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Dopo il successo del cortometraggio Partir un Jour, vincitore del Premio César 2023, Amélie Bonnin esordisce nel lungo con un'opera profonda eppure accessibile, scelta addirittura per aprire il Festival di Cannes 2025.
Un piccolo evento nella Storia del Cinema francese: è la prima volta che il Festival di Cannes viene aperto da un film diretto da una regista esordiente.
Partir un Jour trova la sua più grande ricchezza nella semplicità delle emozioni e nella forza del "non detto".
[Il trailer di Partir un Jour]
La storia di Partir un Jour si muove tra Parigi e una cittadina dell’est della Francia: Cécile è una giovane e brillante cuoca vincitrice della trasmissione televisiva Top Chef, in procinto di aprire il suo ristorante con il compagno - al quale Cécile nasconde un evento importante che riguarda entrambi - e che si trova a dover tornare nel suo paese d’origine per via dell’ennesimo infarto del padre.
Il ritorno forzato si trasforma presto in un viaggio emotivo, fatto di sguardi sospesi, ferite mai rimarginate, legami interrotti e memorie da decifrare, dove il confine tra rimorso e rimpianto viene calpestato più volte senza però mai dare una risposta definitiva a chi si chiede se sia meglio uno o l'altro.
Cécile ritrova gli amici di scuola, ma soprattutto Raphaël, il suo primo amore che è rimasto a lavorare in paese come meccanico: lui ha scelto la stabilità delle radici, lei l’ambizione della fuga.
[Una scena di Partir un Jour]
Partir un jour è però a mio avviso molto più di un semplice dramma sentimentale: Amélie Bonnin costruisce un racconto fatto di piccole sorprese quotidiane, di parole non dette e colpe tramandate, di incidenti e soluzioni dove la nostalgia e la vitalità convivono in equilibrio costante.
I personaggi sono tutti tratteggiati con empatia e autenticità e non mi hanno mai dato l'idea di essere caricature: ognuno porta con sé una storia, un rimpianto, un sogno mai realizzato ma lo fanno senza alcuna retorica, con la grazia che appartiene al reale, al tangibile e al vissuto.
Cécile si rende conto di essere il risultato delle sue scelte di vita e in paese ritrova la Cécile che è stata, ma ciò non la pone in conflitto con se stessa, bensì la riappacifica con quello che è e con il tempo che è passato; significativo in tal senso il momento in cui incontra un personaggio che ha cambiato la vita di Raphaël, dove in un attimo si rende conto di non essere l'unica a essere andata avanti con la propria vita: lo hanno fatto tutti, anche coloro che al posto di Parigi hanno scelto di rimanere in paese.
[Juliette Armanet in Partir un Jour]
La protagonista Juliette Armanet è al suo debutto cinematografico ma sembra nata per recitare e cantare: la sua Cécile è forte e fragile insieme, ambiziosa e colpevole, in bilico perenne tra chi è diventata dopo il successo e la persona che ha lasciato dietro di sé.
I genitori di Cécile sono François Rollin, nel ruolo del padre burbero ma comunque affettuoso, e Dominique Blanc, una madre silenziosa e sognatrice che ancora immagina fughe romantiche in Italia: entrambi sono ancorati alla loro vita di sempre, fatta di piatti semplici per camionisti di passaggio.
Un tratto distintivo di Partir un Jour è l’uso della musica che non fa da semplice colonna sonora, ma diventa linguaggio espressivo che sostituisce e spesso amplifica il dialogo: i personaggi cantano dal vivo sul set brani iconici e popolari, da Stromae a Nougaro fino a Céline Dion, ma l'effetto non è quello del musical classico perché le canzoni sono diegetiche, fanno parte del racconto in cui un personaggio le dedica all'altro.
Tre sequenze in particolare evidenziano la scelta vincente di questa messa in scena: la pista di pattinaggio, la discoteca dove il passato si mischia al presente come in un sogno a occhi aperti e la scena in macchina tra la mamma e Cécile, che ho trovato davvero commovente.
[Una toccante ma divertente scena di Partir un Jour]
Il risultato è un’opera di grande coerenza stilistica e profonda tenerezza narrativa: Partir un Jour non cerca la lacrima facile, né si rifugia nella malinconia fine a sé stessa, ma accoglie la complessità dell’identità e dei legami familiari con uno sguardo contemporaneo, che non giudica mai ma anzi comprende e abbraccia.
Visivamente la fotografia di David Cailley accompagna questo approccio con immagini a volte sensuali, fatte di luci morbide e soffuse e movimenti di macchina sinuosi e mai protagonisti, bensì al servizio di ciò che viene raccontato.
Sembra quasi che il tutto voglia rappresentare un movimento costante: quello del tempo e delle vite che cambiano.
Partir un jour è un film che tocca corde universali con grazia e leggerezza e che parla di ritorni e partenze, di cose dette troppo tardi e di riconciliazioni possibili, con una sincerità rara, sorretto da un cast in stato di grazia e da una regia che sa quando arretrare per lasciare spazio all’intimità dei personaggi.
Un gioiellino pop e nostalgico che ci ricorda senza urlare che non è mai troppo tardi per fare pace con il proprio passato né per cercare di sedurre una ragazza facendo le impennate in moto.
In definitiva, Partir un Jour ci dice che non è mai tardi per tornare a credere nell’amore.
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