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Gli 8 migliori 'Miglior Film' secondo Cinefacts.it

La nostra classifica dei migliori film che hanno vinto l'Oscar... come Miglior Film.

Gli Oscar riescono sempre a essere fonte di polemica e discussione: raramente ci si trova d'accordo con le scelte dell'Academy, soprattutto quando di parla della statuetta più importante di tutte, quella del Miglior Film.   

 

L'Oscar per il "Miglior Film" viene consegnato ai produttori, e questa è una dichiarazione del fatto che si premia la miglior produzione sotto vari punti di vista e non il film più artisticamente riuscito o cinematograficamente rilevante; la scelta spesso è dettata dal periodo storico e sociale e da che tipo di messaggio e che tipo di cinema l'Academy è intenzionata a far viaggiare nel mondo, ma lasciamo l'approfondimento sul discorso relativo al perché di tali scelte per un'altra sede. 

 

La redazione di Cinefacts.it ha guardato la lista dei - finora - 90 vincitori della statuetta per il Miglior Film e ha votato i propri 10 film preferiti. 

A ogni film veniva quindi assegnato un punteggio: 1 punto per il film alla posizione 10, 2 punti per quello alla posizione 9 e via a salire fino a 10 punti per il primo della classifica.   

 

Questo sistema ha quindi poi fatto sì che si creasse una classifica generale, decretando gli 8 migliori "Miglior Film" secondo la redazione

 

Scorrendo le posizioni ci pare proprio che siano 8 film meravigliosi, nonostante alcuni altrettanto meravigliosi non siano riusciti a entrare in classifica.   

 

Per correttezza e trasparenza, e per la vostra eventuale curiosità, ecco le classifiche dei singoli redattori: 

 

Marco Batelli   

  

1. Il padrino

2. Casablanca

3. Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza)

4. Via col vento

5. Forrest Gump

6. Il padrino - Parte II

7. Eva contro Eva

8. L'appartamento

9. Million Dollar Baby

10. Lawrence d'Arabia

________________________

 

Simone Braca   

 

1. Io e Annie

2. Eva contro Eva

3. Il cacciatore

4. Il padrino

5. Forrest Gump

6. Casablanca

7. Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza)

8. Rainman

9. Non è un paese per vecchi

10. Kramer contro Kramer

________________________

 

Fabrizio Cassandro   

 

1. Aurora

2. L'appartamento

3. Via col vento

4. Il cacciatore

5. Casablanca

6. Il padrino

7. Io e Annie

8. Accadde una notte

9. Eva contro Eva

10. Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza)

________________________

 

Simone Colistra 

 

1. Io e Annie

2. Amadeus

3. Aurora

4. Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza)

5. Rebecca 

6. Il padrino

7. Non è un paese per vecchi 

8. Qualcuno volò sul nido del cuculo

9. The Artist

10. Eva contro Eva 

________________________

 

Fabrizio Fois

 

1. Il padrino

2. Amadeus

3. Aurora

4. Rebecca - La prima moglie

5. Casablanca

6. L’appartamento

7. Il cacciatore

8. Il Signore degli Anelli - Il ritorno del re

9. Via col vento

10. Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza)

________________________

 

Jacopo Gramegna

 

1. Il padrino

2. Il padrino - Parte II

3. The Departed - Il bene e il male

4. L'ultimo imperatore

5. Il silenzio degli innocenti

6. Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza)

7. Il cacciatore

8. Lawrence d'Arabia

9. Il ponte sul fiume Kwai

10. Casablanca 

________________________

 

Lorenza Guerra

 

1. L'ultimo imperatore

2. Io e Annie 

3. Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza)

4. Schindler's List - La lista di Schindler

5. L'appartamento

6. Il cacciatore 

7. Qualcuno voló sul nido del cuculo

8. Eva contro Eva

9. Aurora

10. Kramer contro Kramer 

________________________

 

Kevin Hysa

 

1. Titanic

2. Il padrino - Parte II

3. Il padrino

4. Balla coi lupi

5. Io e Annie

6. Eva contro Eva

7. Schindler's List - La lista di Schindler

8. Il Signore degli Anelli - Il ritorno del re

9. Rebecca - La prima moglie

10. Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza)

