore.

 

Una dote che, però, non fa altro che donare ai suoi personaggi il distacco necessario alla loro riuscita, che sublima la sua recitazione perennemente in equilibrio tra sensazioni contrapposte.

 

Il film, distribuito in Italia da Lucky Red a partire dal 21 aprile, è una delle più intelligenti critiche al ruolo dell'arte nella società che siano state vergate di recente sul grande schermo: non è un caso che a fornircela siano stati Gastón Duprat e Mariano Cohn, due autori che hanno dedicato la propria carriera a decostruire e smitizzare il concetto sociale di "artista".

 

Sotto la loro direzione Oscar Martínez aveva strabiliato il mondo ne Il cittadino illustre, vincendo la Coppa Volpi alla 73ª edizione della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, nei panni di Daniel Mantovani, un Premio Nobel alla Letteratura che sceglie di tornare nel suo paesino natale in Argentina, solo per lasciar emergere tutte le contraddizioni di quella convivenza forzata.

 

Il suo Iván Torres, invece, oltre che ad attingere dalla precedente esperienza comune con i registi, mira a incarnare però anche uno stereotipo di attore perfettamente ricalcato sulle sue caratteristiche.

 

 

[Oscar MartínezPenélope Cruz e Antonio Banderas demoliscono la Settima Arte con tre performance mostruose in Finale a sorpresa - Official Competition]

 

 

Si tratta di un grande Maestro della recitazione, che ha consacrato la sua vita al prestigio del suo ruolo e rifugge ogni forma di intrattenimento legata alla sua professione.

 

Uno stereotipo perfetto da contrapporre al Félix Rivero di Antonio Banderas, un attore dal talento altrettanto grande che, però, sembra assuefatto dall'idea di essere una star: accetta ogni genere di film, vive per i premi, smonta ogni misticismo del mondo della recitazione. 

Ecco allora che Oscar Martínez si trova, di nuovo, a interpretare un controcampo umano, un personaggio per il quale potrebbe apparire più naturale provare repulsione che attrazione.

 

Risulta chiaro che alla base dell'idea di contrapporlo ad Antonio Banderas c'era uno scontro filosofico che Gastón Duprat e Mariano Cohn hanno scelto di strutturare a partire da due simulacri plasmati sulle carriere dei loro protagonisti.

Lo scostante attore di formazione teatrale e la stella da oltre 100 film.

 

Se abbiamo imparato molto presto ad amare follemente Antonio Banderas lungo i suoi quarant'anni di carriera, di certo non può dirsi lo stesso di Oscar Martínez, che invece ha impattato i nostri schermi solo di recente.

 

A partire da questi presupposti ho scelto, dunque, di raccontarvi la carriera di questo formidabile interprete argentino, districatasi in anfratti nascosti dello spettro emotivo umano.

 

 

[La tregua di Sergio Renán è il film che mostrò al mondo il talento di un giovanissimo Oscar Martínez]

 

Come il suo Iván Torres, Oscar Martínez è un interprete di formazione teatrale e ha dedicato gran parte della sua vita al palcoscenico.

 

Il suo debutto a teatro, al cinema e in TV è stato pressoché simultaneo.

 

Nel 1969, a soli 20 anni, divenne parte del cast della telenovela Cosa juzgada, l'anno dopo era già a teatro con El avión negro e nel 1971 eccolo per la prima volta sul grande schermo per un grande nome del Cinema argentino come Fernando Ayala, che lo diresse in due film consecutivi: La gran ruta e El Profesor Tirabombas.

 

A 25 anni arriva il ruolo che potrebbe già consacrarlo: ne La tregua di Sergio Renán interpreta Jaime Santomé, il figlio minore del protagonista, Martín. 

Si tratta di un giovane omosessuale non dichiarato in un film incentrato sulle difficoltà della mezza età e sul rapporto difficoltoso tra generazioni, vissuto dalla prospettiva di Martín, che è interpretato da un grandioso Héctor Alterio.

 

Eccolo, il primo grande volto nascosto dell'umanità interpretato da questo sensibilissimo interprete.

 

I due forniscono prova della loro bravura in alcuni scambi recitativi di livello ma, cosa ancor più importante, il film diventa la prima opera argentina candidata ai Premi Oscar nella categoria Miglior Film in Lingua Straniera.

