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Lilo & Stitch - Recensione: Habemus Live Action, finalmente

Dopo anni di flop Disney riesce a portare al cinema un adattamento tenero, simpatico e divertente, che conquista anche grazie a un misurato effetto nostalgia

Quando Lilo & Stitch ha festeggiato il suo 20° anniversario nel 2022, molti lo hanno celebrato ricordandolo come un piccolo gioiello dell’animazione: un’opera unica, sperimentale e per certi versi irripetibile.

 

Nonostante ciò Disney ha deciso di realizzarne ugualmente un remake in live action, quasi a voler dimostrare che per l’industria cinematografica, sempre più impegnata in una corsa forsennata a sequel e reboot, nulla è davvero irripetibile purché garantisca guadagni facili. 

 

Proprio per questo il nuovo film di Lilo & Stitch è arrivato sul grande schermo sopportando il peso dell’insuccesso e delle polemiche che hanno accompagnato le produzioni degli ultimi anni (la più recente è il flop Biancaneve), sfidando lo scetticismo di chi temeva di trovarsi di fronte all’ennesima operazione commerciale priva d’anima e lasciando aperta la speranza che qualcosa di autentico potesse trovare spazio anche in questo genere di progetti.

 

[Il trailer di Lilo & Stitch]

 

 

Lilo & Stitch arrivò nelle sale il 21 giugno 2002, come risultato di un percorso iniziato alla fine degli anni '90, quando la casa di Topolino aveva cominciato a sperimentare nuove produzioni lontane dai canoni classici del cosiddetto “Rinascimento Disney”.

 

Intorno al 1997, alla luce di una graduale flessione al botteghino, l’allora amministratore delegato di Walt Disney Company, Michael Eisner, suggerì di puntare su prodotti meno costosi e impegnativi, aprendo così la strada a una stagione di opere più contenute ma anche più creative.

Chris Sanders (Il robot selvaggio, Dragon Trainer) colse al volo l’occasione per realizzare un film d’animazione che si discostasse dai modelli tradizionali, evitando personaggi edificanti e narrazioni dai toni epici in favore di una storia originale, bizzarra e fuori dagli schemi.

 

L’idea di base era quella di un alieno a metà tra un cane e un anfibio, che arriva sulla Terra e fa la conoscenza di una bambina: non c’erano dunque nobili cavalieri o principesse da salvare, poche canzoni e nessuna storia d’amore.  

 

Un soggetto insolito ma in perfetta sintonia con il cambiamento che stava investendo il mondo dell’animazione occidentale all’inizio del nuovo millennio, di cui Shrek sarebbe diventato uno dei simboli più rappresentativi.

Lanciato nel 2001 dalla DreamWorks di Jeffrey Katzenberg, ex produttore esecutivo della casa di Topolino, Shrek segnò infatti un importante punto di svolta per le opere d’animazione: il film sull’orco verde era irriverente e provocatorio, sovvertiva gli schemi tradizionali del genere, sfidava apertamente i canoni fiabeschi introdotti dalla Disney e apriva la strada a un nuovo linguaggio, più ironico e incisivo, pensato per conquistare un pubblico di adolescenti e giovani adulti.

 

Atteso dunque con grande curiosità, alla sua uscita nel 2002 Lilo & Stitch riscosse un tale successo di pubblico e critica da dare il via a un franchise fatto di tre sequel direct-to-video, numerosi videogiochi, due serie TV e un anime. 

La storia seguiva le avventure di un mostro alieno, l’esperimento 626, creato col solo scopo di distruggere tutto ciò che incontra e di Lilo, una bambina solitaria e irascibile che lo adotta scambiandolo per un cane. Il loro legame, inizialmente turbolento a causa dei difficili caratteri di entrambi, diventa lo strumento per superare i momenti difficili, le perdite e per imparare finalmente il vero significato della parola famiglia. 

 

Una vicenda originale, brillante e sempre attuale, immersa nella cornice dell'esotico paradiso hawaiano, che nel film d'animazione Lilo & Stitch è stato ricreato visivamente attraverso vivaci sfondi dipinti a acquerello.

 

[Lilo & Stitch: Lilo, Stitch e Nani in una scena del film d'animazione del 2002]

 

Il live action di Lilo & Stitch, diretto da Dean Fleischer Camp (Marcel the Shell) segue fedelmente la stessa trama, con qualche piccola rielaborazione ma senza particolari stravolgimenti, riuscendo in questo modo a catturare gran parte del fascino dell’opera originale.

 

Una scelta azzeccata e funzionale a mio parere, lontana dai maldestri tentativi degli ultimi anni che, a discapito di poche eccezioni, hanno portato sugli schermi live action privi di identità, con sceneggiature deboli e una resa visiva spesso poco coinvolgente.

La famiglia rimane il fulcro attorno al quale si articola la storia: un valore che nella tradizione hawaiana si esprime con il famoso termine Ohana e che fa riferimento a una visione allargata di nucleo familiare, che unisce tutti gli abitanti del villaggio in una sola grande comunità in cui nessuno viene escluso, soprattutto nelle difficoltà.

