close

NUOVO LIVELLO

COMPLIMENTI !

nuovo livello

Hai raggiunto il livello:

livello

#CineFacts. Curiosità, recensioni, news sul cinema e serie tv

#articoli

Scream 2022 - Recensione: qual è il tuo requel preferito?

Cosa sono i requel? Quali sono le regole per sopravvivere in un requel horror? Chi muore? Chi vive? 

È arrivato al cinema Scream, sequel della saga del compianto Wes Craven.

 

Il film sembrerebbe essere alla ricerca di una ribalta pop, come molti altri franchise ritornati nell’immaginario collettivo grazie a operazioni similari e divenuti ormai la regola in un panorama cinematografico sempre più composto da IP mosse da nostalgia e altre amenità legate alla nostra mortale carcassa popular. 

 

Tuttavia Scream ritorna non a caso per scongiurare l’idea di “poterne fare a meno”, fungendo da spettro vendicativo del Cinema di genere ed efferato omicida delle fisime del pubblico, divenuto grazie a Internet sempre più despota rispetto a pavidi produttori e conseguenti wave.


Avrete già capito come la questione Scream sia molto più complessa di quanto possa sembrare e per spiegarvi come Ghostface abbia nuovamente squarciato lo schermo del cinema per muoversi tra i seggiolini degli spettatori - e dei loschi figuri dietro gli studio di Hollywood - devo porvi LA domanda: "Qual è il vostro film horror preferito?"  

 

[Il trailer del nuovo Scream]

 

 

Scream (1996) 

 

Siamo a metà degli anni ‘90 e Wes Craven è divenuto simbolo di una nuova generazione di registi che partendo dall’amore per il Cinema classico ha sovvertito ogni regola per costruire nuovi stilemi.


Il cineasta di Cleveland fa del suo amore per Ingmar Bergman una base culturale utile a costruire una coscienza cinematografica ben più elevata, trascinando nel Genere idee che vanno oltre il semplicistico concetto dietro la voglia di spaventare il pubblico. 

 

Nella sua filmografia all'epoca Craven vantava già L’ultima casa a sinistra, Le colline hanno gli occhi e Nightmare - dal profondo della notte.

La pellicola del 1984 lo trasforma nel padre di Freddy Krueger, uno dei mostri più celebrati del Cinema horror, facendolo entrare in una galleria di firme popolata da poeti del terrore quali John Carpenter, Ridley Scott e Dan O’Bannon, Tobe Hooper e Sean S. Cunningham

 

Freddy Krueger, gli Xenomorfi, Michael Myers, Leatherface e Jason Voorheas sono alcuni dei tanti nuovi mostri entrati nell’immaginario collettivo, tutti generati da idee seminali più o meno rivoluzionarie, alcune delle quali si sono influenzate vicendevolmente, capostipiti di un nuovo modo di fare horror.
Inevitabilmente questi hanno creato vie del Cinema horror che i vari proseliti cinematografici hanno cercato di percorrere, presi dall’isteria scatenata da ogni formula di successo.

Come spesso accade le meccaniche sono state destrutturate maldestramente e riproposte molto spesso svogliatamente e con poco talento, cogliendo unicamente i più superficiali punti cardine che identificano il genere, creando così cliché e tropi sempre più riconoscibili anche allo spettatore più sbadato.

 

Una volta entrato in quel territorio il genere può solo morire, diventando sempre più ombra di se stesso e ridicolmente parodico suo malgrado.

 

 

[Ghostface, grazie alla saga di Scream una vera icona horror]

 

 

A metà degli anni ‘90 dunque Wes Craven e lo sceneggiatore Kevin Williamson decidono di creare Scream e il personaggio di Ghostface, serial killer destinato ironicamente a divenire icona del Cinema di genere, ma anche simbolo di rappresaglia verso i cliché del Cinema e delle produzioni horror. 

 

Con Scream gli autori hanno la geniale idea di imbastire un whodunit, un giallo se volete, nel quale l’assassino con la pretesa di un sadico gioco telefonico avvia con il pubblico, in maniera indiretta, una riflessione sul Cinema di genere chiedendogli: "Qual è il tuo film horror preferito?" 

