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Le Mans ’66 - La Grande Sfida: le vicende nel mondo dei motori che nel 1966 interessarono Ford e Ferrari, diretti rivali alla 24 Ore di Le Mans '66: gare automobilistiche con un'attenzione particolare al lato umano dei personaggi coinvolti.
Sfide impossibili, quelle contro l’eterno vincitore, sempre lassù ad occupare il gradino più alto del podio, quello brillante e inarrivabile agli occhi di tutti, quasi una divinità. Storie di fatica, sudore e competizione, incertezze e convinzioni, quelle che hai solo tu, tu solo contro il mondo, storie di notti di lavoro e infinita passione, unico motore trainante.
Se amate tutto ciò, Le Mans ’66 - La Grande Sfida (titolo originale Ford v Ferrari) è ciò che fa per voi.
Siamo nel 1966 e la 24 Ore di Le Mans è praticamente monopolio della Ferrari che sta vivendo il suo maggiore periodo di gloria avendo già vinto ininterrottamente tutte le edizioni della gara francese dal '60 al '65.
[Trailer ufficiale di Le Mans ’66 - La Grande Sfida]
La casa automobilistica Ford, guidata da Henry Ford II (un convincente Tracy Letts, già visto in Lady Bird, The Post), figlio del più famoso Henry Ford senior, fondatore dell'azienda, sta invece vivendo un momento di crisi.
Bisogna rimboccarsi le maniche e trovare una soluzione, anche perché il padrone di casa sembra decisamente poco contento.
In quel periodo tutte le case automobilistiche guardavano alla Ferrari come un sogno irraggiungibile, l'asintoto verso cui tendere e provare ad avvicinarsi sempre più, sapendo però che, anche con infiniti sforzi, sarebbe stato impossibile arrivare al suo stesso livello.
[Un grande Christian Bale in Le Mans ’66 - La Grande Sfida]
La rassegnazione e il senso di impotenza che chiunque nell'ambito dei motori aveva nei confronti dell'azienda italiana vengono espressi bene in una scena di Le Mans ’66 - La Grande Sfida in cui, durante una riunione, viene fatto notare che la Ferrari realizzava una sola macchina da corsa all'anno, quella vincente, la Ford produceva macchine per tutti i giorni.
È come se in un incontro di pugilato ci fossero un agonista all'angolo blu e un dilettante all'angolo rosso: è un confronto senza senso.
Per l'agonista il pugilato è la sua vita, fa quello durante tutto l'anno, tutti i giorni dell'anno e imposta ogni singola giornata al fine di vincere l'incontro che si terrà tra alcuni mesi.
Il dilettante va in palestra per tenersi in forma, per scaricarsi dallo stress quotidiano, gli piace quello sport, sì, ma salire sul ring non è il suo obiettivo.
[Tracy Letts nei panni di Henry Ford II in Le Mans ’66 - La Grande Sfida]
Ed è proprio questo, una questione di obiettivi diversi: Ferrari costruiva vetture per vincere le corse, Ford per portare persone in giro in città, le stesse persone che però non erano più interessate ad acquistare le automobili di quella scuderia mai sul podio.
Nella mente della gente c’era Ferrari, c’era la voglia di condividere e possedere un pezzettino di vittoria: ecco l’intuizione.
Il 1966 fu l’anno della svolta per la Ford.
Dopo un fallimentare tentativo di accordo con la casa del Cavallino Rampante, dopo essere stati invitati a tornarsene in America in maniera tutt’altro che gentile dal grande capo in persona, Enzo Ferrari (bene interpretato dal nostro Remo Girone), la squadra del Michigan ottiene da Henry Ford II il via libera per costruire in novanta giorni una vettura da corsa in grado di correre la 24 Ore di Le Mans e battere gli italiani: la Ford GT40.
[A destra Remo Girone che veste i panni di Enzo Ferrari in Le Mans ’66 - La Grande Sfida]
Questo è ciò che dà il la alle vicende successive in cui spiccano i veri protagonisti di Le Mans ’66 - La Grande Sfida: Matt Damon interpreta l’ex pilota di casa Ford, Carroll Shelby, Christian Bale veste i panni (stavolta di taglia S) del meccanico e pilota Ken Miles.
Le cose tra i due non partono benissimo, non è facile avere a che fare con l’irascibile Miles che va subito in escandescenza quando si parla di motori.
E se Miles sta ad un motore a benzina, il suo rapporto con Shelby è più come un motore diesel: ci mette un po’, ma piano piano si trasforma in una profonda amicizia, mai confessata ma pregna di reciproca e silenziosa fiducia.
Un rapporto di condivisione di una passione che porterà entrambi a fare scelte importanti, a rischiare e ad agire come non si sarebbero mai aspettati da loro stessi.
[Duello di talento tra Damon e Bale in Le Mans ’66 - La Grande Sfida]
I fatti narrati sono quelli realmente accaduti nel mondo dell’automobilismo nel 1966, in sceneggiatura sono ovviamente state prese delle libertà, ma assolutamente nulla di cui lamentarsi.