________________________

 

Lens Kuba

 

1. Amadeus

2. Il padrino

3. Eva contro Eva

4. Lawrence d'Arabia

5. Casablanca

6. Il padrino - Parte II

7. Aurora

8. Rebecca - La prima moglie 

9. L'appartamento

10. Schindler's List - La lista di Schindler 

________________________

 

Adriano Meis  

 

1. Il padrino

2. Il cacciatore

3. L’appartamento

4. Amadeus

5. Qualcuno voló sul nido del cuculo 

6. Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza)

7. Il silenzio degli innocenti

8. Fronte del porto

9. Eva contro Eva

10. Ben-Hur 

________________________

   

Sebastiano Miotti

 

1. Aurora

2. Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza)

3. Qualcuno voló sul nido del cuculo 

4. Amadeus

5. Il Signore degli Anelli - Il ritorno del re

6. L'ultimo imperatore

7. Ben-Hur

8. American Beauty

9. Io e Annie

10. Schindler's List - La lista di Schindler 

________________________

 

Pierluca Parise

 

1. Eva contro Eva

2. Casablanca

3. Il cacciatore

4. Amadeus

5. Il Signore degli Anelli - Il ritorno del re 

6. Un uomo da marciapiede

7. Il padrino

8. L’appartamento

9. Rebecca - La prima moglie

10. Lawrence d’Arabia

________________________

 

Teo Youssoufian

 

1. Il padrino

2. Qualcuno voló sul nido del cuculo 

3. Fronte del porto

4. Eva contro Eva

5. Il cacciatore

6. Il silenzio degli innocenti

7. Casablanca

8. Million Dollar Baby

9. Amadeus

10. Birdman o (L'imprevedibile virtù dell'ignoranza)

 



Posizione 8

 

 

Io e Annie

Woody Allen, 1977

 

"Per ora è solo uno spunto, ma forse troverò i soldi per trasformarlo in concetto e in seguito in idea."

 

Annie Hall è il film più iconico, più citato, più immediatamente riconoscibile di Woody Allen.

 

Vincitore di quattro premi Oscar nel 1978, si tratta di un vero e proprio spartiacque nella carriera artistica del suo autore, che con questa pellicola passa definitivamente da un certo tipo di film prettamente “comici” ad opere caratterizzate da una maturità diversa. 

 

La trama non è altro che la storia d’amore tra Alvy Singer e Annie Hall: ripercorriamo il loro rapporto a partire dal primo incontro fino alla separazione, con un montaggio temporale non sempre lineare, pieno di flashback e situazioni surreali, che però ne vanno a ricostruire l’essenza più profonda.

Questa semplice storia d’amore, che pure è il fulcro del film e che rappresenta forse la più realistica e riconoscibile messa in scena cinematografica di questo tipo di relazione umana, dà inoltre spazio a tutta una serie di considerazioni successive, che contornano alla perfezione il pensiero del regista. 

 

Allen evidenzia il complesso rapporto uomo-donna nella società borghese, ricco di esasperazione e di contraddizioni e talora di artificialità ma, nonostante tutto, incredibilmente vero, radicato, e profondo.

 

Non è difficile immedesimarsi, sentirsi coinvolti, ricordare qualcosa di simile che magari una volta ci è capitato di vivere.

Il tutto è trattato con brillante ironia - è uno dei film più divertenti di Allen, senza dubbio - e con una punta di amarezza che fino a questo momento nella sua filmografia non c’era ancora, e che sarebbe poi stata una nota di sottofondo ripresa in ogni suo film successivo.

 

Di fatto, si tratta del film più intrinsecamente alleniano in assoluto, sia stilisticamente che tematicamente: viene espressa sfiducia verso la classe politica, verso un certo tipo di pseudo-cultura intellettualoide, verso una società condizionata dall’adorazione per il successo, dalla corruzione provocata dallo stesso, dal decadimento morale borghese, tutti temi tipici della produzione di questo autore.

Perché Annie Hall è la storia d'amore che vivono i due protagonisti, ma è anche un manifesto del pensiero alleniano, in toto.

