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Scene al microscopio: Kill Bill - La Sposa vs Elle Driver

Una scena in particolare, analizzata nel dettaglio da Mattia Corselli

Aspettando C'era una Volta a... Hollywood, Mattia Corselli ripercorre la carriera di Quentin Tarantino analizzando una singola scena di ogni suo film: è la volta di Kill Bill e della scena del duello tra La Sposa ed Elle Driver. 

 

Kill Bill, come tutti sappiamo, esce nelle sale suddiviso in due volumi.

 

Ciò nonostante le due pellicole vanno assolutamente considerate un unico film, come più volte sottolineato dallo stesso Quentin Tarantino: come noto, la sua uscita in due parti fu dovuta esclusivamente a un compromesso tra ragioni di carattere distributivo/commerciale - Harvey Weinstein era preoccupato che presentare al cinema un film di 4 ore fosse troppo - e il (giusto) impuntamento di Tarantino sul non voler tagliare altre scene di Kill Bill.

 

Kill Bill Volume 1 fa il suo debutto al cinema nel 2003 seguito l’anno successivo dal Volume 2, quindi a distanza di ben 6 anni dal precedente Jackie Brown; il maggior lasso di tempo tra l’uscita di due film del regista americano. 

 

 

 

Questa lunga attesa è stata dovuta principalmente a due fattori.

 

Il primo è rappresentato dal fatto che, inizialmente, dopo il film con Pam Grier protagonista, Quentin Tarantino aveva cominciato a scrivere i primi capitoli di un film ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale avente come protagonisti un gruppo di soldati con la missione di infiltrarsi tra le fila naziste.

 

Esatto: stiamo parlando proprio di Bastardi senza Gloria, che affonda già a quell’epoca le sue radici.

 

Leggenda narra che però, ad un party organizzato dai fratelli Weinstein - produttori di tutti i film di Tarantino fino allo scandalo che ha travolto il più famoso dei due - il buon Quentin, mentre parlava proprio con Harvey, vide Uma Thurman fare il suo ingresso nella stanza e che questa apparizione gli fece tornare alla mente il personaggio de La Sposa (The Bride) ideato proprio insieme alla sua musa ai tempi delle riprese di Pulp Fiction.

 

 



Da qui la folgorazione e la decisione, pare immediatamente comunicata al suo produttore, di dedicarsi alla scrittura di quello che poi sarebbe appunto divenuto Kill Bill.

 

La seconda causa di questo lungo intervallo tra Jackie Brown e il suo successivo film è stata rappresentata dalla gravidanza improvvisa che interessò la Thurman.

In questi casi, se le esigenze produttive lo richiedono, si può anche pensare a sostituire l’attrice ma non questa volta e non per Quentin.

 

Kill Bill era stato pensato per e con Uma e cucito addosso a lei.

Come il nostro ha dichiarato,

“Se sei Josef von Sternberg e stai per girare Marocco nel 1930 e Marlen Dietrich rimane incinta, che cosa fai?

Vai avanti e fai il film con qualcun altro? Certo che no. Aspetti la Dietrich.

E credo che la Storia te ne renderà merito”.

 

Così farà Quentin e possiamo dire che la Storia gli ha dato ragione. 

 

 



Parlare di Kill Bill per me non è così semplice in quanto è un’altra di quelle pellicole che considero tra i “miei” film.

 

Se la visione di Pulp Fiction è stata per me un’epifania, quella di Kill Bill è invece stata quella che mi ha fatto realizzare come al cinema tutto fosse possibile, cosa che rende la Settima Arte così magica e speciale.

 

Kill Bill è infatti Cinema.

Allo stato puro. 

Una caledoiscopica orgia dei sensi, un'esplosione di stimoli sensoriali da cui lo spettatore viene travolto per tutta la sua visione.

 

Un melting pot di diversi generi e influenze, anche musicali, dal Western in generale e Sergio Leone in particolare - e con lui Ennio Morricone di cui “saccheggia” molti brani - a Bruce Lee (la tuta gialla della sposa) e gli Shawn Brothers (di cui riprende il logo iniziale), e poi ancora il Cinema giapponese e i wuxia e con questi in generale il genere epico, ma anche il Cinema di genere italiano e i film exploitation (revenge movie in primis, ovviamente) e ancora l’horror (la resurrezione dalla tomba della protagonista nel Volume 2) e perfino l’anime (con la famosa sequenza sulle origini di O-Ren Ishi). 

 

 



Tutti mischiati e combinati tra loro in una ricetta il cui il cui risultato dà vita a qualcosa di assolutamente nuovo e mai visto prima, pur prendendo a piene mani da tutto quello che Quentin ha potuto vedere nella sua esperienza di affamato divoratore di ogni possibile genere di film e serie tv.

 

Da questo punto di vista Kill Bill può senz’altro definirsi l’apice del lavoro di reinvenzione dei generi che contraddistingue il nostro, un artista di cui, piaccia o non piaccia, ogni suo film all’uscita è per gli spettatori qualcosa di mai visto prima.

 

Un manifesto della sua carriera di regista e sceneggiatore e della sua essenza di uomo di Cinema.

