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Breve Storia del Cinema di animazione giapponese: 8 film indispensabili

Una lista di titoli per (ri)scoprire le potenzialità dell'animazione nipponica 

Fin da piccoli siamo abituati ad ingerire, masticare e assorbire prodotti dell'animazione nipponica; a volte però la nostra conoscenza rimane ancorata allo strato superficiale propinatoci dalla TV generalista.

 

D'altra parte è facile comprendere le infinite potenzialità del genere. Il limite dell'animazione è soltanto l'immaginazione dell'autore.

 

Si ha dunque la possibilità di controllare un mondo, che sia questo un luogo dove viene stravolta ogni legge della fisica oppure una realtà interiore, ma anche solo quella di raccontare storie.

Abbiamo anime per ogni target possibile e di ogni genere possibile: per bambini, ragazzi e adulti, d'azione, horror, psicologici, fantascientifici, erotici...


Seppur la maggior parte possano essere associati a mera forma di intrattenimento, alcuni possono essere definiti vere e proprie opere d'arte. 

 

 

 

La preistoria degli anime può essere associata alla fine del periodo Edo (1603-1868) e agli esperimenti di precinema tramite la "utsushie", un corrispettivo asiatico della lantera magica. 

 

Le prime vere opere di animazione però risalgono ai primi del '900, in cui pittori e vignettisti si cimentarono nei senga eiga, cioè "film di linee".  

 

Nel 1933 grazie a Kenzo Masaoka e al suo Chikara to onna no yononaka il Giappone produce il suo primo film con sonoro parlato.

 

L'animazione, come ogni forma di intrattenimento destinata al grande pubblico, divenne un mezzo propagandistico: a tale proposito è giusto ricordare il primo lungometraggio di animazione nipponica: Momotaro umi no shimpei di Mitsuyo Seo, prodotto nel 1945 dalla Marina Imperiale.

D'altra parte fino al dopoguerra, e principalmente alla nascita della Toei Animation, l'animazione giapponese soffre il confronto con quella occidentale, in particolare con il colosso Disney.

 

Isao Takahata e Hayao Miyazaki, nomi che incontreremo più di una volta in questo articolo, iniziarono la propria carriera proprio alla Toei come sindacalisti.

 

La prima serie animata fu Tetsuwan Atomu, in Italia noto come Astro Boy, trasmessa nel 1963.

 

 


Il vero boom di quella che venne definita spesso in modo denigratorio "Japanimation" fu negli anni '70 e '80 ,principalmente grazie agli anime di stampo fantascientifico e ai mecha, che sicuramente saranno cari a chi tra di voi ha vissuto a pieno quegli anni.

 

L'ambientazione distopica o post-apocalittica diventa un topos ricorrente, probabilmente frutto di una società in cui il progresso tecnologico non va di pari passo con l'educazione ai sentimenti.

L'artista guarda oltre e riesce a portare sullo schermo i suoi timori nei confronti della società.


Negli anni '80 spicca il nome di Katsuhiro Otomo: in particolare Akira, storia del biker Shotaro Kaneda, cittadino di Neo Tokyo dopo una fantomatica Terza Guerra Mondiale nel 2019.

 

Contrariamente a quanto si crede, nel Sol Levante con mecha non si intendono solamente i robot giganti, bensì ogni elemento meccanico e tecnologico, dalle astronavi ai cyborg.

 

 

 

L'apice del genere mecha è ascrivibile agli anni '90, in particolare nel 1995 con la serie televisiva anime Neon Genesis Evangelion, sceneggiata e diretta da Hideaki Anno, che racconta lo scontro tra gli esseri umani e gli Angeli in una futuristica Neo-Tokyo 3.

 

L'unico mezzo per contrastare gli Angeli sono gli Eva, apparentemente robot antropomorfi.

 

I fan, insoddisfatti dal finale della serie, chiesero una conclusione cinematografica e per questa ragione nel 1997 è stata realizzato un finale alternativo sottoforma del lungometraggio Neon Genesis Evangelion: The End of Evangelion.

 

In tutta la serie e in particolare nel film si possono riscontrare riferimenti psichiatrici, religiosi - in particolare alla cabala ebraica - e culturali.

 

 

 

Il 1995 è stato un anno particolarmente importante per la Storia dell’animazione grazie anche al gioiello cyberpunk Ghost in the Shell di Mamoru Oshii.

 

Ambientato in un futuro in cui non si riesce a distinguere tra esseri umani con parti meccaniche impiantate e robot che sviluppano un’anima, il film è ricordato anche per essere uno dei primi film a fondere tecnica tradizionale e animazione al computer.

 

La carriera di Oshii non inizia però da Ghost in the Shell, per quanto sia stato questo film ad averne consacrato il successo.

 

Ricordiamo in particolare L'uovo dell'angelo già nel 1985, una storia sulla morte di Dio e della civiltà, dai molteplici e criptici significati, sempre sul filo dell’onirismo.