 

Oltre che una dichiarazione d’amore immensa per Diane Keaton, naturalmente – il che contribuisce in maniera significativa a renderlo unico, fortemente personale, a farlo essere "il" film di Woody Allen, come poi la storia ha certificato.

 

Diane Keaton fa parte dell'anima più profonda del film.

Gran parte del merito della pellicola va dato a lei, come lo stesso Allen ha ripetuto più volte. D’altra parte la “dedica” è evidente sin dal titolo, che non è altro che il diminutivo di Diane (Annie) ed il vero cognome dell’attrice (Hall). 

 

Che dire, sicuramente tra i film più belli di sempre.

 

"Dopo di che si fece molto tardi, dovevamo scappare tutti e due. Ma era stato grandioso rivedere Annie, no?

Mi resi conto che donna fantastica era e di quanto fosse divertente solo conoscerla. E io pensai a... quella vecchia barzelletta, sapete...

Quella dove uno va dallo psichiatra e dice: "

Dottore mio fratello è pazzo, crede di essere una gallina", e il dottore gli dice: "Perché non lo interna?", e quello risponde: "E poi a me le uova chi me le fa?".

Be', credo che corrisponda molto a quello che penso io dei rapporti uomo-donna. E cioè che sono assolutamente irrazionali... e pazzi.

E assurdi, e.… ma credo che continuino perché la maggior parte di noi ha bisogno di uova."

 

 

[A cura di Simone Braca]

Posizione 7



Aurora

F.W. Murnau, 1927

 

"Più che una trama Murnau offriva delle visioni, un panorama della mente. la sua ambizione era di descrivere i desideri dei protagonisti tramite ombre e luci"

Martin Scorsese su Aurora

 

Sunrise: A Song Of Two Humans (il titolo originale) non è solo il primo film ad esser stato premiato come miglior film dall'Academy, ma è anche una di quelle favole tipiche del cinema muto che restano impresse nella mente per la loro semplicità e per la loro forza visiva e per la loro lungimiranza tecnica.

 

Allo stesso tempo espressione di un cinema lontano e opera d'arte senza tempo.

 

Il più classico dei triangoli amorosi in cui un uomo di campagna sposato si innamora di una donna di città, la nuova fiamma lo spinge a lasciare la moglie. 

Lui se ne pente e con i due coniugi passiamo una giornata in città in cui lui cercherà di farsi perdonare. 

 

Come si può intuire, la forza del film è tutta nel mondo di immagini e suggestioni in cui Murnau ci trascina, nella rappresentazione della città con gli occhi di due giovani campagnoli e in come questa storia si erga a simbolo dell'amore e dolcezza.

 

Murnau sin dai titoli di testa ci suggerisce che i protagonisti non sono due persone qualsiasi di cui sta raccontndo la storia, ma The Man e The Wife: l'uomo e la donna sono solo simboli, Two Humans come dice il bellissimo titolo originale.

Per tutto il film continuerà a caratterizzarli con il solo amore che scorre tra loro, con i gesti e gli sguardi: non ci interessa il passato, ma la propensione verso il futuro che l'amore porta con sè. 

 

La dolcezza, sempre presente e marcata, della moglie contrapposta al "fascino pericoloso" della donna di città non sono solo immagini delle diverse possibili figure femminili, ma le diverse scelte che ogni individuo si trova a fronteggiare.

 

Murnau costruisce una serie di contrasti tra bene e male, tra chiaro e scuro, tra solidità e leggerezza, tra impegno e immaturità che ben si sposano con il simbolismo del cinema europeo delle avanguardie, ma unisce questo gusto per la tecnica e per i simboli con l'attenzione alla narrazione e la costruzione di sentimenti ed empatia da sempre simbolo del cinema americano. 

 

Oltre ciò Murnau usa tutto l'arsenale visivo messo a disposizione dal cinema muto: ecco quindi che il tedesco fa larghissimo uso delle sovrimpressioni per portarci dentro i sogni, sfrutta differenti immagini ed effetti per rendere chiaro a noi, che alle città siamo abituati, come queste possono essere percepite dai forestieri e sfrutta tutto lo studio delle luci espressionista dosandolo a seconda delle situazioni per accrescere o diminuire la sensazione di pericolo imminente o di disgrazia in agguato che costantemente accompagnano la pellicola. 