 

Il cinema di Quentin Tarantino, tenendo a mente quanto appena detto e prendendo in considerazione i suoi primi 8 film, potrebbe a mio parere essere classificato in 3 periodi.  

 

 



Il primo è quello che si caratterizza principalmente per la sua essenza pulp, la freschezza del debutto e per l’appartenenza al genere crime - o, se volete, noir - con protagonisti gangster e in generale donne e uomini che lambiscono il mondo della criminalità.

 

Stiamo parlando ovviamente di Reservoir Dogs/Le Iene, Pulp Fiction e Jackie Brown.

 

Il secondo periodo comincia proprio con Kill Bill il quale, insieme a Grindhouse - A Prova di Morte, costituisce invece il periodo in cui il lavoro sulle fonti - e quindi su tutto il materiale che lo ha formato - passa al livello in cui Tarantino ci si butta di testa col risultato di reinventarle.

 

Tarantino non si limita più ad ispirarsi a un certo tipo di film. Realizza quel tipo di film, ma in un modo nuovo.

 

Il terzo e ultimo periodo è invece quello che comprende le sue ultime 3 opere: Bastardi senza GloriaDjango Unchained e The Hateful Eight.

 

Pellicole con le quali QT va per la prima volta indietro nella Storia, sua grande passione, e con cui introduce nel suo lavoro, prima più timidamente e poi in modo sempre più incisivo, anche riflessi delle sue considerazioni sul mondo, sulla politica in senso lato, sulla natura umana; senza mai però né da un lato voler dare un’impronta morale né, dall’altro, emettere giudizi: si pensi ai diversi punti di vista esplorati in The Hateful Eight (mentre sulle posizioni naziste e schiaviste la condanna è naturalmente ferma ed esplicita). 

 

 



Tornando a Kill Bill: The Fourth Film by Quentin Tarantino, come recitano le campagne pubblicitarie e perfino i titoli stessi del film, è prima di tutto un film epico.

 

L’epopea di Beatrix Kiddo AKA The Bride AKA Black Mamba AKA Mommy: l’ex killer professionista che deve perseguire la sua vendetta che, durante il percorso, prevede di uccidere gli altri ex membri della Deadly Viper Assassination Squad, la squadra di killer di cui la nostra protagonista faceva anch’essa parte.

 

In ordine di apparizione: Vernita Green/Vivita A. Fox, O-Ren Ishi/Lucy Liu, il fratello di Bill, Bud/Michael Madsen, e infine la nemesi della Sposa, Elle Driver/Daryl Hannah.

 

Il tutto per poi giungere alla sua meta finale, l’ex compagno Bill, colpevole di aver ordinato ed orchestrato il cosiddetto “Massacro ai due pini”, la cui morte rappresenta il compimento della vendetta del personaggio magistralmente interpretato da Uma Thurman. 

 

 



A questo punto è d’obbligo spendere qualche parola sui componenti della Deadly Viper Assassination Squad.

 

Tralasciando Vernita Green, che si vede poco e che dei quattro risulta sicuramente la meno interessante - non a caso è la prima a vedersi e ad esser fatta fuori - sempre in Kill Bill Volume 1 vi è O-Ren, a cui è dedicato il fantastico intermezzo anime che ci racconta le sue origini e ci fa empatizzare con lei molto più che rispetto agli altri killer presenti sulla “Death List Five” della protagonista.

 

Vi è poi Bud, che fa una breve comparsata alla fine del Volume 1 ma che trova il suo posto in Kill Bill Volume 2.

Bud è un personaggio molto particolare.

Personalmente credo che il suo tratto distintivo sia la malinconia.

Parliamo di un ex killer professionista e di assoluto livello, come ci dimostra il piano con cui sostanzialmente aveva sconfitto Black Mamba, che però, non si sa come né perché, è finito a lavorare come buttafuori in uno squallido locale, accettando pure di essere trattato a pesci in faccia dal suo capo.

 

Secondo una teoria, Bud si sarebbe auto-esiliato per il senso di colpa dovuto a quanto fatto a Beatrix.

Di sicuro dimostra che, per quanto sappia essere spietato al pari degli altri protagonisti di Kill Bill - basti pensare all’idea di seppellire viva la Sposa - ha un suo senso dell’onore. 

 

 



Mi piace ricordare quanto risponde a Bill che, preoccupato per lui, lo raggiunge dopo anni di silenzio tra i due per metterlo in guardia:

“Io ho le mie colpe... ma non sono un infame che scarica le sue responsabilità. Quella donna merita la sua vendetta... e noi meritiamo di morire.

Ma la cosa vale anche per lei, e quindi... staremo a vedere. Non è così?”

 

A concludere gli ex “colleghi” della protagonista vi è infine Elle Driver, che alterna tratti da bambina viziata e capricciosa - indimenticabile in questo senso la sua reazione in clinica quando, ad un passo dall’uccidere Beatrix, Bill la blocca con una provvidenziale telefonata - ad una rabbia e una cattiveria da vera badass.

Ma di lei avremo modo di parlare.

 

A chiudere la lista della Sposa vi è poi ovviamente Bill, che dà il nome al film stesso.

