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Netflix ha 10 miliardi di dollari di debiti, e forse è il caso di iniziare a preoccuparsi

Il colosso dello streaming sta giocando col debito e per ora gli sta andando bene... ma fino a quando reggerà? 

È molto probabile che al consiglio di amministrazione di Netflix siano venuti i brividi quando a fine 2018 il colosso dell’entertainment Disney annunciò la data del suo - comunque già noto - ingresso nel mercato dello streaming. Ma non solo al consiglio, i brividi sono venuti anche e soprattutto ai suoi investitori. 

 

La letteratura americana si è recentemente occupata dello stato di salute della più nota piattaforma di streaming al mondo, sia dal lato contenutistico sia curiosamente anche da quello finanziario. 

 

Sono saltati all’occhio due fattori importanti che hanno sollevato dei dubbi sulla capacità della società di Scotts Valley di reggere l’ingresso nel mercato di competitors pericolosi come Warner e Disney, ovvero il problema degli investimenti in deficit e i flussi di cassa negativi. 

 

 

 

 

In diversi hanno descritto uno scenario che si prospetta come semi-catastrofico, una spada di Damocle pronta a calare sulla testa del re dello streaming. 

 

Ci siamo quindi chiesti quanto fossero fondate queste preoccupazioni, e ciò che è saltato fuori è che qualcosa effettivamente bolle in pentola ma la verità, come sempre, sta nel mezzo.  

 

Partiamo dal presupposto che Netflix dal punto di vista degli utili e degli abbonamenti risulta essere in crescita.

L’ultimo rapporto trimestrale mostra infatti che i primi sono saliti del 19%, mentre i nuovi utenti sono aumentati del 16%, ovvero 9,6 milioni di abbonamenti: non pochi.

 

Il problema di Netflix è che nello stesso documento ha riportato un flusso di cassa negativo pari a 380 milioni di dollari, con la previsione di raggiungere, a fine 2019, i 3.5 miliardi.

 

 

 

Cash Flow: differenza tra entrate e uscite nell'arco dell'anno.

Dal 2014 Netflix non raggiunge più il pareggio di bilancio a fine esercizio, registrando uscite di cassa sempre più alte delle entrate in livello crescente di anno in anno.

Fonte: macrotrends.it

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Non si tratta di una novità, dato che questo trend negativo è iniziato nel 2015 ed è andato via via peggiorando, raggiungendo a fine 2018 quasi 2 miliardi di dollari.  

 

Questo vuol dire che il titolo, nonostante continui a performare bene in termini di utili - visto che raggiunge un numero sempre maggiore di utenti che pagano il loro abbonamento - non riesce a compensare le spese che sta sopportando.   

 

Ma partiamo dal principio.  

 

Netflix è una società a bassi costi marginali e alti costi fissi.

Avere bassi costi marginali vuol dire che ogni nuovo utente rappresenta un costo minimo da sopportare per la società per offrire il servizio, e ciò è un bene. 

 

Avere alti costi fissi invece vuol dire che, a prescindere da quanti clienti paghino per il tuo prodotto, dovrai sempre pagare un sacco di soldi per poter garantire il servizio a tutti.

 

 

"Questo è male!"

 

 

I costi fissi di cui parliamo si compongono soprattutto di due fattori: le licenze per i prodotti altrui e i costi dei prodotti originali.

 

La prima sta col tempo scomparendo data l’apertura del mercato a soggetti che vorranno trasmettere i propri contenuti, mentre la seconda è in continua crescita dato che la nuova politica aziendale prevede l’investimento di grosse somme in contenuti originali. 

 

Il problema è che i nuovi contenuti sono estremamente costosi e soprattutto hanno un tempo di rientro dall’investimento molto lungo: Netflix, al contrario di altri colossi del mercato, ha un magazzino di contenuti propri abbastanza scarso ed è costretta quindi a investire tanto per provare a stare al passo.  

 

In casi come questi le società, per trovare i fondi necessari all’investimento, hanno la possibilità di ricorrere al mercato obbligazionario, facendosi prestare dei soldi che restituiranno poi dietro pagamento di un interesse.

 

Si tratta al 100% di un debito, ovvero finanziamento in deficit delle spese, e qui si tocca un tasto fondamentale.  

 

 

 

Le uscite registrate nei flussi di cassa combaciano con l'inizio dell'indebitamento di Netflix: i debiti a lungo termine (long term debt) vengono immediatamente investiti in prodotti che, fino ad oggi, non sono ancora rientrati nei costi.

Fonte: macrotrends.it

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Netflix ha iniziato nel 2014 un trend che l’ha portata nel tempo ad accumulare debito fino a 10,4 miliardi di dollari: tutto denaro investito in nuove produzioni che daranno i loro frutti solo nel medio-lungo termine.

 

Questo è un dato importante, soprattutto se messo a confronto con il capitale proprio (o equity) che è pari a 5,7 miliardi. 

 

Ciò che ci interessa è quindi il rapporto tra il debito e l’equity, che ci permette di capire quanto una società sia esposta ad alcuni rischi come, per fare un esempio estremo, il crollo del mercato.