 

La carrellata all'ingresso del locale cittadino è da stropicciarsi gli occhi, non solo se si guarda la data di uscita.

 

Il film oscilla costantemente tra una sensazione di pericolo e una dolcezza incredibile data dagli sguardi e dai dialoghi (sì: "dialoghi", anche se non avevano voce i due si parlano e non serve quasi mai sapere cosa si dicono) tra i due innamorati, in particolare tutto l'episodio della foto è un susseguirsi di espressioni dei due interpreti una più bella dell'altra.

 

Il film romantico per eccellenza realizzato all'apice dell'esperienza del cinema muto da uno dei più grandi esponenti dell'espressionismo tedesco nel contesto hollywoodiano, un passaggio di consegne tra l'Europa e l'America giustamente premiato con il primo Oscar al Miglior Film (e produzione artistica) della storia. 

 

 

[A cura di Fabrizio Cassandro]

Posizione 6



Casablanca

Michael Curtiz, 1942

 

"Un cliché ci fa sorridere, cento ci commuovono".

 

Così disse Umberto Eco a proposito di questo film.

Non riuscirei a immaginare un'analisi più succinta ed efficace allo stesso tempo. 

 


Il triangolo amoroso più famoso della storia del cinema, l’apice del divismo hollywoodiano, uno dei punti più alti del cinema narrativo classico: Casablanca è stato tutto questo.

Si può dire che la stessa espressione “Classico” sia nata proprio per essere cucita addosso a questo titolo, entrato nella leggenda oltre ogni ragionevole dubbio o analisi tecnica.

 

L’opera di Michael Curtiz prescinde infatti dal merito propriamente cinematografico; essa racchiude in sé lo spirito e la filosofia di un popolo intero, di un modo di fare e intendere il cinema in America, e di esibirlo con orgoglio al mondo. 

 

Casablanca è il simbolo dell’epoca d’oro del classicismo hollywoodiano, più di Via col vento di Victor Fleming, più de La vita è meravigliosa di Frank Capra, più delle commedie targate Billy Wilder, dei western di John Ford o dei balletti di Fred Astaire e Ginger Rogers: è l’immaginario collettivo fatto a pellicola, è lo stereotipo fiero di esporsi, è il trionfo del potere seduttivo dello star system americano, è la faccia impertinente di una stagione cinematografica durata almeno quattro decenni.

 

La trama confusionaria (anche per gli stessi interpreti), che rende i personaggi come sospesi nel tempo, in balia della finzione cinematografica, non fa altro che contribuire ancora di più al processo di astrazione a cui il film è stato sottoposto.

L’ingenua sfrontatezza di cui fa vanto è supportata anche dal numero di battute entrate nella storia; due di queste, "Suonala, Sam. Suona Mentre il tempo passa" e "Fermate i soliti sospetti" hanno dato ispirazione ai titoli di due film a venire, il primo diretto da Woody Allen, il secondo da Bryan Singer.

E non si contano comunque le citazioni e gli omaggi ricevuti in ogni campo dell’intrattenimento, che rendono di fatto Casablanca il film più citato di tutti i tempi.

 


Humphrey Bogart e Ingrid Bergman divennero le più grandi stelle del tempo.

 

Sebbene la carriera dei due attori sia stata costellata di grandi interpretazioni e diversi film meritevoli, l'aura mitica ed eterea che circonda i personaggi di Rick Blaine e Ilsa Laszlo rimarrà per sempre incomparabile nelle rispettive carriere. 

Memorabile anche la prova dell'attore francese Claude Rains nelle vesti del capitano Louis Renault, che nel finale del film ruba la scena a tutti e salva la vita di Rick, inaugurando forse una bella amicizia (cit.). 

 

Fatto curioso: la parte del cinico Rick era stata proposta anche a Ronald Reagan, futuro presidente USA.

 

 

[A cura di Pierluca Parise]

Posizione 5

 

 

Birdman o (L'Imprevedibile virtù dell'ignoranza)
Alejandro G. Iñárritu, 2014 


In un’epoca in cui i film sui supereroi vanno per la maggiore tra il grande pubblico, Iñárritu realizza un’opera metacinematografica in cui si parla della fama, del teatro e dell’industria hollywoodiana interrogandosi su cosa ti renda un artista e cosa invece solo una celebrità.