 

 

[Contar hasta diez di Oscar Barney Finn è uno dei pochissimi film di fama internazionale girati da Oscar Martínez negli anni '80]

 

 

Poteva essere il ruolo della consacrazione mondiale per Oscar Martínez che, invece, con una scelta completamente controintuitiva sceglie di sparire dagli schermi cinematografici per un decennio esatto. 

 

La sua carriera teatrale è ormai lanciatissima: per inframezzarla si concede giusto qualche apparizione televisiva ma tornerà al cinema solo nel 1984 con La Rosales di David Lipszyc

Gli anni '80 si rivelano, però, ben più prolifici dei '70: tra il 1984 e il 1988 recita in otto film, anche se si tratta di pellicole di minor notorietà internazionale.

 

Tra queste citiamo Contar hasta diez di Oscar Barney Finn, che fu in concorso al Festival del Cinema di Berlino nel 1985, ed Expreso a la emboscada di Gilles Béhat, in cui condivide lo schermo per la prima volta con un altro peso massimo del cinema argentino, Ricardo Darín.

 

Presta inoltre la voce al documentario Tango, Bayle nuestro di Jorge Zanada: la sua voce sembra perfetta per raccontare una storia d'amore secolare come quella tra l'Argentina e il tango, per mirare dritto al cuore di una nazione che già lo riconosce tra i suoi più grandi interpreti, malgrado le sue rare apparizioni pubbliche.

 

 

[In oltre 50 anni di carriera teatrale, l'opera a cui Oscar Martínez ha legato maggiormente il suo nome è senz'altro Amadeus, in cui ha interpretato Mozart in gioventù e Antonio Salieri da uomo maturo]

 

  

Ancora una volta, però, quando sembra potersi riconnettere con la notorietà, Oscar Martínez sceglie la strada meno battuta.

 

Ancora il teatro, ancora qualche comparsata televisiva. Si toglie anche lo sfizio di essere protagonista di un mediometraggio di Carlos Saura, El Sur.

Nel 1991 arriva il suo primo Premio Konex, dedicato alle personalità di spicco del mondo dell'arte e dello spettacolo argentino, ma nel decennio seguente prende parte a tre sole pellicole, tutte di ottimo successo in Argentina.

 

Una di queste, No te mueras sin decirme adónde vas di Eliseo Subiela, ottiene un ottimo successo anche in diversi festival in giro per il mondo e lo vede affiancare due volti noti a livello internazionale come Darío Grandinetti e Leonardo Sbaraglia, ma nuovamente non gode della fortuna distributiva necessaria a lasciar emergere il grande talento di un interprete che ormai sembrava selezionare con grande cura le produzioni a cui partecipare.

 

Nel 2001, però, la sua volontà di sperimentare lo porta a interpretare il ruolo di Enrique in Berlin is in Germany, film di Hannes Stöhr che riscuote un successo clamoroso nella Sezione Panorama del Festival di Berlino, vincendo il premio del pubblico e numerosi altri riconoscimenti in Germania e nel mondo.

 

Ancora una volta, il suo ruolo è quello per disacco più separato dal contesto che il film crea: un personaggio ispanofono in un dramma sul cambiamento della Germania a cavallo della caduta del muro di Berlino, visto dalla prospettiva di un ex detenuto.

 

 

[El nido vacío di Daniel Burman ci propone un duetto di bravura tra due giganti del Cinema argentino: Oscar Martínez e Cecilia Roth]

 

 

Oscar Martínez sembra essere magneticamente attratto dalla possibilità di esplorare tutto lo spazio che separa i suoi personaggi da ciascun punto di riferimento: dallo spettatore, dai suoi compagni di scena, probabilmente anche da se stesso.

 

Ecco perché il film con cui chiude il cerchio dei primi trentacinque anni della sua carriera non poteva che essere El nido vacío, di Daniel Burman

Dopo essere stato il giovane e inquieto Jaime, perfetto contraltare della mezza età ne La tregua, eccolo finalmente interpretare il ruolo del capofamiglia alle prese con la vuotezza del contesto familiare una volta che i figli hanno lasciato casa.

