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Beetlejuice Beetlejuice - Recensione: Tim Burton è tornato

Con Beetlejuice Beetlejuice Tim Burton torna a incantare i suoi fan con quel tocco inconfondibile di gotico grottesco che ha reso i suoi film tra gli anni '80 e '90 cult intramontabili

Con Beetlejuice Beetlejuice Tim Burton sembra essere tornato ai fasti di un tempo, mescolando sapientemente inquietudine e senso di conforto, una qualità che ha sempre caratterizzato il suo Cinema migliore.

 

Siamo davanti a una sorta di Dark Shadows, però più "convinto" di sé. 

Sarà l'effetto nostalgia, sarà la figura di Beetlejuice, ma con il suo carattere dissacrante e ribelle questo film e forse lo stesso personaggio sono un'estensione della personalità stessa di Burton: entrambi irriverenti, non conformi, eppure in qualche modo rassicuranti nel loro caos controllato.  

 

Beetlejuice incarna lo spirito anarchico e fantasioso del regista, che qui si diverte a spingere sul pedale dell'eccesso, senza però scadere nel ridicolo.

 

[Il trailer di Beetlejuice Beetlejuice]

 

 

Il ritorno di questo personaggio bizzarro è un segno che Burton ha ritrovato la sua verve creativa, che secondo molti aveva per un po' perso; è una verve anche più controllata, dato che Beetlejuice in questo film è poco villain e molto amico, deus ex machina di tutto ciò che accade ai personaggi. 

 

Confrontato con il primo Beetlejuice del 1988, è evidente come entrambi i film siano figli del proprio tempo.

Il primo capitolo era una chiara espressione della cultura pop degli anni '80, con la sua estetica surreale e grottesca e un’ironia dissacrante tipica di un'epoca che cominciava a prendere le distanze dal rigore morale dei decenni precedenti. 

Il Beetlejuice originale rifletteva la ribellione contro le convenzioni sociali, incarnando lo spirito di un periodo in cui il Cinema stava sperimentando nuovi linguaggi visivi e narrativi.

 

Tim Burton era ai tempi un regista emergente che esplorava temi come la morte, la vita ultraterrena e la stranezza quotidiana, ma sempre con un’ironia sovversiva e uno stile visivo unico, fatto di colori accesi e scenografie surreali. 

Al contrario, Beetlejuice Beetlejuice ha poco da giocare e scandalizzare, è figlio del Cinema contemporaneo, un prodotto di un'epoca in cui la nostalgia gioca un ruolo chiave nelle scelte creative di Hollywood, più che lo scandalo.

 

Questa volta Burton non rivoluziona, ma riprende e rielabora i temi e l'estetica del passato, aggiornandoli per un pubblico moderno.

 

 

[Michael Keaton torna a interpretare uno dei suoi ruoli più noti in Beetlejuice Beetlejuice]

 

 

Beetlejuice rifletteva il cinismo ironico degli anni '80 e Beetlejuice Beetlejuice si adatta ai tempi odierni, caratterizzati da una ricerca di comfort nella bizzarria, dove l'eccentricità viene celebrata piuttosto che demonizzata.

 

Mentre l'originale giocava con l'idea della morte come qualcosa di strano e non conforme, Beetlejuice Beetlejuice sembra accettarla con più familiarità, rimanendo però ancorato a un immaginario ormai consolidato e facilmente digeribile. 

 

Nel legame con il film precedente avvengono anche scelte bizzarre come l'idea di censurare continuamente la faccia di Jeffrey Jones - che interpretava il padre di Lydia, Charles - evidentemente non presente nel cast del sequel per via dei problemi legali che lo hanno travolto qualche anno fa; in una scena si usa addirittura l'animazione, ma anche questo tutto sommato funziona. 

 

 

[Monica Bellucci in una scena di Beetlejuice Beetlejuice]

 

 

Purtroppo, però, a mio avviso Beetlejuice Beetlejuice presenta anche delle evidenti debolezze.

 

Il personaggio interpretato da Monica Bellucci appare come un’aggiunta priva di reale funzione narrativa; il suo ruolo sembra più un riempitivo mal gestito, senza la profondità necessaria per avere un impatto significativo nella trama. 

Sebbene abbia una presenza magnetica Bellucci non riesce a uscire da uno stereotipo di bellezza che non aggiunge nulla alla storia, risultando un'occasione sprecata.

Il suo personaggio finisce dunque per essere quasi decorativo, contribuendo poco o niente al dinamismo del film. 

 

Anche Jenna Ortega, giovane promessa del Cinema hollywoodiano, cade vittima di un cliché ben rodato: l'adolescente scorbutica e ribelle che, dopo vari scontri, riconosce la madre non come nemica ma come alleata.

Il suo arco narrativo mi è parso prevedibile e purtroppo la storia non riesce a conferire originalità a questo tipo di personaggio, nonostante le potenzialità dell'attrice. 

Ortega offre una buona performance, ma il materiale di partenza non la supporta a sufficienza, facendola rientrare in una tipologia di ruolo già vista più volte.

 

Le vere sorprese di Beetlejuice Beetlejuice arrivano invece da Michael Keaton, che non sembra invecchiato di un giorno, e dalla splendida Winona Ryder, il cui personaggio si è invece evoluto in modo originale e funzionale e fa quasi da ponte tra le due generazioni.  

 

 

[Winona Ryder e Michael Keaton di nuovo insieme in Beetlejuice Beetlejuice]

 

 

Beetlejuice Beetlejuice è un film che secondo me diverte e funziona: la commistione tra dark humor, scenografie surreali e personaggi sopra le righe mantiene viva l'attenzione dello spettatore, rendendo l’esperienza piacevole.

 

Burton riesce a bilanciare il macabro con il buffo, regalando al pubblico un film che, pur con qualche difetto, riesce a intrattenere e a riportare sullo schermo quella magia un po' dimenticata che lo ha reso celebre. 

 

Il ritorno di Beetlejuice ha dunque il potenziale per soddisfare sia i nostalgici sia i nuovi spettatori, ricordandoci ancora una volta perché Tim Burton è un Maestro nel trasformare e usare l'inquietante a suo piacere. 

 

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