Protagonista Michael Keaton che negli anni ’90 era all’apice della carriera grazie al personaggio di Batman nei film di Tim Burton del 1989 e del 1992.

In questa pellicola interpreta Riggan Thomson, attore decaduto che una volta era una star hollywoodiana grazie ai film d’azione supereroistici in cui interpretava Birdman, un supereroe.

 

Riggan mette in gioco tutto per portare in scena a Broadway una pièce, così da scrollarsi di dosso l’immagine di celebrità hollywoodiana per divenire noto a tutti come attore teatrale, e venire quindi considerato un vero artista.


Il cast è ricco di attori tra cui Naomi Watts, Edward Norton ed Emma Stone.

Inoltre vengono citati molti nomi illustri di attori contemporanei e del passato che hanno calcato sia i teatri di New York che i set di Hollywood.

Le caratteristiche principali del film che lo contraddistinguono da un punto di vista tecnico riguardano la fotografia e la colonna sonora: Emmanuel Lubezki fa un uso incredibile di luci di scena e luci naturali in una commistione che crea un’atmosfera tra il fantastico ed il reale, proprio come l’ambiguità che crea il film sul non capire, assieme al protagonista, se ciò che in alcuni momenti stiamo guardando sia frutto dell’immaginazione oppure la realtà.

 

Le sequenze del film sfruttano una continuità illusoria con alcuni stacchi di montaggio mascherati per ricreare un unico long take.

La colonna sonora è costituta dal suono della batteria che segue il ritmo della narrazione del film, fino a quasi coprire i dialoghi degli attori nei momenti più concitati, intermezzati da musiche diegetiche che provengono dalla rappresentazione teatrale oppure dagli esterni.

Un film tra i più rappresentativi del cinema contemporaneo, sia nella sua realizzazione che nelle tematiche, come la descrizione dello show business attuale di Los Angeles e New York, quindi il cinema hollywoodiano e il teatro di Broadway, e la riflessione su che cosa definisca per davvero un artista.   



[A cura di Kevin Hysa]

Posizione 4



Eva contro Eva

Joseph L. Mankiewicz, 1950

 

Se All about Eve (il titolo originale) si riferisce all'incipit della pellicola - una cerimonia di premiazione in cui si magnifica l'ascesa alla gloria della co-protagonista Eve Harrington - il titolo italiano ben rende l'idea del tema centrale del film: lo scontro fra Margo Channing, grande attrice teatrale, e la stessa Eve, fan di Margo e assunta da quest'ultima come sua segretaria.

 

Ma Eve non vuole solo aiutare Margo nella sua carriera, vuole il suo posto (fama, amicizie, amore) nel mondo del teatro.

Appena 42enne, con Eva contro Eva Joseph L. Mankiewicz eguagliò il record di John Ford, vincendo nel 1951 il secondo Premio Oscar consecutivo come miglior regista; in totale, il film vinse 6 statuette (fra le quali quella come Miglior Film) su 14 candidature: altro record, questo, che è durato fino al 1998, quando il numero di nomination fu pareggiato da Titanic di James Cameron.

Protagonista della pellicola è il teatro, con le sue tensioni e le sue gelosie: se gli applausi del pubblico al termine di uno spettacolo sono linfa vitale per un attore, non si può negare come la strada verso il successo è faticosa e costellata da dure prove da sopportare: fra le difficoltà che Margo ha da affrontare c'è proprio Eve, della quale inizialmente sottovaluta la scaltrezza e l'arrivismo; quando se ne accorgerà, sarà forse troppo tardi.

Tuttavia, Margo conserverà la sua dignità e l'amore del fidanzato commediagrafo Bill Sampson (Gary Merrill, il quale - ironia della sorte - convolò a nozze con l'attrice Bette Davis proprio nel 1950), mentre la sfrenata ambizione di Eve si rivelerà un boomerang, portandola ad essere odiata dagli esponenti di quell'universo che tanto amava.

 

E il finale amaro suggerisce come la storia possa sempre accadere due volte.

