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Il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali Alberto Bonisoli ha dichiarato che firmerà oggi un decreto in merito alla distribuzione cinematografica:
"Mi accingo oggi a firmare il decreto che regola le finestre in base a cui i film dovranno essere prima distribuiti nelle sale e dopo di questo su tutte le piattaforme.
Penso che sia importante assicurare che chi gestisce una sala cinematografica sia tranquillo nel poter programmare dei film senza che questi siano in contemporanea disponibili su altre piattaforme e quindi poter sfruttare appieno l’investimento che serve nel migliorare le sale, nel rendere sempre più ricche e sempre più emozionante sempre più in grado di dare un’esperienza unica”.
[Il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali Alberto Bonisoli]
Lo ha annunciato lo stesso Bonisoli in un video inviato in occasione della presentazione della ricerca AGIS/IULM “Spazi culturali ed eventi di spettacolo: un importante impatto sull’economia del territorio” che si è tenuta a Roma presso la Camera di commercio della Capitale.
Abbiamo già parlato in un articolo del cambiamento in atto per quanto riguarda la strategia distributiva di Netflix, ma in Italia adesso la piattaforma di Los Gatos, Amazon Prime Video e le altre concorrenti che arriveranno saranno costrette a sottostare a un decreto legge.
Il decreto cui si riferisce il ministro è quello attuativo della legge sul cinema, la 220 del 2016.
E riguarda solo i film italiani. Finora in Italia le finestre erano regolate, come in Germania, non da una norma scritta ma da una prassi, ampiamente rispettata: 105 giorni era il lasso di tempo riservato alla programmazione in sala, a partire dalla prima proiezione.
La regola viene certificata dal decreto: sono 105 i giorni previsti perché l'opera audiovisiva, il film mainstream, possa essere ammessa ai benefici che la legge riconosce ai film italiani (tax credit ecc).
Ma i termini sono ridotti a dieci giorni se l'opera è programmata solo per tre giorni (o meno) feriali, con esclusione del venerdì, sabato e domenica.
Di sessanta giorni, se l'opera è programmata in meno di ottanta schermi e dopo i primi ventuno giorni di programmazione, avendo ottenuto un numero di spettatori inferiori a 50mila.
La riduzione, poi, è ammessa solo se nel periodo di programmazione non è stata fatta attività di lancio e promozione sulla successiva disponibilità dell'opera attraverso fornitori di servizi di media audiovisivi.
Bonisoli ha proseguito dicendo che il suo Ministero è intenzionato a dare
“Un segnale di attenzione di quanto sia importante il lavoro che è stato svolto, di quanto sia importante ragionare sul ruolo e sul valore che viene trasmesso e distribuito sul territorio da una sala che organizza uno spettacolo teatrale o cinematografico”.
Un’attenzione, prosegue il ministro, che si traduce in
“Un impegno, da parte del Governo e da parte del mio Ministero in particolare, per aiutare le sale cinematografiche e gli spettacoli teatrali organizzati in tutte le città italiane a crescere e a diventare sempre più forti e capaci di realizzare la loro missione.
Con i produttori e con i distributori cinematografici stiamo lavorando per far sì che la prossima estate sia la prima vera estate del cinema italiano.
Il che vuol dire che titoli molto importanti, dei veri e propri blockbuster, cominceranno a essere offerti nelle sale cinematografiche a partire dal mese di agosto. Questa è la prima volta che accade ed è un problema che stiamo cercando di aiutare a risolvere per le sale cinematografiche perché così potranno avere una programmazione su più mesi e non avere questo grosso buco dal punto di vista gestionale che c’è oggi quando d’estate hanno purtroppo pochi titoli da offrire al pubblico”.
La reazione dell'ANAC, l'associazione degli autori, non si è fatta attendere:
È chiaro che per avere un’opinione più precisa sul provvedimento va conosciuta la durata delle diverse finestre tra un’uscita e l’altra e vanno valutati gli effetti sulla frequentazione in sala, ma il fatto nuovo è che con una legge si affermi il ruolo prioritario della visione su grande schermo.