 

Wes Craven dirige uno slasher scritto e costruito mettendo al centro dell’indagine e della scoperta del killer tutte le “regole per sopravvivere in un film dell’orrore” sciorinate da Randy Meeks, appassionato di genere e personaggio utile a contaminare il film con la presenza di Williamson e Craven.
Il film è candido con lo spettatore e nel mettere in scena sequenze di omicidio visceralmente violente e glaciali non dimentica di costruire un piano di lettura secondario, nel quale la più elementare scrittura da whodunit si interseca con un ragionamento metacinematografico sul Cinema horror, sui suoi meccanismi e su come la violenza nei film e negli Stati Uniti di quel momento storico apra a una riflessione più complessa di quanto ci si possa aspettare da un film slasher. 

 

Un discorso che con Scream 2 e Scream 3 si evolverà verso direzioni altrettanto interessanti, mettendo in Cinema un saggio sui sequel orrorifici, rispondendo alle annose questioni riguardo l’influenza sul pubblico della violenza esplicita nei film ed entrando dentro i meccanismi di Hollywood per tradurre Scream stesso in un film dentro il film, facendo di Stab lo strumento ultimo per piazzare la bomba che fa deflagrare il meccanismo hollywoodiano dell’epoca.

 

 

[La scena d'apertura di Scream 2 è ancora oggi una delle mie preferite: esempio assoluto di come Scream abbia portato avanti il proprio discorso con il pubblico e con il genere]

 

Nota a margine riguardo la saga e questo percorso: guardato oggi e considerando tutto quello che sappiamo su cosa avveniva in certi luoghi di potere di Hollywood per mano di certi individui, Scream 3 diventa ancora più potente e agghiacciante. 

 

Quando nel 1996 il pubblico impatta con Scream il risultato è devastante.

Ghostface diventa subito un mito grazie alla presenza scenica conferitagli da Wes Craven e dai creativi dietro il film, meritevoli di averlo trasformato in uno dei killer silenziosi più spaventosi e brutali del Cinema.

Presenza eterea tra l’umano e il soprannaturale, perché dovete ricordare che "il killer si rialza sempre"

 

Scream inoltre diventa un oggetto cinematografico senza precedenti e un elemento dalla composizione alchemica impossibile da riprodurre.

 

Nel suo essere opera seminale per molti altri slasher contemporanei rimane opera unica, seguita da stanchi imitatori il cui unico merito è quello di riportare il pubblico al film di Craven.

Esempio assoluto ne sono le varie parodie, il cui relativo successo ha solo dimostrato quanto Craven e Williamson avessero ragione, perché minate alla base dalla totale idiozia dietro la decisione di parodiare un film che fa dell’exploitation dei cliché del Cinema di genere la sua ragione d’essere.

 

Scream entra nel mito affermandosi come slasher iconico e manuale di metacinema horror e non.

 

Mia personalissima opinione: se fossi un professore di Cinema dedicherei una parte del mio programma alla visione e allo studio della trilogia di Scream in relazione alla New Wave di Hollywood, alla deriva anni ‘90 e allo studio dello sviluppo di una poetica rispetto al messaggio.


Siamo invasi da autori che dicono le cose piuttosto che metterle in scena e la noia si sta facendo grossa. 

 

 

[Stab: il film nel film della saga di Scream]

 


Requel

Avanti veloce verso il recente passato del Cinema.


Scream ha avuto una triste parentesi nel 2011 con un film poco ispirato rispetto alla sua poetica, trasformando Ghostface nel fantasma di se stesso.

Mi rendo conto di quanto sia ironica la situazione, soprattutto rispetto al significato di Scream.

Wes Craven e Kevin Williamson non sono riusciti davvero a ripetere la magia. 

Sarò totalmente franco con voi: non ricordo molto quel film e posso solo dire che sembrava semplicemente adagiarsi su un discorso poco ispirato. 

Dimentichiamoci di Scream 4 e rimandiamolo a settembre.


Veniamo invece al presente del Cinema tutto, non solo quello di genere.

