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Martin Scorsese: ''Ho detto che i film Marvel non sono Cinema: fatemi spiegare''

Il regista ha scritto un pezzo per il New York Times, che vi riportiamo qui tradotto integralmente

Quando ero in Inghilterra all'inizio di ottobre, ho rilasciato un'intervista alla rivista Empire. Mi è stata posta una domanda sui film Marvel. Ho risposto. Ho detto che ho provato a guardarne alcuni e che non fanno per me, che mi sembrano più vicini ai parchi a tema di quanto non lo siano ai film come li ho conosciuti e amati in tutta la mia vita, e che alla fine non penso che siano Cinema.

 

 

Alcune persone sembrano aver preso l'ultima parte della mia risposta come offensiva o come prova dell'odio per la Marvel da parte mia.

 

Se qualcuno è intenzionato a caratterizzare le mie parole in quella luce, non c'è niente che io possa fare per ostacolarlo. 

 

 

[Mean Streets - Domenica in chiesa, lunedì all'inferno, 1973]

 

 

Molti film in franchising sono realizzati da persone di notevole talento e abilità artistica.

 

Lo si può vedere sullo schermo.

Il fatto che i film stessi non mi interessino è una questione di gusto personale e indole.

 

So che se fossi più giovane, se avessi raggiunto la maturità in un secondo momento, avrei potuto eccitarmi per questi film e forse avrei persino voluto crearne uno io stesso.

 

Ma quando sono cresciuto nei tempi in cui è successo ho sviluppato una sensibilità nei confronti dei film - di quello che erano e di quello che potevano essere - che era lontana dall'universo Marvel quanto noi sulla Terra siamo lontani da Alpha Centauri. 

 

 

[Taxi Driver, 1976]

 

 

Per me, per i cineasti che ho imparato ad amare e rispettare, per i miei amici che hanno iniziato a girare film nello stesso periodo in cui l'ho fatto io, il Cinema riguardava la rivelazione - rivelazione estetica, emotiva e spirituale.

 

Riguardava i personaggi: la complessità delle persone e la loro natura contraddittoria e talvolta paradossale, il modo in cui possono farsi del male e amarsi l'un l'altro e di come improvvisamente si trovino faccia a faccia con se stessi.

 

Si trattava di affrontare l'imprevisto sullo schermo e nella vita che drammatizzava e interpretava e allargava il senso di ciò che era possibile fare come forma d'arte.

 

E quella era la chiave per noi: era una forma d'arte.

 

 

[Toro Scatenato, 1980]

 

 

All'epoca si discusse a tal proposito, quindi ci siamo schierati per il Cinema come pari a letteratura, musica o danza.

 

E abbiamo capito che l'arte poteva essere trovata in molti luoghi diversi e in altrettante forme - in Corea in Fiamme di Sam Fuller e Persona di Ingmar Bergman, in È sempre bel tempo di Stanley Donen e Gene Kelly e Scorpio Rising di Kenneth Anger, in Questa è la mia vita di Jean-Luc Godard e Contratto per uccidere di Don Siegel.

 

O nei film di Alfred Hitchcock, suppongo si potrebbe dire che Hitchcock era il franchise di se stesso.

O che fosse il nostro franchising. 

 

 

[Re per una Notte, 1983]

 

 

Ogni nuovo film di Hitchcock era un evento.

 

Trovarsi in una sala piena di gente in uno dei vecchi cinema a guardare La Finestra sul Cortile è stata un'esperienza straordinaria: è stato un evento creato dalla chimica tra il pubblico e il film stesso, ed è stato elettrizzante.

 

E in un certo senso, anche alcuni film di Hitchcock erano dei parchi a tema.

Sto pensando a L'altro uomo, in cui il climax si svolge in una giostra in un vero parco di divertimenti e Psycho, che ho visto a uno spettacolo di mezzanotte nel suo giorno di apertura, un'esperienza che non dimenticherò mai.

 

Le persone sono rimaste sorprese ed elettrizzate e non sono state deluse.

 

 

[Fuori Orario, 1985]

 

 

Sessanta o settanta anni dopo, stiamo ancora guardando quei film restandone meravigliati.

 

Ma sono il brivido e lo shock gli elementi a cui continuiamo a tornare?

Io non la penso così.

 

Le scene clou di Intrigo Internazionale sono sorprendenti, ma non sarebbero altro che una successione di composizioni e di tagli dinamici ed eleganti se non ci fosse l'emozione e il dolore al centro della storia o l'assoluto spaesamento del personaggio di Cary Grant.  

 

 

[Quei bravi ragazzi, 1990]

 

 

Il climax de L'altro uomo è prodigioso, ma è l'interazione tra i due personaggi principali e la performance profondamente inquietante di Robert Walker che risuona nel tempo.

 

Alcuni sostengono che i film di Hitchcock si assomigliassero tutti tra di loro, e forse è vero - lo stesso Hitchcock se lo era chiesto.

Ma l'identità dei film in franchising di oggi è un'altra cosa.

 

Molti degli elementi che definiscono il Cinema come lo conosco sono presenti nei film della Marvel.

Ciò che non c'è è la rivelazione, il mistero o un vero pericolo emotivo.

 

Niente è a rischio. 

