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Il sorpasso: tra il sogno e l'illusione dell'Italia post-boom economico

Un film unico nel suo genere che è riuscito a raccontare una fase storica importantissima del nostro paese

Il Sorpasso. Un atipico road movie tra le strade del centro Italia dei primi anni ’60 che si sviluppa tra uno sfondo di malinconia e una verve dai ritmi forsennati.

 

Ci troviamo ancora molto lontani dai fasti hippie sessantottini, dai furgoncini e le motociclette che ruggiscono nelle sterminate strade americane, dai capelli sciolti al vento e le barbe lunghe, dalle tonalità psichedeliche che si confondono nella polvere. 


Viviamo ancora nell'epoca del taglio militare, delle camicie abbottonate fino al collo e infilate nei pantaloni, delle famiglie patriarcali e della morale cattolica.

 

Ma qualcosa sta cambiando.

 

 

 

L'Italia è nel pieno del boom economico.

 

I dischi rock'n'roll e rythm & blues stanno finalmente circolando tra i giovani, il cui sguardo è sempre più rivolto verso i loro miti americani, così affascinanti e pieni di carisma nelle loro apparizioni in televisione.

Sigarette e whisky accompagnano le danze scatenate nei nuovi locali, dove una generazione sempre più consapevole e matura sogna un'epoca di prosperità dopo i disastri e la miseria del dopoguerra.

 

Da questo contesto muove i suoi primi passi Bruno Cortona (Vittorio Gassman), l'uomo del boom, della spensieratezza, dell'ottimismo, dei vari lavori, delle varie donne, delle varie corse in auto, dei vari drink.

L'uomo che non conosce il gusto della stabilità, della calma, della certezza.


Una figura che può essere introdotta perfettamente da una frase: 

"A Robe', che te frega delle tristezze. Lo sai qual è l'età più bella? Te lo dico io qual è.

 

È quella che uno c'ha giorno per giorno.

Fino a quando schiatta... si capisce."

 

 



Ma ridurlo a un semplice stereotipo e ad una macchietta di facile interpretazione sarebbe un grandissimo errore.

 

Con il trascorrere dei minuti, Il sorpasso arriva a farci comprendere e compatire (cum-patire: sentire insieme) la profondità delle contraddizioni che animano questo personaggio.

L'insicurezza, innanzitutto, il dolore di vedere una figlia crescere senza di lui, il desiderio di amicizie vere, durature, che evidentemente non potrà mai avere.

 

Un insieme di complessità squisitamente umane, che il filosofo danese Søren Kierkegaard aveva ben racchiuso nella figura di Don Giovanni. 


Ma con una visione molto profonda sulla vita e l’esistenza, che non sembrerebbe possibile appartenere ad un uomo così: 

"A me Modugno mi piace sempre, questo "Uomo in frac" me fa impazzi', perché pare 'na cosa de niente e invece c'è tutto: la solitudine, l'incomunicabilità, poi quell'altra cosa, quella che va di moda oggi... la... l'alienazione, come nei film di Antonioni.

Hai visto "L'eclisse"? Io c'ho dormito, 'na bella pennichella..."

 

Roberto Mariani (Jean-Louis Trintignant) sembra invece rappresentare l'esatto opposto di Bruno: un giovane con la testa sulle spalle, laureando in giurisprudenza, educatissimo e molto, molto timido, preoccupato su come apparire in pubblico e di fronte ad estranei. 


Il suo incontro con Bruno è stato del tutto casuale e sembrava destinato a finire lì. 

 

 

 

 

L'insistenza del nuovo compagno nel portarlo a cena fuori e in vari locali di sua conoscenza diventa una delle gag più divertenti de Il sorpasso, con il povero ragazzo che, ogni volta, si ripromette di rifiutare l'invito e tornare a Roma a studiare.

 

Ma, puntualmente, non riesce a trovare il coraggio per frenare l'entusiasmo del nuovo amico, che lo condurrà attraverso un percorso a lui del tutto inedito, fatto principalmente di velocità, donne, feste e divertimenti.

Un modo di vivere la vita che, all'inizio, sconvolge il giovane, e che inizia a diventare una vera ossessione.

 

Roberto, per la prima volta, esce dal guscio che la società aveva preconfezionato per lui. 