È proprio una storia di fantascienza post-apocalittica che introdurrà Hayao Miyazaki nel mondo del Cinema di animazione con Nausicaä della Valle del Vento (1984).

 

 

 

Proprio l’anno dopo, per la precisione il 15 giugno 1985, venne fondato il celeberrimo Studio Ghibli, fonte inesauribile di perle, di cui i già citati Miyazaki e Takahata furono tra i soci fondatori.

 

I primi film ufficiali dello studio furono due pietre miliari dell'animazione: Il mio vicino Totoro e Una tomba per le lucciole.

 

Il primo, secondo la rivista inglese Empire, è annoverabile tra i 500 migliori film della Storia e presenta le caratteristiche principali del Cinema di Hayao Miyazaki: la stratificazione dei significati, comprensibili agli adulti e ai bambini in misura diversa, il rapporto tra uomo e natura, la contrapposizione tra modernità e antiche tradizioni, tra fantasia e realismo.

L'animale fantastico Totoro è tutt'oggi il simbolo dello studio Ghibli.

 

Il secondo presenta invece la storia di due fratellini durante la Seconda Guerra Mondiale e la rappresentazione neorealista e straziante di uno dei più grandi orrori della guerra, al di là di armi e bombe: l'indifferenza.

 

La filmografia di Miyazaki è una strada lastricata di successi, ma il successo in Occidente viene sancito definitivamente da tre opere: Principessa Mononoke (1997), La città incantata (2001), Il castello errante di Howl (2004).

 

In questi tre film la critica ambientalista diviene sempre più palese e, per chi ha voglia di approfondire, i simbolismi sempre più complessi. 

 

 

 

Nel 2008 Ponyo sulla scogliera fu realizzato solamente in disegno tradizionale e conta ben 170.000 disegni realizzati a mano, molti dei quali dello stesso Miyazaki.

 

Takahata rafforza la sua componente neorealista in Pioggia di Ricordi (1991) mentre condivide il rapporto uomo-natura del suo collega in Pom Poko (1994).

La sua carriera non subisce cali: nel 2012 con La storia della principessa splendente, tratto da un racconto popolare, Takahata si riconferma un eccezionale, unico e inimitabile poeta del dolore.


D’altra parte un’altra caratteristica dell’animazione asiatica non ancora toccata a pieno in questo articolo è l’erotismo, più o meno spinto.

 

A riguardo citiamo in particolare Eichii Yamamoto, regista di una trasposizione animata de Le mille e una notte (1969) e Kureopatora (1970), appartenenti al filone animerama: prodotti di animazione destinati agli adulti.

 

Yamamoto acquista fama soprattutto negli ultimi anni grazie alla rivalutazione di Belladonna of Sadness (1973), realizzato principalmente tramite una successione di quadri fissi in un caleidoscopio di stili e colori, accompagnati da una colonna sonora che oscilla tra il prog ed il jazz. 

 

 

 

Belladonna of Sadness nasconde un messaggio di emancipazione femminile molto potente e coraggioso pur sfruttando una storia ambientata nel Medioevo.


A proposito della rappresentazione femminile delle donne in Giappone facciamo un volo pindarico per tornare a un passato più o meno prossimo, cioè a cavallo tra gli anni ’90 e gli anni 2000: Perfect blue (1997), storia dei tormenti psicologici di una ragazza che si toglie i panni dell’idol più o meno ingenua per vestire quelli di attrice, sancisce il successo di Satoshi Kon.

 

Tra le sue opere, caratterizzate da un montaggio frenetico, da una certosina introspezione psicologica e da un convulso e mai banale citazionismo verso i Maestri del Cinema, ricordiamo in particolare Paprika - Sognando un sogno (2006), letteralmente un viaggio nella dimensione onirica.

 

Nella sua breve carriera, stroncata da una morte prematura, Kon si è dimostrato uno dei più grandi maestri nella trasposizione dell’inconscio, non solo nel Cinema di animazione.

 

A proposito di inconscio è impossibile non consigliare un’altra opera folle, psichedelica, visionaria, un patchwork di tecniche di animazione differenti: Mind Game (2004) di Masaaki Yuasa, in merito al quale qui trovate un gustoso articolo del nostro Adriano Meis.

 

 


Cosa possiamo dire invece del Cinema di animazione giapponese contemporaneo?

 

Sono due i nomi che spiccano sugli altri: Mamoru Hosoda e Makoto Shinkai.

 

Il primo, dopo aver diretto due film dei Digimon e uno di One Piece, mostra la sua abilità artistica al mondo grazie a La ragazza che saltava nel tempo (2006).

 

In Wolf Children - Ame e Yuki i bambini lupo (2012) e The Boy and the Beast (2015) risalta soprattutto l’attenzione ai temi familiari e al conflitto generazionale, senza abbandonare lo sfondo fantasy.