 

Nell'esplorazione del complesso rapporto tra Oscar Martínez e Cecilia Roth emerge tutta la maturità di un interprete magnifico, in grado di accorciare ed estremizzare la distanza con i propri compagni di recitazione a piacimento, di plasmare a sua volta un contesto scomodo per lo spettatore.

Caratteristiche che lo rendono irresistibile e respingente al contempo.

 

Probabilmente essere diretto da Daniel Burman - reduce da un Orso d'argento - Gran Premio della Giuria per El abrazo partido - L'abbraccio perduto e considerato uno dei capofila della rinascita del Cinema argentino - deve aver risvegliato in lui la volontà di essere diretto da registi di talento, in progetti ambiziosi.

 

A partire da questo momento, infatti, Oscar Martínez inizia la sua seconda giovinezza cinematografica, quella che l'ha reso un nome noto in tutto il mondo.

 

[Il trailer italiano di Storie pazzesche di Damián Szifron, il ruolo che ha restituito agli amanti del Cinema la grandezza di Oscar Martínez su base continuativa]

 

 

Il suo film successivo è Storie pazzesche di Damián Szifron, prodotto tra gli altri dai fratelli Agustín e Pedro Almodóvar e presentato in concorso al Festival di Cannes 2014.

 

Si tratta di un successo planetario: l'opera è un trattato grottesco a episodi sui temi della vendetta e della violenza in un mondo in cui le relazioni umane sono ormai completamente imbarbarite. 

La pellicola verrà candidata ai Premi Oscar 2015 come Miglior Film in Lingua Straniera e vincerà il BAFTA 2016 nella medesima categoria.

 

L'episodio di cui è protagonista Oscar Martínez, "La proposta", mette al centro della propria narrazione un uomo abbiente, Mauricio Pereyra Hamilton, costretto a fronteggiare il ricatto di un suo giardiniere al fine di insabbiare un reato commesso da suo figlio. 

Per la prima volta nella sua carriera cinematografica emerge un tratto distintivo dell'attore: la sua capacità di tenersi perfettamente equidistante dal senso del ridicolo e da quello dell'orrore che i suoi personaggi trasudano.

 

La sua recitazione in superficie impassibile, morigerata, mai sopra le righe, crea un groviglio di sensazioni contrastanti con l'atrocità delle battute che il suo personaggio si ritrova a pronunciare. 

 

Anche se condensata nello spazio di un cortometraggio, la sua prova è un piccolo capolavoro che all'interno di Storie pazzesche viene eguagliata solo dalla magnifica interpretazione di Ricardo Darín nell'altrettanto terribile episodio "Bombetta".

 

 

[Un irriconoscibile Oscar Martínez in Capitano Kóblic di Sebastián Borensztein] 

 

 

A questo punto diviene, dunque, inevitabile il confronto diretto tra i due più grandi interpreti argentini: il Maestro ritrovato e la stella ormai affermata a livello internazionale.

 

L'occasione arriva due anni dopo, con un film di Sebastián Borensztein ambientato sullo sfondo dell'Argentina della dittatura di Jorge Videla.

 

In Capitano Kóblic, com'è ovvio che sia, Ricardo Darín interpreta il complesso personaggio dell'eroe eponimo, mentre a Oscar Martínez viene affidato il ripugnante Commissario Velarde

Le interpretazioni fornite da entrambi sono ancora una volta sensazionali e perfettamente giocate sull'ambiguità di due personaggi che dovrebbero ricoprire un ruolo simile nella società ma che, invece, si trovano su poli opposti dello spettro morale.

 

Oscar Martínez, nello specifico, risulta irriconoscibile ma perfetto nel ruolo: appesantito, nascosto dal trucco e da un orrendo parrucchino, costruisce un personaggio manipolatore e dedito a degli eccessi d'ira come non è mai accaduto nella sua carriera.

 

L'orrore che nel suo precedente grande ruolo era stato suggerito, stavolta emerge attraverso dei picchi raggelanti.

 

 

[Il cittadino illustre rappresenta la più celebre e premiata prova di Oscar Martínez, fornita proprio sotto la direzione di Gastón Duprat e Mariano Cohn]

 

 

Non è finita qui, però, perché il 2016 è l'anno che lo consacra definitivamente davanti al grande pubblico.

