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Pearl - Recensione: Dorothy senza Oz, ma con l'ascia - Venezia 2022

La recensione di Pearl, film di Ti West, da Venezia 79

Pearl è il secondo capitolo della trilogia di Ti West che è arrivata nei cinema italiani nel 2022 grazie a Midnight Factory: il film successivo a X: A Sexy Horror Story, presentato fuori concorso alla 79ª Mostra del Cinema di Venezia, è un prequel delle vicende macabre di Maxine e risulta il primo grande colpo di fulmine della kermesse.

 

L'opera del regista nato in seno al movimento mumblecore continua la strada del capitolo precedente nell'unire erotismo spinto, commedia e horror; se però il primo atto faceva della carnalità la sua matrice principale, questa nuova fatica vira verso una maggior centralità della componente grottesco-satirica.

 

[Il trailer di Pearl, prequel di X: A Sexy Horror Story]

  

 

Mia Goth, vera mattatrice del film, è una novella Dorothy de Il mago di Oz: vestita d'azzurro e immersa nella campagna tra i suoi amati animali, invece che ricevere delle scarpette rosse e un mondo incantato viene irrorata da fiumi di sangue e da tanta, tanta violenza.

 

Apice di questo parallelo è il momento in cui appare un alter ego di uno degli amici della protagonista del capolavoro di Victor Fleming, e diventa la vittima dell'astinenza sessuale causata dall'infinita attesa del ritorno del marito dal fronte della Prima Guerra Mondiale: un totale ribaltamento rispetto all'immaginario del Classico hollywoodiano.

 

La giovane Pearl sogna il Cinema e, come la sua omologa di X: A Sexy Horror Story, brama di diventare una stella: vuole sfondare attraverso la sua passione per la danza e un provino sembrerà arrivare in un momento perfetto per aprirle la strada.

 

 

[Mia Goth nei panni di Pearl in tutta la sua espressività]

 

La madre, tedesca e austera, non vuole però che la figlia sogni e quindi la ingabbia in una vita pratica e senza ambizioni; il conflitto familiare, la convinzione di essere speciale e la voglia di emergere guidano tutta l'emancipazione violenta di Pearl tra forconi, accette e coccodrilli.

 

Ho trovato bellissima l'immagine di un maiale laccato in tipico stile da manicaretto statunitense che, come la protagonista, a poco a poco viene corrotto dai vermi e dalla muffa: la giovane infatti entra in una spirale di follia e violenza che esploderà in mattanza come già X: A Sexy Horror Story ci aveva mostrato.

 

Se però il primo capitolo sceglieva di adottare un'estetica tipicamente da B-movie anni '70 e '80, qui Ti West cambia completamente registro collocandosi sulla scia del Cinema Classico d'oltreoceano: tra transizioni a iris e titoli tipicamente da Golden Age hollywoodiana. 

 

Il regista sbeffeggia la rappresentazione patinata e surreale che la fabbrica dei sogni distribuiva ai suoi spettatori negli anni '40 e '50 riprendendola in toto e accettandola, nel senso più violento che può venirvi in mente.

 

 

[L'azzurra Pearl-Dorothy prima di scatenare la sua furia]

 

Mitsy, migliore amica di Pearl, è la vera portatrice di questo filone a stelle e strisce all'interno del film: il suo essere una bellezza "più tipicamente americana" si rivelerà infatti un nodo centrale nel viaggio della giovane contadina.

 

I vestitini, i colori, le fattorie gioiose nella prateria e le giovani donne patriottiche in attesa dei propri uomini - per citarne alcuni aspetti - vengono macchiati dal sangue di una violenza straripante e comicamente sopra le righe con cui Pearl cerca di affermare la sua unicità.

 

Il film, scritto insieme a Mia Goth in pieno stile indie e montato dallo stesso Ti West, recupera in questo gioco di linguaggio anche tutto l'amore per il sistema cinematografico degli Stati Uniti anni '40 e '50, mostrandoci prima Palace Follies come simbolo delle mire di Pearl e poi con svariati snodi narrativi e visivi.

 

Pur essendo ambientato nel 1917 Pearl riuscirà a ricollegarsi anche alla centralità del Cinema pornografico che aveva fortemente caratterizzato il capitolo precedente.

 

I due sognano così di sbarcare il lunario attraverso questo Cinema proibito ed eccitante: eros e thanatos in pieno stile Ti West.

 

 

[Un frame tratto dai titoli di coda indubbiamente più belli e divertenti del Festival]

 

 

Il personaggio della madre è centrale in questa equiparazione tra arte e pornografia come qualcosa di immorale, non adatto alla giovane Pearl che non deve essere egoista e sognante, ma fare suoi i valori del rigore morale e della praticità contadina.

 

La voglia di un destino più alto e di una vita più libera è un peccato capitale per il mondo religioso e umile di cui fa parte.

 

La brama del successo è poi espletata in un vero e proprio X Factor ante litteram; la lettera che caratterizzava il film precedente diventa dirimente anche nella selezione a cui prende parte la giovane Pearl.

 

Oltre al nodo tematico principale, fatto di autodeterminazione, sogni di popolarità e voglia di libertà, il film riprende un altro stilema del Cinema indipendente statunitense e ci racconta la difficoltà giovanile di collocarsi nel mondo e la tipica conflittualità familiare. 

Pearl si sente infatti castrata da un padre immobile e muto (sia in senso figurato, sia fisicamente a causa della malattia) e da una madre autoritaria; come tutti gli uomini del film, anche il marito è simbolicamente lontano e inarrivabile.

 

Ultima nota tematica segnalabile è il modo in cui - con la sua consueta grottesca ironia - West decide di inserire la COVID-19 in un film ambientato nel 1917: un'epidemia dilagante obbliga l'utilizzo delle mascherine nei cinema e la gente non può incontrarsi per non mettere a rischio la propria vita.

 

"Se porto a casa la malattia mia madre mi uccide" dirà ad un certo punto Mitsy, risvegliando in noi ricordi dei mesi passati.

 

[Il trailer di X: A Sexy Horror Story, film di cui Pearl è prequel]

 

 

La regia estrosa di West guida il film attraverso molte scene genuinamente divertenti e di pregevolissima fattura: in particolare due sequenze verso la fine in cui la già perfetta coreografia fotografica e fisica viene ancor più impreziosita dalla straripante bravura di Mia Goth.

 

L'attrice si mostra in quella che potrebbe essere la performance della sua definitiva consacrazione, in un continuo mutamento di registro attoriale che è uno dei grandi motori di Pearl: è fisica, erotica, ma anche ingenua e frivola. 

Ti West, sostanzialmente, carica il film sulle spalle di Goth e lei è semplicemente perfetta nel reggerne il peso.

 

Il film si palesa come un tourbillon di sangue e violenza: pura estetizzazione della voglia di rivalsa ed emancipazione della giovane, un eccesso che grazie al tono scanzonato non appesantisce, ma eleva l'opera del regista statunitense.

 

Cineticità, ritmo e tono sono i tre aspetti che fanno la fortuna di Pearl, che risulta quindi un prodotto multiforme, ma in cui ogni elemento è perfettamente inserito, giustificato e raccordato con gli altri. 

 

Pearl è una produzione che, secondo chi scrive, supera il già ottimo X: A sexy horror story, rende curiosissimi per il prossimo terzo capitolo della trilogia e, soprattutto, rischia di consacrare West come una delle voci di genere più interessanti in circolazione.

 

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