Mankiewicz ottenne il meglio dalle sue attrici: una strepitosa Bette Davis, considerata da alcuni critici dell'epoca sul viale del tramonto, e una superba Anne Baxter.

Nel cast (prevalentemente femminile, con ben quattro candidature fra le categorie di migliore attrice protagonista e non protagonista: non è più accaduto) figura anche una giovane Marilyn Monroe, che di lì a poco avrebbe raggiunto la notorietà mondiale. 

Un cosiglio, prima di accingersi alla visione: "Prendete il salvagente, questa sera c'è aria di burrasca!".

 

Pronunciata da Margo (in originale: "Fasten your seat belts, it's going to be a bumpy night!"), la battuta è stata considerata come una delle più famose della storia del cinema dall'American Film Institute piazzandosi al nono posto nella classifica "100 Years... 100 Movie Quotes". 

 

 

[A cura di Marco Batelli]

Posizione 3



Il Cacciatore

Michael Cimino, 1978

 

Parlando de Il Cacciatore non si può prescindere da tutto ciò che c'è attorno a Il Cacciatore.

 

La Guerra del Vietnam era finita da 2 anni quando iniziarono le riprese del film, e quello di Cimino fu il primo a mostrare l'orrore del conflitto e le cicatrici che lasciò dentro ai sopravvissuti senza mai far vedere la guerra vera e propria. 


È l'ultimo film con John Cazale, il talentuoso e sfortunato attore che recitò solo in 5 film (tutti capolavori: Il Padrino, Il Padrino parte II, La Conversazione, Quel Pomeriggio di un Giorno da Cani, Il Cacciatore) e che durante le riprese del film era già gravemente malato di cancro, tanto da voler essere sostituito dalla Universal che non voleva pagare la costosissima assicurazione e che partecipò alle riprese grazie a Robert De Niro, che si offrì di pagare di tasca sua pur di averlo sul set. 

Le scene con Cazale furono le prime a essere girate e lui non vide mai il film finito, morì poco tempo dopo la fine dello shooting. 

 

Quella guerra vergognosa per gli Stati Uniti ne Il Cacciatore occupa un tempo risibile, e non si vedono mai scene di vero conflitto. 
Un'introduzione lunghissima ci mostra una compagnia di amici che lavorano in un'acciaieria in Pennsylvania, poche ora prima del matrimonio di uno di loro e alla vigilia della partenza per il Vietnam di Michael (De Niro), Steve (John Savage) e Nick (Christopher Walken). 

 

La costruzione della sequenza del matrimonio, di oltre un'ora, è necessaria per capire quanto di tutto ciò venga spazzato via in un attimo per non tornare mai più. 

Le scene in Vietnam contengono quella che forse è la più nota del film e tra le più note del cinema statunitense tutto: quella roulette russa dove la vita diventa scommessa, dove la follia e l'inutilità della guerra vengono messe a nudo. 

 

Dalla guerra non torneranno tutti, e chi tornerà sarà profondamente cambiato, nel fisico e nella mente. 

Gli amici rimasti non comprenderanno mai fino in fondo cosa il conflitto abbia causato in chi ci è stato ed è tornato, e il contrasto tra ciò che era prima e ciò che è adesso stride e fa male dentro: forse l'unica a rendersi conto di quanto sia stato tutto stravolto è Linda (Meryl Streep), sballottata però da sentimenti che non riesce lei stessa a comprendere. 

 

Il sacrificio, il dolore, la disillusione. 


Il Cacciatore ci pone di fronte a scene indimenticabili (forte anche di una fotografia magistrale per mano di Vilmos Zsigmond) che ci costringono a metterci in discussione. 
Il film all'epoca venne criticato - ferocemente in Italia - e accusato di essere reazionario, perché mostrava chiunque non fosse statunitense come malvagio e senza scrupoli. 
Ma i vietcong e l'uomo d'affari francese non erano figure sineddotiche quanto più una delle rappresentazioni dell'essere umano e della perdita stessa dell'umanità, tanto quanto i protagonisti. 

Sono forse solo cattivi i vietcong che costringono alla roulette russa i soldati invasori? Sono forse solo buoni i soldati americani che danno fuoco ai vietcong? 

