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Past Lives - Recensione: circolarità dei sentimenti

Past Lives di Celine Song è un film che riflette sull'accettazione della propria persona mediante un triangolo amoroso che non esplode mai, trovando nei non detti dei protagonisti la forza di una scrittura geometrica e perfettamente centrata

Past Lives di Celine Song è un film circolare: presentato al Sundance Film Festival e in concorso al Festival del Cinema di Berlino 2023, è oggi candidato a due Premi Oscar come Miglior Film e Migliore Sceneggiatura Originale. 

 

Parlo di film circolare perché il prologo con cui si apre presenta un momento cruciale che ritroveremo verso la fine, ma che inizialmente viviamo attraverso una falsa focalizzazione spettatoriale dove la disproporzione cognitiva rispetto alla storia è di un punto di vista esterno, che risponde però a uno sguardo diegetico all’interno del film.

 

Solo successivamente, dopo un cambio di prospettiva e perciò di linguaggio, capiremo che le domande poste inizialmente trovano delle ipotetiche risposte date dal percorso che abbiamo fatto con i personaggi. 

 

[Il trailer di Past Lives]

 

 

Più che una storia d’amore - come il trailer suggerisce - Past Lives è una storia di scelte, di decisioni, di cambiamenti.

 

Non è un caso che il riferimento principe del film sia Se mi lasci ti cancello di Michel Gondry, dove la scelta di eliminare dalla propria memoria i ricordi legati al partner era alla base della sceneggiatura di Charlie Kaufman.

 

Di conseguenza il personaggio di Nora Moon (Greta Lee) nel suo essere in apparenza sempre deciso nel tracciare i propri obiettivi, rappresenta il perno a cui si legano e ruotano le due controparti maschili di Past Lives: Hae Sung (Teo Yoo) e Arthur Zaturansky (John Magaro).

Il triangolo amoroso resta però in superficie, vivendo di tensioni ipotetiche che si nutrono dei “ma” e dei “se” dei protagonisti.

Una sorta di pretesto narrativo che Celine Song usa alla stregua del concetto di In-yun (un legame che unisce le persone nel corso della loro vita), come asserisce Nora parlandone con Arthur: “È solo una storia che usano i coreani quando vogliono sedurre qualcuno”

 

Per questo l’idea del film come viaggio circolare nell’epidermide e nella memoria dei protagonisti trova la sua forma migliore quando si arriva alla scena vista in apertura.

 

In quel momento la catarsi di Nora, Arthur e Hae raggiunge un traguardo risolutivo lasciando spazio al silenzio, senza il bisogno di inutili orpelli sentimentali che avrebbero guastato il significato del film.

 

 

[Greta Lee, John Magaro e Teo Yoo: i tre protagonisti di Past Lives]

 

Past Lives è una storia dove l'accettazione della propria persona passa attraverso i non detti che si trasformano in addii al proprio passato, o meglio, alle proprie vite passate.

 

Per vite passate però cosa si intende? Qualcosa che avrebbe potuto essere e non è stato?

Qualcosa che abbiamo vissuto in un altro tempo?

 

Il linguaggio in questo caso in Past Lives ricopre un ruolo fondamentale proprio perché man mano che le vite passate a cui si vuole dire addio riaffiorano esso cambia sotto tre punti di vista.

Il primo è banalmente quello della lingua parlata e di conseguenza come percepiamo la nostra visione del mondo. Arthur, del resto, rivela a Nora che lei sogna in una lingua che lui non può capire, prendendo atto che quel lato della moglie non riuscirà mai a scoprirlo. 

 

Il secondo cambiamento è dato dalla prossemica, simboleggiato dalla postura di Nora e Hae che cambia di pari passo con il trascorrere del tempo (simbolico in questo caso il finale del film).

 

Il terzo cambiamento è mostrato dalla regia di Celine Song, che dagli iniziali piani medi per includere i tre personaggi del film passa ai piani più raccolti, all’uso del campo e controcampo che esclude chi non fa parte delle vite passate dei relativi protagonisti.

 

 

[Past Lives: "Chi pensate chi siano l'uno per l'altro?"] 

 

La moltitudine di emozioni in Past Lives scorre su più canali semantici, lasciando in secondo piano l’ormai consueto stile laccato della casa di produzione A24, rivelando come il passato debba vivere affinché si possa comprendere ciò che si è diventati.

 

La chiusura del cerchio di ogni percorso narrativo dei tre protagonisti definisce anche la chiusura del film, abbandonandosi a quello che Fëdor Dostoevskij chiama “Il fiume della vita”, in una New York che splende nella sua bellezza a metà tra passato e futuro, tra ciò che è stato e ciò che sarà.

 

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