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Beetlejuice - Il favoloso mondo di Tim Burton

Il primo passo di quello che diventerà il mondo cinematografico di Tim Burton

Il film, e la vera poetica di Tim Burton nel cinema, inizia con un lento movimento di macchina che sorvola una cittadina di campagna, fino ad arrivare ad una casa bianca su una collina che sembra sovrastare il paese a fondo valle, accompagnato da quella tipica musica di Danny Elfman che sarà ricorrente nella filmografia burtoniana.

 

Tutto il paesaggio che ci viene mostrato è un plastico, arricchito di casette, auto, prati, stradine, tutto curato nei minimi dettagli, come a voler immergere lo spettatore in una realtà fittizia, una favola, che fa credere a tutto ciò che verrà proposto.

 

Alla fine di questo long take, quando il movimento di macchina si ferma sulla casa in cima alla collina, sbuca da dietro la casa un ragno che sale fino al tetto, con la mano di Adam, interpretato da Alec Baldwin, che lo raccoglie e, dopo l’essere rimasti affascinati da questo paese palesemente finto, fa riemergere lo spettatore dalla fiaba per rendersi conto che la realtà è un’altra.

 

Il film viene costruito da Tim Burton su vari livelli: prima il mondo creato dal plastico, poi il mondo reale dove vivono i personaggi umani.

Inoltre il ragno, che verrà gettato dalla finestra da Baldwin, mostra il paese, l'esterno appunto, come se il plastico fosse la esatta replica in scala del luogo in cui i coniugi vivono.

 

Non solo: il modellino è la casa di Betelgeuse, il principale antagonista del film interpretato da Michael Keaton, il quale sembra costituire un mondo a sé dentro al modellino.

Infine vi sono il livello dell'aldilà e un mondo sovrannaturale al di fuori della loro casa una volta diventati dei fantasmi.

 

 

 

Il cast ai tempi non era ancora così famoso, però vi troviamo future star come Michael Keaton, Winona Ryder, Alec Baldwin, Geena Davis e ottimi caratteristi di Hollywood come Jeffrey Jones e Catherine O'Hara.

 

Lydia, interpretata da Winona Ryder, è il personaggio in cui Tim Burton si rispecchia, come fa in ogni sua pellicola.

 

La ragazzina introversa, cupa, che sente il peso di un mondo che non le appartiene e si nasconde dietro a quelle bizzarre vesti e che guarda il mondo attraverso una macchina fotografica.

La poetica del diverso e dell’emarginato che il regista porterà avanti nella sua carriera con trame e generi diversi, il quale si sentiva più a suo agio nel cimitero vicino casa piuttosto che con gli amici e le persone di uno scenario medio borghese del proprio quartiere a Burbank, che il giovane Tim Burton detestava.

 

Infatti Lydia, personaggio tipicamente burtoniano, è l’unica che riesce a vedere i fantasmi, o quantomeno a rendersene conto, in quanto personaggio puro e privo di ipocrisie e falsità e per niente egocentrico, diversamente dai propri genitori, gente snob di New York.

 

 


Il film, a detta dello stesso Tim Burton, è difficile da spiegare, perché vive di soluzioni visive e di sensazioni che si provano durante la visione.

 

Non ha neppure una trama che possa avere un senso logico, tipica dei film hollywoodiani, ma deve invece stupire con effetti speciali, gag divertenti, ironia tra il mondo dei vivi e quello dei morti, ridicolizzandoli entrambi.

 

 

Il mondo terreno viene mostrato come noioso e privo di gioia, con persone come la famiglia Deetz, che pensa solo ad abbellire casa con orrendi oggetti di design per fare colpo sugli ospiti, e i Maitland, che nonostante siano i “buoni della storia” sono anch’essi monotoni e meno interessanti dei defunti.

 

Invece l’aldilà viene mostrato come un posto colorato, dove c’è un’ironia davvero sopra le righe, in cui gli stessi morti sembrano prendersi in giro da soli.

Tim Burton si prende gioco anche di quello, mostrando come la burocrazia è un qualcosa che ci portiamo dietro sempre, sia in vita che nel mondo extra-terreno. 


La ricerca visiva burtoniana si rifà al cinema primitivo nella costruzione degli effetti speciali: teste che si restringono a passo uno, serpentoni che terrorizzano gli inquilini, cibo che diventa mostro a tavola, personaggi che levitano.

 

Poi c'è la slapstick comedy, come la scena della morte dei due sposi all'inizio del film con il cane che, spostandosi dall'asse di legno, li fa precipitare nel fiume assieme all’auto. 

Un modo di creare situazioni comiche che arriva da lontano, e che Tim Burton riutilizzerà più avanti anche nei suoi film meno dediti alla commedia. 

 

E la caratterizzazione di Betelgeuse data da Michael Keaton, con i suoi movimenti.  

  

 

 


Tim Burton utilizza scenografie tipiche dell'espressionismo tedesco per quanto riguarda i corridoi e le porte del mondo dell’aldilà, che si rivelano molto suggestive e creano un’atmosfera perfetta.

 

Dunque si può definire Beetlejuice un film post-moderno che allo stesso tempo si rifà al cinema del passato, composto da moltissimi espedienti visivi utilizzati in oltre un secolo di Cinema, ma che messi insieme in questo modo lo rendono di una modernità tale che la pellicola vista anche oggi non sembra subire i segni del tempo.

 

È tutto talmente fittizio e stratificato in vari mondi paralleli - grazie a giochi prospettici e all’uso di modellini ed effetti speciali tradizionali, realizzati bene e in modo cartoonesco - che potrà essere apprezzato per sempre, come un cult senza tempo. 

 

Ma attenzione a dire quel nome per tre volte di fila! 

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6 commenti

Andrea Lucietti

5 anni fa

Concordo pienamente 👏

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Andrea Lucietti

5 anni fa

Avrei un po' di paura a dire il vero...😅

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ZERO

5 anni fa

Questa cosa mi rincuora un sacco! XD

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Gerardo Bergamo

5 anni fa

Devo dire la verità, da piccolo lo pensavo anche io...😅

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The_Watcher_TV

5 anni fa

Idem! Ne avevo visto un bel pezzo, ma mai visto completamente. Penso che il recupero sia d’obbligo 😆

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Alex Fanelli

5 anni fa

Quello è il livello Kevin proprio, ad ogni articolo una comoda poltrona e tazza di thé

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