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Joker: Folie à Deux - Recensione: showtime dell'orrore

Joker: Folie à Deux è un film che ribalta le aspettative rivelandosi una riflessione sulla natura iconica del proprio personaggio

Era il 2019 quando Joker fu presentato alla Mostra del Cinema di Venezia.

 

Il film diretto da Todd Phillips era una rappresentazione rabbiosamente scomposta del populismo dilagante e, soprattutto, del bisogno di creazione di un capo o di un’icona da seguire.

 

Seppur ambientato negli anni ‘80, dunque, l’idea di allacciarsi al presente - Donald Trump era il Presidente degli Stati Uniti - era perfettamente coerente con la natura del protagonista. 

 

[Il trailer di Joker: Folie à Deux]

 

 

Ora, dopo cinque anni, che cosa resta di Joker?

 

A rispondere a questa spinosa domanda ci pensa il sequel Joker: Folie à Deux, un film che disattende ogni premessa che ci si poteva aspettare e, per questa ragione, diventa la naturale evoluzione dello statuto iconico del personaggio. 

 

Il rapporto tra reale e spettacolo e su ciò che si nasconde dietro un’immagine è il punto nevralgico di una cronistoria del processo che Joker deve affrontare per gli omicidi del primo capitolo.

Riflettendo su come la retorica della compassione presiede a un movimento di depoliticizzazione del reale - che ha il proprio cuore negli Stati Uniti - Joker: Folie à Deux mostra come tutto ciò sia omogeneo al processo di diffusione e di rafforzamento degli apparati non governativi e alla loro capacità di intervento.

 

La folla non crede più nella giustizia ma nel linciaggio mediatico e, conseguentemente, nella televisione.

 

Joker: Folie à Deux si muove dunque su due livelli: il primo riguarda il reale mentre il secondo la finzione, ovvero ciò che la gente vuole vedere.

Su quest’ultimo livello il film punta molto creando attorno al personaggio interpretato da Lady Gaga la rappresentazione del feticismo verso quello che oggi chiameremmo True Crime.

 

Le tanto chiacchierate parti musical, perciò, sono utili a dividere i due livelli, una messa in scena della messa in scena, un parossismo che esalta l'idealizzazione di un mondo inesistente.

 

 

[Lady Gaga è Harley in Joker: Folie à Deux]

 

A conti fatti questo seguito decostruisce l’idea che molti fan si erano fatti di Joker, proprio perché lo sguardo e la ricezione politica di quel film si è rivelata sbagliata.

 

Non c’è nessuna storia d’amore tra il personaggio di Joaquin Phoenix e Lady Gaga, nessun wannabe Bonnie & Clyde pazzerello tra le mura di Arkham, perché Harley è la naturale evoluzione di Joker. 

Di conseguenza, se il sentimento appartiene invece ad Arthur Fleck - che voleva solo essere amato - l’unione tra finzione e realtà diventa inconciliabile.

Il processo per i cinque omicidi a cui assistiamo diventa un j’accuse nei confronti del pubblico, con la violenza a esercitare il proprio potere populista nelle parti cantate.

 

Joker: Folie à Deux diventa perciò uno showtime dell’orrore, un ballo dove tutto è permesso perché è solamente immaginato, creato a misura di telecamera.

Poi, invece, c’è il reale e quindi lo sguardo sui mali del presente: è in questa dimensione che la scissione tra le due personalità (Arthur Fleck/Joker) si rivela decisiva.

 

Quale delle due il pubblico desidera?

O, meglio, di quale necessita?

 

Il film di Todd Phillips sembra darci una risposta attraverso Harley, che ritorna spesso sulle scene del primo capitolo come farebbe un maniaco serial killer su quelle del proprio delitto.

 

 

[Joker e Harley in Joker: Folie à Deux]

 

Ad Arthur Fleck, invece, rimane solo un corpo ormai composto da escrescenze cronenberghiane, martoriato dalle ripetute violenze figlie di una rabbia cieca. 

 

Prendendo di petto quella che David Foster Wallace chiamerebbe new sincerity (molto in breve: l’ironia come mezzo per svelare il proprio "io") Joker: Folie à Deux è una barzelletta che racchiude il presente - fate attenzione all’incipit animato che è già una dichiarazione d’intenti.

 

Una rappresentazione da Late Night Show sull'occhio che uccide, la dimostrazione ultima del nostro bisogno di icone da uccidere per creare una mitologia attorno a esse. 

 

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1 commento

Giacomo Camilli

1 mese fa

Gli attori di questo film possono ambire a premi al Festival secondo voi che siete alla mostra?

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