 

Il personaggio di Bill - che nel Volume 1 non vediamo ma sentiamo soltanto alla fine, quando parla con una mutilata Sophie rivelandoci il colpo di scena relativo alla figlia della Sposa ancora viva, oltre che ovviamente nella primissima scena - fa la sua vera comparsa per la prima volta all’inizio di Kill Bill Volume 2.

 

 

 

 

Quentin Tarantino gli regala un’entrata in scena poetica, con quelle note di flauto che Beatrix sente mentre, stanca delle pressioni del reverendo, si sta per dirigere fuori a prendere una boccata d’aria durante le prove del matrimonio; prove che di lì a poco finiranno nel sangue.

 

L’incontro tra i due ex amanti è segnato da una profonda dolcezza e da un sotterraneo rimpianto, da parte di entrambi.

L’amore tra i due è ancora presente.

 

Ce lo dice lo sguardo di lei mentre, poggiata su una colonna, gli chiede come abbia fatto a trovarla. 

 

 



“Io sono io”, le risponde lui con una frase che ci rende immediatamente lo stile che permea quest’uomo, cui David Carradine riesce a conferire estrema eleganza e un grande fascino.

 

Nella prima parte di quello che è il primo incontro tra Bill e Beatrix presente nel film abbiamo un assaggio di quello che sarebbe potuta essere la storia d’amore tra i due.

 

Emblematici in tal senso sono i due seguenti passaggi:

Bill: “[...] Ma farò del mio meglio... per essere dolce”

Beatrix: “Te l'ho sempre detto che quello dolce è il tuo lato migliore”

Bill: “Forse è per questo che tu sei l'unica ad averlo visto”.

 

E ancora:

Beatrix: “Vuoi restare al matrimonio?”

Bill: “Solo se posso sedermi nel lato della sposa”

Beatrix: “Sarai un po' triste e solo nel mio lato”

Bill: “Il tuo lato è sempre stato un po' triste e solo, ma non mi metterei da nessun'altra parte”

 

Giunti a questo momento del film lo spettatore non può che domandarsi come mai i due non stiano più insieme e come anzi, al contrario, la bella protagonista stia per sposarsi con, per usare le parole di Bill, “un povero coglione”.

 

La risposta l’avremo subito dopo.

 

Non appena sembra che Bill abbia veramente l’intenzione di fare il buono, fanno il loro ingresso i sicari al suo soldo che, secondo i suoi ordini, fanno fuori tutti i presenti, “perfino il pianista di colore” interpretato da Samuel L. Jackson, mostrandoci l’altra faccia di Bill.

 

Quella di chi, come lui stesso ricorderà a Beatrix al momento della resa dei conti, in fondo è “un killer, un assassino bastardo”.

 

Prima di concludere con i personaggi principali, non si può evitare di fare almeno un accenno ai due Maestri che vediamo in Kill Bill. 

 

 



In Kill Bill Volume 1 fa la sua comparsa il mitico Hattori Hanzo, Maestro Samurai e forgiatore di ineguagliabili katane. 

 

“Se si vuole confrontare una spada di Hanzo, bisogna confrontarla con ogni altra spada creata... cioè, non creata da Hattori Hanzo” chiarirà Budd ad Elle quando questa gli chiederà un confronto tra la katana di Black Mamba e quella donata a Budd da Bill, entrambe forgiate dal maestro giapponese.

 

Ormai in “pensione” sull’isola di Okinawa a cucinare sushi e saké, dopo aver capito che c’era in mezzo il suo vecchio allievo Bill - fantastica la scena in cui il maestro scrive il nome di questo sul vetro della finestra e poi Beatrix lo cancella - Hattori Hanzo si prenderà una pausa dal suo ritiro.

 

Celebri le sue parole al momento di consegnare a Beatrix la spada che ha forgiato appositamente per lei:

“Ho fatto ciò che 28 anni fa, davanti a Dio, avevo giurato di non fare più. Ho creato qualcosa che uccide le persone.

E in questo ho avuto successo.

L'ho fatto perché, filosoficamente, sono favorevole al tuo scopo. Senza presunzione, questa è la mia spada migliore.

Se nel tuo viaggio dovessi incontrare Dio, lo trapasserai. Bionda guerriera, vai”.

 

Tra l’altro è di Hanzo la voce che, alla fine del capitolo 1, pronuncia il seguente, epico, monito:

“Per chi è considerato guerriero, durante il combattimento l'annientamento del nemico deve essere l'unica preoccupazione.

Reprimete qualsiasi emozione o compassione.

 

Uccidete chiunque vi ostacoli, ancorché fosse Dio, o Buddha in persona. Questo è il cuore dell'arte del combattimento”.
 

Per chiudere con il grande Maestro Samurai, Hattori Hanzo non è un personaggio partorito dalla fervida fantasia di Tarantino ma è invece ripreso esattamente da una serie degli anni ’80, Shadow Warrior, dove era interpretato dallo stesso Sonny Chiba che gli dà vita in Kill Bill. 

 

 

 

 

Discorso simile vale per l’altro Maestro presente nel film, ossia il temibile e leggendario Pai Mei.

 

Questi infatti era uno dei cattivi dei film degli Shawn Brothers e, con un gioco di rimandi simile a quello che abbiamo visto con Hattori Hanzo, in Kill Bill è interpretato da Gordon Liu, ovvero un attore che da giovane impersonificava in tali film l’eroe che combatteva proprio contro Pai Mei.

