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Gran Torino e la redenzione secondo Clint Eastwood

Alla (ri)scoperta di uno dei migliori film del regista

Gran Torino è indubbiamente una delle cime artistiche più alte raggiunte da Clint Eastwood, che nel primo decennio del XXI secolo ha rafforzato, qualora ce ne fosse stato bisogno, il suo status di autore.


Nel 2008, dopo essersi dedicato alla Seconda Guerra Mondiale col dittico Flags of Our FathersLettere da Iwo Jima e aver realizzato il dramma sociale Changeling con Angelina Jolie, Eastwood decise di portare sul grande schermo una sceneggiatura firmata da Nick Schenk (che dieci anni dopo sarebbe tornato a collaborare con Eastwood per The Mule - Il corriere), incentrata su un veterano della guerra di Corea

 

[Il trailer di Gran Torino]

 

 

Walt Kowalski, questo il suo nome, vive in un quartiere periferico di Detroit popolato perlopiù da immigrati di origine asiatiche e con un forte tasso di violenza giovanile.

 

Caratteristica peculiare di questo personaggio è la scarsa tolleranza nei confronti della diversità e del prossimo in generale. 

Un uomo burbero e razzista, dunque, che ha come principali passioni la birra, le armi e una Ford Gran Torino alla quale dedica grandi attenzioni.


Quando un giovane di nome Thao (Bee Vang) proverà a rubare l'auto su ordine di alcuni suoi coetanei poco raccomandabili, qualcosa scatterà in Walt: l'uomo deciderà di prendersi cura dell'adolescente, al fine di sottrarlo a un destino che potrebbe rivelarsi nefasto.

 

Questa scelta, tuttavia, non sarà priva di conseguenze.

 

 

["You've got to ask yourself one question: 'Do I feel lucky?' Well, do you, punk?"]

 

 

Si potrebbe dire che quello di Walt sembra un ruolo cinematografico ideato su misura per Eastwood, il quale ha costruito la sua fama da attore su personaggi che preferiscono affidarsi all'azione piuttosto che al dialogo, disposti anche a infrangere regole e leggi pur di perseguire ciò che per loro è giusto.

 

A prima vista il suo Walt di Gran Torino è un individuo del quale non è consigliabile suscitare la collera (come egli ricorda in maniera più colorita a un gruppetto di teppisti in una scena del film); in questo ricorda Harry Callaghan, ispettore dai metodi poco ortodossi - chiaramente fascisti, secondo alcuni recensori statunitensi e non solo - al quale Eastwood ha prestato corpo e voce nei cinque film della saga action a lui dedicata, e realizzata a cavallo fra gli anni '70 e '80.

 

Il rapporto con Thao, un emarginato che troverà il suo posto nella società proprio grazie all'aiuto di Walt, potrebbe invece ricordare allo spettatore quello instauratosi fra l'allenatore Frankie Dunn e la pugile Margaret Fitzgerald (Hillary Swank) in Million Dollar Baby: una pellicola toccante, grazie alla quale Eastwood trionfò agli Oscar del 2005 nelle categorie Miglior Film e Migliore Regia.

Non si va troppo lontano dal vero se si ammette dunque che Walt Kovalski è un sunto di alcuni celebri personaggi eastwoodiani duri e puri.

Ma fermarsi qui sarebbe riduttivo e non gli renderebbe giustizia.

 

Infatti, il Walt Kowalski interpretato da Eastwood in Gran Torino è molto più complesso di quel che può sembrare a prima vista: non è un uomo tutto d'un pezzo come vuole apparire agli occhi della famiglia di etnia Hmong, che abita nella villetta accanto alla sua; è in realtà lacerato nel suo animo da profonde tensioni, derivanti soprattutto dal rapporto conflittuale con i figli e da un tumore ai polmoni che lo sta divorando lentamente.

 

 

[Quella fra Thao e Walt è molto simile a una relazione padre-figlio, della quale hanno bisogno entrambi]

 

 

Thao, seppur approcciandosi a lui in modo errato, riesce a risvegliare l'umanità sopita di Walt.

 

A parere di chi scrive, Gran Torino veicola un messaggio di fondamentale importanza per la convivenza pacifica fra persone diverse per etnia, età, sesso e religione: le barriere della discriminazione devono essere abbattute, se si desidera costruire un mondo migliore.

E la metamorfosi di Walt a tal proposito è significativa.

 

Forte anche della sua esperienza in Corea, il protagonista nutre sì un malcelato disprezzo per gli abitanti asiatici del quartiere, a suo giudizio tutti uguali e tutti stupidi; tuttavia, tale sentimento scomparirà quando inizierà a frequentare la casa di Thao, conoscendo la sorella Sue (Ahney Her), la madre e la nonna.

 

Tutto questo a testimonianza del fatto che il razzismo non ha basi scientifiche, ma nasce semplicemente dall'ignoranza (intesa soprattutto come scarsa conoscenza dell’altro da sé).

L'amicizia di Walt e Thao in Gran Torino risalta ancor di più se si pensa al contesto che le fa da cornice: il quartiere popolare di Highland Park in cui si muovono i protagonisti è un ambiente spoglio e degradato, di un grigiore che si riflette anche nella fotografia desaturata a opera di Tom Stern (una scelta cromatica che il DoP ha in precedenza adottato anche per Lettere da Iwo Jima).

 

Così, sotto l’ala protettiva di Walt, fra un lavoretto domestico e un taglio di capelli dal barbiere, Thao riesce ad allontanarsi da cattive abitudini e sgradevoli compagnie, pur dovendo pagare per questo un prezzo più alto del previsto.

 

 

[Eastwood e Tom Stern a lavoro sul set di Gran Torino]

 

 

I temi trattati da Gran Torino non sono quindi esattamente leggeri, andando a esaminare ancora una volta - dopo Mystic River e Million Dollar Baby - problematiche riguardanti la società statunitense e non solo (i film precedentemente citati avevano come argomenti centrali la pedofilia e l’eutanasia).

 

Detto questo, la visione non risulta noiosa, anche grazie al ritmo della narrazione che diviene sempre più serrato man mano che si sviluppa la storia.

 

Il crescendo di emozioni contrastanti troverà il suo apice nel finale dai contorni epici, che richiama i vecchi duelli all'ultimo sangue di quei western che hanno contribuito a lanciare la carriera di Eastwood. 
Nonostante i suoi buoni intenti, all'uscita di Gran Torino non mancarono critiche riguardanti la rappresentazione della comunità Hmong (proveniente dal Laos, come spiega Sue a Walt), accusata di essere in certi frangenti del film stereotipata.

 

Bee Vang rilasciò addirittura delle dichiarazioni secondo le quali gli attori e le attrici Hmong coinvolti nelle riprese furono isolati dal resto del cast e dalla troupe, che ignorò i loro consigli riguardanti la corretta descrizione di usi e costumi di tale etnia.

 

 

[La Ford Gran Torino in bella mostra alla presentazione del film]

 

 

Polemiche a parte, Gran Torino a oggi è uno dei maggiori successi commerciali di Clint Eastwood; il pubblico premiò la bontà dell'opera e anche i critici espressero numerosi apprezzamenti, anche se la pellicola - contrariamente a quanto ci si aspettava - non ebbe alcuna nomination agli Oscar del 2009.

Fortunatamente non sono i premi vinti a decretare la grandezza di un film.

 

Gran Torino è un film da scoprire o riscoprire, in un'epoca dove gli uomini - per citare il grande Martin Luther King - sanno volare come gli uccelli e nuotare come i pesci, ma ancora non sanno vivere come fratelli.

 

 

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