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Wild Diamond - Recensione: il talento di farsi amare - Cannes 2024

L'esordio di Agathe Riedinger, unica opera prima in competizione al 77° Festival di Cannes, getta uno sguardo realistico e sensibile sulla fama di notorietà delle nuove generazioni

Wild Diamond (Diamant brut), primo film in competizione a Cannes 2024 e unica opera prima in concorso, si inserisce in un filone dai codici ben riconoscibili di drammi dedicati all'essere una giovane donna in un mondo in cui l'apparenza è la moneta più preziosa.

 

La francese Agathe Riedinger esplora in Wild Diamond gli stessi temi del suo cortometraggio nominato ai Premi César J’attends Jupiter (2018), ossia la ricerca di notorietà come via di fuga da una realtà difficile, e guarda all'opera di filmmaker come Andrea Arnold e Sean Baker, entrambi curiosamente compagni di concorso.

 

[Questo film non ha ancora un trailer, ma se lo avesse... sarebbe qui sopra]

 

 

Wild Diamond racconta la storia della diciannovenne Liane (Malou Khebizi), il cui mondo è fatto di trattamenti di bellezza, furtarelli e video su TikTok realizzati col sogno incrollabile di raggiungere la notorietà che oggi si traduce col numero di followers.

 

Liane si circonda di brillanti e lustrini ma la sua vita è difficile: cresciuta con una madre cinica e disinteressata in un paese del sud della Francia passa le sue giornate facendo babysitting alla sorellina, celando lo sconforto dietro il trucco pesante e affrontando il mondo con gli artigli delle sue lunghissime unghie decorate di lustrini.

 

Un giorno Liane vede un raggio di speranza quando viene contattata per partecipare al casting del reality show Miracle Island; la notizia gira, i follower crescono a dismisura ma la chiamata decisiva si fa attendere e lo spettro della trappola della vita di provincia sembra essere sempre un passo davanti a lei. 

 

 

[Malou Khebizi è l'autentica rivelazione di Wild Diamond, opera prima di Agathe Riedinger in concorso al 77° Festival di Cannes]

 

Wild Diamond è un viaggio immersivo nella quotidianità di una giovane accecata dai sogni di fama e dal mito della bellezza; se lo stile è quello familiare di certi film festivalieri à la Dardenne (camera a mano, formato flat, alternanza tra movimenti di macchina dinamici e inquadrature statiche a cogliere una bella immagine), Riedinger riesce a distinguere il film da altri titoli analoghi per la caratterizzazione non banale della protagonista e per certi momenti ispirati di onirismo epidermico tra luci al neon e corpi sudati e dal trucco sbavato.

 

La sorprendente Malou Khebizi porta in scena un personaggio inizialmente respingente, ma Riedinger è brava a creare empatia verso una giovane donna che è vanesia perché non vede un'alternativa, immersa in un mondo dove seguire è potere e in cui la cura e costruzione dell'immagine è il mezzo per ottenere le chiavi del regno.

 

Liane è veramente un wild diamond: tanto narcisista e superficiale quanto determinata e intelligente, Khebizi ne rende tutta la grinta di chi ha dovuto lottare sin da piccola e ora vede nella celebrità una via di fuga, ma anche tutta la fragilità e la compassione, soprattutto in relazione alla sorella e a Dino (Idir Azougli), che per un attimo le fa accarezzare l'idea di aprirsi all'amore.

 

Wild Diamond è un film inevitabilmente appiccicato alla sua protagonista come i gioielli finti sono attaccati al suo corpo, sulle scarpe, la borsa, le unghie (che Liane usa quasi come un coltellino svizzero); Riedinger osserva il modo in cui si prepara e il mondo in cui si muove, con particolare attenzione all'aderenza degli abiti e ai segni sul corpo, a quelle imperferzioni che Liane vorrebbe cancellare (anche ricorrendo alla chirurgia) ma che rimangono come monito del dolore che si cela dietro la maschera lucente dell'apparenza. 

 

 

[Liane (Malou Khebizi) impagnata a filmare un balletto per i suoi followers]

 

Riedinger sceglie di mettere in scena Wild Diamond come una contemporanea passione bressoniana, in cui abbondano dettagli e inquadrature sulle mani e i piedi martoriati dai tacchi alti di Liane, e il film viene scandito da capitoli che assomigliano a stazioni verso una redenzione che sembra sempre più irraggiungibile, con gli ostacoli rappresentati dalla famiglia (in particolare la madre assente), dalle gelosie tra amiche e dallo sguardo predatorio degli uomini che incrocia .

 

Liane recita preghiere a San Giuseppe e intona la Passacaglia della vita di Stefano Landi ("bisogna morire, bisogna morire"), arricchendo di particolari sacri il contesto profano di quella "mostra delle atrocità" che si rivela a ogni scroll del telefono e a ogni visita nell'abisso algoritmico dei reel infiniti.

 

Wild Diamond presenta caratteristiche ben note di una certa tendenza del Cinema contemporaneo (How To Have Sex, Pleasure) dedicato alle esperienze di vita di giovani donne extremely online, sedotte dalle promesse di fama istantanea dei social media, con Riedinger che si regala affascinanti momenti dal gusto onirico, accompagnati dalle azzeccate musiche di Audrey Ismael.

 

La fotografia epidermica di Noé Bach dona carnalità al mondo artificiale dei TikTok e dei filtri, rivelandone la carne e il sudore sottostanti, mentre il montaggio di Lila Desiles ha il difficile compito di gestire il ritmo di un'opera costantemente attaccata alla protagonista, presente praticamente in quasi tutte le inquadrature.

 

 

[Liane e le sue amiche in una scena di Wild Diamond]
 

 

Sebbene Wild Diamond non aggiunga niente di particolarmente originale al microgenere del coming-of-age al femminile contemporaneo, nondimeno si fa apprezzare per il cuore, lasciando intravedere un futuro promettente per la talentuosa Riedinger e per la ancora più brava protagonista.

 

In un festival partito con decisione all'insegna dello sguardo femminile, non sorprenderebbe nel caso il film uscisse dalla Croisette con qualche premio in tasca, dato l'apprezzamento del pubblico presente all'anteprima, candidandosi con determinazione alla Caméra d'Or.

 

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