 

Gordon Liu che tra l'altro interpreta in Kill Bill anche un altro ruolo, ovvero Johnny Mo, il capo degli 88 Folli, le guardie del corpo di O-Ren.

 

A questo punto non si può non osservare come vi sia un altro attore che in Kill Bill recita due diversi ruoli.

Trattasi di Michael Parks, che nel Volume 1 interpreta lo sceriffo Earl McGraw - che si vede altresì nel successivo Grindhouse oltre che, già anni prima, in Dal Tramonto all’Alba - dove trova la morte.

 

Nel Volume 2, invece, Parks recita il ruolo di Esteban Vihaio, il patrigno di Bill che Beatrix va a trovare per farsi dire dove abita il suo obiettivo finale. 

 

 
 



Tornando a Pai Mei, la scena che lo riguarda è una perfetta espressione di come Tarantino ha lavorato in Kill Bill. 

 

L’intera sequenza è infatti girata secondo gli stilemi dei film di Kung Fu, in particolare a livello di fotografia, di inquadrature e movimenti di macchina.

 

Tra l’altro mi chiedo se solo a me la salita di quell’immensa scalinata con i secchi pieni d’acqua sulle spalle ricordi gli allenamenti del Genio della Tartaruga di Dragon Ball.

 

Detto dei personaggi di maggior rilievo, gli elementi memorabili di Kill Bill sono ovviamente numerosissimi e d’altronde, per un'opera che si snoda su due film che cumulativamente contano 4 ore abbondanti, non poteva essere diversamente.

 

Uno di questi è la colonna sonora.

I film di Tarantino hanno tutti delle soundtrack incredibili e Kill Bill non è da meno; anzi può forse considerarsi uno di quelli dove il comparto musicale è di più alto livello.

 

Innanzitutto non possiamo non cominciare dai brani prelevati direttamente da pellicole italiane, in particolare ovviamente dagli spaghetti western ma non solo.

In primis abbiamo quelli composti dal genio italiano che risponde al nome di Ennio Morricone.

 

Brani come A Silhouette of Doom e The Demise of Barbara da Navajo Jo, Il Tramonto da Il Buono, il Brutto, il Cattivo, Per un Pugno di Dollari dal film omonimo, o ancora L’Arena da Il Mercenario.

Ma Tarantino pesca pure dal repertorio di Luis Bacalov con The Grand Duel, e da quello di Riz Ortolani con I Giorni dell’Ira.

 

A questi si aggiungono poi, senza ovviamente poterli elencare tutti, una serie di brani stupendi che sono rimasti nell’immaginario collettivo, come The Lonely Shepherd di Gheorghe Zamfir - che potrebbe benissimo essere un pezzo composto da Morricone - o Twisted Nerve, che risale addirittura a quel genio di Bernard Herrmann (compositore dei film di Alfred Hitchcock e, ultima sua fatica prima di lasciarci, della colonna sonora di Taxi Driver) che accompagna la camminata in clinica di Elle verso la stanza dove è ricoverata Beatrix durante il coma. 

 

E infine non si possono non citare le canzoni su cui scorrono i titoli di testa di Kill Bill Volume 1 e quelli di coda del Volume 2, ossia Bang Bang da un lato e Malaguerna Salerosa dall’altro, quest’ultima addirittura a cura del regista Robert Rodriguez, uno dei migliori amici del nostro QT che ha composto gratuitamente per questo film più di un brano.

 

Consapevole che questo ristretto elenco non possa rendere il giusto tributo a tutti i fantastici brani presenti nel film, è il momento, senza pretese di esaustività, di dare un rapido sguardo ad alcune delle scene più belle di Kill Bill. 

 

 



D’impatto è già l’inizio del film, in bianco e nero, che si apre sulle note di Bang Bang con il primo piano del volto tumefatto e insanguinato della sposa.

 

Bill, di cui vediamo soltanto l’incedere dei passi sul pavimento, ripresi in primo piano, e il fazzoletto con scritto il suo nome che usa per asciugare la fronte della protagonista, tenta di chiarire a quest’ultima che non sta agendo per sadismo e che anzi al contrario quanto si appresta a concludere, uccidendo pure lei, sia un atto di masochismo:

“Mi trovi sadico? Sai, scommetto che adesso potrei friggerti un uovo in testa, se solo volessi.

Sai bimba, mi piace pensare che tu sia abbastanza lucida persino ora da sapere che non c'è nulla di sadico nelle mie azioni.

Forse nei confronti di tutti quegli altri, quei buffoni, ma non con te.

No, bimba, in questo momento sono proprio io, all'apice del mio masochismo”.

 

Un attimo prima che Bill faccia partire un colpo di pistola dritto in testa alla Sposa, questa fa in tempo a dire al suo carnefice che la figlia che porta in grembo è sua.

Partono così i titoli di testa.

 

Sempre nel Volume 1, memorabile è poi la scena che racconta le origini di O-Ren, girata, come abbiamo già visto, come un anime giapponese e altresì degna di nota è la scena che vede protagonista il maestro Hattori Hanzo, così come lo scontro finale, in quel giardino coperto da candida neve bianca, tra la Sposa ed O-Ren, a cui accenneremo più avanti.