Il film non prende posizione, e non ci pone nelle condizioni di prenderne una. Qualunque scelta è sbagliata. 
Qualunque decisione è suicida, in un modo o nell'altro, qualunque strada porta alla perdizione.

"One shot", un colpo: la filosofia del cacciatore Michael, secondo il quale il cervo va abbattuto usando solo un proiettile, si ritrova lungo tutto il film. 


C'è all'inizio nella scena di caccia, durante le scene della roulette russa in Vietnam, durante il litigio tra Michael e Stan (John Cazale) e nella roulette russa finale tra Michael e un Nick che racchiude in sé tutto ciò che di tremendo ti porta ad essere un conflitto: perduto, senza ricordi lieti né speranza, vuoto nello sguardo e nell'anima. 

E si ritrova anche un'altra volta in Michael, quando la battuta di caccia al cervo ha un finale diverso da quello che lui per primo si aspettava.

Il Cacciatore è ancora oggi un'enorme lezione di scrittura, di regia, di fotografia, di montaggio e di interpretazioni. 

Ottenne all'epoca 9 nomination e vinse 5 Oscar: Film, Regia, Montaggio, Sonoro e Attore non Protagonista (per Walken). 

 

Una presa di coscienza lancinante, un senso di ineluttabilità difficile da digerire, uno sguardo nell'abisso di ognuno di noi. 


E non è un caso se all'inizio del film il gruppo di amici intona a squarciagola la romantica e travolgente Can't take my eyes off you di Gloria Gaynor, e in quello stesso locale alla fine i sopravvissuti si ritrovano a cantare mestamente una sarcastica, ipercritica e per niente assolutoria God Bless America. 

 

"Dio benedica l'America, la terra che amo". 
Con lo sguardo basso e un brindisi all'ennesimo amico scomparso, senza più sorrisi, senza un futuro, e con un taglio netto che spezza il fiato e lancia i titoli di coda. 

Immenso.

 

 

[A cura di Teo Youssoufian]

Posizione 2



Amadeus

Milos Forman, 1984

 

Vienna, 1823: un anziano signore tenta il suicidio, viene soccorso e portato in un manicomio.

È Antonio Salieri, un tempo compositore alla corte dell’imperatore Giuseppe II. Ora si accusa della morte di Wolfgang Amadeus Mozart.

 

Quando un sacerdote lo sprona a parlare, quella che doveva essere una semplice confessione si trasforma nel ricordo di una vita artistica vissuta all’ombra di uno dei più grandi geni dell’umanità.

 

L’argomento della presunta rivalità fra Mozart e Salieri è solo un pretesto per poter mettere in scena un rapporto di invidia e ammirazione tanto raffinato quanto complesso.

Adattamento dell’omonima opera teatrale di Peter Shaffer, Amadeus può essere considerato uno dei film più importanti e incisivi degli anni ’80.

 

Lo dimostrano il grande successo di critica e di pubblico.

Lo dimostrano gli otto premi Oscar vinti su undici candidature. Ma soprattutto lo dimostrano F. Murray Abraham e Tom Hulce, che impreziosiscono questa pellicola con interpretazioni magistrali in grado di regalarci momenti di cinema indimenticabili.

 

Come la scena in cui Mozart trasforma la marcetta di Salieri nel Non più andrai de Le nozze di Figaro.

O come la toccante scena della dettatura del Confutatis.

 

L’ossessione che consuma Salieri va ben oltre la semplice invidia.

Egli lo rispetta e lo ammira per il suo talento artistico, ma allo stesso tempo conduce una lotta personale non solo contro Mozart, ma anche contro Dio, che si prenderebbe gioco del compositore italiano affidando tanta genialità ad un individuo gretto e volgare.

 

La straordinaria prova attoriale è coadiuvata da un comparto tecnico altrettanto impeccabile: il direttore della fotografia Miroslav Ondricek si avvale, sul modello di Barry Lyndon, solamente di illuminazione naturale e di candele.

Il risultato è uno spettacolo per gli occhi che brilla per la sua sontuosa messa in scena.

 

Ed è ovviamente anche uno spettacolo per le orecchie: la colonna sonora è una selezione delle migliori composizioni mozartiane, eseguite sotto la direzione di Sir Neville Marriner.

