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Bird - Recensione: è troppo reale per voi? - Cannes 2024

Emozioni e applausi a scena aperta per il nuovo film di Andrea Arnold, ennesimo tassello di un'opera dedicata a ritrarre storie di giovani donne nel mondo degli ultimi; con Barry Keoghan e Franz Rogowski

Vola alto e regala emozioni Bird, il nuovo film della britannica Andrea Arnold, che ritorna in competizione al Festival di Cannes dopo aver vinto per ben tre volte il Premio della Giuria con titoli quali Red Road (2006), Fish Tank (2009) e American Honey (2016), con un'opera che ne conferma un talento quasi senza pari nel ritrarre la vita di giovani donne nel mondo della working (o meglio: non-working) class.

 

Bird è un coming-of-age che profuma di magia, ambientato tra gli squatter della provincia inglese del Kent, che vede protagonista la debuttante Nykiya Adams affiancata da due star sempre più affermate come il tedesco Franz Rogowski e un Barry Keoghan per l'occasione riempito di tatuaggi.

 

[La meritatissima standing ovation alla crew di Bird, in concorso al 77° Festival di Cannes]

 

 

Bird racconta la storia di Bailey (Nykiya Adams), ragazza adolescente che vive in uno squat con il giovanissimo padre Bug (Barry Keoghan), uno scapestrato circondato da amici senza prospettive, le cui fonti di guadagno sono affidate alle secrezioni allucinogene di una rana (avete letto bene), il fratello Hunter (Jason Buda) e Kaleygh (Frankie Box), giovanissima fidanzata del padre che la ragazza ostracizza.

 

Bailey è una ragazza sensibile e ribelle, che spesso passa il proprio tempo da sola e a volte con un gruppo di giovani teppisti della zona; la vita della ragazza cambia quando incontra Bird (Franz Rogowski), misterioso vagabondo alla ricerca dei genitori, con cui la ragazza stringe una profonda amicizia.

 

Costretta a crescere troppo in fretta in un mondo di eterni ragazzini, Bailey trova in Bird un compagno d'avventura e un prezioso alleato contro le battaglie di una vita condotta senza certezze e piena di violenza.

 

 

[La giovanissima Nykiya Adams è Bailey in Bird di Andrea Arnold]


"Is it too real for ya?" cantano i Fontaines DC nel brano con cui Bird si apre e chiude, ma visto l'approccio sorprendente di Arnold al tema sarebbe altrettanto calzante la domanda "Is it too unreal?".

 

Il post-punk furioso della band irlandese intercetta sin da subito la frequenza di un coming-of-age in cui la fuga dalla realtà è necessità e strategia si sopravvivenza.

 

Come in Fish Tank e American Honey, Arnold appiccica la camera alla sua protagonista, mostrandoci il mondo visto dai suoi occhi e colto dalla magica macchina di presa di Robbie Ryan, direttore della fotografia di tutte le opere precedenti della regista e presente a Cannes anche con Kinds of Kindness di Yorgos Lanthimos.

 

Bird presenta tutti i tratti caratteristici della sua autrice: camera a mano a seguire da vicino i suoi protagonisti e cogliere i dettagli del loro mondo, la sensibilità con cui osserva gli ultimi e la capacità di trovare poesia nella bruttura di una vita ai margini della società, la struttura narrativa fluviale e sincronizzata al movimento della vita quotidiana, colta a tratti con stile documentaristico e con sprazzi di momenti misteriosi e sognanti.

 

In Bird Andrea Arnold riesce a evolvere il proprio linguaggio visivo rimanendo incredibilmente fedele alla sua estetica e firma a mio avviso l'opera migliore di una carriera di livello che la posiziona di diritto tra le grandi autrici contemporanee.

Arnold e Ryan ci prendono per mano accompagnandoci alla scoperta di Bailey e del suo mondo, fatto di giornate passate a vagabondare e esplorare il mondo intorno a sé, vissute con la malinconia di una ragazza che è stata costretta ad anticipare la maturità, a diventare un punto di riferimento per i suoi frattellini e sorelline, a imparare la legge dei quartieri più poveri.

 

La stessa Bailey si trova a un crocevia della vita, in piena pubertà, lei cresciuta come maschiaccio e alle prese con i problemi di tutti i giorni della ragazze, acuiti dalla presenza dell'appariscente compagna del padre; per questo la giovane trova nel Bird di Franz Rogowski un alleato, una persona la cui amicizia le consente di creare un ponte tra l'infanzia e la maturità.

 

 

[Andrea Arnold, al centro, con il cast di Bird sul red carpet di Cannes]

 

 

La non professionista Nykiya Adams è sorprendente nel ruolo di Bailey, al quale dona vitalità e fragilità, andando a cogliere i caratteri unici di un'età di transizione come quella della pubertà.

 

Franz Rogowksi, con la sua parlata calma e soave, è perfetto nel ruolo del misterioso vagabondo e angelo custode di Bailey: una scelta di casting azzeccatissima, che sfrutta anche la differenza di accento dell'attore tedesco con gli abitanti del Kent per caratterizzare il personaggio come totalmente alieno.

Proprio perché estraneo a un sistema popolato di uomini-insetto (che brulicano ovunque e sono persino tatuati sul corpo di, tanto per cambiare, Bug), costretti a rintanarsi in nidi improvvisati e nascosti alla gente "normale", Bird consente a Bailey di spiccare il volo, di piantare i semi del sogno di una vita differente.

 

Barry Keoghan brilla nuovamente nel ruolo di Bug, il padre fannullone e bamboccione di Bailey, al quale riesce donare abbastanza cuore e profondità da evitare di renderlo odioso; l'attore irlandese regala l'ennesimo ruolo diverso di una giovane ma già impressionante carriera e regala un momento di ilarità quando il suo personaggio definisce il brano Murder on the Dancefloor una "shit song", con una frecciata tanto inaspettata quanto divertente al famoso finale di Saltburn.

 

Proprio la musica rappresenta l'anima del film, la componente capace di renderlo un'esperienza sensoriale unica e avvolgente: in Bird Arnold alterna basi ambient del pioniere della dubstep londinese Burial a iconici brani pop rock britannici come Lucky Man dei VerveThe Universal dei Blur e Yellow dei Coldplay, tutti capaci di elevare le sequenze che accompagnano a momenti di pura liberazione.

 

Andrea Arnold ha il coraggio di compiere scelte narrative coraggiose che conducono il film su strade inaspettate, vicendo pienamente la scommessa e ottenendo in questo modo un film ricco e stratificato di simbolismi e suggestioni, oltre che dal grande cuore. 

Alla prima internazionale Bird è stato accolto con grandissimo calore dal pubblico, che gli ha regalato una standing ovation di diversi minuti, con il film che si candida con forza a vincere la Palma d'oro, in virtù anche della striscia positiva raccolta da Arnold al festival.

 

Finora il mio preferito del concorso, Bird è un'esperienza esteticamente straordinaria e commovente, da non perdere per nessun motivo quando arriverà in sala prossimamente grazie a Lucky Red. 

 

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