La forza di questo film non è nella trama: se un appassionato di cricket che non fosse al corrente dell’invenzione della ruota andasse a vederlo, sono sicura che uscirebbe dalla sala con la voglia di andare ad approfondire il mondo delle corse.
Le Mans ’66 - La Grande Sfida è la celebrazione della passione in senso lato.
È come un amico brillante nell’informatica che ti fa esclamare “Wow!” quando ti racconta del suo lavoro, anche se tu hai imparato ieri lo shortcut per chiudere le finestre a icona.
È un nonno che ti racconta con gli occhi lucidi come ha passato una vita a restaurare mobili, anche se tu conosci appena il profumo del legno visto che la tua casa è fatta di truciolato.
È ricevere una dichiarazione d’amore inaspettata che ti fa svegliare e capire che forse l’interesse è ricambiato anche da parte tua… solo non ci avevi mai fatto troppa attenzione!
Le Mans ’66 - La Grande Sfida è uno sguardo verso un mondo pazzo come quello dei motori, uno sguardo che parte curioso, un po’ in punta di piedi, e finisce per emozionare fino a che lo spettatore non sente di voler correre insieme ai protagonisti.
Tu, lì, sulla poltrona del cinema, a un certo punto vorresti davvero avere un casco in testa e dei pedali davanti a te.
[Una scena di Le Mans ’66 - La Grande Sfida]
Scavare a fondo nella mente degli esseri umani fino a capire perché certe persone si spingano a compiere certe esperienze avvicinandosi a limiti di non ritorno non è facile.
E la voce fuori campo è un espediente che in Le Mans ’66 - La Grande Sfida calza a pennello, perché chi meglio del folle può provare a spiegare le sue intime ragioni?
Ken Miles:
“There’s a point, at 7000 rpm, where everything fades.
The machine becomes weightless.
It disappears.
All that’s left, a body moving through space, and time.
At 7000 rpm, that’s where you meet it.
That’s where it waits for you.”
C'è un momento, a 7000 giri al minuto, in cui tutto svanisce.
La macchina diventa senza peso.
Scompare.
Tutto ciò che rimane, un corpo che si muove attraverso lo spazio, e il tempo.
A 7000 giri al minuto, è lì che lo incontri.
Ecco dove ti aspetta.
In Le Mans ’66 - La Grande Sfida le corse di automobili sono collaterali, non rappresentano il fulcro.
Sono la tenacia e la caparbietà di voler raggiungere un obiettivo, l’amore per una disciplina, i sacrifici per ottenere un risultato, giorni a lavorare, notti a lavorare.
È l’adrenalina pre, durante e post gara, è perdere le staffe quando al primo giro della competizione più importante non ti si chiude la portiera dell'auto, una svista così sciocca!
La tensione di uno, le emozioni di uno, il pilota, sentite da chi è fisicamente nel box del paddock, sugli spalti, a casa sul divano, ma in macchina con lo spirito.
Sono queste cose che rendono Le Mans ’66 - La Grande Sfida appetibile e soprattutto entusiasmante per chiunque.
Matt Damon e Christian Bale non sono certo dei novizi sulle scene, forse non ci si dovrebbe stupire delle loro notevoli interpretazioni.
Eppure…
La prova di Bale in Le Mans ’66 - La Grande Sfida è impeccabile.
Un personaggio curato in tutto: dall’accento di Birmingham ai movimenti corporei poco aggraziati di chi è abituato ad avere a che fare con macchine più che con persone, dalla mimica facciale con espressioni dure alle diverse maschere che indossa in base all’interlocutore con cui si interfaccia.
È dolce e cauto con la moglie Mollie (una cinica ma premurosa Caitriona Balfe), tenero con il figlio Peter (Noah Jupe, già visto in Suburbicon, A Quiet Place - Un Posto Tranquillo), ma aspramente ironico con tutti gli altri membri della Ford e, a tratti, non risparmia neanche l’amico Shelby.
Bale trasmette perfettamente tutto ciò in Le Mans ’66 - La Grande Sfida rendendoci impossibile non amare il suo personaggio dotato di fermezza morale e fedele ad alcuni principi per lui invalicabili, nonostante a volte i suoi modi di agire non siano precisamente convenzionali.
Ma com’è stato possibile tutto ciò?
Un film che parla di macchine ma che non è solo di macchine, in cui i protagonisti sono due fanatici di motori ma di cui risalta tanto il lato umano, la loro interiorità.
Vi dice niente James Mangold?
Eh già: proprio il regista di Walk the Line - Quando l’Amore Brucia l’Anima e Logan – The Wolverine (per cui nel 2017 ricevette la nomination all’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale) che di Le Mans ’66 - La Grande Sfida firma regia, produzione e accompagna Jez Butterworth, John-Henry Butterworth e Jason Keller nella sceneggiatura.
Non potevamo non aspettarci da lui una narrazione così attenta al lato umano dei personaggi e alle relazioni tra essi.
Menzione speciale per Marco Beltrami (Free Solo, Quel Treno per Yuma per cui nel 2008 ricevette la nomination all’Oscar per la Miglior Colonna Sonora, Logan – The Wolverine, A Quiet Place - Un Posto Tranquillo).
