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Furiosa - Recensione: l'apice dell'epica contemporanea - Cannes 2024

Al Festival di Cannes arriva sgasando il prequel di Mad Max: Fury Road, che racconta le origini del personaggio di Furiosa

Furiosa può essere racchiuso da una domanda posta dal personaggio interpretato da Chris Hemsworth: "Hai ciò che serve per renderlo epico?"

 

Il prequel dell'esplosivo Mad Max: Fury Road vede ancora ovviamente George Miller alla regia, cineasta che ha letteralmente inventato un immaginario post-apocalittico con il primo film della saga e che oggi sull'orlo degli 80 anni continua a dimostrare come andrebbe girato un film che si pone come racconto epico delle gesta di un eroe, in questo caso di un'eroina. 

 

La donna al centro di tutto pare essere una costante in questo Festival di Cannes 2024 e nonostante Furiosa sia presentato qui fuori concorso rientra comodamente nel solco. 

 

[Il trailer di Furiosa]

 

 

Una bimba coglie un frutto rosso da un albero che pare trovarsi nell'Eden e il simbolismo è lampante, scopriamo poco dopo che la bimba è Furiosa (con il volto di una bravissima Alyla Browne) e l'Eden è in realtà un'oasi di verde e prosperità nel mezzo del deserto, nel mondo senza più speranza, né acqua, né risorse all'interno del quale è ambientata la saga milleriana. 

 

Furiosa conoscerà presto le asperità di quel mondo, il dolore della perdita e soprattutto il sentimento di vendetta che la accompagnerà lungo tutto il film. 

La vendetta è infatti centrale nell'opera, mossa costantemente in avanti dalla ricerca spasmodica di qualcosa che non può più tornare, che sia l'infanzia o un affetto importante che ci è stato strappato via. 

 

Suddiviso in cinque capitoli, Furiosa è uno di quei film altamente spoilerabili e pertanto non ho intenzione di dilungarmi troppo sugli snodi della trama per far sì che possiate godervelo senza sapere troppo, ma anche perché il ritmo sincopato del film è qualcosa che non si riesce a trasmettere in una recensione scritta e va per forza di cose vissuto in una sala cinematografica. 

 

George Miller ha ormai raggiunto una tale consapevolezza dei propri mezzi e della propria bravura da riuscire a trasportarci in un mondo completamente fuori controllo, con personaggi surreali e cartooneschi e situazioni che sfidano le leggi della fisica, senza però mai dare l'idea che tutto ciò che vediamo non sia plausibile. 

 

È questa a mio avviso una delle componenti più potenti di Furiosa: il fatto di riuscire a rendere credibile l'incredibile. 

 

 

[Anya Taylor-Joy e Tom Burke in una scena di Furiosa]

 

 

Cinque mesi di riprese in 8K nel deserto australiano per donarci un film visivamente abbacinante, in grado di tenere testa al suo capitolo precedente ma restando - a mio parere volutamente - un passo indietro; i mezzi di trasporto a 18 ruote, le motociclette rivestite da teschi, le cromature sui cerchioni e sulle bocche dei War Boys, i razzi di segnalazione e le esplosioni sono tutte componenti che ritroviamo in Furiosa ma che nonostante la messa in scena spesso più "tecnicamente studiata" rispetto a Fury Road non vanno mai oltre ciò che abbiamo già visto. 

 

Ritroviamo Immortan Joe e il figlio Rictus - con la novità del fratello Scrotus - così come conosciamo le origini non solo del personaggio che dà il titolo al film ma anche agli avamposti di Gas Town, Bullet Farm e la Cittadella, ma trattandosi di un prequel tutto è meno spinto all'eccesso perché l'eccesso viene concentrato quasi esclusivamente nel sentimento vendicativo della protagonista. 

 

Anya Taylor-Joy dimostra di cavarsela egregiamente con l'action, donando a Furiosa un temperamento e un trasposto inesorabili; l'attrice compare al secondo atto del film e se lo mangia: recita spesso solo con lo sguardo e con il corpo, in un ruolo che in 150 minuti le regala appena 30 battute, risultando credibile quando subisce, quando reagisce e quando prende l'iniziativa. 

Taylor-Joy mi ha anche dato l'idea di aver lavorato molto sul proprio timbro vocale, arrivando ad abbassarlo, a incupirlo e a cambiare accento per avvicinarsi a Charlize Theron, che interpreta Furiosa in Fury Road e con la quale è immediato - anche se forse gratutito - fare il paragone. 