Il gesto del sorpasso sfrontato in auto, anche con la linea continua e il doppio senso di marcia, assume un significato importantissimo, una vera e propria liberazione, un calcio e uno sputo alle regole del buon costume e del buon comportamento. 


Bruno e Roberto, incontrandosi e passando una giornata insieme, cambiano per sempre la loro vita. 

 

Sono due facce della stessa medaglia, i poli di un'asse che lo spettatore è portato a percorrere, spostandosi una volta da una parte e una volta dall'altra.

 

Sono i due alter ego dell'uomo italiano di quell'epoca, ma incredibilmente attuali.

Da un lato la vecchia guardia conservatrice, la democrazia cristiana, le leggi non abrogate dello Statuto Albertino sul buon costume, lo studio e la stabilità finanziaria.

 

Dall'altro, come detto nell'introduzione, la nuova Italia che esce dal boom con una grande forza e una nuova consapevolezza, presto però disintegrate dal crollo economico e sociale degli anni '70 e dalla prima grande disillusione della recente storia del nostro paese. 

 

 

 

 

La sensazione è che Risi avesse colto perfettamente questa contraddizione e i disastri che avrebbe portato in futuro.

 

Le scene quasi neorealistiche de Il sorpasso, dove la trama sembra quasi mettersi dietro le quinte e lasciare spazio a momenti di vita quotidiana raccontati con toni quasi documentaristici, si alternano ad affreschi di pura poesia e filosofia, dal tono a metà tra il disilluso e l'idilliaco, una caratteristica che lo accomuna ai grandi capolavori che il cinema italiano ha saputo regalarci a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, probabilmente nel suo periodo di maggiore floridità. 

 

Il tutto a una velocità di 130 km/h.

 

La corsa, verso dove?

Non lo sanno neanche i due protagonisti, che percorrono la via Aurelia fino in Toscana, senza una meta.

 

L'unico senso di questo viaggio è sorpassare, superare gli ostacoli della società benpensante, scavalcare il pregiudizio e i limiti imposti anche da noi stessi. 


Roberto ci riuscirà.

Arriverà a trovare il coraggio per dichiararsi alla ragazza che spiava di nascosto senza riuscire a parlarle.

Si ubriacherà per la prima volta, correrà e griderà come non aveva mai fatto in vita sua.

 

Al tempo stesso, acquisirà una nuova consapevolezza di se stesso e della sua famiglia, superando per la prima volta i miti e le illusioni della propria infanzia, racchiusa simbolicamente nella residenza a Grosseto degli zii.

 

 

 

 

Come potrebbe concludersi questo percorso?

 

Dino Risi aveva le idee chiare fin dall'inizio, ma di diverso parere era il produttore Cecchi Gori, che propose un finale alternativo.

Alla fine fu messa in piedi una scommessa: se il giorno seguente all'ultima ripresa ci fosse stato il sole avrebbero girato la versione del regista, altrimenti quella del produttore.


Per fortuna, quel giorno ci fu una giornata eccezionalmente calda e dal cielo terso. 


I due amici, nel loro ultimo sorpasso, avranno uno scontro frontale con un camion.

Bruno riuscirà a salvarsi, gettandosi dall'auto in caduta.

 

Per Roberto non ci sarà nulla da fare.  

 

 

 

 

Il sorpasso ha un finale in climax ascendente, a partire da piccoli presagi della tragedia: il gesto di scongiuro sul cornetto portafortuna, il bambino che saluta dal retro di un furgoncino, gli "hurrà" ed "evviva" del giovane, che dichiara candidamente di aver passato i due giorni più belli della sua vita.

 

E anche gli ultimi.

 

Un film concluso magistralmente, con una scena meravigliosa e terribile. 

L'incidente che spezza l'entusiasmo e la voglia di andare avanti, di superare se stessi e la società, è un po' la metafora dell'Italia post-boom.

 

Un urlo strozzato in gola, un racconto quasi deandreiano, che si consuma in un giorno qualunque in una strada qualunque.

Ma che ci lascia consapevoli di dover, almeno una volta l'anno, chiudere quei maledetti libri di università, uscire dagli uffici, e correre.

Possibilmente senza meta. 

 

- Non facciamo programmi, vedremo. 

- Bravo, come piace a me!

 

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2 commenti

Lorenzo Dal Pan

5 anni fa

Merita davvero, ti piacerà un sacco ❤️

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Pietro

5 anni fa

Me lo devo recuperare il prima possibile! 😘

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