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Artemis Fowl - Recensione: come non si crea un franchise

Il nuovo film Disney ha tanta voglia di creare un nuovo Harry Potter, ma sbaglia totalmente tono e realizzazione

Quando uscì la notizia del film di Artemis Fowl prodotto da Disney, fu subito evidente che da parte della Casa del Topo c'era una dichiarata intenzione di creare un franchise che potesse diventare mitologico tanto quanto l'Harry Potter di casa Warner, o almeno che ci avrebbero provato con tutte le forze a loro disposizione. 

 

 

Artemis Fowl è infatti una creatura letteraria: nata dalla penna dello scrittore irlandese Eoin Colfer, Artemis è il protagonista di 8 romanzi che mescolano magia e tecnologia, racconti sul Piccolo Popolo e navi volanti.

 

Il coinvolgimento di un regista come Kenneth Branagh, della TriBeCa di Robert De Niro in produzione e i nomi di richiamo di attori come Judy Dench e Colin Farrell furono l'ulteriore dimostrazione del fatto che Disney volesse creare il proprio universo cinematografico fantasy, un franchise che potesse garantire anni di incassi al botteghino, merchandise e magari anche nuove attrazioni dei Parchi di divertimento. 

 

Purtroppo però il film di Artemis Fowl è a mio avviso la dimostrazione di tutto quello che non si dovrebbe fare quando si crea un franchise. 

E più in generale quando si scrive un film che ci presenta un nuovo mondo fantastico. 

 

[Trailer internazionale di Artemis Fowl]

 

 

Il film era previsto per il Cinema ma poi, anche a causa dell'emergenza sanitaria, è stato dirottato verso un'uscita in esclusiva sulla piattaforma streaming Disney+

 

La decisione malcelava il sentore di un insuccesso clamoroso da parte degli executive Disney, e in effetti vedendo Artemis Fowl risulta difficile pensare che esista qualcuno che lo abbia guardato e abbia pensato "Ehi, ma questo è un grande film!" 

 

Non ho intenzione di mettere a confronto l'opera originale e il film che ne è stato tratto: è un'operazione che personalmente tendo a non fare mai, per le ovvie differenze tra i mezzi espressivi e per le profonde disparità degli strumenti che letteratura e Cinema possiedono per raccontare una storia. 

 

Un film deve reggersi sulle proprie gambe e l'aderenza alla fonte originaria - che sia essa un romanzo, un videogioco, una serie TV o un libretto di istruzioni per far funzionare un frullatore wifi - non dovrebbe essere secondo me uno dei parametri di valutazione di un'opera cinematografica. 

 

Come spettatore non devo aver bisogno di un'appendice esterna per comprendere le dinamiche di un film, i rapporti tra i personaggi, gli snodi della storia e le motivazioni che spingono i protagonisti a compiere delle azioni. 

 

Se ne ho bisogno significa che il film è scritto male, o che gli mancano dei pezzi importanti magari finiti sul pavimento della sala di montaggio, o ancora che è stato pensato esclusivamente per il pubblico che quella fonte originaria la conosce già. 

 

In tutti e tre questi casi si tratta di un errore. 

 

 

 

 

Soprattutto nel confronto tra libro e film il paragone non dovrebbe avere ragion d'essere: il primo lavora con le nostre suggestioni e le nostre esperienze, lascia a noi il compito di riempire gli spazi e immaginare i volti, i corpi, le location della storia grazie alle descrizioni dell'autore che, però, verranno sempre e comunque filtrate attraverso la nostra sensibilità, diversa in ognuno di noi. 

 

Un libro è un compagno che a volte ci resta accanto per giorni, per settimane, addirittura in alcuni casi per mesi o per anni. 

Cresciamo con lui e ogni volta che ci tuffiamo tra le sue pagine rientriamo in quel mondo, isolandoci dal mondo esterno per viaggiare pur rimanendo fermi. 

 

Quest'ultimo punto è l'unica cosa in comune che libro e film possono avere. 

Anche con il Cinema viaggiamo restando fermi ed entriamo in un mondo diverso. 

Ma lo facciamo per due, tre ore circa. 

 

E a differenza di un libro, dove la nostra immaginazione gioca un ruolo importante, con un film lo facciamo guardando il risultato dell'immaginazione di uno sceneggiatore, di un regista, di uno scenografo, di un direttore della fotografia, di un costumista, di un montatore. 