 

Dopo Qualcuno volò sul nido del cuculo, Hair e Ragtime, per Milos Forman è di nuovo un trionfo.

 

 

[A cura di Lens Kuba]

Posizione 1

 

 

Il Padrino

Francis Ford Coppola, 1972

 

Il Padrino è, senza alcun dubbio, uno di quei film che cambiano il corso della Storia del Cinema.

 

A questa pellicola sono associati tantissimi eventi che hanno lasciato il segno nella Settima Arte: il ritorno di Marlon Brando tra le stelle più luminose del firmamento hollywoodiano, la nascita dell'icona Al Pacino, la definitiva consacrazione del talento di Francis Ford Coppola, già vincitore due anni prima dell'Oscar per la Miglior Sceneggiatura Originale per Patton, generale d'acciaio

 

L'epopea gangster della famiglia Corleone, elegantemente diretta dal regista italo-americano e magnificamente sceneggiata dallo stesso Coppola assieme a Mario Puzo, fu vincitrice dell'Oscar al Miglior Film nel 1973 e si segnalò come un immediato successo di critica e pubblico.

 

La straordinaria qualità delle prestazioni attoriali dell'intero - ricchissimo - cast, la profondità delle atmosfere ricreate da Gordon Willis e la celeberrima colonna sonora di Nino Rota sono ben presto state riconosciute come delle autentiche milestones della Storia del Cinema e l'intero mondo continua ad esserne affascinato.

 

Ciò che fa sorridere è che abbiamo rischiato di non vedere mai Il Padrino per come lo conosciamo. 

 

Il film è il risultato di una produzione travagliatissima nella quale i produttori e Francis Ford Coppola finirono per scontrarsi molto spesso, soprattutto per quanto concerneva la scelta degli attori. 

 

Pur di conservare nel cast Marlon Brando e Al Pacino, Coppola effettuò anche scelte molto dolorose come l'esclusione di Robert De Niro dal novero dei papabili per il ruolo di Sonny Corleone (la storia dirà che fu meglio così per entrambi).

 

Le scelte delicate proseguirono anche in post-produzione con il taglio di numerossissime scene che mandò su tutte le furie Robert Duvall e James Caan alla vigilia della première.

 

Ma, come sapete, Il Padrino è una di quelle pellicole a cui sono collegate storie che vanno ben oltre ciò che possiamo ammirare sullo schermo nel corso dei suoi 175' di durata.

 

Le controversie legate alla pellicola infatti non accennarono a terminare nemmeno dopo l'uscita nelle sale.

 

Come scordare le polemiche inerenti alla mancata accettazione dell'Oscar da parte di Brando o la furiosa reazione di Al Pacino quando scoprì di essere stato nominato nella categoria "Miglior Attore non Protagonista"?

 

Insomma, che Il Padrino non fosse un film come gli altri è stato chiaro a tutti molto presto.

 

Forse è anche questo che contribuisce ad ammantare questo Capolavoro di quella patina di magia che ci ha portati a inserirlo al primo posto di questa graduatoria.

 

Se è vero che la qualità di un'opera non si giudica dal suo palmarès, nel caso de Il Padrino uno sguardo alla bacheca non può che fungere da ulteriore conferma: 3 Oscar, 5 Golden Globe, il 3° posto nella AFI 100 Years...100 Movies (diventato poi il 2° posto nell'aggiornamento nel 2007) e il primato assoluto nel sondaggio del Directors Guild of America inerente alla miglior regia di tutti i tempi.

 

Solo alcuni dei numerosissimi riconoscimenti ottenuti dalla pellicola di Coppola, apprezzatissima sin dalle primissime proiezioni e ormai assurta al grado di leggenda. 

 

 

[A cura di Jacopo Gramegna]



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1 commento

Adriano Meis

5 anni fa

Che bello un commento come il tuo di fronte a questi titoli, invece che la solita sequela di lagnanze, commenti sprezzanti e presuntuosi che - purtroppo - stanno uscendo da altre parti. Ennesima dimostrazione che qui sul sito ci sono le mele sane. Quelle marce le lasciamo volentieri fuori.

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