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Le serie Marvel Studios non hanno showrunner: cambia la TV?

Le serie Marvel Studios prodotte per Disney Plus non hanno showrunner, cambia forse la televisione?

I Marvel Studios, per mano di Kevin Feige, hanno portato nel mondo del Cinema una logica produttiva, fruitiva e comunicativa tipica del del fumetto americano che ha destabilizzato l’industria cinematografica.

 

Il Marvel Cinematic Universe ha sfidato le menti critiche e i fruitori più stolidi, spesso arenati sulle spiagge di un linguaggio canonizzato, persi nel fitto di un’isola il cui nord della soluzione di continuità nell’evoluzione del linguaggio era in mano a pochi, e spesso vegliardi, autori.

Una forma di racconto e di strutturazione di un mondo narrativo unica, in quanto propria del mezzo seminale, ovvero il fumetto, che quando è stata imitata da altre major ha portato a risultati disastrosi.

 

I Marvel Studios, e più precisamente Kevin Feige, sono padroni di un piano produttivo al momento inimitato e che nonostante gli ormai oltre dieci anni di storia non è ancora veramente giunto a compimento, sfidando ancora la critica e il pubblico meno attenti al presente.

 

Una visione non certo esente da criticità, tutte di natura congenita, e che per quanto possa essere gradita o meno è innegabilmente un fenomeno meritevole di analisi e studio al pari di ogni anomalia di genere che va a stravolgere un mezzo, creando nuove regole e peculiarità.   

 

L’universo condiviso dei Marvel Studios è, in soldoni, una serialità cinematografica uniforme e inscindibile e per molti critici, amanti della sintesi, Feige ha sostanzialmente orchestrato una gigantesca serie televisiva sugli schermi del Cinema.   

 

 

 

L’ulteriore passo evolutivo della narrazione produttiva di Kevin Feige si sta concretizzando con l’ingresso nel mondo dell'effettiva serialità in TV.

 

La televisione, ora mezzo principe dell’intrattenimento massificato e casa di autori cinematografici come di attori di alto livello, gioca oggi un ruolo fondamentale all’interno della cultura pop e lo fa molto più di quanto non lo abbia fatto in passato: da qualche parte lungo il piano del grande affresco Marvel, Feige deve essersi chiesto come sfruttarlo a dovere, magari applicando alcune delle regole e peculiarità del fumetto, come già avvenuto con il Cinema.

 

Quindi: come adattare la narrazione produttiva dei Marvel Studios alla televisione?

 

Se consideriamo le produzioni cinematografiche alla pari delle testate dei singoli eroi Marvel - con la differenza di dover rispettare una continuity che nel fumetto è, per ovvi motivi, soggetta invece a riscritture, retcon e restart continui - le serie TV sono al pari di pubblicazioni one-shot, delle avventure, o se volete mini-serie, che aprono e chiudono delle linee narrative che spesso vanno a influenzare quello che è il tessuto del racconto intrecciato nelle avventure canoniche dei personaggi protagonisti.

 

Gli one-shot possono essere spesso utili a consegnare al lettore un personaggio minore, o parte di umori diversi rispetto a quelli più di ampio spettro rispetto all’universo corale, creando micro-universi caratterizzati da arie nuove, sperimentali o semplicemente alternative e che mal si posizionano rispetto alla narrazione di primo piano.

 

Stiamo parlando sostanzialmente di tasche narrative utili a dare spazio ad altri autori, altre voci e idee, utilizzando nuovi personaggi o nuove interpretazioni e derive rispetto a quelli esistenti e dare al lettore qualcosa di stimolante e dal sapore nuovo. 

 

 

 

 

Per quanto il fumetto possa permettere di mescolare e incrociare le narrative, parlando di Marvel, personaggi come Moon Knight, Punisher, Deadpool, Blade o Daredevil sono spesso difficili da legare o affiancare a I Fantastici Quattro, Guardiani della Galassia o Thor.

 

La serialità Marvel potrebbe quindi dare occasione allo studio di creare nuovi miti, nuovi micro-universi ed eventi dedicati alla sperimentazione, andando dove solitamente le produzioni cinematografiche non possono, o non vogliono, approdare.

Anche se, allo stato attuale delle cose, le serie Marvel Studios sembrano asservite a un ideale meno estroso. 

