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MaXXXine - Recensione: quella stella non brilla più

L'ultimo capitolo della trilogia di Ti West non fa centro come mi sarei aspettata

MaXXXine è il capitolo conclusivo della trilogia diretta da Ti West (Pearl, X - A Sexy Horror Story), che ha consacrato Mia Goth nell’Olimpo delle scream queen.

 

Maxine Minx (Mia Goth) si è lasciata alle spalle il massacro messo in atto da Pearl e il marito Howard. 

L’incontro con Pearl, finito con l’omicidio di quest’ultima da parte di Maxine, è ormai un lontano ricordo conclusosi con una fortunata fuga.  

Dopo aver sfondato nel mondo della pornografia, Maxine è pronta a diventare una star hollywoodiana ed è, come sempre, pronta a ottenere ciò che vuole a qualunque costo.

 

Il suo passato, però, presenta il conto: dopo il ritrovamento di una VHS prova dei reati commessi, un investigatore privato minaccia di rivelare al mondo chi è davvero Maxine; nel frattempo, due poliziotti indagano su alcune morti che sembrano ricollegarsi direttamente a lei. 

 

[Il trailer di MaXXXine]

 

 

MaXXXine si apre con una Maxine non troppo diversa da quella di X - A Sexy Horror Story ma ancora più egocentrica e decisa nel diventare una star.

 

Il mondo del porno, quindi, non è abbastanza: Maxine deve brillare anche nel firmamento cinematografico hollywoodiano. 

Qui Ti West si concentra nel racconto degli anni ’80: anni patinati e scintillanti che nascondono corruzione e violenza, in cui si manifesta un asfissiante conservatorismo religioso. 

Da un punto di vista puramente estetico MaXXXine è decisamente lodevole e dà la sensazione che ci si trovi per davvero in quegli anni, allontanandosi dall’idea di limitante ricostruzione degli ambienti legata a molte serie TV e film che cercano di riprendere il mood anni ’80 senza riuscirci davvero.  

 

MaXXXine inoltre supera il genere horror/slasher a cui aveva abituato lo spettatore per accogliere le atmosfere thriller, seguite da un’infinità di citazioni ai classici - e non solo - sempre legate agli anni ’80.

 

Qui però a mio avviso fa il proverbiale passo più lungo della gamba.

 

 

[Mia Goth in una scena di MaXXXine]

 

 

Pearl e X - A Sexy Horror Story mantenevano un’identità chiara nonostante l'elevata mole di citazionismo; in particolar modo, Pearl può essere preso ad esempio per imparare come si possa riempire un film di riferimenti ai grandi classici senza che questo ne venga fagocitato.  

 

MaXXXine, invece, non ha identità e vive attraverso il lascito dei film precedenti.

In altre parole, sembra che tutto sia fin troppo concentrato sulla forma, sull’apparenza e sulla bellezza evocativa delle immagini, trascurando abbondantemente la sostanza. 

Maxine si muove vorticosamente in mezzo a tanti personaggi - a volte, per giunta, tra camei ingombranti che sembrano aggiunti solo per poter dire che compare l’attore/attrice di turno - facendo ciclicamente le stesse azioni fino ad arrivare a un terzo atto ormai saturo che lascia ben poco. 

 

A mio parere uno dei punti vincenti dei due film precedenti era parlare della sessualità, soprattutto nel momento in cui il sesso veniva messo in relazione con il mondo della pornografia.

In MaXXXine queste relazioni tra sesso e porno vengono a mancare e di luci rosse praticamente c’è solo il fatto che la protagonista è una pornostar. 

Questo capitolo aveva tutte le carte in regola per approfondire un argomento che viene generalmente ignorato, soprattutto dal momento in cui Ti West stesso sceglie di addentrarsi spontaneamente nel mondo degli eccessi e della morbosità religiosa. 

 

Ma la butta lì, non va oltre.

 

Nessun personaggio secondario è particolarmente memorabile, anzi: una fastidiosa nota a margine è il personaggio (interpretato da Elizabeth Debicki) della regista del nunsploitation movie a cui Maxine deve partecipare, che dal nulla comincia un didascalico e affatto necessario discorso metacinematografico; una “lezioncina” che toglie senso al filone del genere horror al quale MaXXXine stesso cerca di partecipare. 

Sia chiaro che Ti West mostra anche in MaXXXine la sua abilità alla regia e Mia Goth continua a illuminare lo schermo ogni volta che è in scena. 

 

Questo però personalmente non basta, soprattutto per la conclusione di una trilogia che si prospettava di brillare assieme alla sua stellare protagonista. 

 

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