 

Makoto Shinkai ha avuto una carriera in salita e, con sei film all’attivo, ha visto la sua fama ingigantirsi grazie al suo ultimo film Your Name. (2016), che ha ottenuto plauso e consenso pressoché immediato anche dal pubblico e dalla critica occidentale.

 

 

 

In realtà questa fiaba moderna sulla leggenda del filo rosso è stata comunque il culmine di un percorso sui rapporti umani, l’incomunicabilità e amori impossibili o quasi, portati avanti nei suoi film precedenti, temi osservabili particolarmente in 5 cm al secondo (2007).


Concludendo, è quasi impossibile stilare una Top 8 su 100 anni di Storia del Cinema di animazione nipponica.

 

Quello che si può fare però è individuare otto film che rispecchino le caratteristiche e gli stilemi del genere, sottolineandone dunque le potenzialità a 360°, e cercando di individuare quindi un film essenziale per ogni autore.

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Posizione 8

Your Name.

Makoto Shinkai, 2016

 

Le potenzialità del cinema contemporaneo. 

 

Posizione 7

Belladonna of Sadness

Eichii Yamamoto, 1973 

 

Roboante, erotico, psichedelico. 

 

Posizione 6

Akira

Katsuhiro Otomo, 1988

 

Fantascienza e distopia.

 

Posizione 5

L'uovo dell'angelo

Mamoru Oshii, 1985 

 

Una criptica e filosofica fiaba sulla fine della civiltà e dell'uomo. 

 

Posizione 4

Neon Genesis Evangelion: The End of Evangelion

Hideaki Anno, 1997

 

La conclusione di un percorso sulla psicanalisi e la religione. 

 

Posizione 3

Paprika - Sognando un sogno

Satoshi Kon, 2006

 

Una parata onirica nel profondo dell'inconscio. 

 

Posizione 2

Una tomba per le lucciole

Isao Takahata, 1988 

 

Un dramma storico e antimilitarista. 

 

Posizione 1

La città incantata

Hayao Miyazaki, 2002

 

Ambientalismo e una fantasiosa e stratificata critica sociale per grandi e piccini. 

 



Chi lo ha scritto

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46 commenti

Lorenza Guerra

5 anni fa

Awww, il gruppo rimane sempre nel cuore comunque ❤️

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Giuliana Zaccarini

5 anni fa

immagino che sia inevitabile lasciare fuori anche grandi capolavori in una Top8... semplicemente è il mio preferito di Kurosawa 😁

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Lorenza Guerra

5 anni fa

Uno per autore... altrimenti sarebbe stato impossibile! :(

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Nuriell

5 anni fa

Credo che sia il modo più semplice di dire esattamente quello, ovvero che sono film belli, interessanti e tutto ma in entrambi i casi non sono nulla di particolarmente innovativo e non hanno nulla di così trascendentale da meritarsi tutta l'ammirazione che hanno ricevuto.

Akira ara sicuramente d'impatto per l'epoca vista l'estrema violenza di certe scene e alcune scelte stilistiche (non per questo credo debba essere osannato), mentre La Città Incantata è stata uan delle pià cocenti delusioni che la Ghibli mi abbia fatto provare.

Ho visto tutti i film Ghibli, alcuni mi sono piaciuti tantissimo (tipo Nausicaa o Princess Mononoke), altri li ho detestati (vabbé, solo Laputa non mi è proprio piaciuto), ma La Città Incantata è un film talmente banale che me lo sono dimenticato subito, emozionalmente non mi ha detto nulla.

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Lorenza Guerra

5 anni fa

Ah, bel termine sopravvalutati senza dare alcuna argomentazione

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Tazebao

5 anni fa

Sì. Infatti risulta molto difficile scegliere solo otto film. Cosa pensi del film " La forma della voce"?

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Lorenza Guerra

5 anni fa

La mia top vale quel che vale. Preferisco anche io, ad esempio 5 cm al secondo a Your Name, ma mi è sembrato più appropriato per la questione del budget, del successo, ecc ecc...
Avevo pensato anche di scriverne una più in là sulle serie animate. E' un mondo che adoro.
Alla fine, come hai detto tu, ho cercato di condensare e trovare un criterio(non con pochi pentimenti, ma in queste cose se ci si rimurgina troppo non si riesce a raccapezzarsi)

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Lorenza Guerra

5 anni fa

Ero indecisa tra Hosoda, Shinkai e Yuasa per l'ultimo posto. E' stata una bella lotta.

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Lorenza Guerra

5 anni fa

Hai citato due grandissimi film (su Old Boy ho anche scritto, riguardo la scena del polpo) oltre che uno dei motivi per cui amo il cinema dell'Estremo Oriente

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valentina

5 anni fa

Secondo me Porco Rosso non è molto vicino agli altri che avete citato, è meravigliosamente leggero, una specie di favola moderna (e infatti è dello studio Ghibli).
Non ho capito se l'hai già visto o meno, ma in entrambi i casi dovresti dargli un'altra possibilità secondo me :)

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