 

 



Ma la Scena Madre del primo dei due Kill Bill è sicuramente la resa dei conti alla casa delle foglie blu, con lo scontro tra Black Mamba e gli 88 Folli, con in mezzo il bonus della lotta con Gogo.

 

Stiamo parlando di circa 20 minuti di feroce battaglia di una singola guerriera contro una moltitudine di nemici.

 

Un’impresa monstre il cui risultato si candida a ben diritto quale migliore scena di combattimento di tutta la Storia del Cinema, soprattutto se consideriamo le dimensioni di questo scontro, perfettamente coreografato, grazie anche all’aiuto di Yuen Wo Ping, la mente dietro le coreografie de La Tigre e il Dragone e Matrix.

 

 



Scontro che si apre con l’epica Death Rides a Horse di Ennio Morricone, che suona mentre Beatrix, tenendo in ostaggio la bella Sophie Fatale, richiama l’attenzione di O-Ren.

 

Troncato di netto il braccio sinistro di Sophie, parte un primo scontro con una decina di guardie del corpo che camminano costantemente a fianco della donna a capo della Yakuza.

Fatti fuori con irrisoria facilità questi primi avversari, è il turno di Gogo Yubari, interpretata dalla Chiaki Kuriyama di Battle Royale, la diciasettenne vestita con la classica uniforme scolastica da manga giapponese, alla quale, come ci illustra attraverso un flashback Beatrix,

“Ciò che le difetta in età è compensato dalla sua follia”.

 

 



Sconfitta anche lei e la sua palla rotante - arma che, per i curiosi, prende il nome di Kusarifundō - quando la Sposa ritiene che sia finalmente arrivato il turno di affrontare O-Ren, rombi di motori preannunciano l’arrivo del resto dei componenti degli 88 Folli, l’esercito personale di O-Ren, comandato da Johnny Mo. 

 

Questo scontro va ovviamente visto e non raccontato.

 

Quello che possiamo limitarci ad osservare è che questa ambiziosa e virtuosistica scena di azione è un fulgido esempio di tecnica cinematografica e di riuscito virtuosismo e che, anche per i non amanti dei film di combattimento, non risulta noiosa o stancante da guardare, proprio per il tocco che Tarantino riesce a darle. 

 

 

 

Nel Volume 2 mi piace ricordare in particolare 2 sequenze.

 

La prima è quella dell’addestramento con Pai Mei, di cui già qualcosa si è detto.

La seconda è il faccia a faccia finale tra Beatrix e Bill.

 

Dall’incontro con la figlia creduta morta - e qui un immenso plauso merita Uma Thurman, ai tempi neo-mamma, per come bene ha saputo rendere quel mix di emozioni che travolge la protagonista in quel momento - al famoso monologo di Bill sulla filosofia dei supereroi con il quale, dopo un affascinante giro di parole, arrivando al punto sbatte in faccia alla ex ragazza la verità e cioè che lei è

“Un killer per diritto di nascita” (...) “Lo sei sempre stata e lo sarai sempre”, le ricorda l’uomo

“Trasferirti a El Paso, lavorare in un negozio di dischi usati, andare al cinema con Tommy, collezionare punti premio; quella sei tu che cerchi di camuffarti da ape operaia, sei tu che cerchi di mimetizzarti nell’alveare.

Ma tu non sei un’ape operaia.

 

Sei un’ape killer ribelle e puoi bere tutta la birra che vuoi, mangiare hamburger e ingrossare il culo a dismisura ma... niente al mondo cambierà tutto questo”.
  

E infine, dopo che Beatrix ha spiegato a Bill il perché della sua scomparsa, facendo credere di essere stata uccisa dalla Lisa Wong che era stata mandata a fare fuori, e che Bill, a modo suo, le abbia a sua volta illustrato le ragioni della sua rabbiosa ritorsione - memorabile il suo “e ho reagito male” - abbiamo la resa dei conti finale. 

 

 

 

 

D’improvviso Bill l’attacca. 

 

Lo scontro dura pochi secondi e si risolve con una mossa segreta che Pai Mei non aveva mai insegnato a Bill, ossia la “tecnica dell’esplosione del cuore con cinque dita”, che a coloro che erano bambini tra gli anni ’80 e i primi anni ’90 non può che ricordare il grande Kenshiro.

 

Gli attimi tra il colpo sferrato dalla Sposa e la morte di Bill sono di un’estrema dolcezza, come se, in quell’ultimo momento e pur coscienti dell’ineluttabilità dell’infausto destino della loro storia di amore, i due amanti, seppur per un solo istante, si siano finalmente ritrovati. 

 

 



Sulle note della splendida The Demise of Barbara, ancora una volta di Morricone, Bill chiede sorpreso all’amata:

“Pai Mei ti ha insegnato la tecnica dell’esplosione del cuore con cinque dita?”

“Si, certo” risponde lei piangente.

“Perché non me l’hai detto?” le domanda, in parte ferito da questo segreto che lei gli ha celato,

“Non lo so... perché sono una persona cattiva” dice lei, tra le lacrime.

