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Keira Knightley e il 'NO' alla Sirenetta Disney

Ghibli e Disney a confronto per capire se la discussione portata a galla da Keira Knightley ha una sua raison d'être.

Ognuno di noi ha, nel proprio cassetto emozionale, uno di quei discorsi che finiscono irrimediabilmente per costargli la stima di amici, parenti e sconosciuti.

Io ne ho uno, da anni.

Una personale tesi che, recentemente, è stata portata al suo massimo splendore da Keira Knightley. Perdonate se uso un po' di fanfare e fuochi artificiali, ma al cuore non si comanda e Keira fa cantare il mio cuor di tuscaloosa - semicit.  

 

Ospite al programma di Ellen DeGeneres, la Knightley ha, riassumendo, svelato che evita di mostrare a sua figlia due classici Disney: Cenerentola e La Sirenetta.

 

In uno la bella viene salvata da un ricco principe.

Nell'altro Ariel manda tutto in vacca per il sorriso di un bel bietolone dal temperamento mediterraneo; ironia della sorte.

In questo marasma di battaglie per i diritti della donna, il pubblico social si è immediatamente diviso riguardo la questione sollevata dall'attrice britannica.

 

Altra ironia: i più ostici sembrano gli uomini che, per qualche motivo, definiscono quest'uscita come “un femminismo del quale non abbiamo bisogno”.

 

In quanto pene-dotato, in quanto non vittima diretta perciò conscio di non sapere, trovo sempre molto comode certe posizioni.

In quanto pene-dotato, cerco sempre di stare nel merito e dissentire con i movimenti femministi quando si americanizzano e diventano vendicativi e passocheggianti, più che alla ricerca di giustizia.

 

Ogni estremo è un brutto estremo. Oppure, la strada dell'inferno è lastricata di buone intenzioni.

Fate un po' voi.  

 

 

 

 


Potete nascondervi dietro l'ingenuità dei concetti. Dietro le belle canzoni e i "sono solo favole".

Avete questo comfort, se volete, eppure vi si chiede di venire a patti con il fatto che quello che vediamo da bambini, quanto assorbiamo e cosa fruiamo, va a modificare sostanzialmente il nostro carattere ed i nostri valori.

 

I Disney Studios, che ora si fanno belli e cacciano James Gunn - uno che con i due Guardiani della Galassia ha scritto una delle serie più divertenti e moralmente e umanamente pregne di significati - hanno uno storico discutibile.

 

Lo studio di Walt è nato in un momento alla Mad Men, non certo un ambiente dove la donna era valorizzata e rispettata, e datate iconografie e cliché sulla figura della donna la fanno da padrone sui canovacci di molte favole Disney, vedi Cenerentola (1950), ma questo non giustifica la filmografia più recente.

 

Diciamo che anche La Bella e La Bestia (1991), dove il mostro vive in uno stramaledetto castello pieno di servitù ed è monarca di un regno, per quanto intriso di un certo moralismo Frankensteiniano, scritto da una donna ricordiamolo, ha sempre un messaggio di fondo un po' cringe.

Se applicassimo lo stesso principio utilizzato per il regista dei Guardiani della Galassia, ripescando concetti narrativi Disney che ora stanno tornando live action al cinema, dovremmo tutti boicottare la fabbrica di Topolino & Co.

 

È ovviamente una scemenza.

Saremmo delle bestie vendicative e non certo migliori di chi ha cacciato James Gunn.

Ci siamo su questo versante?  

 

Torniamo allo square one: la tesina.  

 

Quanto espresso da Keira Knightley, vi lascio qui sotto il video originale, è interessante ma incompleto, privo di un contrasto capace di far riflettere il pubblico.

Qualcosa che io ho trovato molto tempo fa in quello che ritengo, a furor di popolo, un vero genio della narrazione animata: Hayao Miyazaki.  

 

 

 

 

Inutile specificare la pelle d'oca che si alza ogni volta che penso al maestro. Allora, mentre batto sulla tastiera, vado su youtube e cerco il concerto di Joe Hisaishi, storico compositore di molte opere, a celebrazione dei 25 anni dello Studio Ghibli. Consiglio l'ascolto anche a voi.  

