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Maestro - Recensione: l'icona tra performance e intimità

Alla sua seconda prova come regista, sceneggiatore e protagonista, Bradley Cooper dimostra il suo talento firmando un film che punta a tratteggiare in maniera soave ed elegante l'intimità di Leonard Bernstein e il suo rapporto con la compagna Felicia, consegnandoci un'opera dal forte impatto estetico ed emotivo che fatica però a portare a pieno compimento le proprie intenzioni

Dopo essere stato presentato in concorso alla 80ª Mostra del Cinema di Venezia Maestro è ufficialmente sbarcato su Netflix.  

 

Il film è liberamente ispirato alla vita di Leonard Bernstein, uno dei più grandi compositori e direttori d’orchestra statunitensi. 

Sebbene il progetto vedesse inizialmente alla regia niente meno che Steven Spielberg questo è poi passato nelle mani di Bradley Cooper mantenendo comunque Spielberg, in compagnia di Martin Scorsese alla produzione. 

 

Dopo il suo debutto alla regia con A Star is Born Bradley Cooper torna quindi a dirigere, scrivere e interpretare un’opera che ancora una volta tratteggia il percorso di un musicista, in questo caso realmente esistito, portando parallelamente avanti una riflessione sul rapporto tra vita privata e squisitamente romantica di un artista e le sue creazioni. 

 

[Il trailer internazionale di Maestro]

 

 

Va subito messo in chiaro che Maestro non è un’opera sulla vita e la carriera di Bernstein.

 

Sebbene il compositore sia effettivamente il protagonista, il film di Cooper si dimostra quasi interamente incentrato sul suo rapporto con la storica compagna di vita Felicia María Cohn Montealegre

Sono infatti pochi i minuti che separano l’inizio di Maestro dalla comparsa della signora Montealegre (Carey Mulligan).

 

Bernstein (Bradley Cooper) è un ambizioso venticinquenne che viene chiamato all’improvviso per dirigere la New York Philarmonic Orchestra in sostituzione di Bruno Walter. 

Non lasciandosi sfuggire l’incredibile occasione il giovane stupisce il pubblico con la sua bravura e lancia definitivamente la propria carriera, cominciando a diventare un personaggio noto e stimato anche dal grande pubblico. 

Poco dopo il suo trionfale debutto Bernstein incontra l’attrice Felicia Montealegre. Rimanendone immediatamente affascinato inizia con lei una relazione che ben presto si trasformerà in un vero e proprio matrimonio coronato dalla nascita dei primi figli. 

 

In maniera frammentaria Maestro si concentra poi a raccontare alcuni particolari momenti della vita di Bernstein, che quasi sempre risultano connessi alla sua relazione con Felicia.

Nonostante l’armoniosa famiglia di cui si è circondato Bernstein non riesce a trattenere la sua attrazione per gli uomini e questo lo porta inevitabilmente a intraprendere flirt e frequentazioni anche con alcuni suoi studenti.

Felicia è ben consapevole di questi comportamenti del marito e, nonostante ciò non la renda felice, decide di accettarli continuando a stare al suo fianco.

 

Quando una delle loro figlie sentirà alcuni pettegolezzi sul padre la situazione inizierà a degenerare, mettendo a dura prova il legame tra Felicia e Leonard.  

 

 

[Maestro: Leonard Bernstein (Bradley Cooper) e la sua compagna Felicia Montealegre (Carey Mulligan)]

 

 

I due si troveranno quindi a scontrarsi e confrontarsi sulla loro storia.

 

Mentre Felicia ha sempre cercato di far risplendere l’ingombrante personalità del marito nonostante tutto, Bernstein gli risulta tanto pieno d’odio come persona quanto colmo d’amore come musicista. È proprio questo dualismo che l’artista sembra accogliere pienamente nella sua visione di creazione artistica, inestricabilmente legata alla libertà della propria vita personale. 

 

Maestro è un film che sulla vita professionale di Bernstein ha ben poco da raccontare.

 

Alcuni grandi successi del compositore e direttore d’orchestra, come ad esempio West Side Story, risultano appena accennati e dopo il suo iniziale successo molte tappe della sua carriera vengono completamente glissate. Sono davvero poche le scene in cui vediamo Bernstein comporre o dedicarsi suo lavoro e in effetti, nonostante la loro incredibile potenza, non ci sono nemmeno molte scene dove lo vediamo dirigere un’orchestra. 

In Maestro il lato più squisitamente artistico di Bernstein è quindi restituito da quest'ultime e dalle avvolgenti musiche del compositore utilizzate come colonna sonora. 

Quello su cui invece il film sembra concentrarsi maggiormente non è nemmeno la vita privata di Bernstein, quanto piuttosto il suo intrecciarsi e aggrovigliarsi sempre più con quella della moglie Felicia.