Con questa norma l’Italia non arriva ancora ad eguagliare il sistema che vige in Francia ma si avvicina alle altre legislazioni europee".
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40 commenti
Nicolò Murru
3 anni fa
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Enrico Macchiarella
3 anni fa
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Davide Rancati
3 anni fa
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Matteo Tocci
3 anni fa
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Samuel De Checchi
3 anni fa
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BubbleGyal
3 anni fa
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Francesco Alfi
3 anni fa
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Danilo Canepa
3 anni fa
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Angela
3 anni fa
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Andrea Mazziotta
3 anni fa
Non sono sciuro di aver capito bene perchè non sono del settore, ma così serve a ben poco.
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Alex Peverengo
3 anni fa
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Claudio Serena
3 anni fa
Il ministro pensa, semplicemente, al lato economico-sociale della cosa. Un film distribuito in Italia "crea" ricchezza per il nostro paese solo se passa attraverso le sale. Le sale sono società italiane che pagano tasse in Italia, che hanno dipendenti assunti che pagano i contributi, che fanno circolare soldi sul territorio (IVA e tasse simili), e consideriamo anche l'indotto (ristoranti, vendita bibite e snack). Le piattaforme streaming non pagano nulla in Italia, nonostante i profitti che ricavano. (mai sentito parlare delle cause intentate dall'Europa ai colossi del web?)
Quindi la visione del discorso è molto più ampia rispetto al dito su cui soffermate il vostro sguardo.
Non è un decreto esclusivamente culturale o di protezione dell'arte cinematografica.
Sono d'accordo con il commento di George Nadir (commento più in basso).
Vedo un possibile boomerang nell'attuazione di questo decreto: se fosse una risoluzione solo italiana l'effetto potrebbe essere quello di far snobbare le sale e di mettere direttamente sulle piattaforme streaming i film. In fondo non possono obbligare la distribuzione in sala di tutti i film.
Se fosse un provvedimento a livello Europeo, o meglio globale, allora gli effetti sarebbero decisamente efficaci, permettendo davvero un cambiamento su quello a cui stiamo assistendo.
Chi parla poi di "libertà di azione" delle grandi società forse non ha capito ancora come funziona, o come dovrebbe funzionare, il mondo. Uno Stato DEVE tutelare gli interessi del proprio popolo.
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Enrico Liverani
3 anni fa
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ThePoleMan
3 anni fa
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George Nadir
3 anni fa
Certo, sarebbe possibile ed auspicabile se il Governo intraprendesse una strada di dialogo e compromesso con le grandi aziende di streaming. Se fosse una legge severa e imposta, il risultato sarebbe controproducente e ne uscirebbero vittoriose queste ultime, un po' come per i supermercati e centri commerciali che si sono 'guadagnati' la possibilità di tenere aperto quasi tutte le domeniche.
Preferirei anche io che prima dello streaming, i contenuti fossero distribuiti in sala, ma penso che non si possa imporre loro. L'unico potere sarebbe quello degli utenti, se fossimo uniti nel chiedere questo.
La parte dei film distribuiti anche di estate... purtroppo i mesi vuoti seguono molto il mercato imposto dai consumatori: le Major fanno uscire meno film perché meno persone vanno al cinema, col rischio di perdere introiti. A questo può fare ben poco una legge.
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Niccolò Nuti
3 anni fa
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Diego
3 anni fa
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Anacrusi
3 anni fa
Dato che il più grosso dei guadagni viene dallo streaming, perché rinunciare ad un periodo (ancora da capire) per la sola messa in scena in sala?
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Nuriell
3 anni fa
Questo decreto non sta né in cielo né in terra, al 99% non verrò convertito in legge vista la pura idiozia della cosa.
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Space
3 anni fa
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Marco Romano
3 anni fa
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Vi.
3 anni fa
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Wolvering
3 anni fa
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Filman
3 anni fa
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Elena Raffaele
3 anni fa
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Arianna
3 anni fa
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Saul Goodman
3 anni fa
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Gianluca Florio
3 anni fa
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IlBuonVecchioNick
3 anni fa
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