“No, tu non sei una persona cattiva. Tu sei fantastica, sei la persona che preferisco” - le confessa sinceramente lui - “Peccato che di tanto in tanto sai essere una gran troia”, chiosa, senza rinunciare a quella sua vena ironica.

 

La Sposa ride, mentre le lacrime continuano a sgorgare.

Bill, che fino alla fine mantiene fierezza e dignità, dopo essersi asciugato le chiede:

“Come ti sembro?”

Beatrix si prende un momento prima di rispondergli. Un tenero ultimo momento.

Poi, adagiando dolcemente la sua mano su quella dell’uomo gli dice:

“Sei pronto”.

 

Lei ritira la sua mano... la musica arriva al climax... Bill si alza, si abbottona la giacca.

Un ultimo sguardo tra i due.

Bill va... fa 5 passi... crolla per terra.

 

La Sposa si asciuga le lacrime e se ne va con la sua bambina.

Un finale epico.

 

A proposito di epicità e di film epici, un aspetto che mi piace sottolineare di Kill Bill è che, a mio parere, se c’è un film di Tarantino dove è maggiormente presente l’influenza di Sergio Leone, vero e proprio mito di Quentin (a ben vedere, mi verrebbe da aggiungere), questo è proprio Kill Bill, più che Django Unchained o The Hateful Eight. 

 

 


 

Django Unchained infatti si rifà più al resto degli spaghetti western che non a Leone, da Sergio Corbucci in giù, per intenderci.

 

È più scanzonato e meno epico nella sua messa in scena.

The Hateful Eight, invece, di western, a mio parere, ha più che altro l’ambientazione, il contesto; per il resto è altro, un incrocio tra Le Iene e i drammi da camera da un lato e un horror tipo La Cosa di John Carpenter dall’altro, dove però il mostro non è un alieno ma quello che vive dentro l’animo umano.

 

Kill Bill, invece, a parte le citazioni dirette prima di tutto musicali, è impregnato di uno stile chiaramente leoniano, a cominciare ovviamente dalla messa in scena dei duelli.

 

Emblematico in questo senso è quello tra La Sposa e O-Ren che sostanzialmente chiude il Volume 1.

Duello che possiamo tranquillamente definire aulico per la sua eleganza e che ricorda lo stile del grande regista italiano sia per le lunghe attese fatte di sguardi e contemplazione tra le due sfidanti sia anche per la sua coreografia a tempo con la musica, per non parlare del suono ad intervalli regolari della fontana, che non può che portare alle mente la lunghissima introduzione di C’era una volta il West, riempita esclusivamente di suoni di scena che, alternandosi e combinandosi tra loro, creano una vera e propria colonna sonora.

 

Altro elemento che mostra il debito di Kill Bill nei confronti del regista della Trilogia del Dollaro è ovviamente anche la musica, sia, come vedremo fra un attimo, nel suo uso all’interno del film sia perché, come abbiamo visto, dai film di Leone la musica viene letteralmente “rubata”, nel senso buono del termine (“un bravo artista copia, un grande artista ruba”). 

 

 



Di stampo leoniano è poi la scelta delle inquadrature, a cominciare da una grande presenza di super primissimi piani, quelli che Tarantino richiede sul set dicendo direttamente “Give me a Leone!”, spesso alternati con riprese a figura intera o in campo medio.

 

E, parlando di inquadrature e di musica insieme, ricorda i film del regista romano anche il montaggio delle immagini perfettamente a tempo con la colonna sonora, in particolare in determinate scene.

 

Una su tutte, quella di cui oggi parleremo, e che potremmo chiamare “Il duello risolutivo tra Elle e La Sposa”.

 

La Scena (minuto 1:14:40 del Volume 2)

 

Siamo nella roulotte dove viveva Bud, appena ucciso da Elle grazie a un letale Black Mamba, velenosissimo serpente africano nascosto all’interno della valigetta contenente il milione di dollari che il fratello di Bill le aveva chiesto in cambio della katana che Hattori Hanzo aveva forgiato per Beatrix.

 

Non si possono non riportare gli appunti che la guerriera con la benda sull’occhio legge da un piccolo block-notes, illustrando all’agonizzante Bud, a mo' di voce narrante di un documentario, come stia per morire:

“In Africa c’è un adagio che dice: nella boscaglia un elefante può ucciderti, un leopardo può ucciderti e un black mamba può ucciderti ma solo con il black mamba, e questo è vero in Africa sin dall’alba dei tempi, la morte è sicura.

Da qui il suo soprannome: la Morte incarnata.” Fico, no?” - domanda ironicamente Elle a Bud, che rantola per terra contorcendosi di dolore.

 

“Il suo veleno neurotossico è uno dei più efficaci veleni naturali; agisce sul sistema nervoso provocando la paralisi.

Il veleno di un black mamba uccide un essere umano in quattro ore, nel caso venga morso alla caviglia o al pollice.

Tuttavia, un morso al viso o al torace può causare la morte da paralisi nel giro di venti minuti. Ora ascolta questo perché ti riguarda” - dice rivolgendosi al povero Bud, ormai paralizzato fino al petto.

 

“La quantità di veleno che può essere iniettata con un solo morso a volte è gargantuesca. 

