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Profondo rosso: quando il terrore puro si fa leggenda

A quasi 50 anni dalla sua prima uscita in sala, Profondo rosso resta un film imprescindibile per la Storia del Cinema

Profondo rosso: due parole che, se usate in sinergia, rimandano a un solo, inequivocabile concetto. Il terrore.  

 

Rubando l'anima alla tensione del thriller e l'irrazionalità violenta dell'horror, il capolavoro di Dario Argento ha modellato una leggenda che si esprime tutta la propria originalità e potenza anche a quasi mezzo secolo di distanza. 

 

Una di quelle operazioni cinematografiche benedette sin dalla propria genesi, portate a compimento da un regista all'apice del proprio talento e della propria creatività. 

 

[Il ritorno al cinema di Profondo rosso in versione restaurata è un'occasione imperdibile per conoscere la storia di un film leggendario]

 

 

Si tratta di uno dei film più noti della cinematografia italiana, un'opera che abbiamo esportato in tutto il mondo e ha influenzato i più disparati autori, da John Carpenter a Gaspar Noé: un perfetto connubio tra ispirazione artistica, eccellenza tecnica e innovazione stilistica, sospinto dallo sfruttamento sapiente delle logiche commerciali del Cinema di genere.

 

Profondo rosso è al contempo il massimo esponente del giallo all'italiana e il capostipite della stagione orrorifica di Dario Argento, una pellicola capace di stagliarsi in una dimensione tutta sua.

 

Milioni di spettatori di tutto il mondo si sono ritrovati a cercare di seguire razionalmente le indagini di Marc Daly, che è costretto a tramutarsi da pianista in investigatore quando la giovane sensitiva Helga Ullmann, sua vicina di casa, viene trovata morta. 

Tutti hanno cercato un fil rouge in quella serie di omicidi perfettamente congegnati, ma tutti quanti sono arrivati alla stessa conclusione: non esiste alcuna razionalità quando siamo stritolati dalla paura.

 

Situatosi in posizione perfettamente equidistante tra l'investigazione e l'incubo puro, Profondo rosso si serve spregiudicatamente di tutta la propria forza attrattiva orrorifica. Lo spettatore è catturato prima dalla sua stessa tensione e poi dalla sofisticata crudezza di alcuni omicidi, venendo completamente privato di punti di riferimento per la reale soluzione della vicenda. 

Il sapiente uso della soggettiva, la forza espressiva dei movimenti di macchina e la martellante colonna sonora dei Goblin, direzionano il nostro sguardo, impedendogli di vedere ciò che è nascosto in bella vista. 

 

In Profondo rosso, a prendere il sopravvento sono le sensazioni, fisiche e psicologiche, sormontando la logica dell'intreccio narrativo.

 

 

[Uno degli aspetti suadenti di Profondo rosso è la sua immersione in un mondo dominato dall'arte: teatri, quadri, scultura e musica sono protagonisti occulti della vicenda]

 

 

Dario Argento aveva capito ci fosse bisogno di una potente iniezione di originalità all'interno del thriller all'italiana già nel 1971 quando, dopo aver completato 4 mosche di velluto grigio, aveva pensato che se mai avesse trattato nuovamente il giallo, avrebbe dovuto farlo con un tocco diverso, pur senza rinunciare del tutto ad alcune delle sue caratteristiche precipue.

 

In meno di due anni, infatti, il Maestro romano aveva già girato anche L'uccello dalle piume di cristallo e Il gatto a nove code: si chiudeva così La trilogia degli animali, un trittico estremamente influente per il Cinema italiano.

Si trattava di un successo di critica e di pubblico tale da aver portato i produttori dell'epoca a sfruttare lo stratagemma di utilizzare nomi che rimandassero direttamente al mondo faunistico per pubblicizzare i propri film di genere.

 

Il regista romano però guardava avanti: riteneva che gli spaghetti thrilling - come vennero poi rinominati - andassero innovati profondamente e, a ben vedere, già in 4 mosche aveva mostrato uno spiccato gusto per il soprannaturale.

