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Ti guardo - Recensione: un sentimento visto da lontano

Un dramma sulla forza dello sguardo, sull'amore e sulle scelte inevitabili

Ti guardo, esordio nel Cinema di finzione da parte dell'autore venezuelano Lorenzo Vigas, rientra nel ristrettissimo novero di opere prime in grado di catalizzare l'attenzione di critica e addetti ai lavori.

 

Il film, presentato nel 2015 alla 72ª edizione della Mostra Internazionale d'arte cinematografica di Venezia, ne ha stregato la prestigiosissima giuria de presieduta da Alfonso Cuarón, vincendo il Leone d'oro e divenendo al contempo il primo film in lingua spagnola e il primo film venezuelano a riuscire nell'impresa.

 

 

[Il trailer italiano di Ti guardo, disponibile su Prime Video]

 

 

Anche prima della realizzazione di Ti guardo, però, Lorenzo Vigas era già tranquillamente definibile come una voce importantissima del Cinema sudamericano contemporaneo.

 

Figlio del pittore venezuelano Oswaldo Vigas e formatosi cinematograficamente nella prestigiosa New York University, Vigas ci ha mostrato un approccio al Cinema totale, caratterizzato da un dinamismo artistico davvero notevole.

Dopo aver fatto ritorno in patria ed essersi occupato sul finire degli anni '90 della serie di documentari Expedición per il network venezuelano RCTV, si è dedicato al Cinema nella triplice veste di regista, sceneggiatore e produttore.

 

Prima di girare il suo unico film è stato in concorso ne La settimana della critica del Festival del Cinema di Cannes nel 2004 con un cortometraggio, Los elefantes nunca olvidan, co-prodotto da lui e da un altro grande nome della Settima Arte Made in Sudamerica, Guillermo Arriaga.

Sono passati però addirittura 11 anni prima di rivederlo dietro la macchina da presa con Ti guardo (titolo originale: Desde Allá), film da lui scritto e diretto a partire da un soggetto condiviso proprio con Arriaga.

 

Proprio su queste basi era fondata la giustificatissima attesa per la sua opera prima.

 

 

[Lorenzo Vigas dirige Alfredo Castro e Luis Silva sul set di Ti guardo]

 

 

L'opera narra l'intrecciarsi delle storie di Alfredo ed Élder.

 

Il primo è un odontotecnico di mezza età, interpretato da un profondissimo Alfredo Castro, che ha l'abitudine di adescare dei giovani ragazzi e offrire loro denaro per osservarli senza maglietta, senza mai toccarli.

Élder, interpretato dall'esordiente Luis Silva, è invece un giovane teppista che un giorno, dopo esser stato adescato da Armando, lo deruba.

 

I due, però, a partire da questo traumatico incontro cominciano a costruire un rapporto, inizialmente caratterizzato da interessi divergenti, ma che con il tempo diviene sempre più solido e profondo.

 

 

 [La presenza di Alfredo Castro in Ti guardo è un'autentica guida: prima per lo spettatore e poi per Élder]

 

 

Sin dall'incipit dell'opera Vigas prende per mano lo spettatore affidando ad Alfredo Castro, uno degli attori più noti e riconoscibili del panorama sudamericano, il ruolo di guida in una Caracas nella quale la solitudine e il pericolo sembrano essere le uniche componenti certe dell'esistenza.

 

In Ti guardo, ancora una volta, Castro diventa perfetto volto di un'umanità sudicia e dolente. Attraverso lo sguardo di un protagonista solo, pieno di traumi, di poche parole e ben conscio dello squallore della propria vita, Vigas riesce a delineare rapidamente un contesto ambientale dominato da puri istinti di sopravvivenza. 

 

Armando ci spalanca, dunque, una finestra su un mondo nel quale una posizione sociale migliore può solo aiutare a lenire il dolore facendo leva sul denaro, ma non permette alcuna reale difesa dall'onnipresente brutalità.