Mi è sempre piaciuto l’aggettivo gargantuesco, succede raramente di poterlo usare in una frase” - sottolinea in un divertente passaggio la donna.

 

“Se non si interviene immediatamente con un antidoto, 10 o 15 milligrammi possono essere fatali per un uomo.

Tuttavia, il black mamba può iniettarne di più, da 100 fino a 400 milligrammi di veleno con un singolo morso”.

 

Dopo questa lezione, Bud muore, non prima però che Elle lo abbia tormentato fino agli “ultimi agonizzanti momenti” che gli restano da vivere, rispondendogli che tra il sollievo e il rimpianto per la morte del suo nemico - ossia Beatrix - prevale in lei il rimpianto perché

“Quella che è forse la più grande guerriera che io abbia incontrato abbia trovato la sua fine grazie a uno sporco alcolizzato, insignificante, selvaggio pezzo di merda come te”.

 

A questo punto Elle, mentre raccoglie le mazzette di banconote sparse per la roulotte, riceve una telefonata di Bill al quale inventa che il fratello è stato ucciso da Beatrix con un black mamba e che poi lei l’avrebbe sconfitta, indicandogli pure dove questa sarebbe seppellita:

“Mettiamola in questo modo.

Se un giorno ti sentissi sentimentale, vai a Barstow, in California; quando sei arrivato lì vai da un fioraio e compra un mazzo di fiori; raggiungi il cimitero Huntington, vicino a Fuller e Guadalupe, cerca la lapide col nome Paula Schultz e lasciali sulla tomba.

Sarai davanti al luogo in cui riposa per sempre Beatrix Kiddo.”

 

 



È questa la prima volta, dopo un intero film e mezzo di visione, che sentiamo pronunciare il vero nome della protagonista, fino a quel momento sempre coperto da un beep come quelli usati

per censurare le parolacce.

 

A livello di curiosità poi, la tomba di Paula Schultz dovrebbe essere, nell’universo cinematografico che collega tutti i film di Tarantino, quella della moglie del Dott. King Shultz di Django Unchained.

 

Salutato Bill, con la promessa di raggiungerlo al volo

“Parto subito. Tu intanto fuma dell’erba o qualcos’altro. Io arrivo”, con la valigetta piena di soldi in una mano e la katana di Beatrix nell’altra, Elle si appresta a lasciare la roulotte di Bud.

 

Ma quando spalanca la porta con un calcio, una sorpresa l’attende.

Beatrix Kiddo alias Black Mamba è in volo verso di lei pronta a sferrarle un calcio. Non è morta come aveva detto Budd.

La sua nemica è ancora viva.

 

Da questo momento partono 2 minuti e mezzo di lotta senza esclusioni di colpi tra quelle che, come le ha definite Tarantino, sono due giganti amazzoni bionde.

 

 



Senza musica di sottofondo, vediamo le 2 guerriere che se le danno di santa ragione in un combattimento che è esattamente agli antipodi rispetto a quello, poc’anzi citato, tra Beatrix ed O-Ren.

 

Tanto è elegante ed impregnato di rispetto il duello con il personaggio interpretato da Lucy Liu - a cui è regalata da Tarantino una grandissima dignità perfino nel momento della morte - tanto è invece selvaggio e scorretto quello con Elle.

 

Tra la biondona bendata, interpretata da Daryl Hannah, e la nostra protagonista volano infatti colpi bassi, tacchi sui piedi, tentativi di affogamento nella tazza del cesso e lanci di qualunque cosa si trovi a disposizione - memorabile in tal senso il “che schifo” di Elle quando Beatrix le rovescia in piena faccia un’orrenda poltiglia che non voglio neanche immaginare cosa potesse essere.  

 

Dopo questi 2 minuti e mezzo frenetici, Elle con un potente calcio ben assestato scaraventa la Sposa nella stanza in fondo al corridoio della roulotte.

Mentre l’avversaria è a terra, la bionda con l’occhio bendato va a prendere la katana della sua avversaria per finirla.

Ma... colpo di scena!

 

Nel retro della roulotte, Beatrix, con un zoom a schiaffo tipico degli spaghetti western, si accorge della presenza di un’altra spada di Hattori Hanzo.

È quella di Bud (con tanto di dedica da parte di Bill: “A mio fratello Bud, l’unico uomo che abbia mai amato. Bill.”), che tutti credevamo andata perduta in un banco dei pegni.

 

Entrambe le guerriere impugnano la propria spada scattando in direzione dell’avversaria.

Inizia qui la parte di stampo leoniano di questa scena; il segmento pensato, girato e montato secondo lo stile del nostro grande Sergio Leone.

 

Le due avversarie si arrestano alle due estremità del corridoio, una di fronte all’altra, come in un perfetto duello western - ed in particolare, ovviamente, per come questi sono declinati nel Cinema del regista italiano.

 

Parte qui la splendida A Silhouette Of Doom di Ennio Morricone, prelevata direttamente dalla colonna sonora di Navajo Joe di Corbucci e che sentiamo già nei titoli di testa del Volume 2, brano che rende in modo perfetto il tono epico ricercato da Tarantino e che così tanto richiama lo stile di Leone.