Nei suoi film precedenti, inoltre, ci aveva mostrato come la soluzione non dovesse essere necessariamente ricostruita un tassello alla volta, potendo invece bastare un macroscopico indizio, un'epifania che squarciasse lo sguardo dello spettatore. Tutti concetti che verranno estremizzati nel successivo Profondo rosso.

 

Per fare il passo successivo aveva bisogno, però, di collocare al proprio posto alcuni tasselli fondamentali.

Si prese allora un periodo di pausa, girò un unicum della sua filmografia come il dramma storico Le cinque giornate e poi cominciò a confrontarsi in maniera sempre più costante con Bernardino Zapponi, uno sceneggiatore di grande versatilità con una passione spiccata per il thriller.

Zapponi aveva già lavorato con grandissimi nomi come Federico Fellini, Mauro Bolognini, Mario Monicelli e Dino Risi, ma nessuno poteva immaginare quanto terrificante e influente avrebbe potuto essere il prodotto del suo lavoro con Dario Argento. 

 

Lo stesso sceneggiatore suggerì anche al regista di provinare una giovane attrice che riteneva molto brava: Daria Nicolodi.

 

 

[Quella tra Dario Argento e la compianta Daria Nicolodi è stata una sinergia sentimentale e artistica assolutamente memorabile, iniziata proprio sul set di Profondo rosso]

 

 

Reduce da alcune collaborazioni di enorme spessore con Francesco Rosi, Carmelo Bene ed Elio Petri, Daria Nicolodi aveva letto sceneggiatura tutta d'un fiato, in una notte, rimanendone stregata.

 

Il regista, che temeva fosse un'attrice snob, la metteva alla prova con infinite ripetizioni anche di battute brevissime: non sapeva che avrebbe trovato una preziosa compagna di conversazioni su musica e letteratura horror, di cui entrambi erano appassionati.

Malgrado si fosse presentata al provino con delle improbabili treccine afro e nonostante le fossero stati imposti ben 18 ciak della prima scena del suo programma, quella giovane interprete non solo ottenne la parte, ma divenne anche compagna di Dario Argento, oltre che sua collaboratrice davanti e dietro la cinepresa. 

 

Insomma, come le tessere di un domino tutti i segreti del successo di Profondo rosso stavano cominciando a inseguirsi prima ancora che il film vedesse la luce. Tutto era permeato dall'originalità: un nuovo duo di sceneggiatori, una nuova attrice, un nuovo approccio orrorifico al thriller. Persino nel comparto degli effetti speciali venne affiancato un talento emergente come Germano Natali a un veterano come Carlo Rambaldi, ormai pronto a compiere il definitivo salto nella scena internazionale. 

E poi c'era quel titolo, così azzeccato, che è risultato determinante per il successo del film. 

 

Eppure, all'inizio, non c'era nessun "Profondo rosso". 

 

Approcciando con lo sguardo dei giorni nostri alla perfezione di quel titolo tanto semplice quanto diretto, tanto viscerale quanto miserioso, viene quasi da sorridere rileggendo il primo titolo di lavorazione dell'opera: La tigre dai denti a sciabola.

Non ci è dato sapere perché fosse stato scelto un titolo così bizzarro, se fosse un effettivo tentativo di continuare a cavalcare il successo della Trilogia degli animali o se invece si trattasse di un modo di prendere in giro la stampa e tutti i suoi emuli.

 

Certo è che ad un certo punto nel 1974, il film risultava in produzione come Chipsiomega, a indicare una crasi tra le tre lettere finali dell'alfabeto greco, come è emerso da alcuni documenti della produzione. 

Poi il rosso predominante nella pellicola, sin dal suo sconvolgente incipit, ha avuto la meglio.

 

E ha segnato la nascita di un mito.

 

 

[Come avrebbe mai potuto chiamarsi un film che inizia così, se non Profondo rosso?]

 

 

Profondo rosso si apre con una visione onirica di velluto rosso e si chiude con un tuffo nel sangue, a sintetizzare la propria stessa natura.

 

Tra le intuizioni più geniali del duo Argento-Zapponi vi fu, infatti, quella di rendere il film al contempo fisico e irrazionale. Disseminate lungo l'opera vi sono una serie di omicidi connessi a sensazioni che lo spettatore può riconoscere: il bruciore dell'acqua bollente, la pesantezza di una mannaia, il pericolo di una macchina, l'ansietà generata da un ascensore e la durezza degli spigoli dell'arredamento domestico. 