 

 

[L'età dell'innocenza, 1993]

 

 

I film sono realizzati per soddisfare una serie specifica di esigenze e sono progettati come delle variazioni su un numero finito di temi.

 

Sono sequel nel nome ma sono remake nello spirito, e ogni cosa in essi è ufficialmente omologata perché non può essere diversamente.

Questa è la natura dei franchise cinematografici moderni: ricerche di mercato, testati con il pubblico, verificati, modificati, rivisti e rimodificati fino a quando non sono pronti per il consumo.

 

Un altro modo di dirlo sarebbe che sono tutto ciò che i film di Paul Thomas Anderson o Claire Denis o Spike Lee o Ari Aster o Kathryn Bigelow o Wes Anderson non sono.

Quando guardo un film di uno di questi cineasti so che vedrò qualcosa di assolutamente nuovo e che mi porterà a vivere esperienze inaspettate e forse persino inimitabili.

 

Il mio senso di ciò che è possibile nel raccontare storie attraverso immagini e suoni in movimento verrà ampliato.

 

 

[Casinò, 1995]

 

 

Quindi, potresti chiedere, qual è il mio problema?

 

Perché non lasciare che esistano i film sui supereroi e gli altri film in franchising?

Il motivo è semplice.

 

In molti posti in questo paese e in tutto il mondo, i film in franchising sono ora la scelta principale se vuoi vedere qualcosa sul grande schermo. 

È un momento rischioso per l'offerta cinematografica e ci sono meno cinema indipendenti che mai. 

 

 

[Al di là della vita, 1999]

 

 

L'equazione è stata capovolta e lo streaming è diventato il sistema di distribuzione principale.

 

Tuttavia, non conosco un singolo regista che non voglia progettare film per il grande schermo, da proiettare davanti al pubblico nei cinema. 

 

Ciò include me, e parlo come uno che ha appena completato un film per Netflix. 

Netflix ci ha permesso di realizzare The Irishman come dovevamo, e per questo sarò sempre grato.

 

Abbiamo una finestra di distribuzione nelle sale, ed è una cosa grandiosa.

Vorrei che il film venisse proiettato su più schermi di grandi dimensioni per periodi di tempo più lunghi?

 

Certo che lo vorrei. 

 

 

[Gangs of New York, 2002]

 

 

Ma non importa con chi realizzi il tuo film, il fatto è che gli schermi nella maggior parte dei multisala sono affollati di film in franchising. 

 

E se mi dirai che è semplicemente una questione di domanda e offerta e di dare alle persone ciò che vogliono, non sarò d'accordo.

È la questione dell'uovo e della gallina.

 

Se le persone ricevono solo un tipo di cose e vedono all'infinito solo un tipo di cose, ovviamente vorranno ancora e sempre di più quel tipo di cose. 

 

 

[The Departed, 2006]

 

 

Ma, potresti dire, non possono semplicemente andare a casa e guardare qualsiasi altra cosa vogliano su Netflix, iTunes o Hulu?

 

Certo: ovunque, tranne che sul grande schermo, dove il regista voleva che venisse visto il suo film.  

 

Negli ultimi 20 anni, come tutti sappiamo, il mondo del Cinema è cambiato su tutti i fronti. 

Ma il cambiamento più inquietante è avvenuto di soppiatto e senza che ce ne accorgessimo: la graduale ma costante eliminazione del rischio.

 

Molti film oggi sono prodotti perfetti, fabbricati per un consumo immediato. Molti di loro sono ben realizzati da un team di individui di talento.

Tuttavia, mancano di qualcosa di essenziale per il Cinema: la visione unificante di un singolo artista.

 

Perché, ovviamente, il singolo artista è il fattore più rischioso di tutti.

 

 

[The Wolf of Wall Street, 2013]

 

 

Non sto certamente insinuando che i film dovrebbero essere una forma d'arte sovvenzionata, o che lo siano mai stati. 

 

Quando a Hollywood lo Studio System era ancora vivo e vegeto, la tensione tra gli artisti e le persone che gestivano il business era costante e intensa, ma era una tensione produttiva che ci ha dato alcuni dei più grandi film mai realizzati - per dirla come Bob Dylan, i migliori erano "eroici e visionari".

 

Oggi questa tensione è scomparsa, e alcuni individui lavorano nel settore con assoluta indifferenza verso la vera questione dell'arte e con un atteggiamento nei confronti della Storia del Cinema che è allo stesso tempo sprezzante e approntato alla creazione di un brand - una combinazione letale.  

 

 

[The Irishman, 2019]

 

 

La situazione, purtroppo, è che ora abbiamo due campi separati: c'è l'intrattenimento audiovisivo mondiale e c'è il Cinema.

 

Di tanto in tanto si sovrappongono, ma sta diventando sempre più raro.

E temo che il dominio finanziario dell'uno venga utilizzato per emarginare e persino sminuire l'esistenza dell'altro.

 

Per chi sogna di fare film o ha appena iniziato a farne, la situazione in questo momento è brutale e inospitale per l'arte.

 

E il semplice atto di scrivere queste parole mi riempie di una terribile tristezza.

 

 

Martin Scorsese, 4 novembre 2019
New York Times 

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