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C’è qualcosa di magico e profondamente evocativo in Sound of Falling, il secondo lungometraggio della regista tedesca Mascha Schilinski in concorso al Festival di Cannes 2025.
Il film è un autentico viaggio sensoriale e temporale attraverso oltre un secolo di Storia mitteleuropea, filtrato dagli occhi, dai corpi e dalle emozioni di quattro ragazze vissute - o meglio: sopravvissute - in epoche diverse ma unite da un’unica casa, una fattoria nell'Altmark, il cuore della Germania rurale.
In apparenza Sound of Falling è un racconto familiare corale, ma in realtà è molto di più: è una riflessione cinematografica sulla crescita, sulla perdita dell’innocenza, sul desiderio di capire chi siamo attraverso chi ci ha preceduto.
Senza mai indulgere nel didascalico, Schilinski costruisce un mosaico intimo e ambizioso che si muove con eleganza tra primi del Novecento, il dopoguerra e il presente, mescolando il tempo e i tempi e mantenendo come unico punto fermo lo spazio fisico della casa e l’eredità emotiva che vi aleggia dentro.
[Il trailer di Sound of Falling]
Ogni epoca viene abitata da una protagonista diversa, ma lo sguardo che le attraversa è sempre lo stesso: curioso, timido, talvolta spaventato.
Alma è una bambina che vive in un tempo fatto di fotografie post-mortem e silenzi pesanti come la neve; Erika è un'adolescente nel secondo dopoguerra, alle prese con attrazioni proibite e sogni di amputazioni come simbolo di dolore e rinascita; Angelika vive negli anni '80 ed è una ragazza inquieta, tra abusi familiari e turbamenti affettivi; infine Lenka, ragazza di oggi, sospesa tra il lutto e un’amicizia che potrebbe trasformarsi in qualcosa di più.
Sound of Falling non racconta in senso lineare ma sussurra, evoca e collega: i movimenti delle ragazze si ripetono nel tempo, i gesti si rispecchiano, le stanze sembrano ricordare chi le ha abitate prima.
In questo senso la casa - assieme al granaio e al fiume, uniche location di tutto Sound of Falling - diventa il vero personaggio centrale, una memoria vivente che assorbe e restituisce emozioni.
La fotografia di Fabian Gamper, in un formato molto vicino all'1,33:1 che richiama le vecchie pellicole, ci accompagna tra corridoi, finestre e campi con un movimento fluido e spettrale, alternando nitidezza e sfocature come a volerci far entrare in un sogno: impariamo a riconoscere le diverse epoche del racconto solo grazie ai costumi e al comportamento delle protagoniste, perché l'immagine e le scenografie restano volutamente uguali, come se il confondersi facesse parte dell'identità stessa dell'opera.
Altro aspetto notevole del film è il sound design, utilizzato in maniera ipnotica e a volte sorprendente: in alcuni momenti tutto si spegne e restano solo il silenzio e il battito del cuore; è lì che Sound of Falling ci toglie il fiato, mettendoci di fronte alle paure, ai traumi, ma anche alle epifanie delle sue protagoniste.
Quando torna la voce è quella fuori campo che spesso non coincide con quanto stiamo vedendo e che cresce con il passare dei minuti, come se volesse aiutarci a decifrare l’indecifrabile: la psiche femminile, il peso della Storia, l’eco delle scelte mai fatte.
[Lena Urzendowsky è Angelika in Sound of Falling]
Nonostante la complessità della struttura narrativa e la trama in apparenza rarefatta, Sound of Falling non è mai un film freddo o inaccessibile, anzi sa essere toccante, empatico, eccessivo e persino ironico in alcuni momenti.
Il suo segreto credo si nasconda nella coerenza con cui Mascha Schilinski orchestra ogni elemento - immagine, suono, interpretazioni - per costruire un’esperienza immersiva e unica.
Le giovani protagoniste sono parte integrante di questo incantesimo e sembrano davvero appartenere a un’unica anima, che cambia volto nel tempo.
Sound of Falling è uno di quei film che allo spettatore richiede attenzione, disponibilità e impegno, ma chi si lascerà guidare in questo flusso di ricordi, sguardi e silenzi ne uscirà senza dubbio arricchito; un viaggio nel tempo che ricorda da vicino le atmosfere lynchane e le suggestioni di film come Picnic a Hanging Rock e Il giardino delle vergini suicide, ma con un'atmosfera spettrale che suggerisce la violenza invece di mostrarla, spostandola dal centro dell'attenzione in modo che sia lo spettatore a unire i puntini e rendendo tutto ancora più agghiacciante.
Personalmente credo che Sound of Falling non sia semplicemente un’opera cinematografica, ma un atto di resistenza poetica contro l’oblio.
Una carezza dolorosa e necessaria che ci ricorda quanto le storie - e i luoghi che le custodiscono - possano continuare a parlare anche dopo che le voci si sono spente.
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