 

Difficoltà che non mancano per Lilo e sua sorella Nani, interpretate rispettivamente da Maia Kealoha e Sydney Elizabeth Agudong: a differenza dell’originale, infatti, il live action di Lilo & Stitch dedica maggiore attenzione alla loro fragile condizione economica, che emerge con naturalezza attraverso dettagli disseminati nella sceneggiatura, senza mai risultare esplicita o melodrammatica. 

Le protagoniste, del resto, appartengono a una classe sociale che lotta per non farsi portare via tutto, anche gli affetti. 

 

Una realtà questa che si riflette anche nella rappresentazione delle Hawaii, ritratte in Lilo & Stitch come un suggestivo paradiso per turisti ma anche come un luogo segnato da profonde disparità per i residenti, che evidentemente non vivono in resort di lusso con piscina e idromassaggio.

 

[Lilo & Stitch: una scena del film]

 

Visivamente l’interazione tra i personaggi e il piccolo e distruttivo Stitch funziona, con una CGI che, in mia opinione, rimane perlopiù sobria e mai troppo invadente: escludendo un paio di scene sul finale l’inserimento dell’alieno blu nel mondo reale appare infatti naturale e coerente. 

 

Gli altri personaggi alieni presenti in scena con maggior frequenza vengono gestiti con un abile e neanche troppo sofisticato espediente di trama: lo scienziato pazzo Jumba, creatore di Stitch, e lo studioso Pleakley vengono inviati sulla Terra per catturare l’alieno fuggiasco equipaggiati con un dispositivo tecnologico che consente loro di assumere sembianze umane. 

Una trovata che permette di limitare l’uso di effetti speciali rendendo più credibile la presenza dei personaggi nella dinamica del live action.

 

Interpretati e doppiati da Zach Galifianakis (Una notte da Leoni) e Billy Magnussen (Road House, No Time to Die), Jumba e Pleakley mantengono il loro ruolo di duo comico all’interno della struttura narrativa.

A mio avviso tuttavia, se nell’originale i loro scambi risultavano più spontanei e genuinamente divertenti, nel live action Lilo & Stitch la comicità appare un po’ forzata, con gag slapstick e situazioni goffe che sembrano cercare deliberatamente la risata del pubblico.

 

Il personaggio di Jumba, inoltre, è tra quelli che presentano una sostanziale differenza rispetto alla controparte animata del 2002: lo scienziato alieno nell’originale agisce per tutta la durata del film su una sottile linea di ambiguità e sul finale si lascia commuovere dall’amore di Lilo e Nani, scegliendo di aiutarle a salvare Stitch. 

In Lilo & Stitch il personaggio non compie questa scelta e diventa a tutti gli effetti l’antagonista principale della storia, ruolo che spettava invece al capitano Gantu, del tutto assente in questo adattamento. 

 

Questa decisione sembrerebbe in linea con la volontà della produzione di limitare l’uso massiccio di CGI, evitando di appesantire la storia con un antagonista completamente digitale e difficile da gestire al livello visivo.

 

[Lilo & Stitch: a sinistra Lilo (Maia Kealoha) e a destra Nani (Sydney Elizabeth Agudong); al centro Stitch]

 


Anche altri personaggi subiscono dei cambiamenti più o meno significativi in Lilo & Stitch, come ad esempio Cobra Bubbles (Courtney B. Vance) che, seppur ancora presente nell’intreccio, viene introdotto come un agente della CIA sotto copertura, con l’incarico di individuare la minaccia aliena atterrata sulla Terra.

 

Il ruolo dell’assistente sociale è invece affidato a un nuovo personaggio, la comprensiva e disponibile signora Kekoa, interpretata da Tia Carrere (Resa dei conti a Little Tokio, Relic Hunter).

Un’aggiunta tutta nuova è invece il personaggio di Tutu (Amy Hill), l’anziana vicina di casa di Lilo e Nani che cerca di aiutare le due orfane nei momenti difficili e incarna lo spirito di quell’Ohana inteso come legame comunitario. 

Il suo personaggio si inserisce in una cornice narrativa in cui viene dato maggior risalto all’emarginazione vissuta da Lilo e in cui anche Nani acquisisce un background più articolato: non è più solo la sorella maggiore in difficoltà, ma una giovane donna con aspirazioni personali rese esplicite e funzionali all’intera economia dell’opera.

 

Dal mio punto di vista, per dare vero senso a un progetto del genere, sarebbe bastato approfondire il significato profondo di Ohana e di quel concetto di famiglia non convenzionale che oggi è al centro del dibattito pubblico e che il film, con prevedibile cautela, sceglie di evitare. 

 

Considerando però la tendenza di Disney a prendere posizioni politiche solo se convenienti e la difficoltà delle produzioni recenti nel trovare un equilibrio tra intrattenimento e complessità, Lilo & Stitch si distingue come una rara eccezione, riuscendo laddove molti altri hanno fallito: dimostrare che è possibile rielaborare un classico trasformandolo in un'opera in grado di intrattenere, divertire e persino regalare momenti di tenera emozione.

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