 

Da bambino, come tutti, ho fruito delle favole Disney e tutt'ora leggo Topolino e vado al cinema a vedere i film della combriccola del topo in calzoncini rossi, ma c'è un grosso "ma".

Parte della mia formazione è stata influenzata dall'animazione giapponese e in particolar modo dai lungometraggi dello Studio Ghibli, specialmente da quelli realizzati dal Maestro Miyazaki.

 

Ho trovato sempre affascinante la dicotomia tra bene e male. Il modo in cui ogni storia verte attorno a giovani protagonisti, spesso bambini altre volte adolescenti ma, soprattutto, donne.

Le donne sono il motore dei sogni, il catalizzatore che eleva tutto ad un livello di sensibilità e coraggio, oltre ogni valore.  

 

Le storie sono diametralmente opposte rispetto a quelle Disney, ma un'opera ben precisa riesce a creare un parallelo fra i due studios ed i due messaggi: il capolavoro del 1997 Princess Mononoke - avrei potuto tirare in cause anche Nausicaä della Valle del Vento, del 1984, ma questo film si presta più agilmente al parallelo.  

 

La Sirenetta (1989) e Princess Mononoke viaggiano su binari paralleli: entrambi raccontano la storia di una principessa chiamata a difendere il proprio regno, naturale, da un male esterno ed interno.

Entrambe hanno fra le loro mani l’amore di un principe.  

 

 

 

 


Ne La Sirenetta sappiamo tutti come Ariel, dotata di una superficialità imbarazzante da My Super Sweet 16, fra un granchietto canterino ed un prolisso gabbiano, finisca con il mandare in vacca il suo regno per un belloccio, senza nemmeno battere ciglio e senza prendere responsabilità dei suoi doveri.

 

Importante sottolineare come sia sempre lui, in ogni dinamica, in una posizione di potere.

Il regno del mare è quasi accessorio e importante solo per il popolo del mare e per la principessa.  

 

In Princess Mononoke il livello morale gioca su un campo completamente diverso.  

 

Partiamo dal principe.

Il Principe Ashitaka è un guerriero. Un uomo d'onore, disposto a sacrificare se stesso per un bene più alto, ovvero quello del suo villaggio.

Maledetto e destinato a una fine orrenda, esiliatosi, divenuto vagabondo, alla ricerca di qualcosa che il fato vuole fargli vedere "con occhi non velati dall'odio".  

 

Nel suo viaggio scoprirà la guerra dell'uomo contro la natura, contro la terra stessa e contro Dio, trovando una giovane donna, un'umana, cresciuta tra gli spiriti della foresta e motivata a combattere, a costo della sua vita, per preservare la sacralità della natura: la Principessa Mononoke.  

 

 

 

 

 

Ecco la nostra principessa.

Quella che mi ha formato.

Detta anche la Principessa Spettro, Mononoke è pura, è una guerriera motivata a difendere ciò in cui crede, mettendo sempre e comunque al primo posto la sua scelta morale e ciò che sa essere importante non tanto per se stessa, ma per il bene superiore del mondo. Di mezzo non ci sono regni, castelli, sudditi e big money.  

 

Il Principe Ashitaka non può fare altro che innamorarsi della determinazione e della forza della ragazza, combattendo al suo fianco, cercando una soluzione alla sua battaglia e infine rischiando la sua stessa vita pur di salvare quella della Principessa.

Non solo per amore, ma perché ne comprende l’importanza all’interno dell’equilibrio delle cose.  

 

Mononoke riconosce il cuore di Ashitaka, un uomo dall'animo bianco lontano dalle idiosincrasie, da lei tanto odiate, degli esseri umani, trovando nei suoi occhi quello sguardo non velato dall'odio che il destino aveva preteso dal suo percorso.  

 

Il film del Maestro Miyazaki lascia intendere che, forse, Mononoke abbia iniziato a nutrire dei sentimenti per il principe.

 

Eppure esiste qualcosa di più grande ed importante, cioè la foresta, gli spiriti ed il Dio della Foresta.

Il suo regno da difendere.

