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Havoc - Recensione: perdere il bello dell'azione nella CGI

Havoc è l’ultima fatica del mitico regista inglese Gareth Evans con Tom Hardy, protagonista di quello che posso definire il film action più pirotecnico e brutale dell’anno, ma è anche il successo che i fan si aspettavano?

Havoc è uscito su Netflix consegnando ai suoi abbonati la nuova opera di Gareth Evans.

 

Il regista britannico diventò il messia del Cinema action quando nel 2011 uscì The Raid: scritto e diretto dallo stesso Evans, il film vede protagonista l'attore, stuntman, coreografo e artista marziale Iko Uwais, ormai consegnato alla leggenda. 

Prodotto in Indonesia, The Raid fa girare la testa del pubblico con scene d’azione filmate magnificamente grazie a originali soluzioni di regia, capaci di tenere il pubblico incollato allo schermo con coreografie spettacolari e artisti marziali che fanno tornare la mente degli appassionati al miglior Cinema di Hong Kong.

 

Il sequel The Raid 2 ha a mio avviso una narrazione che fa un po’ pensare a una stanza di scimmie create con l’intelligenza artificiale, impegnate a vomitare pagine e pagine di film action, ma regia e coreografie alzano ancora di più l’asticella e il film è maledettamente divertente da guardare. 

Il pubblico, dopo aver visto i film di Evans, ha faticato a non deridere malignamente ogni sforzo profuso da Hollywood nel produrre film action e solo John Wick ha riportato l’asticella a uno standard competitivo e accettabile. 

In tutto questo Evans nel 2018 decise di girare un horror per Netflix: Apostolo

 

I fan volevano botte da orbi, sparatorie e devastazione e in tutta risposta il regista britannico si prende Tom Hardy, che ultimamente sembra impegnato a collezionare brutte pellicole, e si sposta a Cardiff per realizzare uno dei film più ambiziosi mai prodotti in Galles: Havoc

 

[Il trailer di Havoc]

 

 

Appena ho saputo dell’arrivo del film su Netflix ho passato giornate a fare le scale come Keanu Reeves in John Wick 4, così da assicurarmi una dolorosa convalescenza sul divano in compagnia di Havoc (cosa non si fa per il teatro!). 

 

In Havoc seguiamo Patrick Walker (Tom Hardy), un detective della squadra omicidi che si ritrova a dover salvare il figlio di un importante politico (Forest Whitaker) invischiato in un affare di droga andato male.

Poliziotti corrotti e dinamiche di potere della malavita condiscono una storia di vendetta e redenzione.  

 

Havoc non ha la trama più originale della Storia del Cinema ma, in tutta franchezza, non è strettamente richiesto al genere.

La Storia del Cinema action è costellata di grandi film i cui intrecci sono più vicini alle istruzioni di una sorpresa dell'ovetto Kinder che al fitto di una trama avvincente; il genere non necessita abilità shakespeariane per vivere ma, possibilmente, non dovrebbe nemmeno costringere lo spettatore a prenotare il fisioterapista dopo una visione passata a fare spallucce per soprassedere sulle dinamiche del film.  

 

Per quanto riguarda la scrittura Evans fa un compitino che tiene in piedi quanto basta il film e, sarò franco, un po’ come nel famoso sketch comico di Aldo, Giovanni e Giacomo, potremmo dibattere su quale sia la giusta distanza per guardare alla trama al fine di farla funzionare.

Se guardate anche distrattamente i dettagli è tutto un po’ abbozzato: i personaggi sono davvero grezzi, appena scontornati e non hanno mezza battuta che sia memorabile; l’azione, da sempre, funziona anche grazie alla sua capacità di creare personaggi carismatici, ma Tom Hardy in Havoc è quanto di più generico possa esistere.

 

Guardate proprio John Wick e come il film, scritto anch’esso con una sufficiente abilità per farlo esistere, riesce però a creare un mito: il Baba Yaga, il killer leggendario mandato a uccidere l’uomo nero. 

 

[Tom Hardy in Havoc]

 

 

Archiviata la narrazione di Havoc, si rende chiaramente necessario parlare del piatto forte, quello che tutti aspettiamo di gustare quando guardiamo un film di questo tipo, la carbonara del Cinema: l’azione! 

 

Sarò totalmente onesto con voi e vi dirò che il lavoro di Gareth Evans in questo film vive di luci e ombre. 

I film action per me sono un po’ come i fantasy: vivono di alchimie specifiche, di regole a sé stanti utili a creare una realtà totalmente alternativa alla nostra nella quale quella storia è possibile.

Guardare un action aspettandosi la coerenza del nostro mondo è un po’ come flirtare con una modella IA su Instagram, nella speranza che accetti di venire con noi a mangiare un kebab ai Murazzi.

Non dico che tu sia pazzo, ma forse la tua settimana ha qualche giorno in meno della mia. 

 

Havoc fa una cosa che personalmente apprezzo parecchio: inventa!

