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Il giardino delle vergini suicide - Recensione: tra orrore e bellezza

Sono passati 25 anni dall'uscita dell'esordio di Sofia Coppola: qui una panoramica - senza spoiler! - per il ritorno in sala 

Bionde, giovani, belle: cinque sorelle adolescenti, un destino condiviso, una sola tragedia; c'è dell'ironia nell'orrore che permea Il giardino delle vergini suicide di Sofia Coppola, tra peluche e crocifissi, profumi e statue della vergine Maria, che serpeggia tra i prati ben tagliati su cui svettano villette dai mattoni rossi.

 

Sono gli Stati Uniti delle periferie che si nascondono dietro i merletti delle tende, tra le fronde degli alberi. 

 

È la noia che si insinua tra le gonne dai colori pastello di Lux (Kirsten Dunst, che emerge sulle altre interpreti), Mary, Cecilia, Therese e Bonnie: non quella che genera i pensieri creativi, ma quella che si riversa in una stasi paludosa, in un pantano appiccicoso e invisibile. 

 

[Il trailer de Il giardino delle vergini suicide]

Il giardino delle vergini suicide

 

Il punto di vista è quello di alcuni coetanei delle sorelle, che tentano di comprendere il mistero che le ammanta; nonostante la buona fede del tentativo i ragazzi (maschi) confondono la loro ritrosia per maturità emotiva.

 

Sofia Coppola decide di conservare la voce narrante come nel romanzo da cui è tratto a discapito di un eventuale e più commerciale plot twist: il destino delle ragazze è il suicidio, lo sappiamo sin dai primi minuti.

Eteree e distaccate anche nei momenti di cordoglio, le vergini suicide sembrano ancelle di erotismo e morte. La loro sensualità è statuaria e necrotica, mortificata dall'educazione puritana a cui sono sottoposte.

 

Si muovono in gruppo, come fantasmi: sembrano già morte prima di togliersi la vita.  

 

 

[Quattro sorelle ne Il giardino delle vergini suicide]
Il giardino delle vergini suicide

Dalle parole dei ragazzi emerge la fatalità dell'incomprensione tra uomo e donna, ma tra le righe del film cult di Sofia Coppola - esordio alla regia dopo il cortometraggio Lick the star, anche questo su un gruppo di ragazze adolescenti - si parla di contraddizioni e deumanizzazione di questi splendidi angeli della morte. 

 

Uno dei ragazzi dice "Scoprimmo che le ragazze in realtà erano donne travestite, che capivano l'amore e la morte e il nostro compito altro non era che fare quel chiasso che sembrava affascinarle tanto.

Capimmo che sapevano tutto di noi e che noi non potevamo comprenderle affatto."

 

Le ragazze, identificate con la loro aura più che come persone, sono estranee sia allo sguardo dei personaggi secondari che allo spettatore.

Grazie alle dissolvenze incrociate, alla fotografia pastello, agli split screen le vite delle vergini suicide paiono appartenere già alla dimensione della storia.

Non c'è nulla però di ineluttabile o sacro in questo velo di malinconia e di nostalgia del presente, piuttosto questo suicidio di massa scaturisce dal'incapacità di elaborare i traumi, processare le proprie emozioni, avvalersi di un'educazione sentimentale adeguata.

 

Nel tentativo di incasellare le giovani donne in ruoli sacri o in mostri promiscui la femminilità è privata della sua dimensione umana, quella a cui rifarsi per avere cura della propria salute mentale e per essere prese sul serio, per costruire rapporti efficaci, conoscere se stesse, la propria famiglia e il proprio corpo. 

 

 

[Cecilia, la prima a tentare il suicidio, dice allo psicologo: "Evidentemente lei, dottore, non è mai stato una ragazzina di tredici anni"]

 Il giardino delle vergini suicide

 

Non è un segreto che in molte culture la pubertà femminile corrisponda a un approdo delle donne a uno stadio orrorifico o quantomeno mistico: del resto secondo la magia popolare americana far scivolare un po’ del proprio sangue mestruale nel caffè di un uomo o nel sugo della pasta lo renderà fedele in eterno. 

 

Non si contano nemmeno le credenze popolari in giro per il mondo secondo cui il sangue mestruale è portatore di indicibili sventure o, in misura minore di prodigi miracolosi.

L'adolescenza inoltre rappresenta un periodo della vita femminile particolarmente florido per quanto riguarda la suscettibilità alla magia, perché un lungo periodo di passaggio tra infanzia ed età adulta. 

Persino i poltergeist della tradizione sono attirati dalla rabbia repressa e dal desiderio sessuale sublimato delle giovani donne. 

 

Ci sono molti film horror che scelgono proprio un soggetto femminile e adolescente come contenitore ed espressione di fenomeni paranormali: due classici su tutti sono L'esorcista e Carrie - Lo sguardo di Satana, ma in separata sede si potrebbero fare decine di esempi. 

 

 

[Il titolo originale de Il giardino delle vergini suicide appare sovraimpressione con i caratteri che ricordano le scritte sui diari scolastici]
Il giardino delle vergini suicide

 

Il giardino delle vergini suicide non è un horror, ma le sue cinque protagoniste incarnano esattamente la sacralità, fascino e oblio dell'adolescenza nel Cinema di genere.

 

La TV e il vicinato parlano del fenomeno dei suicidi negli Stati Uniti come di un virus o, peggio ancora, come un pettegolezzo tra tanti.

 

"Sul volantino verde era scritto che c’erano ottanta suicidi al giorno, trentamila all’anno, e ci metteva in guardia sui sintomi di pericolo che non potevamo non notare: le pupille delle ragazze erano dilatate?

Avevano perso interesse nelle attività scolastiche, negli sport e negli hobbies?

Stavano allontanandosi dai loro coetanei?" 

 

La cura di cui hanno bisogno gli - ma soprattutto "le" - adolescenti però è sempre la stessa: essere ascoltate senza pregiudizi.

 

Lo sa bene Sofia Coppola, che dagli esordi con Il giardino delle vergini suicide fino a Priscilla ha dedicato parte della sua carriera alle idiosincrasie delle giovani donne.

 

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