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The Hateful Eight - Recensione: se Tarantino cita se stesso

Il western intimista di Tarantino mi ha convinto poco

The Hateful Eight, il western intimista di Quentin Tarantino, mi ha convinto poco.

 

"È questo il problema con i vecchi: puoi prenderli a calci giù dalle scale e dire che è stato un incidente, ma non puoi sparargli..."

 

Visto nel "glorioso Ultra Panavision 70" in quel gioiello di sala che è la Energia dell'Arcadia di Melzo (MI), con il gradito omaggio di un prezioso e curato pressbook ma l'altrettanto poco gradita sorpresa di una stampa in 70mm che sembrava un semplice 35mm, l'ottavo film di Quentin Tarantino è... l'ottavo film di Quentin Tarantino. 

 

Quasi.

 

 



Per evitare fraintendimenti premetto che parlo da fan del ragazzaccio del Tennessee e che, tolto Le Iene per ovvi motivi di età, ho visto tutti i suoi film al cinema da Pulp Fiction nel 1995 in poi, ma The Hateful Eight proprio non mi ha convinto. 

 

È spudoratamente niente di più di una piéce teatrale, il 99% del film avviene all'interno di un emporio ed è grande la capacità del regista nel farci capire la planimetria del posto dopo pochi minuti, senza rendere confusa la visione: non facile, soprattutto se stai girando in un formato la cui orizzontale è quasi 3 volte la verticale, ma secondo me è proprio la sua essenza il suo problema più grande.

 

Più che i grandi e gloriosi western movies di John Ford o Sergio Leone, Tarantino si rifà a se stesso: gli odiosi 8 del titolo sono gli epigoni di quelle iene chiuse in un magazzino 25 anni e 7 film prima, ma non hanno lo stesso appeal, la stessa forza e la stessa dirompente carica esplosiva. 

 

 

 

Regia e fotografia sono mirabili, ci sono tanti quadri all'interno dei quali il montaggio viene fatto esclusivamente con dei cambi di fuoco invece che con dei tagli, i neri sono davvero neri come non li vedevo da troppo tempo, le lame di luce che mandano in sovraesposizione i personaggi sono un bel tocco del sempre grande Robert Richardson e c'è almeno un piano sequenza splendido, con un tocco hitchcockiano che gioca sulla tensione. 

 

Tensione che però c'è solo in quel momento, e che è pressoché inesistente per tutte le 3 ore di pellicola.

 

Sembra quasi che stavolta si sia divertito molto di più Tarantino a girarlo che noi a guardarlo: è il suo film dove ho riso meno in assoluto, dove a fine visione i dialoghi o le battute memorabili sono pochine e soprattutto dove il "colpo di scena" che dovrebbe meravigliare è telefonatissimo e sa di già visto. 

 

Se mi vuoi sorprendere fai in modo che non possa leggere tutti i nomi del cast nei titoli di testa, altrimenti dopo due ore di film un paio di domande su quando salterà fuori il nome di chi non ho ancora visto me le faccio. 

E infatti. 

 

Quella capacità straordinaria che ha il Quentin di scrivere e delineare personaggi che non si dimenticano più nonostante i pochi minuti in scena (Mr. Wolf in Pulp Fiction, Calvin Candie in Django Unchained, praticamente tutti quelli di Kill Bill, ecc.) qui a mio avviso scompare.

 

Gli 8 protagonisti sono tutti sullo stesso piano, non emerge un background interessante, non si sviluppa empatia con nessuno di loro e si ha spesso la sensazione che parlino tanto per parlare.

 

 

 

 

È ovviamente una scelta: se sono "odiosi" come da titolo è giusto che non si entri in sintonia con nessuno, ma il problema grosso non è tanto l'empatia o meno.

 

Questi personaggi non emozionano.

Non stanno simpatici, ma neanche antipatici, non si tifa per nessuno con il risultato di rimanere quasi impassibili di fronte ai cambiamenti del loro destino.

 

C'è tra l'altro un buchetto non indifferente di sceneggiatura, o se non un buco quanto meno una forzatura eccessiva che di solito nei film di Tarantino non esiste, ma di questo non posso parlare senza fare spoiler.

Per chi ha visto il film, dirò solo "il repentino cambio di rapporto tra il Maggiore interpretato da Jackson e lo Sceriffo interpretato da Goggins".

 

L'adattamento e il doppiaggio italiano hanno inoltre le loro colpe: Tim Roth ha la voce di Roger Rabbit (quella era la sensazione vedendo il film e scoprire in seguito che effettivamente Marco Mete ha doppiato Roth in questo film e Roger Rabbit nel film del 1988 mi ha fatto parecchio ridere) e il fatto che sia un inglese in mezzo agli americani lo si scopre solo dopo un'oretta di film, proprio perché lo dicono esplicitamente. 

 

 



Walton Goggins è doppiato da un adolescente e Luca Ward fa la solita, identica, sarcastica voce per Samuel L. Jackson che dopo più di 20 anni mi ha sinceramente un po' stufato.

 

Belle le musiche di Ennio Morricone e le altre non scritte per il film, bella l'idea di interrompere di colpo i momenti in cui la cinepresa spazia sui paesaggi accompagnata dalle note per andare sul primissimo piano di un attore dentro l'emporio: una scelta che prende a schiaffi in faccia le nostre sensazioni che sinceramente non ricordo di aver visto altrove. 

 

Menzione d'onore obbligatoria per la scelta di inserire una coppia multirazziale nell'America appena nata/nascente di quegli anni: scelta coraggiosa, insolita, che magari non tutti notano ma che c'è. 

 

 



In conclusione è un bel film, su questo non ci sono dubbi: ma Tarantino mi ha evidentemente abituato troppo bene e quando mi siedo in sala per vedere un suo film mi aspetto determinate cose che, però, qui ci sono state fino a un certo punto. 

 

La cosa che forse mi ha più deluso è stata proprio quella di non vedere un "Film di Tarantino" fino al midollo, ma qualcosa che gli assomiglia tanto senza però esserlo, un film che sembra girato da qualcuno che lo ammira e che cerca di riprenderne lo stile, senza riuscirci a pieno. 

 

Il che è paradossale, dato che il film l'ha girato lui. 

 

Finisco riprendendo la citazione iniziale del film, chiedendomi se quello dei "vecchi a cui non puoi sparare" non sia un problema che affligga anche il nostro amato Quentin.

 

Ma mi auguro di no, e non vedo l'ora di essere smentito dal suo prossimo lavoro. 

 

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2 commenti

OldBoy

5 anni fa

infatti...😂

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Davide Sciacca

5 anni fa

Forse proprio perché è il meno tarantiniano di tutti

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