Il film è ambientato in una generica città degli Stati Uniti, un universo senza spazio e senza tempo dove i protagonisti hanno gli smartphone: la tentacolare metropoli che fa da palcoscenico ad Havoc è stata costruita girando qui e là in giro per il Galles, utilizzando la CGI per riempire tutto lo spazio che non era possibile descrivere o ricreare sfruttando le location. 

 

Havoc crea uno spazio terzo, portando lo spettatore in una città sommersa nel nevischio, piovosa, grondante acqua e sangue.

Siamo alle porte del Natale, il nostro detective protagonista sta comprando uno scrauso regalo per una figlia che non ha diritto di vedere, e lo spazio del racconto è decadente e putrescente.

Sembra un incrocio tra la Fear City di Serpico e la città senza nome sommersa di pioggia di Seven.

La corruzione è ovunque e le esplosioni di violenza dominano tutto il film, il tempo e lo spazio sembrano raccontare degli anni '90 deformati, rimasticati e poi sputati: meraviglia!

 

Nel costruire la scena trovo Havoc davvero convincente e mi affascina, difatti gli perdono (in parte) l’ampio uso di CGI per creare scene d’azione davvero troppo ambiziose per questa produzione.

 

Il film si apre con un inseguimento spettacolare: si corre ad alta velocità tra superstrade innevate, volano proiettili e lavatrici.

Chiaramente l’idea di ambientare la scena di notte e durante una forte nevicata serve a mascherare una CGI che, in tutta franchezza, è più o meno dalle parti di un’ottima produzione videoludica e, nonostante gli attori siano inseriti bene in scena, non serve un occhio di falco per notare quanto poco di reale ci sia sullo schermo.

 

Questa scena iniziale scena mi ha ricordato Kung Fury, produzione cult del 2015 di David F. Sandberg, che creando una versione macchiettistica dei miti degli anni '80, maschera il massiccio utilizzo della CGI, rendendola credibile e in armonia con gli umori della produzione. 

 

[Di nuovo Tom Hardy in Havoc]

 

 

L’espediente è presente in Havoc molto più di quanto mi sarei aspettato da un regista come Evans.

 

In una particolare scena, molto adrenalinica, d’impatto e ben congegnata per coreografie e spettacolarità, in una manciata di fotogrammi anche lo spettatore meno attento potrebbe rendersi conto di quando è stato necessario rimpiazzare il volto dello stunt con quello di Tom Hardy.

Per un regista così dotato e che si esibisce così bene nella gestione dell’azione, sacrificare parte della ruvidità del lavoro per introdurre una CGI un po’ dozzinale e poco in linea con la filosofia dei film action a basso budget è secondo me una piccola sconfitta.

Soprattutto se pensiamo a quanto fatto da Dev Patel lo scorso anno con Monkey Man e, se guardiamo a Keanu Reeves che già bello che grandicello si è prestato a ben quattro capitoli di John Wick, la dedizione di Tom Hardy e Gareth Evans per Havoc poteva essere molto più appassionata.

 

 

Il risultato finale ne avrebbe sicuramente giovato. 

 

Havoc però non è certo identificabile solo e esclusivamente da queste scelte - alcune delle quali trovo calzanti, come la sopracitata costruzione della città senza nome e tempo: il film di Evans ha alcune scene davvero spettacolari, divertenti e nelle quali la fisicità di Tom Hardy, abile combattente di Brazilian Jiu-Jitsu, viene ben impiegata, anche se non completamente devota al film. 

 

Havoc vince anche il premio per il lungometraggio più cattivo del 2025 e, forse, degli ultimi anni. 

Se John Wick, Atomica Bionda, Bullet Train e altri della categoria tentano di essere un po’ più ludici, Havoc vuole invece esercitarsi nel gusto viscerale per le scene d’azione - The Raid aveva già mostrato questi tratti: il film è esagerato nelle sue esibizioni di violenza esplicita e sangue, senza raggiungere i livelli volutamente eccessivi e sopra le righe di Machete, ma consegnandosi allo spettatore con un gusto che soddisferà chiunque gradisce avere il sazio di arrivare a fine visione come Carrie

 

Il film di Gareth Evans non mi ha dato esattamente quello che speravo di ritrovare pensando al retaggio action del regista britannico; è spettacolare in alcune sequenze, divertendo chi ama l’azione e ammaliando lo spettatore meno avvezzo a opere di arti marziali fuori dal circuito di Hollywood, ma di contro credo che Evans abbia qui gettato via le sue doti migliori, indugiando un po’ troppo sulla CGI.

 

Più ripenso al film e più si fa certezza l’idea che se avesse ricercato in scrittura un film più semplice e meno pirotecnico, avrebbe ottenuto un risultato migliore, rendendo ancora più forte il suo protagonista e la poetica di questa città sospesa nel Cinema action.  

___ 

 

Nessuno ti picchierà come fa Tom Hardy se non ci sostieni, però sarebbe bello se lo facessi... 

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