Ciò che ascoltiamo è il frutto del lavoro dei fonici, dei microfonisti, dei sound designer, dei compositori e dei musicisti. 

Vediamo dei volti e dei corpi che danno vita a dei personaggi, e in tutto ciò la nostra immaginazione ha giocoforza un ruolo marginale. 

 

Elementi importanti e fondamentali del Cinema come la fotografia, il montaggio e la recitazione non esistono in letteratura. 

O meglio, esistono ma siamo noi a crearli leggendo le parole dello scrittore. 

 

Mettere a confronto due mezzi espressivi così radicalmente differenti ha per me lo stesso senso che avrebbe paragonare un'albicocca a un quarto d'ora. 

Cosa è meglio? Cosa vi piace di più?

Un quarto d'ora o un'albicocca? 

 

La risposta è impossibile, e resto dell'idea che sia impossibile anche rispondere a "Cosa è meglio tra il libro e il film", quando quest'ultimo è tratto dal primo. 

 

 

[Il cast principale di Artemis Fowl, da sinistra a destra: Nonso Anozie, Lara McDonnell, Josh Gad e Ferdia Shaw]

 

 

Ma ho divagato abbastanza. 

 

Ammetto di averlo fatto scientemente, approfittando di Artemis Fowl per mettere in chiaro un mio pensiero in merito a un'annosa questione, perché sinceramente su Artemis Fowl ho davvero poco da dire. 

Lo ritengo un film sbagliato, dall'inizio alla fine. 

 

I personaggi non hanno un carattere definito e compiono azioni senza un perché. 

Soprattutto, ed è uno degli errori più grandi che si possano fare in termini di creazione di un mondo, si definiscono da soli dicendo ciò che sono ma senza dimostrarlo mai. 

 

Show, don't tell [Mostra, non raccontare] è una delle regole più antiche della costruzione di una storia, è nata in letteratura quando il Cinema nemmeno esisteva ma si presta oggi perfettamente alla Settima Arte. 

 

Nel momento in cui Artemis Fowl dice nel finale di essere un Genio del Crimine, noi spettatori dovremmo averlo riconosciuto in quanto tale, dovrebbero esserci delle prove a sostegno, dovremmo aver visto un racconto che abbia messo in chiaro quanto lui si occupi di crimine e quanto sia geniale nel farlo. 

Ma non lo vediamo mai. 

 

E il problema della definizione del carattere è un problema che colpisce il film intero. 

Ho percepito pesantemente la voglia di creare un franchise a partire da questo film, ma questa voglia ha fatto sì che venisse tralasciato tutto quanto c'è di importante nel momento in cui si crea un mondo fantastico e si presentano i personaggi.

 

I rapporti tra di loro sono labili, indefiniti, l'equilibrio tra sfiducia e fiducia muta in poche inquadrature e i personaggi principali cambiano idea con una velocità eccessiva e senza mai dei motivi fondanti che possano giustificare la cosa. 

 

Non è chiaro cosa leghi davvero il padre di Artemis Fowl al piccolo protagonista, così come non è chiaro il rapporto tra lui e "il maggiordomo" e tra lui e il personaggio di Spinella Tappo. 

 

 

[Il giovane protagonista di Artemis Fowl]

 

La velocità eccessiva è riscontrabile anche nello sviluppo della storia, che presenta una sequela di eventi senza mai dar modo a chi assiste di capire cosa stia davvero succedendo, ed è strano rendersi conto che a tale velocità non corrisponde però un adeguato ritmo: il film mi è parso a tratti noioso, nonostante la messa in scena vorace e la lunghezza totale di appena un'ora e mezza. 

 

Visivamente Artemis Fowl ha delle scene che appagano la vista, soprattutto quelle nel mondo sotterraneo, ma sembra figlio di effetti visivi e di un appeal fotografico di almeno una decina di anni fa, se non di più: il film appare nato vecchio, nei modi, nei toni e nell'umorismo. 

 

Kenneth Branagh in regia sembra averlo diretto con la mano sinistra - e mentre la teneva in tasca - dato che il film appare diretto da un qualsiasi mestierante nemmeno troppo bravo a tenere gli attori su una linea decisa, né capace di dare all'opera intera una direzione e un senso coerente. 

 

[Una clip di Artemis Fowl: da notare come in appena 50 secondi ci venga presentato un enigma da risolvere, la comprensione dell'enigma, la sua soluzione. Un record.]

