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8 cose che fino ad oggi non sapevi su Alien

Otto curiosità su Alien, film diretto da Ridley Scott nel 1979

Era il 1979 quando il pubblico riempiva le sale cinematografiche per assistere allo scontro impari tra i membri dell’astronave Nostromo e una creatura mostruosa chiamata "xenomorfo", un’odissea all’interno dello spazio più tenebroso: Alien.  

 

Due anni dopo il successo planetario di Guerre stellari di George Lucas, 20th Century Fox diede il via libera alla produzione della sceneggiatura scritta da David O’Bannon che ribaltava completamente il concetto di “Nuova speranza” portato dallo Jedi Luke Skywalker. 

 

Se il film di Lucas guardava alle avventure fantasy accendendo il senso di meraviglia nello spettatore, dove ogni pianeta era popolato da creature ed ecosistemi diversi, il secondo lungometraggio di Ridley Scott si ispirava invece alla letteratura pessimista e a un mondo soffocato dalla tensione perenne scaturita dalla Guerra Fredda.

 

 

[Otto curiosità su Alien erano troppo poche]

 

Non c’è più tempo per gli iconici titoli di testa accompagnati dalla musica trionfante di John Williams, ma solo per il silenzio e una scritta minimalista che preannuncia quella che sarà la natura del film.

 

Alien si apre con una lenta panoramica su un pianeta oscuro, uno dei rarissimi momenti in cui lo spazio aperto è visibile, ma nonostante ciò il senso di claustrofobia è già presente, inquieta e opprime fin da subito lo spettatore. 

Quando poi i sette membri dell’astronave Nostromo porteranno la misteriosa creatura a bordo, la regia di Scott non si servirà più di panoramiche bensì di movimenti di macchina atti a indagare l’oscurità degli spazi, addentrandosi nell’ignoto, nella paura dell’equipaggio.

 

Una paura che abbraccia più spettri dell’animo umano trattando diverse tematiche: il film di Ridley Scott nasceva in un mondo sul perenne orlo di una guerra nucleare, dove le notizie riguardanti la corsa agli armamenti erano all’ordine del giorno.

 

 

[Quando si dice "fare gavetta"]

 

Così come nella realtà, anche in Alien - sebbene sia ambientato nel 2037 - la ricerca di una potenziale arma per superare il nemico è di vitale importanza, al costo di sacrificare vite umane.

 

Perciò quella che all’inizio era vista come una missione esplorativa si trasforma in un viaggio-farsa per trasformare l’ennesima creatura in un oggetto da sfruttare. 

Un procedimento che può avvenire solo grazie all’aiuto dell’intelligenza artificiale, che in Alien ha le sembianze di un essere umano, anticipando per certi versi il Terminator di James Cameron.

Questo è perciò non solo uno scontro tra uomo e alieno, ma anche tra l’uomo e la sua stessa natura conquistatrice e autodistruttiva.

 

Arrivando poi allo xenomorfo è chiaro di come la sua figura sia specchio anch’essa di un problema umano.

 

Fin da una delle scene più iconiche di Alien - quella riguardante il facehugger e il personaggio interpretato da John Hurt - l’allusione alla tematica dello stupro è rilevante, tracciando perciò la prima linea del percorso di Ridley Scott come cineasta femminista, i cui film - sempre sotto mentite spoglie - hanno spesso sposato questa causa.

 

 

[Una scena che simboleggia anche la paura del parto]
 

 

Andando contro a quello che sarà un certo Cinema hollywoodiano di propaganda reaganiana degli anni ‘80, Alien decostruisce il cameratismo e il machismo che una pellicola ambientata in una navicella con quasi solo uomini potrebbe rappresentare, mostrando invece una lotta tra donne.

 

Nel marasma di produzioni contemporane create ad hoc per sviluppare opere con determinate tesi ma senza idee cinematografiche degne di nota, un film attuale sia nelle tematiche, sia nella messa in scena come Alien non poteva perciò non trovare spazio in una delle nostre Top 8.

 

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Posizione 8

Paura dello xenomorfo? No: del gatto!

 

SPOILER

 

Assieme a Ripley, l’altro membro dell’equipaggio in grado di sopravvivere alla furia dello xenomorfo è stato il gatto Jonesy.

 

Sigourney Weaver, il primo giorno delle riprese che la vedevano coinvolta con il micio voleva essere sostituita in quanto la sua pelle a contatto con la pelliccia del gatto si irritava gravemente.

 

Fortunatamente si scoprì che la reazione allergica non scaturiva dal pelo del soriano rosso, bensì dalla glicerina spruzzata su Sigourney Weaver per farla sembrare più sudata di quello che era.

 

A Jonesy fu poi dedicata persino una graphic novel - Jonesy: Nine Lives on the Nostromo - che reppresenta gli avvenimenti narrati in Alien attraverso il suo punto di vista,.

 

Posizione 7

Abbracci per tutti

 

Uno degli elementi più spaventosi di Alien è senza ombra di dubbio il facehugger, ovvero la seconda “fase” dello sviluppo dello xenomorfo.

 

Nella progettualità del film, inizialmente, l'alieno doveva essere dipinto di verde, ma una volta visto il modello non colorato lo sceneggiatore Dan O’Bannon in accordo con Ridley Scott scelse di lasciarlo così com’era.

 

Il colore infatti del facehugger si sposava benissimo con la tonalità della pelle umana, conferendo alla creatura una fisicità ancora più inquietante.