 

Negli ultimi dieci anni sono spuntati una serie di nuovi autori a dare nuova linfa al genere e, in senso più ampio, a tutto ciò che non è il pop assoluto e conquistatore rappresentato delle grandi IP fumettistiche o dei franchise storici. 

 

 

[Cosa ne penserà Scream di Babadook?]

 

 

Robert EggersJennifer Kent, David Lowery, David Robert MitchellDarren Aronofsky, Ari Aster e Jordan Peele sono alcuni dei paladini di questa nuova scuola di registi.

 

Autori di horror il cui centro nevralgico si è allontanato da quella moda da luna park dello spavento portata avanti per anni con sorprendente insistenza da Hollywood.

Meno sangue e più tormento dell’animo.

La paura o, spesso, il senso di inquietudine nel trovarsi a entrare in certe pellicole è il loro pane, le connessioni emotive con lo spettatore affondano in una carne ben più soffice rispetto a quella della New Wave.

 

Per i produttori imitare certi fenomeni, anche quando hanno successo, come nel caso di Scappa - Get Out, è sostanzialmente impossibile. 

Al contempo il pubblico non riesce a decodificare dei pattern ricorrenti tipici delle produzioni pop e si trova spiazzato quando torna al cinema convinto di ritrovare le stesse poetiche, confrontandosi invece con storie la cui direzione è opposta, o comunque differente, rispetto al film dello stesso regista che tanto avevano amato.

 

Ancora una volta Jordan Peele ci viene incontro con il suo Noi, criticato principalmente dal pubblico di massa perché non era come Scappa - Get Out.

Dove stava scritto che avrebbero dovuto fare esattamente la stessa cosa? 

 

Cosa fa invece il Cinema che non si affida all’incertezza di questi autori? 

 

Nel 2015 con Star Wars: Il risveglio della Forza abbiamo un primo gigantesco esempio di "requel", come ci vuole insegnare Scream, ovvero un sequel la cui intera costruzione narrativa incrocia così tanto il remake da diventare sfacciatamente tale, ma pur sempre continuando la storia.

 

La ragione dietro questa nuova formula seguita da molti altri enormi franchise non è tra le più nobili rispetto al Cinema come forma di storytelling che dovrebbe fare della creatività il suo fondamento.

 

 

[E cosa ne penserà mai Scream de Il risveglio della Forza?]

 

Scream, grazie a Ghostface e al suo ritorno come spirito vendicativo del Cinema tutto, affonda la sua lama nelle carni dei produttori di Hollywood, ridotti ormai a ostaggi di un pubblico capriccioso, inutilmente rumoroso e violento grazie ai social network, che amplificano delle voci neanche troppo fragorose e che, per esperienza, dovremmo invece iniziare ad ascoltare con molta cautela.

 

Considerando anche come i numeri che identificano queste voci siano molto spesso irrisori rispetto alla totalità del pubblico.  

 

Le operazioni di reboot e remake di molti franchise - Ghostbusters di Paul Feig: parlo proprio di te - hanno acceso la parte peggiore del fandom più tossico del mondo di Internet, sovraccaricando una spia rossa d’allarme riguardo queste svogliate operazioni. 

 

La nostalgia di un pubblico spesso troppo giovane per aver vissuto davvero il mito dei brand, ai quali è affezionato per procura, chiude all'angolo le terrificanti operazioni di remake, mettendo in primo piano non quanto queste siano eseguite con agghiacciante incompetenza, ma piuttosto quanto il pubblico desideri rivedere sullo schermo cose che ormai celebra per osmosi, come se volesse avere l'occasione di vivere un mito che è esclusiva di chi era presente al tempo della sua genesi. 

 

Il pubblico di Internet è piuttosto patetico e Hollywood dovrebbe ascoltarlo relativamente, mostrando un po' di polso, piuttosto che accontentarlo piegandosi costantemente allo schiamazzare infantile di pochi e portando sul grande schermo prodotti dalla breve data di scadenza il cui unico scopo è quello di riproporre dei requel infarciti di easter egg, cameo di vecchie glorie ed espedienti narrativi ricalcati quasi 1:1 per un pubblico che, molto spesso, celebra opere originali che non ha nemmeno visto davvero.