Lo spettatore si imbatte in scene del tutto respingenti, legate alla morte di animali o a fenomeni del tutto inspiegabili come premonizioni, fantasmi e scheletri dall'inspiegabile collocazione.

Profondo rosso non lesina neanche sinistri rimandi all'infanzia: bambole, pupazzi inquietanti e quella ninna nanna che ha popolato i nostri incubi. 

 

E se vi dicessi che in origine persino la colonna sonora di Profondo rosso avrebbe dovuto essere del tutto diversa?

Innanzitutto, dopo Le cinque giornate l'autore aveva inizialmente deciso di rinnovare la sua collaborazione con Giorgio Gaslini che grazie alla sua affinità con il jazz poteva scrivere una colonna sonora ritagliata sul personaggio di David Hemmings.

Peraltro, l'idea stessa di rendere protagonista un jazzista statunitense veniva proprio da una grande novità sulla scena musicale italiana: nel 1972 fu inserito per la prima volta il jazz tra i corsi d'insegnamento nei Conservatori.

 

Il compositore, però, gli consegnò un lavoro che Argento trovava del tutto incongruente per il suo film: complice anche un ritardo nella post-produzione del film, Gaslini abbandonò il progetto per dedicarsi ad altri impegni precedentemente presi, pur venendo citato nei crediti.

 

 

[In Profondo rosso David Hemmings tornò a interpretare il protagonista di un film che coniuga lo sguardo e la tensione, circa un decennio da Blow Up]

 

 

Dario Argento sperava di poter collaborare con alcune delle più grandi band al mondo e allora contattò prima Emerson, Lake & Palmer e poi i Deep Purple.

 

Come spesso accadrà nella sua carriera, però, la sua spiccata sensibilità musicale non venne direttamente accontentata. 

Un po' per l'impossibilità di conciliare i calendari e un po' per ottimizzare i costi, il suo collaboratore Carlo Bixio e Daria Nicolodi, che per formazione era anche anche una grande esperta di musica, gli suggerirono di ascoltare un gruppo progressive rock appena formatosi: i Goblin.

L'ennesimo suggerimento azzeccato, che Dario Argento seppe cogliere costituendo a partire da Profondo rosso quella che sarebbe diventato uno dei binomi più noti e importanti della Storia del Cinema.

 

I Goblin firmarono circa il 90% della colonna sonora e ricevettero un'indicazione principale da Argento: ispirarsi a Tubular Bells di Mike Oldfield, tema principale de L'esorcista

Altri modelli seguiti furono anche quei gruppi che, per un motivo o per un altro, non poterono collaborare alla colonna sonora.

Il tocco finale per ammantare la composizione di assoluta originalità giunse però da un organo da chiesa, presente nell'allora studio di registrazione Ortophonic di Roma, che diede al risultato un senso di terribile solennità.

 

Le origini della musica divengono che ancor più intriganti se si pensa che circa due anni dopo fu John Carpenter a ispirarsi apertamente alla colonna sonora di Profondo Rosso per incidere i temi di Halloween.

 

[Quello tra Profondo rosso e la sua colonna sonora è un legame del tutto inscindibile, come accade a pochissimi film nella Storia del Cinema]

 

 

Non c'è un singolo aspetto di Profondo rosso che non lo riporti a un grado di separazione dai grandi horror: la sua storia è legata al grande Cinema dell'orrore tanto quanto alla tradizione del giallo.

 

Questo suo essere vicino a tante correnti ma mai del tutto incasellabile lo rende un film unico, ancora in grado di ingenerare fascinazione e repulsione. 

Non è un caso che Argento, che esordì sfruttando gli stilemi del giallo, da quel momento in poi divenne universalmente noto come un Maestro dell'orrore, proprio grazie a una simile chiave di volta. 

Profondo rosso rappresenta uno spartiacque per chiunque vi entri a contatto, spettatori compresi. 

 

Una volta sperimentato un terrore simile, non è più possibile dimenticarlo.

 

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