Lei è la Principessa Mononoke, la Principessa Spettro, ed il suo destino è quello di vegliare su quanto di sacro ci è concesso avere su questa terra.

Contrariamente a quanto avviene ne La Sirenetta, la moralità e gli insegnamenti messi in gioco sono molto più alti, tenendo centrale la figura della donna ed equiparandola a quella dell'uomo.

 

La Principessa Spettro diventa quasi mistica, radiosa nell'epicità della sua leggenda, il primo piano di una storia dove il Principe non è soluzione.

Oltretutto il film si bilancia, mettendo a contrasto la figura dell’uomo contro quella della natura in quanto razza e non sesso, come fa a volte la Disney quando ha cercato letture più complesse.

 

A capo degli esseri umani, del progresso e della guerra, c’è una donna, una comandante, una guerriera con una moralità stratificata.    

 

 

 

 


Lascio ad altra sede l’analisi, molto più ampia, di tutti i significati dietro il film.

Sono tanti ed importanti e non sono tutti necessari al parallelo ed al punto di questa discussione.

I film del Maestro Miyazaki hanno sempre avuto una moralità superiore a quella dei classici Disney e continuano ad averla, veicolando i loro messaggi attraverso opere d'animazione che si vogliono proporre al pubblico più giovane, ma non dimenticando quello adulto.

 

Le due storie messe a confronto, simili nell’idea di base, dimostrano un livello di coscienza ben più complesso, lanciando messaggi educativi per tutti, attraverso azioni che non sono palesemente schierate verso un'ideologia reazionaria rispetto agli eventi del presente, ma cercano elaborazioni e significati alti che siano, in quanto tali, universali.

 

Il modello Pixar, come ha palesato John Lasseter nell’esprimere la sua passione per il Maestro giapponese e portando i suoi film a concorrere per gli Oscar, è palesemente derivativo e semplificazione di quella logica di cinema.  

 

La Principessa Mononoke sarà ora e per sempre la mia principessa, il riferimento morale che Keira Knightley potrebbe dare alle sue figlie e che, forse, molti genitori dovrebbero cominciare a guardare per il bene dei propri.

 

 

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12 commenti

Jude

5 anni fa

L'ho detto perché moltissimi "classici" Disney si muovono su quegli stereotipi e perché, nonostante questo, sono proprio questi film che vengono sempre e comunque riproposti come pietre miliari dell'educazione dei bambini (della serie "non posso non far vedere ai miei figli questi film con cui tutti noi siamo cresciuti!"). 
Dici bene quando parli delle moltissime alternative che ci sono, soprattutto al giorno d'oggi, ma mi sembra innegabile che i film Disney siano praticamente sempre al primo posto rispetto a un film di Miyazaki o di altre case di produzione! Se un genitore compra o procura al figlio tutti i classici Disney (che quindi potenzialmente può rivedere all'infinito) e gli dà magari poche possibilità di vedere altro (per i più svariati motivi, magari nemmeno per "colpa" del genitore ma delle circostanze), è ovvio che il bambino si sentirà inevitabilmente più legato ai primi e che farà fatica a metterne in discussione una ventina, di fronte magari a uno o due che si discostano dal modello. Poi per carità, sono pareri personali, però ci tenevo a chiarire

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Jude

5 anni fa

Capisco le tue ragioni, ma resto comunque dell'idea (maturata con l'esperienza come babysitter) che i bambini siano molto di più intelligenti e intuitivi di quanto si tenda a pensare, quindi dire che per loro si tratta solo di "storie" mi sembra parecchio riduttivo. Poi ognuno recepisce e interiorizza i messaggi che riceve a modo suo, però dal momento che i cartoni animati sono tra le fonti primarie di conoscenza dei meccanismi socio-relazionali di cui i bambini dispongono, porci attenzione mi sembra il minimo. Grazie comunque per la risposta!

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Il problema è che dici "se proponi ad un bambino SOLO quei modelli", perchè un bambino dovrebbe vedere solo quei film là? Ormai ci sono tanti di quei film d'animazione (mi fermo a quelli senza entrare negli altri tipi di cose che un bambino può guardare oggi) che si basano sui temi della parità tra uomo e donna, che guardare Cenerentola o La Sirenetta non sarebbe nulla di preoccupante.