Lo fa perché la cultura pop del presente li ha resi di moda e quindi necessari per esistere nel discorso digitale e non. 

L'apice di questa follia produttiva è da riconoscere sempre in Star Wars, un brand che ha sentito il bisogno di chiudere la propria trilogia requel fuggendo dalla ricerca di innovazione che ci fu in Star Wars: Gli ultimi Jedi per mettere in scena un gigantesco film che sta a metà tra la nostaglia più sfrenata e il retcon su commissione dei meme di Facebook e delle pagine di Reddit.

 

Scream risorge proprio per prendersela con i requel, per sfotterne la struttura, per accoltellare il pubblico al cuore della sua spocchia internettiana, convinto di saper giudicare una qualsiasi opera perché tecnicamente dotato di una voce con un apparente riverbero. 

 

 

[No, God! No, God, please, NO! NO! NO! NOOOOO!]

 

Requel for a Scream 

 

Il Cinema horror non è certo rimasto lì a guardare: dove non si è potuto davvero innovare si è scelta la strada del requel per riportare in vita Halloween e lo stesso Candyman.

 

Per quanto queste formule possano essere più o meno riuscite, o più o meno di successo, il loro pattern è già riconoscibile per il pubblico, anche se non si è ancora reso conto interamente del gioco di prestigio del quale è vittima.

In parte perché è lo spettatore stesso a chiedere a gran voce di subirlo. 

 

Scream è un tipo di mostro molto diverso: il suo ruolo all’interno del Cinema, come già spiegato in introduzione, è quello di fare dell’exploitation delle meccaniche più logore e ridicole dell’industria per avviare un discorso metacinematografico a dare inerzia alla propria distintiva narrativa, donando potenza a Ghostface che - quasi come una figura lovecraftiana - prende forza nel momento in cui il meta viene celebrato. 

 

Scream parte quindi dal requel e la sceneggiatura di James Vanderbilt e Guy Busick fa esattamente ciò che ci si aspetta da quest’operazione: ripropone lo Scream del 1996, ma lo sposta nel nostro tempo con tutti gli elementi necessari a renderlo anche un sequel, ma a conti fatti anche un remake. 

 

La differenza tra Scream e gli altri requel sta nella consapevolezza di quest’ultimo rispetto al mezzo filmico.

Sa di essere un film.

 

Sa di prendere luogo in un mondo la cui sottile linea tra la realtà dello spettatore e la finzione si devono confondere, creando elementi da metacinema che non siano soltanto mere occhiatine e easter egg per solleticare la nostalgia dello spettatore.

 

 

[Drew Barr... ah, no! Jenna Ortega in Scream]

 

Tornano quindi le regole di Randy Meeks, ma aggiornate rispetto allo scenario cinematografico odierno e arricchite dalla coscienza di Mindy Meeks, la sua nuova incarnazione, consapevole di essere parte di un requel e di dover quindi chiarire le regole del genere.

 

Ciò innesca ovviamente una paradossale situazione grazie alla quale Scream, consapevolmente, tesse una tela metanarrativa sfruttando Stab, il film dentro il film che racconta gli eventi dei vari Scream e di Sidney Prescott, e l’idea di parlare indirettamente allo spettatore già attraverso il requel che è Scream: informandolo quindi di come le dinamiche del film saranno pressappoco le stesse del film del 1996.

 

Scream è alla base un whodunit, un giallo nel quale bisogna trovare l’assassino e scoprirne il deviato movente.

Nel mezzo ovviamente abbiamo una scia di cadaveri, di morti cruenti e di affascinanti discorsi metacinematografici. 

 

Tenendo in considerazione la natura del film sarebbe lecito pensare che Scream possa divenire noiosamente prevedibile e privo di qualsivoglia tensione.

 

Tuttavia la sceneggiatura di Scream - grazie anche a un paio di idee di casting e di messa in scena davvero lodevoli rispetto a tutti i discorsi messi sul tavolo dall’opera, anche quelli meta e di citazionismo - lo rende un film dotato di una costruzione della tensione mai scialba, e lo presenta al pubblico con la giusta inerzia distruttiva per merito di una serie di morti da far arricciare le dita dei piedi.

