close

NUOVO LIVELLO

COMPLIMENTI !

nuovo livello

Hai raggiunto il livello:

livello

#CineFacts. Curiosità, recensioni, news sul cinema e serie tv

#articoli

Avengers: Infinity War - Recensione: quando il cattivo diventa protagonista

Avengers: Infinity War è un film sugli Avengers... senza essere un film sugli Avengers

Avengers: Infinity War è un film sugli Avengers senza essere un film sugli Avengers.

Secondo me. 

 

Da qui in avanti saranno presenti spoiler più grossi di una stella morente, quindi se non avete ancora visto il film e non volete saperne nulla siete avvisati; se invece l’avete visto e volete sapere cosa ne penso o se non l’avete visto ma cazzovene degli spoiler proseguite pure la lettura. 

 

 

 


Augurandomi di avere a che fare con persone che non ragionano a compartimenti stagni, per le quali quindi se dichiari di aver visto tutti i Marvel Movies usciti finora dal 2008 ad oggi vieni etichettato automaticamente come “fanboy ignorante te lo meriti il cinema popcorn che schifo impara a guardare i film polacchi minimalisti di registi morti suicidi giovanissimi addio tolgo il laik che schifo”, dichiaro appunto di averli visti tutti. 

 

E non senza un certo divertimento, a volte meno, a volte di più. 

 

Ma sociologicamente parlando l’operazione del MCU è molto interessante e credo rispecchi la natura stessa di casa Marvel e dei fumetti di un certo tipo in generale: le storie si incrociano, i personaggi saltano da un mondo all’altro.

 

Non potevo quindi esimermi dall’andare a vedere lo strombazzatissimo Avengers: Infinity War, una sorta di epitome dei cinecomic Marvel, conscio del fatto che il film fosse solo la prima parte di un qualcosa e che per la conclusione avrei dovuto aspettare 12 mesi e al contempo preoccupato per come avrebbero messo insieme millemila personaggi, senza scontentare i fan di tutto il mondo che hanno a cuore chi Iron Man, chi Captain America, chi Hulk, chi Thor, chi il Doctor Strange, chi Vedova Nera, chi i Guardiani della Galassia, chi Falcon (ahahahah ma seriamente: chi Falcon?!)

 

E il film, per chi non ha voglia di leggere oltre, mi è piaciuto molto.

 

Pur non essendo esente da difetti che, se non ci fossero stati, me l’avrebbero fatto piacere di più.

 

 

 

Stiamo ovviamente parlando di un genere molto circoscritto: sostenendo che mi sia piaciuto non voglio, e non avrebbe senso farlo, metterlo sullo stesso piano di un “mi è piaciuto molto” affibbiato a mother! o a Holy Motors o a The Tree of Life.

 

Mi è piaciuto molto perché un prodotto del genere si prefigge lo scopo di intrattenere e divertire, senza scadere nel pecoreccio per la risata a tutti i costi, senza scivolare nel wannabe filosofico - se vi fischiano le orecchie, DC/Warner, è perché mi sto riferendo a voi - e senza clamorose grossolanerie grammaticali. 

 

La “Infinity War” del titolo non è una falsa promessa, dato che le due ore e mezza di spettacolo lasciano rarissimamente il posto a un qualcosa che non sia un combattimento, uno scontro, una lotta.

 

Certo, non parliamo di un film che potrà mai presentarsi a Cannes o Venezia, e che nemmeno potrebbe ambire a qualche Oscar che non sia quello per gli effetti speciali, ma funziona.

 

E funziona perché gli sceneggiatori Stephen McFeely e Christopher Markus e i fratelli Russo registi - in questo caso si è ricreato il foursome che ha dato vita nel MCU a Captain America: The Winter Soldier e Captain America: Civil War, personalmente ritenuti uno dei migliori del MCU ed uno dei più incasinati del MCU - hanno avuto un paio di idee fondamentali per la riuscita di un film corale di tale portata.  

 

 



La prima, che forse a molti non è arrivata subito, è che come dicevo all’inizio del post questo NON è un film sugli Avengers: è un film su Thanos.

 

Il film inizia con lui e finisce con lui.

Il protagonista assoluto è lui, gli altri sono co-protagonisti e antagonisti.