 

Nel mondo di Mad Max l'argomento sesso è stranamente sempre fuori dal discorso e qui la palpabile chimica tra Taylor-Joy e Tom Burke - che interpreta Praetorian Jack, personaggio con il quale Furiosa farà coppia per un lungo tratto del film - ci porta quasi a sperare che possa esserci un risvolto romantico, una pausa di gioia in mezzo a un mondo al collasso dove ormai nessuno dà peso nemmeno alla morte. 

 

Ma se appunto non c'è del vero Thanatos allora è giusto che non ci sia nemmeno del vero Eros, un impiccio di cui la vendicativa Furiosa non sente minimamente il bisogno, con il risultato di saltare del tutto anche le eventuali implicazioni violente che un personaggio come Furiosa in un ambiente terribilmente maschilista e patriarcale potrebbe subire. 

 

L'altro grande protagonista del film è il personaggio di Dementus (Chris Hemsworth), un villain sui generis che ha un'evoluzione particolare a cui non sempre secondo me l'attore riesce a dar corpo fino in fondo; il confine tra leggerezza e ridicolo è labile e a volte pare che Hemsworth si sbilanci più sul secondo registro che sul primo, ma è evidente la maestria di Miller nel contenerlo e dargli una direzione precisa nonostante le acrobazie linguistiche - il suo accento è così marcato che a volte sembra che a parlare sia un koala - e le scene assurde in cui viene coinvolto, riuscendo a evitare la pagliacciata anche quando Dementus assaggia delle lacrime altrui, perché gli hanno raccontato che le lacrime di tristezza hanno un sapore diverso da quelle di gioia. 

 

Se proprio dovessi trovare qualcosa che mi ha convinto meno del resto in Furiosa punterei il dito su Hemsworth: forse per allontanare lui e il pubblico dall'immagine gloriosa di Thor degli Avengers, il suo Dementus è appesantito da una lunga parrucca, un'altrettanto lunga barba e da un naso prostetico che più che caratterizzare il personaggio lo rende buffo, quando buffo non dovrebbe essere. 

 

Ma sono dettagli. 

 

 

[Uno dei tanti inseguimenti di Furiosa, con Chris Hemsworth che guida una biga di motociclette]

 

 

Il linguaggio cinematografico e cinetico di Miller spinge il film al limite senza mai oltrepassarlo.

 

Andare a vedere Furiosa significa vivere due ore e mezzo di puro escapismo e al contempo assistere a una grande riflessione sul mondo in cui viviamo oggi che si sta deteriorando sempre di più, un film spinto costantemente in avanti non solo dagli ottani e dalla benzina ma dalla vendetta e dall'odio, due dei sentimenti che hanno plasmato la società in cui viviamo anche noi, senza mai però prendere posizione per dirci che è giusto oppure no, coccolando la sua protagonista con primi piani e dutch angle dal basso per renderla ancora più maestosa e combattiva, nonostante la sceneggiatura le faccia subire le cose peggiori a livello psicologico e fisico (nb: sì, vediamo anche come ha perso il braccio, ed è una sequenza fantastica per scrittura e regia). 

 

Ogni scena sembra essere necessaria, ogni dialogo inevitabile e ogni personaggio importante; tutte le componenti di Furiosa si mescolano alla perfezione, dalla fotografia torrida di Simon Duggan con composizioni di inquadratura che sembrano sempre trovare l'angolo perfetto alla colonna sonora martellante di Tom Holkenborg, dal montaggio di Margaret Sixel che gioca con i raccordi all'accoppiata scenografia (il Premio Oscar Colin Gibson) e costumi (la 3 volte Premio Oscar Jenny Beavan) che creano il mondo invivibile di Mad Max, tutto quanto spinge il più possibile l'opera alla ricerca del Valhalla. 

 

Un film da vedere necessariamente nella sala più grande e rumorosa che possiate trovare vicino a voi, uno di quelli che giunti i titoli di coda - c'è una sorpresina, ma non vi anticipo nulla - ti fa venire voglia di ricominciarlo subito: a mio avviso uno dei migliori prequel mai realizzati nella Storia del Cinema. 

 

Alla domanda iniziale mi sento dunque di rispondere io: "Hai ciò che serve per renderlo epico?" 

 

"Sì: ho ciò che serve e ho anche molto di più". 

 

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