 

Soprattutto una, che farà soffrire i fan della saga.

 

 

[Ovviamente in Scream tornano Neve Campbell e Courteney Cox]

 

Nel nuovo Scream Ghostface è ancora più cattivo e la sua presenza sullo schermo tra l’umano e il sovrumano, tra il serial killer di liceali e il secchione spostato della classe di Teoria del Cinema, è anche in questa incarnazione sorprendentemente potente.

 

Scream ha inventato una figura iconica che, quando rievocata con le giuste motivazioni e quando dotato della poetica più adatta ai fendenti della sua lama, ha pochi rivali.

Pochi serial killer del Cinema bucano lo schermo come Ghostface e per tutta la visione, per quanto possiate sentirvi a vostro agio con il mostro di Craven e Williamson, avrete la sensazione che da un momento all’altro possa sbucarvi alle spalle per bucherellarvi la trachea e guardarvi affogare nel vostro sangue, inclinando con curiosità il volto bianco allungato. 

 

Il ragionamento metacinematografico, lo spirito da saggio di Scuola del Cinema, la natura da riflessione audiovisiva sul Cinema di genere supera in toto quanto Lana Wachowski cerca di fare per buona parte del suo Matrix Resurrections, un film troppo martoriato da un pubblico sempre più disattento e sempre più ammaliato dal dito, piuttosto che dalla luna, in codice binario. 

 

Scream fa il remake, il sequel, non troppo il reboot, ma sicuramente è un requel e sfida ogni spettatore a fronteggiare Ghostface e a sfuggire alla sua lama; per quanto alcune finezze e alcuni intenti possano ammorbidire la ricerca del whodunit, Scream rimane comunque affilato come la lama del suo killer, brutale verso i reboot à la Paul Feig e i sequel nostalgia, agghiacciante come la voce modificata che ti chiama per sfidarti a un trivia sul Cinema prima di sfilettarti come un branzino. 

 

 

[Cosa ne penserà Scream della voglia del pubblico di vedere Ghostface armeggiare con un lanciafiamme come fosse Rick Dalton?]

 

Scream

 

Il requel di Scream segue perfettamente il canovaccio di questo nuovo modo di fare Cinema: se avete visto il primo film della saga sarà per voi una festa di feels, di easter egg (ma maii inutili e fini a se stessi) e, come anticipato, a un certo punto vi farà molto male. 

 

Se non conoscete il film del 1996 vi inviterei a guardarlo anche solo per godere dei vari riferimenti, nonostante non sia strettamente necessario ai fini della visione e della comprensione degli eventi di questo nuovo Scream.

La forza di Scream è quella di essere uno spirito di vendetta dei peggiori peccati di Hollywood e del suo pubblico di fan e in questa incarnazione del 2022 rispetta elegantemente la memoria di Wes Craven e il lavoro di Kevin Williamson, omaggiati entrambi a dovere con quest’opera.

 

Ho trovato lodevole la mano dei due registi, Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillet già autori di Ready or Not, anche se una parte di me continua a pensare che in un paio di situazioni Wes Craven avrebbe utilizzato un tocco molto più sapiente nel mettere in scena il film.  

Scream è quindi per me un requel di tutto rispetto e per certi versi la saga potrebbe benissimo finire la sua corsa con questo capitolo.

 

A meno che gli sceneggiatori non trovino elementi di narrativa e soprattutto metanarrativa degni di dare la forza necessaria a Ghostface per tornare sulla scena.  

 

Become a Patron!

 

Quante volte sei andato al cinema a vedere un requel? Qual è il tuo requel preferito?

Non rispondere, sei comunque fregato!

Se ti piace questo requel o se non ne vuoi più vedere, entra a far parte de Gli Amici di CineFacts.it!

Chi lo ha scritto

TI POTREBBERO INTERESSARE ANCHE

Articoli

Articoli

Articoli

Lascia un commento



close

LIVELLO

NOME LIVELLO

livello
  • Ecco cosa puoi fare:
  • levelCommentare gli articoli
  • levelScegliere un'immagine per il tuo profilo
  • levelMettere "like" alle recensioni