 

Il classico “Viaggio dell’eroe” vede Thanos al centro di Avengers: Infinity War: è suo l’obiettivo da raggiungere, suoi gli ostacoli che incontra, suo lo struggimento di fronte a una scelta difficile nel secondo atto, sua la realizzazione finale di ciò che voleva. 

 

E in quest’ottica il film funziona perché, a differenza che in pressoché tutti gli altri 18 film Marvel precedenti, il cattivo funziona. 

Non del tutto, ma funziona.

 

Thanos è il principale pregio e anche il principale difetto del film. 

 

 



È un pregio perché Josh Brolin performancecapturato è enorme non solo nelle dimensioni finali, regala un’interpretazione vibrante e personale, il suo personaggio ruba la scena in ogni momento in cui è presente, non si può evitare di focalizzarsi su di lui chiunque ci sia presente in quel momento

 

E non è nemmeno un cattivo da operetta, uno di quelli che vogliono conquistare il mondo o l’universo per mere questioni di ego ipertrofico e in assenza di un nuovo SUV da comprare per compensazione: ha un obiettivo molto contemporaneo, a suo modo vuole salvare la vita in tutto l’universo perché sa che non c’è spazio e non ci sono risorse per tutti. 

 

Un pazzo, ma con un’idea. 

 

Un genocida che vuole sterminare la metà degli esseri viventi nelle galassie ma che agisce, dal suo punto di vista, a fin di bene e lo fa perché “nessun altro ha il coraggio di farlo”.

 

Direi che rispetto ad Accusatori e Whiplash e Malekith vari, altro che passo avanti.

 

Purtroppo però è anche un difetto perché lo snodo potenzialmente più interessante di tutto il film non ha alle spalle una profondità sufficiente a farlo funzionare a dovere. 

 

Quando Thanos si rende conto che deve sacrificare la figlia Gamora lo vediamo piangere ma, almeno a me, la cosa non ha emozionato più di tanto perché non si percepisce la sua lotta interiore.  

 

 



E a mio avviso non basta far vedere una scenetta con Gamora piccina salvata dalla barbarie del suo esercito per farci capire perché l’abbia scelta, perché l’abbia cresciuta e soprattutto perché per lei prova quell’amore paterno che dovrebbe rendere - quasi - impossibile sacrificarla in nome di un bene più grande. 

 

A parte questo, però, Thanos funziona eccome. 

 

Il finale del film mi sembra evidente che sia un “non-finale”, perché altrimenti il Doctor Strange dovrebbe cambiare mestiere e andare a vendere i limoni ad Arkham: nel momento in cui vediamo che controlla i 14 milioni (e spicci) di possibilità di combattimento e ci dice che soltanto una è quella buona, e quando poi lo sentiamo dire a Tony Stark che quella era “the only one way”, l’unica possibilità per vincere… mi sembra chiaro che tutto ciò che abbiamo visto negli ultimi minuti sia reversibile. 

 

Senza contare che sono rimasti “vivi” quattro menti geniali come Rocket, Tony Stark, Bruce Banner e Shuri, che con le loro conoscenze messe insieme potrebbero pure inventarsi l’energia pulita, il moto perpetuo e il teletrasporto.

Contemporaneamente.

 

C’è poi da dire che c’è in ballo l’altro film sugli Avengers che uscirà ormai tra pochi giorni, ci sono già in arrivo un altro film su Spider-Man, un altro sui Guardiani, un altro su Doctor Strange e non solo, e tutti usciranno dopo Avengers: Endgame, ed è vero che potrebbero essere ambientati nei due anni che ballano tra Civil War e questo - lasso di tempo che hanno più volte tenuto a farci conoscere all’inizio del film, facendo ripetere la cosa a più di un personaggio - ma sono sicuro che le alte sfere Marvel/Disneyane hanno in serbo ben altro destino per una quantità così esagerata di personaggi amatissimi e redditizi, che non sia quello di polverizzarli uno dopo l’altro.  

 

 



Bisognerà vedere come ci riusciranno, e qui sta la curiosità mondiale dei fan che hanno preso d'assalto i botteghini delle prevendite per il 24 aprile. 

 

Tornando a Infinity War, funziona l'idea di rivestire il film di un'ombra più dark del solito, scelta che si nota anche solo guardando i costumi degli Avengers che virano tutti sul nero, compresi Cap e Spidey. 