 

 

Artemis Fowl appare sbagliato fin dai primi minuti, con un protagonista ragazzino (Ferdia Shaw, qui al suo debutto sul grande schermo) che ce la mette tutta ma che resta imbrigliato in un personaggio insulso, che salta dall'essere un dodicenne all'essere un intelligentissimo duro e deciso per poi tornare a essere dodicenne, senza un senso logico. 

 

Passa dal conoscere ogni minimo dettaglio delle creature con cui ha a che fare all'essere totalmente ignaro di ciò deve fare e di come affrontarle, per poi tornare a mostrare un piglio da leader sicuro di sé. 

 

Negli occhi di Colin Farrell, e soprattutto in quelli di Judy Dench, ho letto dell'imbarazzo. 

I personaggi secondari non hanno una funzione precisa e il risultato è che i loro destini non risultano interessanti, perché il racconto non ha lavorato al fine di creare empatia tra noi e loro. 

 

La nota positiva, a mio avviso, è la presenza di Josh Gad: Artemis Fowl è raccontato con la tecnica del flashback e narrato dalla voce del suo personaggio, un simil-Hagrid che dovrebbe essere un "nano gigante" che nel momento in cui viene imprigionato racconta ai suoi carcerieri la storia che vediamo. 

 

Il trucco, il sorriso sornione di Gad e il suo timbro di voce funzionano e l'attore dà l'idea di essersi divertito molto. 

 

 

[Josh Gad è Bombarda Sterro: gli effetti visivi di quando mangia sono il paradigma dell'appeal anni 2000 del film]

 

 

Ma oltre a questo, in Artemis Fowl non ho trovato nulla. 

 

Soprattutto non ho percepito della vera magia. 

E in un film che parla di magia, ritengo sia un errore piuttosto importante. 

 

Il film è costato 125 milioni di dollari ed era il blockbuster dell'anno per Disney: quei soldi non rientraranno mai perché non sarà certo Artemis Fowl a convincere milioni di abbonati a iscriversi a Disney+ e non penso che alla riapertura delle sale in tutto il mondo il film possa avere una grossa distribuzione cinematografica. 

 

Credo sapessero anche loro che sarebbe stato un flop e abbiano voluto salvare le apparenze caricandolo sulla piattaforma streaming, che non implica il vedere i botteghini asciugarsi dopo i primi giorni di programmazione, con relativa figuraccia pubblica.  

 

 

[Kenneth Branagh sul set di Artemis Fowl: più che a un'improvvisa perdita di capacità da parte del regista ritengo plausibile che la produzione abbia avuto un peso gigantesco sul film e sulla sua realizzazione finale]

 

 

Quello che mi dispiace maggiormente, vedendo la scarsissima realizzazione di Artemis Fowl, è la consapevolezza che il backlash che seguirà questo film convincerà molti a Burbank del fatto che investire milioni su storie "nuove" è ancora rischioso, e che al contrario proseguire sulla strada dei live action tratti dai Classici Disney è la scelta giusta. 

 

E non posso nemmeno sperare che il flop di Artemis Fowl sia un caso isolato, perché nel 2018 Nelle pieghe del Tempo ha fatto perdere a Disney tra gli 80 e i 180 milioni di dollari. 

Mentre al contrario gli ultimi quattro live action tratti dai Classici distribuiti in sala nel 2019 hanno fruttato tre volte e mezzo la spesa. 

 

Dumbo, Il re Leone, Aladdin e Maleficent - Signora del male hanno incassato circa 3 miliardi e mezzo di dollari, a fronte di una spesa totale tra produzione e promozione che ha di poco sorpassato il miliardo. 

 

 

 

Artemis Fowl non è sicuramente il punto di partenza su cui costruire qualcosa di duraturo, probabilmente anche negli uffici Disney se ne sono accorti e dubito fortemente che vedremo un sequel del film, a meno che non decidano per un reboot che abbia un senso, ma che per forza di cose dovrà essere prodotto tra qualche anno. 

 

La cosa più incredibile è notare come Disney, che da sempre è il brand associato al fantasy e alla magia, abbia clamorosamente toppato un prodotto come Artemis Fowl, che in teoria si basa proprio su quei due elementi. 

Ma se nel futuro vedremo sempre più live action e sempre meno storie originali o tratte da IP non ancora sfruttate... saprete perché. 

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