 

Mentre sono ancora ferme in attesa l’una di fronte all’altra, Elle, notando la katana impugnata dall’avversaria, le chiede:

“Questa cos’è?”

“La spada di Hanzo che aveva Bud” le risponde Beatrix,

“Ha detto che l’aveva impegnata”, replica sorpresa l’altra,

“Questo farebbe di lui un bugiardo, giusto?” osserva con sbeffeggiante ironia la Sposa.

 

Le due si lanciano uno sguardo di sfida, con dei bellissimi primi piani dei loro volti segnati dal sangue e dalle ferite causati dalla battaglia.

 

Poi Beatrix riprende:

“Elle”

“B.”

“C’è una cosa che vorrei tanto sapere; che resti tra noi, eh?”, aggiunge con tono derisorio Black Mamba,

“Che cosa hai detto a Pai Mei perché lui ti strappasse l’occhio?”

 

Un flashback di pochi secondi ci mostra Pai Mei che strappa l’occhio destro di Elle, con una mossa che avevamo già visto eseguire alla Sposa durante la battaglia contro gli 88 Folli.

 

“L’ho chiamato miserabile, stupido vecchio” risponde Elle con tono sprezzante.

“Uh, pessima idea” osserva Beatrix.

“E sai cosa ho fatto? L’ho ucciso quel miserabile, stupido vecchio”, incalza, irridente, la sua avversaria.

 

Zoom improvviso sullo sguardo, colto da improvviso sgomento, di Uma Thurman.

Un breve flashback ci mostra, mentre la musica sale in crescendo, come Elle, avvelenando le sue teste di pesce, abbia ucciso il maestro di Beatrix, intervallato da una carrellata in avvicinamento al volto di Elle che arriva fino al dettaglio del suo unico occhio mentre, provocandola con una diabolica risata, racconta alla Sposa le ultime parole che ha pronunciato a Pai Mei:

“E io gli ho detto: per me il giuramento di uno stupido vecchio come te vale meno di niente”

 

Dopo una fragorosa e cattiva risata, Elle continua, mentre un’altra carrellata, stavolta in allontanamento, indugia su di lei:

 

“Esatto. Ho ucciso il tuo maestro... e adesso ucciderò anche te, con la tua stessa spada, sai?
Che presto, nell’immediato futuro... diventerà mia. La mia spada.”

 

Stacco su Beatrix:

“Puttana, tu non hai un futuro” replica, carica di sete di vendetta.

 

La musica continua a crescere, conferendo sempre più epicità allo scontro.

Un'inquadratura dal basso verso l’alto, con la macchina da presa posta a terra dietro le gambe della protagonista, si proietta fino alla figura intera di Elle, ritta di fronte a Beatrix.

 

Un’inquadratura alla Sergio Leone, se ce n’è una.

Black Mamba sistema i piedi in posizione di attacco. Le due avversarie sollevano le proprie spade, l’una rivolta contro l’altra.

 

Ci siamo.

È giunto il momento della resa dei conti tra le 2.

 

L’ingresso nel brano di un coro dona ancora maggiore epicità al momento.

Con la musica che si avvicina sempre più al suo climax, la tensione sale al massimo. Richiamando il triello finale de Il Buono, il Brutto, il Cattivo, il montaggio si alterna tra i primi piani delle duellanti, sempre più stretti ad ogni successivo stacco fino a giungere a quelli strettissimi sugli occhi, marchio di fabbrica di Sergio Leone (“Give me a Leone!”, dicevamo prima).

 

La musica raggiunge il suo climax.

Le due guerriere bionde si scagliano l’una verso l’altra. Le lunghe spade si infrangono tra loro.

Sono ferme, in mezzo a quello stretto corridoio, con le spade incrociate.

L’una tentando di vincere la forza dell’altra, invano.

 

Sono in stallo.

 

Si alternano i particolari degli occhi delle due contendenti.

Per risolvere un combattimento alla pari, che probabilmente sarebbe potuto durare all’infinito, ci vuole allora un guizzo.

 

È proprio quello che effettua Black Mamba.

All’improvviso, strappa ad Elle l’unico occhio rimastole.

“Non ci vedo più! Il mio occhio!” urla disperata la donna, mentre, riversa per terra, si contorce dal dolore, urlando improperi verso Beatrix.

 

Quest’ultima rimane ferma e impassibile, osservando la nemica sconfitta ed accecata mentre si dimena, in un modo che volutamente ricorda come in Blade Runner si contorceva Pris, il personaggio interpretato da Daryl Hannah nel film di Ridley Scott.

 

Poi, con quello che a mio parere è il momento più disturbante di tutta la cinematografia tarantiniana, Black Mamba lascia cadere per terra l’occhio strappato via ad Elle per poi schiacciarlo sotto i suoi piedi.

 

A questo punto, lasciando l’avversaria che, ormai cieca, impreca la qualunque contro di lei, la nostra protagonista Beatrix Kiddo abbandona la roulotte, lasciandosela alle spalle insieme alla sua nemica, ormai inoffensiva.

 

Davanti a lei, per completare la sua ruggente vendetta, rimane soltanto un unico, singolo obiettivo, il più importante: Kill Bill.

 

[Mattia Corselli]

 

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