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Luca Buratta

5 anni fa

Prego, colgo anzi l'occasione per farti i complimenti per l'articolo, interessante e che solleva una questione non banale. 
Concordo sulla Pixar, tra l'altro parliamo qui di una casa di produzione che ha mantenuto più o meno - diciamo sempre a parte Cars - una sorta di percorso autoriale ben definito sia nelle tematiche, sia nella narrazione, sia nell'impostazione visiva: una cgi sempre più vicina al fotorealismo che dà vita a veri e propri "micromondi" paralleli che servono da cartina di tornasole per il nostro mondo. Il recente Coco è un ottimo esempio, come lo era ancor meglio Inside Out, film che sinceramente credo siano molto più apprezzabili da un adulto che da un bimbo. 
Io credo che ormai siamo fin troppo sensibili su qualunque argomento che sfiori anche solo vagamente il tema del femminismo, tanto da vedere mostri anche dove non ci sono. Francamente non vedo come una bambina di 6 o 7 anni, dopo aver visto Cenerentola, possa trarre la conclusione - e svilupparne una fede incrollabile per tutto il resto della vita - che il suo obiettivo per l'esistenza sia trovarsi un bel principe, possibilmente ricco, e dipendere in tutto e per tutto da lui. Sarebbe come dire "evito di farle vedere Mulan perché altrimenti a vent'anni si rasa a zero e mi entra nell'esercito". La mente dei bambini è una spugna, verissimo, ma parliamo sempre di un film, che rimarrà impresso nella sua memoria ma difficilmente lascerà un'impronta tanto importante. Da piccolo ero un malato totale per Batman, roba da passare ore e ore davanti allo schermo, ai fumetti, avrò fatto spendere a mio padre milioni di lire in giocattoli, ma ora non giro per tetti di notte, se assisto ad un crimine me la faccio sotto. Il retaggio culturale occidentale, e il ruolo della donna nella nostra società, ha radici ben più profonde e concrete di un paio di film Disney.

 Comunque sia, ognuno sa cosa è meglio per i propri figli. Tra parentesi, secondo me non si perdono nulla. Sono altri i film Disney fondamentali 😁.

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Nuriell

5 anni fa

Io vedevo film come La Sirenetta e non mi hanno infuso quei dogmi, perché per i bambini è solo una storia e non gli insegna ad essere così, siamo noi che lo pensiamo.

Ovviamente se fai vedere forzatamente a tuo figlio solo titoli che mostrano, chessò, le donne come "oggetti", allora sì che puo' succedere ma ci vuole tempo ed è una scelta del genitore, è lui che sbaglia.
 
Qualche film o libro non fa danno, soprattutto se coi bambini si parla.

L'articolo non mi è piaciuto perché da troppa mportanza al messaggio del singolo film per bambini che non possono davvero cogliere la cosa lasciando il vero problema, le scelte passive dei genitori, fuori dal'equazione.

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Claudio Serena

5 anni fa

il "punto uno" non era rivolto all'articolo, scritto in maniera equilibrata, ma ad alcuni commenti (non esclusivamente di questo sito).

Penso che il tema "educazione figli" sia estremamente complesso. Possiamo fare il massimo per cercare di spiegar loro le cose e provare a "passargli" dei valori. Ma poi spetterà a loro diventare le persone che vogliono.
Io, come dicevo, sono cresciuto con i cartoni giapponesi e non credo di essere uscito malissimo. Non è certo solo quello che fa parte della formazione di un piccolo uomo/piccola donna.

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Ciao Claudio, grazie per il commento.
Mamma Keira puó decidere quello che ritiene piú giusto, come puntualizzi tu. Ci mancherebbe altro.

L'obiettivo del pezzo é quello di fare un gioco, uno scambio culturale tra gli archetipi narrativi, per provare a capire cosa ci puó essere di fondato nella questione sollevata dalla Knightley. Come dico nel pezzo, lei non propone una soluzione che non sia il "vendicativo" boicottaggio. É sempre meglio prendere in esame le cose, oltre al fatto che probabilmente i nostri figli non vorranno vedere quello che piaceva a noi. Mio padre guardava il carosello, ma non mi ha mai forzato a fare altrettanto.