 

Tra depressione, litigi ed emozionanti abbracci Maestro si dimostra un coraggioso biopic atipico, che piuttosto che restituirci il quadro completo della vita di Bernstein e dei suoi successi professionali cerca invece di creare un suo frammentato ritratto intimo e familiare. 

 

 

[Bradley Cooper nei panni di Leonard Bernstein in Maestro]

 

Guardando Maestro è evidente come Cooper sia ormai un regista perfettamente in grado di comporre delle immagini dall’indiscussa potenza tanto estetica e comunicativa quanto emozionale.

 

Mentre sotto questo aspetto risulta fondamentale l’aiuto del direttore della fotografia Matthew Libatique (Il cigno nero, A Star is Born) che qui firma uno dei suoi lavori più ispirati, a risplendere è anche la regia elegante e studiata di Cooper.

La scelta del bianco e nero e di una regia dinamica, che caratterizzano la prima parte del film, risultano perfettamente capaci di immergerci nel vorticoso caos della vita di Bernstein agli inizi della sua carriera: in queste sequenze si ha la sensazione di rivivere alcuni vividi ricordi del compositore che, per le belle sensazioni che evocano, prendono la forma di un unico flusso incontrollato e scalpitante.

Nella seconda parte, invece, l’uso dei colori e la regia decisamente più statica sembrano volerci calare nella ben meno esaltante normalità in cui è immerso Bernstein in età matura, consegnandoci delle scene dalla fantastica composizione formale che trasmettono un senso di realtà opaca, distante dai ricordi sfavillanti di Bernstein agli inizi della sua carriera. 

 

Se dietro la macchina da presa Cooper riesce quindi a confermare le sue indiscusse capacità di regista, lo stesso avviene con la sua performance attoriale.

Il trucco e la lunga e faticosa preparazione che Cooper ha affrontato per calarsi nei panni di Bernstein sembrano decisamente aver dato i loro frutti, dimostando come la sua interpretazione e quella di Carey Mulligan sono indubbiamente uno degli aspetti su cui il biopic punta più fieramente.

 

I due attori con Maestro ci consegnano infatti due delle loro migliori performance che difficilmente passeranno inaspettate ai prossimi Premi Oscar.  

 

 

[Maestro: un giovane Bernstein mentre dirige la New York Philarmonic Orchestra]

 

Nonostante tali aspetti esaltino incredibilmente la qualità di Maestro si ha la sensazione che questi siano talmente imponenti e maestosi da coprire la vera sostanza del film.

 

A dominare la pellicola, infatti, è chiramente la dimensione della performance, da intendersi sia dal punto di vista attoriale e registico quanto puramente scenico nelle sequenze in cui vediamo Bernstein dirigere l’orchestra.

Se di per sé questo aspetto non avrebbe nulla di male il problema a mio avviso nasce quando questa dimensione della performance sembra fagocitare il prodotto filmico stesso. 

 

L’aspetto sotto cui Maestro sembra più debole risulta infatti quello della scrittura.

 

Cooper, aiutato da Josh Singer, firma infatti una sceneggiatura frammentaria che non riesce a restituire il senso di una narrazione pienamente compiuta, ma che sembra piuttosto voler puntare a delineare la personalità del mattatore Bernstein nei suoi aspetti più intimi. Sebbene questi sembrino gli intenti del film, a mio parere Maestro finisce per risultare un’opera che fatica a restituirci la reale complessità del personaggio di Bernstein e dell’ancor più complesso rapporto che lo lega a Felicia. 

 

Nonostante entrambi gli aspetti risultino decisamente affascinanti e interessanti da scoprire, il film non riesce quasi mai ad arrivare davvero all’anima del compositore e restituirne un’immagine ben delineata agli spettatori, lasciando invece un quadro vago che specie nella seconda parte del film sembra perdere mordente.

 

 

[Bernstein che dirige l'orchestra in una delle scene più iconiche ed esaltanti di Maestro]

 

 

Il problema di Maestro, secondo me, è che guardandolo si rischia di rimanere ben più affascinati dall’icona Bernstein nel lato pubblico, che Cooper costruisce formalmente con grande eleganza e potenza, piuttosto che dalla reale complessità che caratterizza la sua dimensione intima, aspetto che Cooper cerca di tratteggiare ma fatica a portare pienamente a termine. 

 

In conclusione Maestro risulta decisamente un’opera elegante e d'impatto. 

Sospeso tra Cinema d'autore e melodramma pop, il film dimostra il talento poliedrico di Cooper sia dietro che davanti alla macchina da presa. 

 

La cura dei dettagli, gli aspetti tecnici e le fantastiche performance contribuiscono a creare delle scene incredibilmente appaganti dal punto di vista estetico ed emotivo che sembrano però superare per qualità l’integrità del film stesso, che finisce invece per perdersi tra i frammenti che Cooper ha deciso di selezionare per parlarci dell'iconico Leonard Bernstein.

 

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