 

A settembre di quell'anno viene, infatti, presentato alla Mostra di Venezia Il cittadino illustre, l'opera che porta alle estreme conseguenze tutto ciò che ha sapientemente seminato negli ultimi anni della sua carriera cinematografica: il suo Daniel Mantovani è un personaggio in grado di indurre sensazioni contrastanti come pochissimi nella Storia del Cinema.

 

Si tratta di un letterato in grado di costringere il pubblico a riflettere al contempo sulle proprie ipocrisie e su quelle dell'artista, di piegare i concetti di "cultura" e "libertà" a suo piacimento al fine di renderli contundenti per il prossimo.

 

Un uomo portato dalla propria vanagloriosità a un disastroso rientro in patria, atto più che altro a saziare le proprie mire distruttive e autodistruttive.

 

Con questo personaggio emerge tutta la capacità di Oscar Martínez di incarnare il nero del nostro animo: ironia, serietà, cattiveria gratuita, altezzosità e debolezza si susseguono senza soluzione di continuità nella sua prova. 

Ciò che stupisce maggiormente del personaggio è, però, come la sua natura risulti ancor più funzionale a generare nel contesto circostante un peggioramento netto: il suo intellettuale altro non è che un motore per rendere il mondo più ostile.

 

E proprio di questo astio Daniel Mantovani si ciba per produrre le sue opere.

 

Si tratta del controcampo più spaventoso che Oscar Martínez ci ha fornito nella sua carriera, perché di fatto ribalta con gelida compiutezza ogni nostra concezione sul rapporto che abbiamo con l'arte.

 

 

[Toc Toc di Vicente Villanueva ci mostra un Oscar Martínez mai così sopra le righe]

 

 

Giunto a questo punto per un interprete di questo livello è necessario tornare a confrontarsi con la commedia, arrivando a sfiorare l'estremo opposto della condizione umana.

 

Si spiega così il suo ruolo dannatamente sopra le righe in Toc Toc di Vicente Villanueva, una commedia in cui mediante un borghese con la sindrome di Tourette, decostruisce l'immagine di sé che ha sempre fornito. 

Un'opera di distruzione e ricostruzione portata, se possibile, all'estremo mediante Emilio, l'ex professore universitario di matematica colpito dal morbo di Alzheimer da lui interpretato in Vivere due volte di María Ripoll.

 

Attraverso un personaggio che deve districarsi tra punte di comicità quasi slapstick e profondi sguardi persi, per Oscar Martínez si compie la personficazione di un altro volto nascosto della commedia umana.

 

Si situa a questo punto della sua carriera una delle sue collaborazioni più attese, quella con Juan José Campanella in El cuento de las comadrejas, che dà vita finalmemente al binomio tra uno dei più grandi registi e uno dei più grandi interpreti dell'Argentina contemporanea.

 

L'ennesimo tassello che va al suo posto.

 

 

[In Vivere due volte di María Ripoll, Oscar Martínez fornisce una prova sospesa tra comicità e dramma umano]

 

 

Con un simile livello di completezza e consapevolezza artistica alle spalle, Oscar Martínez è divenuto uno dei pochissimi interpreti mondiali in grado di valere, da solo, un altissimo grado di attenzione per ciascuno dei film in cui sceglie di comparire.

 

Finale a sorpresa - Official Competition non fa altro che ribadire questo assunto, mostrandoci un personaggio che sembra perfetto per tirare le fila di una carriera vissuta perennemente in controcampo rispetto agli spettatori e ai suoi stessi film.

 

Se è vero, però, che Iván Torres è un simulacro costruito sul vissuto del suo interprete, è altrettanto vero che solo il Maestro argentino avrebbe potuto riempirlo con il necessario respiro vitale intriso di prestigio, patetismo e comica scostanza di cui il personaggio aveva bisogno per rifuggire il suo stereotipo. 

Ancora una volta, giocando sulla forza dei contrasti, Oscar Martínez ha inserito nel proprio pantheon personale di interpretazioni, un volto nascosto dell'umanità.

 

Un volto che, come tutte le sue più grandi prove, ci respinge e ci attrae fatalmente.

 

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