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Edward mani di forbice: il gotico tra inferno e incanto

La fiaba gotica di Tim Burton prende vita assieme all'androide Edward

Dopo il successo planetario di Batman, Tim Burton non volle mettersi subito all’opera del sequel, a differenza di Warner Bros., ma decise di concentrarsi su un’idea che voleva fortemente portare sul grande schermo.

 

Warner non volle assecondarlo, allora Burton cercò una casa di produzione che fosse realmente interessata al soggetto di Edward mani di forbice.  

La trovò in 20th Century Fox. 

 

Il film inizia con il logo innevato della Fox sotto le note della magica intro di apertura composta da Danny Elfman, che precede quello che per me è tra i più bei titoli di testa della Storia del Cinema: una porta che si apre al mondo fantastico immaginato da Tim Burton.

 

 

 

Poi robot, statue, biscotti, un inventore e naturalmente forbici.

 

Tutti fotogrammi che si susseguono tra i titoli di testa, che predicono il prologo del film. 

 

Burton aveva da sempre in mente l’immagine di un ragazzo che non riesce ad avere qualcuno accanto perché ha delle forbici al posto delle mani:

L’idea era nata da un disegno che avevo fatto molto tempo prima.

Era solo un’immagine che mi piaceva.

 

Mi era venuta fuori inconsciamente ed era legata a un personaggio che vorrebbe poter toccare e non può, che è creativo e anche distruttivo, tutte contraddizioni capaci di creare una sorta di ambivalenza". 

 

 

 

 

Per creare le forbici di Edward venne chiamato il leggendario truccatore ed effettista Stan Winston, che aveva già lavorato con John Carpenter per La Cosa e con James Cameron per Aliens e Terminator 2.

 

Una carriera costellata da grandi successi e vittorie di Premi Oscar per trucco ed effetti speciali e che continuerà a collaborare con Burton, Cameron e Steven Spielberg.

 

Edward è il personaggio che lanciò definitamente la carriera di Johnny Depp, rendendolo uno degli attori più famosi al mondo e sancendo quella che sarà una storica collaborazione decennale con Tim Burton

Depp venne scelto da Burton per il ruolo di Edward perché fu l’attore che capì immediatamente il personaggio: regista e attore si considerano molto simili e questo portò a trasporre esattamente l’idea di Burton del personaggio di Edward. 

 

Johnny Depp ricorda così il momento in cui lesse per la prima volta la sceneggiatura: 

Dopo averla letta mi misi a piangere come un bambino.

Scioccato all’idea che ci potesse essere qualcuno tanto in gamba da immaginare e scrivere una storia del genere, tornai a leggerla di nuovo.

L’effetto fu tale che schiere di immagini cominciarono ad affollarmi la testa”.

 

L’inventore fu interpretato da Vincent Price

 

 

 

Probabilmente c’era sempre stato lui nella parte nella mente di Burton, dato che è stato uno dei suoi attori preferiti da sempre.

 

Colui che crea Edward, una creatura artificiale capace di apprendere e parlare: a differenza degli altri macchinari che servivano a uno scopo, Edward era capace di provare emozioni.

A differenza degli altri robot, l’inventore regala infatti un cuore a Edward.

 

Fu’ l’ultima apparizione sul grande schermo di Vincent Price.

 

Burton lo ricorda così:

Anche se il ruolo era breve la sua presenza nel film ha avuto per me un impatto emotivo importante.

È una persona incredibile.

Quando rivedo il film e rivedo lui, provo una grande emozione. E questo per tutta una serie di motivi e di simboli che si intrecciano.

Sia perché avevo visto i suoi film fin da piccolo, sia per il ruolo che aveva svolto agli esordi della mia carriera interpretando Vincent”. 

 

La scenografia e le inquadrature realizzate negli interni del castello sono di taglio espressionista, cosa che contraddistingue molti film di Burton.

Vengono a crearsi dunque due mondi: quello del castello e quello della cittadina ai piedi di esso.

 

Cittadina che è costituita da case pressoché uguali, a differenza dei vari colori con cui sono dipinte. 


La cittadina del film deriva dal quartiere in cui è cresciuto Tim a Burbank in California, il quale lo ricorda così:     

Crescere in un sobborgo residenziale vuol dire crescere in un posto senza il senso della storia, della cultura, senza una qualunque passione per qualunque cosa.

 

In questo modo o ti adeguavi, tagliando via gran parte della tua personalità, o ti creavi un mondo interiore, col conseguente e inevitabile senso di isolamento”. 

 

 

 

Edward tenta di inserirsi in quel mondo, ma la differenza tra lui e i cittadini sono troppe.

 

Non per questione di usi e costumi naturalmente, dato che la poetica di Burton mostra sempre come sia una questione di anima: l’animo puro di Edward è in netto contrasto con quello degli abitanti ai piedi del castello che sono mossi da invidia, ipocrisia ed egoismo.

 

Edward viene prima visto con curiosità da parte delle persone, poi fingono sia un proprio pari, poi lo sfruttano come se fosse un fenomeno da baraccone e infine quando viene messo in scena il furto, viene subito accusato di essere un ladro. 

Coloro che fingevano di amarlo sono i primi a puntargli il dito contro, rivelando tutta la ipocrisia e la vera paura che celavano verso Edward, ritenuto fin dal principio un mostro.   

 

“Una cosa che mi ha sempre colpito è quanto la vita, in un sobborgo residenziale, possa assomigliare a un film dell’orrore.

In entrambi i casi la psicologia di massa è la stessa”.    

 

Gli unici personaggi che comprendono Edward sono Peggy, la venditrice di cosmetici che trova Edward nel castello e lo porta a casa con sé, interpretata da Dianne Wiest, e sua figlia Kim, interpretata da Winona Ryder, la quale si innamora della purezza di Edward lasciandosi alle spalle Jim, il classico liceale senza cervello con cui stava prima, protagonista dello scontro finale nel castello. 

 

La scena nel castello è particolarmente violenta rispetto al resto della narrazione e si conclude con l'assassinio di Jim da parte di Edward. 

Il personaggio di Jim incarna il male e le ingiustizie del mondo ed Edward non ne può più: in un impeto di rabbia, dopo aver visto Kim in pericolo di vita, lo uccide. 

 

Kim prende un prototipo delle mani di forbice costruite dall’inventore per mostrare alla folla che i due si sono uccisi, ma soprattutto per evidenziare che il mostro è stato ucciso.

 

Quello che per le persone era Edward, non Jim.  

La fiaba gotica si conclude in modo triste, con Edward che non può conciliare la sua natura con quella della cittadina perché c'è ancora troppa cattiveria nel mondo.

 

Edward ritrova invece il suo mondo nel castello, scolpendo statue di ghiaccio dato che, come narra l'anziana Kim alla nipotina, da quel momento c’è sempre stata la neve dove prima non aveva mai nevicato.

 

Quella neve che fa sentire Edward sempre accanto a lei, mentre il tempo scorre e gli inverni si susseguono. 

 

 

 

Tim Burton realizza forse il suo capolavoro, il suo film più personale, divenuto Storia del Cinema e cult in tutto il mondo.

 

Con Edward mani di forbice regala una fiaba unica nel suo genere, nella quale sono racchiusi i sentimenti che ha provato nel corso della sua vita: prima disegnati su carta e poi impressi su pellicola. 

Il grande Cinema di un artista che vuole trasmettere le proprie emozioni attraverso le immagini.

 

Un film puro come lo è l’animo di Edward. 

 

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