 

Tutto ciò spaventò stranì perfino la dogana degli Stati Uniti che ritirò i disegni di Hans Ruedi Giger (il creatore del design delle creature), costringendo O’ Bannon ad andare a Los Angeles per spiegare che si trattavano di progetti artistici relativi a un film.

 

Posizione 6

A volte l'uomo è la soluzione migliore

 

Nonostante i soli quattro minuti di screentime dello xenomorfo, Ridley Scott era molto preoccupato riguardo le movenze dell’alieno.

 

L’idea iniziale era quella infatti di usare un animatrone - una sorta di pupazzo meccanico - per evitare l'impressione che la creatura fosse interpretata da una persona.

 

A causa del budget ridotto (8,4 milioni di dollari) Scott affidò la parte a Bolaji Badejo, performer nigeriano alto due metri che studiò da mimo e l'arte marziale del tai chi per muoversi esattamente come desiderava il regista.

 

Quello dello xenomorfo è stato l’unico ruolo di Badejo: l'attore tornò in Nigeria dopo il successo del film per aprire una galleria d’arte che diresse fino alla sua morte, avvenuta a soli 39 anni a causa di un'anemia falciforme.

 

Posizione 5

È solo questione di sesso

 

Quando il budget di una produzione è abbastanza ridotto spesso l’inventiva degli artigiani del Cinema rappresenta la soluzione per ogni evenienza.

 

È il caso di Alien e dei tendini delle mascelle dello xenomorfo, creati utilizzando dei preservativi tagliati appositamente per l’occasione.

 

Come se non bastasse, la schifosa bava che esce dalla bocca dell’alieno è nata grazie al K-Y Jelly, un lubrificante sessuale molto in voga all’epoca.

 

Il K-Y Jelly fu utilizzato anche per la creazione del sangue di un altro alieno, quello del Predator per l'omonimo film del 1987.

 

Posizione 4

Un film claustrofobico in tutto e per tutto

 

Alien è un horror che fa del senso della claustrofobia uno dei suoi punti di forza.

 

Ambientato quasi completamente all’interno della nave spaziale Nostromo, l’impossibilità di una via di fuga contro un pericolo di cui non si conosce la natura ha reso il film di Ridley Scott un punto di riferimento per il genere.

 

Gli infinti corridoi bui, il crescendo della diffidenza tra i personaggi e la tagline promozionale "Nello spazio nessuno può sentirti urlare" però non superano l'escamotage con cui iI regista di Blade Runner ha creato la tensione sul set.

 

Scott infatti per accentuare questo senso di oppressione, chiese di avvicinare col passare del tempo le pareti delle varie scenografie dell'astronave Nostromo, così da rendere ancora più claustrofobico l’ambiente delle riprese.

 

Posizione 3

Dalle uova di un Dune nasce un Alien  

 

Dan O’Bannon iniziò a lavorare alla stesura di Alien - chiamato in prima battuta Star Beast - quando si trovava sul set di Dark Star di John Carpenter in qualità di sceneggiatore e addetto agli effetti speciali.

 

Successivamente O’Bannon venne chiamato da Alejandro Jodorowsky per lavorare a Dune, opportunità che gli permise di conoscere vari colleghi tra cui Chris Ross e Hans Ruedi Giger

 

L’ambiziosa idea di Jodorowsky purtroppo fallì, ma Dan O’Bannon coinvolse parte del team creativo di Dune per sviluppare ulteriormente il progetto embrionale Star Beast.

 

Dalla loro mente venne perciò creato il mondo di Alien, che vede coinvolti O’Bannon come sceneggiatore, Chris Ross come concept artist e Hans Ruedi Giger come addetto agli effetti speciali nonché designer dello xenomorfo.

 

Posizione 2

Non è una navicella per uomini

 

Durante una delle prime stesure della sceneggiatura di Alien, Dan O’Bannon e il suo collaboratore Ronald Shusett non riuscivano a risolvere il problema relativo all’arrivo dell'alieno sull’astronave Nostromo.

 

Shusett, un po’ per scherzo, disse che la creatura avrebbe “Scopato uno di loro”, idea dalla quale nacque la fase 2 dell’evoluzione dello xenomorfo, ovvero il facehugger.

 

Essendo il film di Ridley Scott profondamente femminista nelle tematiche, gli sceneggiatori volevano che la prima vittima fosse un uomo evitando i vari cliché dei film horror dove spesso sono le donne a venir uccise per prime.

 

L’attacco del facehugger inoltre è stato creato per rappresentare uno stupro, una scelta per sconvolgere ancora di più il pubblico maschile.  

 

Posizione 1

Meglio la tensione rispetto al sangue

 

SPOILER

 

Il montaggio iniziale di Ridley Scott prevedeva un film molto più violento rispetto a quello che abbiamo visto, oltre a superare le tre ore complessive di durata contro i 117 minuti della versione che tuttora possiamo apprezzare.

 

Agli screening test però il pubblico reagì negativamente, facendo in modo che Scott tagliasse molte delle parti cruente del cut originale, evitando perciò il rating X e le conseguenti limitazioni al botteghino (il film si rivelò un successo incassando 184.700.000 milioni di di dollari in tutto il mondo).

Tra le parti di montaggio che sono state ridotte è presente quella relativa all’uscita dello xenomorfo dal petto di Kane, una sequenza prevista inizialmente molto più lunga e con elementi che conferissero al film attimi di Cinema splatter.

 

Questa famosa scena fu girata in due ciak, con quattro differenti cineprese. 

 



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