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Una nuova stagione di Love, Death & Robots, la serie antologica animata creata da Tim Miller, è approdata su Netflix con 10 nuovi episodi.
Love, Death & Robots negli anni si è sempre mostrata una garanzia, portando una boccata d’aria fresca nel mondo dell’animazione mainstream accogliendo registi molto diversi tra loro, visioni artistiche variegate e uso di tecnologie e animazione di ogni genere: questa stagione 4 non è da meno rispetto alle precedenti, compresi alti e bassi.
Love, Death & Robots non è mai stata perfetta in quanto il suo cuore è mettere in evidenza il suo lato sperimentale, fondamentale per portare avanti un simile progetto: per dare un po’ di contesto, basti pensare che David Fincher e Tim Miller stavano lavorando al remake di Heavy Metal, un film a episodi del 1981 unico nel suo genere, salvo poi decidere di mutare le idee racimolate per quest’ultimo nella serie come la conosciamo oggi.
[Il trailer di Love, Death & Robots 4]
Sebbene fosse complicato nei 18 ricchi episodi della prima stagione trovare difetti, le poche puntate delle due stagioni successive (di 8 e 9 episodi ciascuna) hanno evidenziato come il risultato non fosse spesso all’altezza delle aspettative.
Questa cosa, purtroppo, succede anche con questa quarta stagione dove i 10 episodi raramente risaltano per genialità o creatività, risultando però comunque interessanti per certi versi.
Ci sono due episodi che ho trovato particolarmente deboli, per motivi differenti: Close Encounters of the Minikind e Golgotha.
Il primo non tanto per l’episodio in sé quanto per il pattern già ripetuto in precedenza con Night of the Mini Death nella terza stagione, che ripropone temi molto simili al suo predecessore e non riesce dunque a risaltare nonostante la fotografia tilt-shift sia senza dubbio eccellente; il secondo, invece, perché l'ho trovato banale dall’inizio alla fine, sia dal punto di vista animato sia narrativo.
Su Can’t Stop, invece, ho alcuni dubbi.
[Love, Death & Robots 4x01: Can't Stop]
Ho amato la regia di David Fincher leggera e divertente, inoltre è indubbiamente piacevole ascoltare e guardare questi Red Hot Chili Peppers in versione marionetta che si esibiscono facendo i matti, tra cambi di vestiti assurdi ed espressioni bizzarre.
D’altro canto però mi chiedo quanto la scelta di inserire un episodio del genere sia rilevante nel contesto, non riguardando nemmeno una delle tematiche della serie nella sua totalità, i tre elementi insomma che le danno il titolo. Per quanto mi sia piaciuto, dunque, non posso fare a meno di pensare che risulti fine a se stesso.
In Love, Death & Robots 4 ci sono degli episodi che mi sono piaciuti nonostante i difetti del caso: Spider Rose e The Screaming of the Tyrannosaur ad esempio sono delle gioie per gli occhi, ma molto statici dal punto di vista narrativo e a tratti insipidi e ridondanti.
[Love, Death & Robots 4x10: For He Can Creep]
Non mancano episodi con protagonisti dei gatti, The Other Large Thing e For He Can Creep, che per qualche motivo si congiungono sempre benissimo con il formato amore, morte e macchine.
Personalmente non capisco pienamente perché funzioni così tanto quest’idea del gatto in quanto distruttore/salvatore dell’umanità, so solo che alla fine il risultato in un modo o nell’altro è on point.
How Zeke got Religion non l’avevo accolto positivamente nell’immediato, anche se lo stile di animazione è assolutamente nelle mie corde, ma mi sono ricreduta: per quanto la narrazione resti sul classico, ha una regia molto particolare e momenti che raggiungono picchi altissimi.
Smart Appliance, Stupid Owners è invece a mio avviso bello nel suo essere inusuale. Attraverso delle interviste scopriamo cosa pensano gli elettrodomestici e gli strumenti di ogni tipo dell’uso che ne fanno i propri padroni: un concept semplice che però è reso in modo davvero efficace in quello che a tutti gli effetti è un mockumentary.
[Love, Death & Robots 4x04: 400 Boys]
Infine c’è 400 Boys che è forse su un altro piano rispetto a tutto il resto.
Robert Valley sembra portare sempre e solo innovazione: non è un caso che Zima Blue e Ice siano considerati tra gli episodi più belli di tutta Love, Death & Robots: lo stile incredibile, la palette perfetta, l’animazione particolareggiata e precisa, l’impatto folgorante della musica, le scelte narrative mirate e puntuali lasciano pochi dubbi sul fatto che 400 Boys è l’ennesima dimostrazione che il mondo dell’animazione ha ancora delle idee valide per lo schermo e che più si accetta la sperimentalità delle immagini più si può trovare l’unicità di cui il panorama cinematografico ha bisogno.
Le imperfezioni di questa quarta stagione dunque a mio parere non distruggono l’entusiasmo per Love, Death & Robots, di cui mi farebbe piacere vedere un numero decisamente più alto di episodi per stagione.
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