I cartoni giapponesi sono complessi. Lupin l'ho visto milioni di volte.
Credo che spesso esageriamo nella valutazione dei contenuti che sottoponiamo ai piú piccoli. Sono molto piú intelligenti di quanto vogliamo credere ed hanno bisogno di protezioni diverse e credo che vedere qualcosa di cosí diverso ed opposto, come un cartone giapponese, possa tenere aperta una mente che tenteranno di chiudere altrove.
Credo che quando educheró della prole cercheró di fare di tutto affinché siano migliori di me e non come me, evitando d'imporre i miei modi ed i miei eroi. Troveranno i loro ed é quello che ha dimenticato mamma Keira: probabilmente a loro di vedere la Sirenetta frega davvero poco.

PS: scusa per gli accenti a casaccio, ma digito da una tastiera con layout internazionale.

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Luca, grazie per il commento.
Mi trovo molto in sintonia con quanto dici.
Hai portato l'esempio di Zootopia che é eccellente. La vera evoluzione Disney. Molto piú del tanto osannato Frozen, a mio parere.
Come dcio nel pezzo, peró, quella cosa é figlia di:
1) Pixar che per anni ha tirato fuori quel genere di storie
1.2) Come dico nell'articolo, la Pixar, come Lasseter ha detto spesso, é andata a scuola dall'animazione Giappo, portando una logica di scrittura che fosse piú stratificata e che potesse parlare a tutto il pubblico.

Quello che volevo fare con questo articolo, era giocare con le mescolanze culturali e narrative. Vedere come i due mondi possono collidere e, soprattutto, proporre una soluzione ad una protesta della Keira che, per quanto legittima o non legittima, manca di una soluzione.

PS: chiedo scusa per gli accenti random, ma sto digitando da una tastiera uk XD

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Jude

5 anni fa

Cosa c'è di profondamente sbagliato nell'articolo?
Premetto che non mi trovo d'accordo con te, come ho già esposto in un altro commento, ma sono sinceramente curiosa di capire cosa ti induce ad affermarlo. È sbagliata l'idea di proporre ai bambini modelli diversi e lontani dai soliti stereotipi occidentali?

Comunque apprezzo l'idea di spiegare ai bambini cosa - a nostro giudizio - non va in un certo film, ma credo che sotto gli 8/9 anni non si abbiano ancora gli strumenti critici necessari per auto-imporsi di non "assorbire" passivamente quello che si guarda in tv. Anzi, forse una spiegazione di questo genere mi sembra più simile a un "mettere pensieri di adulti nella testa de bambini", piuttosto che il proporre modelli diversi che possono loro stessi confrontare tra loro e giudicare senza "interventi dall'alto". No?

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Jude

5 anni fa

Il parallelismo con Basil l'investigatopo (che io personalmente ho sempre adorato) lo trovo piuttosto fuori luogo, dal momento che io parlavo di riferimenti socio-culturali (quindi di modelli che ti aiutano a capire qual è il tuo ruolo nella società e come ci si aspetta che ti comporti all'interno di essa) e non di altro, come in questo caso la professione. 

Comunque capisco la tua critica, e non posso dirti che hai tutti i torti (io ad esempio ho guardato tutti i classici Disney eppure lavoro per la parità dei sessi), però io resto piuttosto convinta che se tu proponi a un bambino solo un certo modello (per le femmine quello della principessa che deve essere bella e ubbidiente e che ha sempre bisogno di qualcun altro che la tolga dai guai perché lei non ne è in grado; per i maschi quello dell'eroe senza paura che deve avere successo in ogni cosa che fa e non deve mai mostrarsi debole), da grande farà sicuramente molta fatica ad allontanarsi da quei modelli che ha ormai introiettato e che agiscono su di lui a livello quasi inconscio. La mia chiusa nel commento precedente era da intendersi più che altro come un "non è detto che, se è sempre stato così, allora non può e non deve cambiare; e soprattutto non è detto che questa consuetudine sia sempre la scelta migliore possibile".

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