 

Funzionano i siparietti comici tra Thor e Starlord - sfido qualunque uomo a non sentirsi in difetto di fronte a Chris Hemsworth - funziona l’Hulk che ferito dalla sconfitta con Thanos fa i capricci e non vuole uscire per paura di essere sconfitto di nuovo, funziona lo scontro tra le personalità fin troppo simili di Strange e Stark - Oh, hi Sherlocks! -  e funziona quella che avevo accennato prima come seconda idea: dividere tutto il film su più storyline dislocate geograficamente lontane una dall’altra, che aiuta a non far casino con i personaggi e le situazioni. 

 

Casino che loro per primi sanno perfettamente essere possibile, dato che fanno dire a Spidey

“Scusate se non mi ricordo tutti i vostri nomi!” 

 

E a Banner

“Abbiamo un Ant-Man E ANCHE uno Spider-Man?!”

 

Battute che evidentemente giocano col pubblico e diventano extradiegetiche. 

 

 

 

 

Funziona la scelta di lasciare fuori dai giochi gli unici due personaggi che “tengono famiglia”, Ant-Man e Occhio di Falco, perché anche qui si evidenzia un discorso generale del film che all’inizio mi era sfuggito.

 

Tutti i personaggi rinunciano alla vittoria per evitare di sacrificare, o vendicare, qualcuno di caro.

 

Lo fa Loki con Thor, lo fa Scarlet Witch con Visione, lo fa Strange con Stark (anche se…), lo fa Drax sputtanando il gruppo dal Collezionista e lo fa Starlord con Thanos quando poteva pure stare fermo qualche secondo in più e il film sarebbe finito lì.

 

Gli affetti sono importanti, anzi, sono fondamentali e mutano il susseguirsi degli eventi. 

È un messaggio banalotto, certo, ma è comunque un messaggio.

 

Insomma, un film simile, con un budget simile, un numero di protagonisti simile, ecc. si poteva sbagliare in un sacco di modi diversi, e secondo me sono riusciti a non sbagliarlo. 

 

 



Certo, la messa in scena non è delle più ricercate, la fotografia di Black Panther resta - secondo me - nel MCU ancora quella più mirabile, le scene di lotta soprattutto su Wakanda sono troppo spesso caotiche, girate e montate secondo il classico “taglia a caso così li ubriachiamo di immagini e non si rendono conto che in realtà non si capisce cosa cazzo stia succedendo”. 

 

E certo, il film non si regge in piedi da solo: se non si sono visti praticamente tutti i 18 film precedenti si fa davvero MOLTA fatica a comprendere le dinamiche interne, ma è un discorso che ha senso fino ad un certo punto.

 

I Marvel Movies sono pensati così dall’inizio, non si può chiedere che siano diversi. 

 

Se io voglio leggere una collana di 20 libri non inizio dal diciannovesimo. 

Se voglio seguire una serie tv di 20 puntate non parto dalla puntata 19.

 

Così sono i film dell’MCU, ed è per questo che sostengo siano una “novità” nel panorama cinematografico, perché è un qualcosa che nessuno aveva mai tentato di fare prima, che sta economicamente funzionando e che ha dato il via a più di una emulazione, che però non sta ottenendo i medesimi risultati e che anzi pare sia ormai stata abbandonata. 

 

 



Per quanto riguarda l’arte, cercatela altrove. 

 

E trovatela, anche, sostenetela, consigliatela, urlatela al mondo senza per forza ragionare su due binari distinti che non si incontreranno mai: è possibile amare il Cinema d’essai, quello più ricercato, quello meno distribuito, e al contempo è possibile anche godersi due ore di spettacolo fracassone e divertente con film dal più alto budget attualmente in campo.

 

Non cercate l’arte nei film della Marvel. 

A meno che non siate di quelli che entrano da McDonald’s pretendendo la tovaglia, il sommelier, la lista dei vini e il servizio con 12 posate.

 

Ma in quel caso... il problema non è mica di McDonald’s.  

 

Chi lo ha scritto

TI POTREBBERO INTERESSARE ANCHE

Articoli

Articoli

Articoli

Lascia un commento



close

LIVELLO

NOME LIVELLO

livello
  • Ecco cosa puoi fare:
  • levelCommentare gli articoli
  • levelScegliere un'immagine per il tuo profilo
  • levelMettere "like" alle recensioni