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Pokémon Detective Pikachu - Recensione: un giallo per millennials

Vale la pena guardare il primo live action dei Pokémon?

Vale la pena guardare il primo live action dei Pokémon? L'incapacità di riproporre un contenuto asiatico senza mancare di rispetto alle opere originali e il cattivo gusto nella trasposizione filmica dei videogiochi di culto sono due delle macchie nere del cinema americano mainstream

 

Pokémon Detective Pikachu di Rob Letterman ha spezzato questa maledizione?  

 

Ogni generazione ha i suoi status symbol.

 

Chiaramente per ogni generazione i propri feticci dell'infanzia sono meglio di quelli delle generazioni successive. 

 

 

 

 

Pensavo di essere sfuggita a quella strana malattia contagiosa che spinge i nati negli anni '90 a deridere i giovanissimi perché non conoscono cose di vitale importanza - come il videogioco dei Magotti o il Festivalbar - e anche all'atavica nostalgia che spinge i ventenni a condividere su Facebook frasi sulla vita a 30 anni.

 

Quando sono entrata in sala, invece, circondata da una caterva di giovani adulti eccitati come la mia compagna di banco in primo superiore al concerto dei Finley, mi sono resa conto che tanto immune non sono.

 

I pocket monster sono il mio tallone d'Achille: da bambina seguivo la serie animata, oggi il competitivo come esport, custodisco i peluche regalatimi da un mio ex, le pietre lisce dipinte da mio padre.

 

Il brand in realtà non si è rinnovato così tanto negli anni e non manca di imperfezioni in nessuna delle sue forme, animate o videoludiche, ma è proprio la sua squisita genuinità e la fantasiosa varietà a definire una verità incontrovertibile:  

 

I Pokémon sono ineluttabili.

 

 



Ed è proprio alla mia generazione di 90s che questo film è dedicato: Tim (Justice Smith), il protagonista della storia, è un over 20 che lavora in un'assicurazione.

 

La cravatta nera che porta stona un po' con il suo aspetto non ancora del tutto adulto. 

È un ragazzo sereno, dopotutto, ma che pare aver perso la capacità di sorprendersi davanti alle magie del mondo.

 

Ci sono Pokémon di ogni generazione ma sono quelli delle prime a padroneggiare sullo schermo.

 

Nell'incipit del film c'è un siparietto comico con il piccolo Cubone che indossa il cranio della madre defunta come elmo, una storia che rimane impressa a chiunque si approcci al mondo semplicistico dei Pokémon.

 

 

 

 

Il Pokémon leggendario che domina lo schermo è MewTwo, lo stesso che ha dominato gli incubi infantili dei millennials: apparentemente malvagio, infinitamente potente, incredibilmente saggio.

 

La prima intuizione giusta del film è la scelta del videogioco da portare su grande schermo: Pokémon: Detective Pikachu infatti è uno spin-off della serie principale, il suo plot è sconosciuto a molti dei fan più accaniti e soprattutto la trama è molto adattabile sul grande schermo rispetto agli altri titoli di Game Freak.

 

Essendo sostanzialmente un gioco investigativo la sua trasposizione in live action risulta essere un bel mystery con un impianto paradossalmente classico considerando la stravaganza dei suoi protagonisti, piuttosto che il film d'avventura che ci saremmo aspettati.

 

 



Il film non brilla per innovazione, ma la posatezza e l'equilibrio tra azione e contemplazione risulta essere uno dei maggiori punti di forza.

 

Pochissime lotte Pokémon insomma in favore di tantissima cura dei dettagli sia in città, dove Pokémon e esseri umani vivono in simbiosi, sia nell'habitat naturale.

 

Cinema e videogiochi hanno un linguaggio diverso e quando confluiscono troppo l'uno nell'altro perdono la loro essenza.

Pokémon: Detective Pikachu è effettivamente un film che non sembra un videogioco, pur essendone tratto.

 

 

 

 

Anche la sua natura nipponica non è forzata, se non per un Ken Watanabe nel suo solito ruolo da giapponese di rappresentanza.  

 

L'espressività di ognuno dei mostriciattoli è davvero iper-realistica.

Anche i Pokémon più inquietanti non vengono edulcorati, e anzi sono presentati nella loro essenza. 

 

Dulcis in fundo: Pikachu, doppiato da Ryan Reynolds nell'originale e da Francesco Venditti in italiano.

Il topolino elettrico che beve caffè è la star del film ed è l'unico personaggio a cui è concessa una caratterizzazione a tutto tondo.

 

Arguto, sagace e sarcastico, ma anche dolce e protettivo, questo Pikachu oscura i suoi amici e antagonisti umani che invece risultano troppo piatti, e alla cui caratterizzazione si sarebbe potuto dedicare più tempo.

 

I doppi sensi sono delicati e mai eccessivi, adatti al pubblico infantile ma sempre acuti e quasi mai banali.

 

 

 

 

Non aspettatevi però un Deadpool in salsa Pokémon: l'indomabile carisma del detective giallo non sfocia mai nel politicamente scorretto.

 

All'uscita di Pokémon Go il brand è schizzato nuovamente sulla cresta dell'onda e questo film ha spinto ancora di più sull'acceleratore. 

 

Pokémon: Detective Pikachu è un film godibilissimo per ogni tipo di pubblico, poco coraggioso su diversi frangenti ma che compensa con potentissime suggestioni visive e ottimi tempi comici.

Non potete non innamorarvi di quel topolino piccolo e peperino che con il suo film ha dato nuova linfa vitale ai film tratti da videogiochi.

 

Sperando non si tratti di una piacevole eccezione. 

 

Voto: 78% 

 

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