 

Come abbiamo visto, WandaVision e The Falcon and the Winter Soldier sono state entrambe dei ponti utili a preparare il terreno verso i nuovi film della Marvel e avranno conseguenze in film già prodotti o in produzione, come Doctor Strange nel Multiverso della Pazzia, o Captain America 4.

 

WandaVision aderisce infatti all’idea di una serie utile a dare rilevanza a un personaggio ritenuto secondario fino a quel momento della saga, rilanciandolo con una sorta di sovrascrittura delle sue origini, per poi giocare con il linguaggio a sua disposizione: la televisione.

 

The Falcon and the Winter Soldier, dopo aver dato a Bucky e Falcon una dimensione più solida rendendoli protagonisti attivi del mondo Marvel con una loro poetica e un loro tono, li ha lanciati verso la nuova fase di avventure cinematografiche, avendo quindi occasione di portare in sala un pubblico già familiare con quanto vedranno sullo schermo - introducendo nel frattempo anche nuovi personaggi e riportando in gioco alcuni un po' dimenticati dal pubblico, complice anche il colossale evento concepito al cinema.

 

La pandemia e l’enorme pausa alla quale è stato costretto il mondo ha reso il processo meno fluido e palese, interrompendo la continuità del meccanismo e raffreddando la sala caldaie del treno dell’hype dei Marvel Studios e del moto perpetuo della sua narrativa.

Eppure il piano era esattamente quello di far rimbalzare il pubblico dall’evento mastodontico che è stato Avengers: Endgame a WandaVision e The Falcon and The Winter Soldier, due parentesi che creano nuove condizioni, per poi riportarlo al cinema con la Fase 4.

 

Per queste ragioni, per questa natura da one-shot usato come ponte narrativo, le serie Marvel Studios non strizzano l’occhio alla classica costruzione seriale e quelle che vediamo oggi non sono delle vere e proprie serie limitate, considerando come siano complementari, anche dopo la loro conclusione, con quello che accade al cinema come in eventuali seconde incarnazioni televisive.

 

La serie di Loki pare infatti essere destinata ad avere una seconda stagione e da quanto visto fino ad oggi si appresta a espandere la mitologia legata ai multiversi, ai viaggi temporali e via discorrendo, tutti elementi che sembrerebbero essere il futuro della Marvel.

 

 

 

In tutto ciò possiamo notare quindi come le serie TV Marvel siano sostanzialmente un progetto di narrativa crossmediale tra Cinema e televisione e risulterebbe stucchevole sottolineare costantemente la criticità congenita della natura da universo condiviso.

Poiché la sua criticità risiede altrove.  

 

Marvel, che sia gradito o meno, al fine di raggiungere il proprio scopo sta distorcendo le regole nel mezzo e lo sta facendo prima di tutto a livello produttivo, generando un terremoto tra le schiere di autori televisivi di Hollywood.

 

L’MCU è stato definito una gigantesca serie TV, ma ora che è approdato davvero in televisione il metodo di lavoro non sembra essere cambiato, preoccupando chi ha definito per decenni un modello produttivo.

 

Tutto è iniziato quando Kevin Feige, nel presentare al D23 Expo 2019 The Falcon and the Winter Soldier, ha introdotto

“Il capo degli autori Malcom Spellman e la nostra regista Kari Skogland.”

 

Qualcosa è cambiato.

 

Solitamente a Hollywood, in televisione, gli showrunner sono quelle figure messe a comando di un team di sceneggiatori per guidare lo sviluppo di una serie.

Non sono solamente gli autori degli show, nella loro struttura generale quanto a volte nella stesura di interi episodi, assistiti da altri sceneggiatori a curare il resto della produzione sotto loro direttive, ma hanno in mano un potere produttivo completamente diverso rispetto a quello cinematografico.

 

Un processo totalmente opposto rispetto alle produzioni per il grande schermo, nelle quali gli sceneggiatori spesso agiscono dentro stretti confini e hanno una scarsa influenza, quando non prossima allo zero, poiché il regista è il deus ex machina del film, che prende decisioni creative che spesso vanno a cambiare diametralmente le scelte di scrittura - senza contare quando gli attori sentono di dover riscrivere, improvvisare o cancellare le battute, lavorando spesso con il regista o entrandoci in conflitto.

 

Nella televisione, invece, gli sceneggiatori e in particolare gli showrunner sono a capo del progetto e molto spesso hanno potere decisionale sulla scelta dei registi della serie tanto quanto sul cast.

 

Tutto passa per lo showrunner e le decisioni creative sono loro.   