Avere molti debiti infatti implica che, in caso di emergenza, si rischia di rimanere senza soldi.

 

E in questo momento il rapporto debito/equity di Netflix è pari a 1,81.

 

Abbastanza, a maggior ragione se guardiamo il resto del mercato.  

 

 

 

In blu elettrico il rapporto tra Debito e Equity di Netflix; in rosso il trend; in blu opaco il Moving Average a 2 periodi.

Per cogliere l'importanza del grafico si può confrontare l'attuale DtE ratio di Netflix con il mercato per i competitors con simili livelli di capitalizzazione: Disney mostra un valore di 0.63, Fox di 0,6, Warner di 0.

Fonte: macrotrends.it

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Nel caso in cui ve lo siate chiesto la risposta è sì: Netflix ha un sacco di debiti perché ha avuto improvvisamente bisogno di investire somme molto importanti per non rimanere a nudo di contenuti, dato che la concorrenza - Disney, Warner, ecc. - ha già dichiarato che terrà per sé tutte le proprietà intellettuali di cui detiene i diritti, e ha deciso di utilizzare debito anziché capitale proprio.

 

Cosa che, nonostante possa apparire controproducente, ha in realtà molto senso.  

 

Fare debiti infatti è un bene o un male?

Può essere entrambe le cose, ma di sicuro è conveniente.  

 

Lo strumento dell’obbligazione è importante perché permette di avere accesso immediato a fondi che, una volta investiti, dovrebbero rendere più di quanto sia costato il debito.

E la convenienza sta nel fatto che gli interessi da corrispondere sono molto contenuti, in quanto l’obbligazione è un titolo sicuro (o non rischioso). 

 

L’alternativa sarebbe utilizzare capitale proprio - l’equity, appunto - ma è molto più costoso dato che gli azionisti, in quanto soci e partecipi del rischio di impresa, vogliono essere pagati di più.

 

In sostanza, il debito può essere uno strumento potente se utilizzato bene.    

 

 

[I giovani protagonisti di Stranger Things, serie di punta di Netflix la cui terza stagione è costata circa 10 milioni di dollari a episodio]

 

Netflix ha fatto un uso estremo dello strumento del debito, portandosi in una situazione scomoda eppure contemporaneamente strategica.

 

I debiti che ha sottoscritto sono tutti a lungo termine e scadranno a partire da febbraio 2021 - quindi non dovrà sostenere nessun costo per i suoi investimenti per un altro anno e mezzo - a importi dilazionati nel tempo.

 

Ovviamente ci troviamo all’apice di un piano di investimenti partito ormai 5 anni fa e che già prevedeva il fatto che fosse impossibile rientrare nei costi da subito, ecco spiegato quindi il motivo dei flussi di cassa negativi. 

 

Cosa aspettarci, quindi?

 

Partiamo dal presupposto che questi benedetti flussi di cassa prima o poi devono cambiare trend, altrimenti vuol dire che la società sta solo bruciando soldi e non può ovviamente permettersi di farlo all’infinito.

 

Per ora i mercati continuano a dare fiducia a Netflix, grazie alla sua capacità di aumentare continuamente il proprio bacino di utenza, assicurandosi quindi sempre più entrate per il futuro. 

 

 

 

Quotazione azionaria di Netflix sulla base del prezzo per singola azione.

Curioso, ma probabilmente poco significativo, il fatto che l'unico periodo di calo durante questa evidente crescita sia avvenuto in concomitanza con l'annuncio di Disney+.

Fonte: finance.yahoo.com

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I grandi investimenti in prodotti sempre nuovi sono l’unica maniera per tenersi gli abbonati e non farli andar via, quindi da questo punto di vista la strategia di Netflix è stata giustissima. 

 

Ovviamente tutto cambierebbe nel caso in cui la crescita degli abbonati subisse un rallentamento, o peggio ancora se si fermasse.

Da questo punto di vista gli ostacoli sono tanti, a partire dall’aumento della concorrenza fino ad arrivare ai costi di quella stessa concorrenza: per fare un esempio pratico, la piattaforma streaming Disney+ costerà appena 7 dollari al mese, contro i 9 dollari dell’abbonamento base di Netflix

 

L’apertura del mercato avrà sicuramente un’influenza negativa sul business di Netflix, che si è esposta sul mercato dei titoli per poter essere competitiva anche contro i giganti, correndo un rischio enorme ma inevitabile per come si stavano prospettando le cose.

 

Sulle effettive conseguenze di queste scelte si potrebbe speculare a lungo, ma per ora si possono solo attendere le prossime tappe, il lancio di Disney+ e quello della piattaforma Warner/HBO, e vedere quali saranno le reazioni degli investitori. 

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Ringraziamo Andrea Caria di Arrexini² per l'elaborazione grafica e lo studio dei dati.

 

Arrexini² è un complesso di studenti universitari e dottorandi che si occupa di analisi sociale e di attualità da un punto di vista scientifico economico.

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