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Nimic - Recensione: quotidianità, alienazione, sostituti - RNFF 2020

L'ultima fatica di Yorgos Lanthimos racconta le idiosincrasie della quotidianità

Bastano pochi istanti di Nimic per riconoscere la mano dell'autore che si cela dietro la macchina da presa.

 

Musica d'orchestra, grandangoli, fisheye, lente zoomate e un'attenzione maniacale per la composizione del'immagine sono gli indizi che ci riconducono direttamente a Yorgos Lanthimos, l'ormai notissimo regista greco in grado di imporsi come uno dei nomi più rilevanti dell'ultimo decennio di Cinema mondiale.

 

Per la sua ultima fatica - un cortometraggio di circa 12 minuti che abbiamo visionato in occasone del Ravenna Nightmare Film Festival - il regista greco ha rinnovato la sua ormai solidissima collaborazione con lo sceneggiatore Efthymis Filippou e ha potuto contare su un protagonista d'eccezione: un Matt Dillon sempre più a suo agio nelle atmosfere stranianti del Cinema d'autore europeo dopo l'esperienza de La Casa di Jack sotto la direzione di Lars von Trier.

 

[33 secondi di trailer per assaporare l'essenza di Nimic: 100% puro Yorgos Lanthimos]

 

 

Nimic segue la quotidianità di un violoncellista, interpretato appunto da Dillon, che in seguito a una sessione di prove nell'orchestra in cui suona incontra in metropolitana una donna a cui chiede che ora sia.

 

La donna - dopo aver risposto chiedendo lo stesso a un altro passeggero - comincia a seguirlo, entra in casa sua con un mazzo di chiavi del tutto identico a quello del protagonista e inizia a ripetere per filo e per segno le sue affermazioni e i suoi gesti davanti alla moglie e ai bambini della famiglia, riuscendo a prendere il suo posto e dando il via a quello che ha tutte le sembianze di un loop destinato a durare all'infinito.

 

Lanthimos e Filippou lavorano su due temi comuni e interconnessi: l'alienazione della quotidianità e il terrore di essere sostituibili, due idiosincrasie profonde dell'animo umano, tanto ben radicate nell'immaginario comune da permettere al regista di giocare in maniera compiuta con i toni del thriller senza dover in alcun modo snaturare il proprio stile registico, esattamente come fatto ne Il Sacrificio del Cervo Sacro.

 

 

[In Nimic la poetica di Lanthimos è perfettamente riconoscibile, a partire dalle lente carrellate laterali che accompagnano i personaggi]

 

 

L'intera idea alla base dell'opera è proprio incentrata sul concetto della completa di mimesi - l'assonanza con l'inglese "mimic", imitare, è tutta lì da vedere - e con il senso di annullamento che una quotidianità straniante può generare in ciascuno di noi.

 

Non è  un caso che nimic in romeno voglia dire proprio nulla (e quindi nessuno). 

 

Ognuno è sostituibile, sovrapponibile, ben oltre le diversità apparenti.

Non importa se il posto di un uomo sulla cinquantina viene preso da una giovane donna, l'oppressione della routine induce ad accetare ogni cambio con naturalezza.

 

In un mondo così non c'è spazio per gli affetti e per le certezze ideologiche, sin dalla tenerissima età: conta solo la possibilità di continuare a vivere secondo quella catena di montaggio che è ormai divenuta l'esistenza.

 

 

 

 

La scelta di far partire il processo di sostituzione alla pronuncia di una domanda comune come "Do you have the time?" in un luogo in cui si è passati infinite volte come la metropolitana sembra proprio sottilineare l'assoluta irrilevanza del tempo in un contesto simile: relazioni decennali e momenti di gioia vengono annichiliti dalla nostra natura ormai alienata, effimera e sostituibile.

 

Quale destino, allora, per chi viene sostituito?

 

Il suo compito è chiaramente quello di sostituire a sua volta, appropriandosi di un'altra esistenza e lasciando ripartire un circolo vizioso e inesauribile.

 

 

[Non importa quanto diversi siamo: nel mondo di Nimic nessuno è insostituibile]

 

 

Dopo aver diretto un'opera non sceneggiata da lui e Filippou come La Favorita, dunque, Lanthimos è tornato a esplicitare il proprio straniante e angoscioso sguardo sul mondo, declinato attraverso le ormai abituali chiavi della violenza sottesa e della solitudine indotta. 

 

Nimic non può che rappresentare per tutti gli amanti del cineasta greco un importantissimo tassello da aggiungere alla sua poetica, in attesa dei suoi prossimi lavori che, come al solito, si prospettano estremamente interessanti.

Nimic nimic nimic

 

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