 

 

[Esiste un discreto documentario sull'argomento]

 

Marvel ha deciso di abbandonare la figura dello showrunner in favore di quella dell’head writer.

 

Stando a quanto riportato da un’indagine di Variety le serie Marvel vedono un head writer a capo di un team di sceneggiatori, il cui compito creativo è però soggetto alle decisioni del regista della serie e dell’executive assegnato al progetto.

 

Executive e regista, contrariamente a quanto avveniva in passato, siedono nella stanza degli sceneggiatori e hanno l’ultima parola sulle decisioni creative e, se qualcosa non fosse di loro gradimento, possono ordinarne la riscrittura.

Hollywood sta assistendo allo smantellamento di un processo creativo che è alla base delle produzioni televisive da molto tempo e questo, stando agli insider di Variety, sta accrescendo un certo malcontento tra molte personalità di spicco, anche autori vincitori di Emmy e showrunner navigati e di successo.

 

Uno di questi ha detto 

”Non lavorerò mai per uno show Marvel TV. Non hanno showrunner. È Feige, il che va bene!

Semplicemente non vorrei lavorare in quelle condizioni, tutto qui.”

 

Marvel sta sostanzialmente portando il metodo produttivo del Cinema in televisione: in passato altri hanno sperimentato sulla propria pelle cosa significa avere uno showrunner e degli executive a gestire le ingerenze di un regista dotato di una propria poetica e visione.   

 

True Detective e Sharp Objects, dirette rispettivamente da Cary Joji Fukunaga e Jean-Marc Vallée, avevano degli showrunner ma entrambe avevano anche dato a registi di un certo livello la responsabilità dell'intero progetto, trovandosi con il problema di avere a che fare con autori vogliosi di lasciare una propria impronta sullo show.

 

Marti Noxon, produttrice esecutiva di Sharp Objects, nel 2018 raccontava a Volture del suo “Scontro di urla testa a testa” con Vallée.  

 

 

[Cary Fukunaga con Matthew McConaughey sul set di True Detective]

 

Il modello seriale basato sugli head writer elimina il sopracitato problema e crea un terreno fertile per molti giovani autori che vogliono avere occasione di entrare in un progetto ambizioso come quello Marvel, poiché nessun showrunner navigato o con un mestiere tra le mani si imbarcherà in un progetto nel quale funge da mero esecutore a incastrare il puzzle di Feige.

 

Come ha detto a Variety uno showrunner, anonimo, di ampia esperienza e desideroso di dare a questi nuovi creativi un consiglio:

“È grandioso che Marvel stia invitando degli autori a giocare nel loro recinto.

Dovete solo mettere i giocattoli come li avete trovati.”

 

Appare quindi chiaro che la critica mossa verso Marvel sia quella di togliere creatività a chiunque entri dalla loro porta, uccidendo un sistema produttivo basato sull’inventiva degli autori televisivi e in un certo qual senso vanificando l’idea del concetto di one-shot fumettistico, espandendo alla serialità televisiva le ingerenze del mondo cinematografico e della sua uniformità creativa.   

 

A Hollywood, secondo un’altra dichiarazione rilasciata a Variety,

“L’idea che uno showrunner venga riscritto è senza precedenti”, confermando il senso di sbigottimento degli autori del mondo televisivo e non, preoccupati di perdere ogni possibilità d'espressione in un ambiente che spesso li mette in secondo piano, soprattutto al Cinema.

 

Altri membri della comunità creativa sono invece fermamente convinti sia un ingiustificato attacco di panico, poiché gli studios sono ben consapevoli di non poter basare il successo delle loro serie televisive unicamente su star e registi, dovendosi affidare inevitabilmente a bravi autori capaci di gestirne la scrittura.

Un limite che credo sia stato dimostrato da entrambe le serie viste a oggi.   

 

David A. Goodman, presidente della Writers Guild of America West, ha definito il fenomeno come "Preoccupante", ma un caso isolato. 

 

A partire dal 2021 Marvel Studios ha ben 12 nuove serie televisive in produzione e da lanciare: al fine di portare avanti il piano narrativo di Kevin Feige sembrano alquanto determinati nel trovare una certa uniformità anche in televisione.

 

Personalmente però non credo che questa sia l’alba di una nuova televisione: inizio anzi a pensare che Marvel farà fatica a stupirci, se davvero gli unici disposti a lavorare per loro saranno autori senza possibilità di espressione.     

 

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