Beltrami ha composto le musiche del film accompagnato dal suo ormai fedele compagno di creazioni musicali Buck Sanders (The Hurt Locker per cui nel 2010 ricevette la nomination, insieme a Beltrami, all’Oscar per la Miglior Colonna Sonora).
Immersi negli anni ’60, in Le Mans ’66 - La Grande Sfida veniamo improvvisamente catapultati sui frenetici circuiti automobilistici stando al passo con quella Ford GT40 e i suoi “7000 rmp” anche grazie alle musiche del compositore che incalzano giocando con percussioni metalliche, suoni elettronici e chitarre impazienti.
Musiche che però sanno anche lasciare andare nei momenti in cui l’adrenalina cala e tutto rallenta, quando tutto torna ad avere il tempo naturale di un tramonto sul circuito, di due chiacchiere con tuo figlio, di un ballo al buio dell’officina appoggiato goffamente ai fianchi di tua moglie.
[Da sinistra verso destra: i veri Ken Miles e Carroll Shelby]
Le Mans ’66 - La Grande Sfida parla a chi è disposto a tutto pur di raggiungere il proprio obiettivo, anche quando tutti lo credono folle.
A chi investe tempo, denaro, energia.
Relazioni.
A chi vuole andare su Marte, a chi sciopera per l’ambiente, a chi si vuole laureare, a chi nella vita recitare, scrivere, cantare.
Alle redazioni che scrivono di Cinema, che partono da niente e diventano tanto.
Alla passione tutta.
"Out there is the perfect lap.
You see it?"
Là fuori c'è il giro perfetto.
Lo vedi?
8 commenti
Erica Salvino
4 anni fa
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Morena Falcone
4 anni fa
Non che secondo me abbia possibilità di vincere e, sinceramente, non tifo neanche per lui, ma solo contenta per la nomination! :)
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Sasuke
4 anni fa
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Morena Falcone
4 anni fa
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Morena Falcone
4 anni fa
Personalmente non ho notato alcun calo di ritmo, anzi, ho trovato notevole la capacità di far rimanere per tutto il film lo spettatore con gli occhi incollati allo schermo senza mai far percepire un momento di noia, calma a volte (del resto anche le macchine da corsa ogni tanto entrano nel pit) ma solo per poco.
Per quanto riguarda l’adattamento italiano non posso giudicare dal momento che ho visto il film in lingua e, in quel caso, le parti in italiano funzionavano molto bene.
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Andrea Mauri
4 anni fa
Le Mans '66 - La Grande Sfida è davvero un gran bel film.
Mea culpa o mia fortuna - vedetela come volete - mi ero informato al minimo su questo film e, con alle spalle la sola visione del primissimo teaser e la notizia dell'adattamento del titolo italiano, ma soprattutto in virtú del titolo originale - Ford v. Ferrari - avevo sviluppato una certa idea/aspettativa sulla pellicola che con mio grande piacere è stata quasi subito ribaltata.
Le Mans '66 non è un film sulle vicende che portarono alla famosa gara, ma un film sugli UOMINI che furono protagonisti di tali vicende.
Non è un caso che Bale/Ken Miles e Damon/Carroll Shelby giganteggino, con due prove davvero di livello, e guidino - mai termine è piú appropriato - il film insieme ad un cast di comprimari di ottimo livello che porta sullo schermo personaggi ben caratterizzati, ma che tuttavia non escono dalla loro dimensione e non evolvono. E non sono tenuti a farlo.
Ora, io ho citato solo due protagonisti precedentemente, ma devo fare un'aggiunta fondamentale che prende il nome di PASSIONE, e che è il carburante con cui Shelby e soprattutto Miles affrontano le innumerevoli sfide che gli si presentano davanti. Ed è anche quello che ritengo il pregio principale di questo film: trasuda passione ed APPASSIONA anche lo spettatore, che esso sia un patito di motori o meno.
Entrando piú nello specifico del film devo segnalare un paio di difetti che ho trovato. Il primo è un leggero calo di ritmo subito dopo la corsa di Daytona, anche se poi il film recupera molto bene con l'ultima parte. Il secondo è legato inveve all'adattamento italiano, perchè ho trovato davvero straniante l'incontro tra i dirigenti Ford ed Enzo Ferrari, dove parlan tutti italiano e l'adattamento non ti permette do capire la differenza di lingua tra le due parti. L'han proprio gestita male onestamente.
Per chiudere, vorrei soffermarmi su una scena che probabilmente funge in parte anche da elemento comico, ma che io ho trovato davvero bellissima. Sto parlando della scena in cui Carroll porta Henry Ford II sulla GT40.
E perchè mi è piaciuta cosí tanto direte voi? Perchè, si deve tenere conto sono gli anni '60 e che si sta parlando di un'auto da quasi 400cv con uno sviluppo aerodinamico spaventoso per l'epoca. È una delle piú grandi vetture da competizione - e auto in generale - della storia. Quindi credo che la rezione di Henry Ford II sia piú che giustificata.
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Morena Falcone
4 anni fa
...e poi torna per farci sapere se la recensione ti ha dato false aspettative o no! :))
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Morena Falcone
4 anni fa
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