 

 

[Notate l'attenzione posta da Vigas sullo sguardo e sul posizionamento dei personaggi: i concetti di alto e basso sono fondanti in Ti guardo]

 

 

Man mano che il rapporto tra i due protagonisti evolve appare evidente come l'autore venezuelano voglia tratteggiare le mancanze nelle loro vite lavorando di sottrazione, senza mai rendere esplicita l'origine delle loro ferite ma mostrandoci la profondità delle stesse.

 

Ne deriva che ogni gesto, a prescindere da quanto possa rappresentare un dolce passo di avvicinamento verso il prossimo, risulta insicuro, incompleto, scomposto.

 

Lavorando sui mezzi toni e sul non detto, pertanto, Ti guardo permette alle tensioni di montare senza mai aver bisogno di bruschi climax.

 

La tensione emotiva dello spettatore, talvolta spaesato ma costantemente proteso verso la verità sui personaggi, cresce gradualmente mediante la faticosa costruzione dell'attrazione sentimentale tra gli stessi.
Un sentimento che muove dalla paternità putativa e tende alle modulazioni più totalizzanti dell'amore.

 

 

[Armando permette a Élder di condividere il suo punto di vista: Ti guardo lavora così, in maniera apparentemente basilare, sulla costruzione dei sentimenti]

 

 

La potenza del film è tutta fondata sulla tecnica registica di Vigas, che dalla sua esperienza di documentarista trae la capacità di seguire i personaggi senza mai giudicarli, mostrandoci lungo l'intera opera una fondamentale alternanza tematica tra il loro sguardo e le loro silhouette riprese di spalle. 

 

Ogni scelta è, dunque, funzionale a questo: il montaggio lineare, la ricorrenza del fuori-fuoco, l'alternanza tra interni scurissimi ed esterni luminosi, il succedersi di steadicam e quadri fissi.

La dialettica tra distanza e contatto pervade Ti guardo e ne diventa cifra caratterizzante, imponendo allo spettatore la massima attenzione al fine di cogliere ogni mutazione interiore dei protagonisti.

 

Dobbiamo seguire Armando ed Élder, e in parte far nostri i loro punti di vista, per comprenderne i percorsi e le scelte finali. 

 

 

 

 

Perseguendo un magistrale equilibrio tra delicatezza e violenza, che si esplicita sempre e rigorosamente fuori campo, Vigas espone una doppia tesi sul sentimento d'amore.

 

Da un lato ne emerge il volto più puro e naturale, mostrandoci come possa germogliare spontaneamente anche tra persone apparentemente distantissime e su terreni che sembrano aridi e ostili.

 

Dall'altro, però, l'amore mostra la sua natura ferina, in grado di aprire brecce anche nelle corazze più spesse e robuste, di indebolire e sfiancare, facendo soccombere alla brutalità del contesto che circonda chi ne viene travolto.

 

 

[Lorenzo Vigas e Michel Franco, qui immortalati sul palco di Venezia per ricevere il Leone d'oro per Ti Guardo, oltre a collaborare spesso a livello produttivo sembrano condividere una visione del mondo piuttosto cupa]

 

 

Dopo aver esplicitato la sua visione del mondo e dei sentimenti nella sua opera prima, il regista venezuelano ha confermato di avere uno sguardo sulla realtà decisamente peculiare.

 

Oltre ad aver girato il documentario El vendedor de orquìdeas ha infatti prodotto due crudelissimi film di Michel FrancoLas Hijas de Abril e l'oltremodo controverso Nuevo Orden, vincitori rispettivamente del Prix du Jury nella sezione Un certain regard del Festival di Cannes e del Leone d'argento - Gran Premio della Giuria alla Mostra di Venezia.

 

All'orizzonte ora per Vigas c'è La Caja, suo secondo lungometraggio di finzione che sarà in concorso ancora una volta alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, proprio assieme a Sundown di Franco.

 

Dopo il successo di Ti guardo potremo finalmente osservare l'evoluzione della parabola artistica di un uomo di Cinema che può davvero rappresentare una voce unica e di primo piano all'interno di questa Golden Age contemporanea della Settima Arte sudamericana.

 

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