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Women Talking - Il diritto di scegliere - Recensione: parlo quindi sono

Con Women Talking - Il diritto di scegliere Sarah Polley riflette sull'oggi all'interno di un fienile, ribadendo l'importanza della parola come veicolo culturale e di libertà

Women Talking - Il diritto di scegliere: il titolo scelto dalla distribuzione italiana è a mio avviso abbastanza infelice e rende fin troppo à la page l’ultima fatica di Sarah Polley.

 

A una prima lettura il rimando è quello alla schiera di film costruiti appositamente su un tema, salvo poi dimenticarsi un’idea di Cinema, un tipo di sguardo sul mondo come ad esempio il recente Il diritto di contare.

 

Anche Women Talking è un film rigorosamente a tema, ma questo non diventa l’unico elemento di interesse o il motivo per cui deve essere visto.

 

[Il trailer di Women Talking - Il diritto di scegliere]

 

 

Sarah Polley (candidata per la Miglior Sceneggiatura non Originale ai Premi Oscar 2023) decide di adattare l’omonimo romanzo di Miriam Toews, basato a sua volta su una orribile vicenda di cronaca avvenuta nel 2011 a Manitoba, in Bolivia.

 

La versione cinematografica della regista canadese non specifica il luogo, rendendo così universale la storia trattata.

 

In una colonia isolata dal resto del mondo le donne della comunità vivono nella completa ignoranza, non sanno né leggere né scrivere e sono dedite solo al lavoro nei campi e a quelli domestici.

La scoperta che gli uomini della loro comunità utilizzano uno spray per addormentarle e poi violentarle scatenerà un dibattito su come reagire: non fare nulla, restare e combattere oppure andarsene. 

 

Ecco perché il titolo Women Talking è secco ed essenziale, perché in quel “talking” viene racchiusa la forza del film, il flusso di parole prodotto dallo scontro e incontro verbale delle donne.

Una sorta di agorà - una didascalia ci avverte che quello che vedremo è frutto di un atto di immaginazione femminile - traslata in un fienile, dove le pratiche espressive diventano benzina per generare cultura e di conseguenza libertà. 

 

Un rito parlato utile a oggettivizzare il dramma (sociale) e che crea una comunità in cui il conflitto porta alla valutazione di un comportamento, salvo poi risignificare tale gesto e produrre un nuovo significato. 

“We didn’t talk of our bodies and without language for it, there was a gaping silence.

That was the real horror”.

[Non parlavamo dei nostri corpi e senza un linguaggio per farlo, c'era un silenzio dirompente.

Quello era il vero orrore.] 

 

Una moltitudine di voci che Sarah Polley riesce a dirigere sapientemente: Women Talking è un film quasi interamente costruito in un’unica location e pertanto le prove delle attrici sono fondamentali.

 

Il cast è di prim’ordine (Rooney Mara, Jessie Buckley, Claire Foy, Frances McDormand, Judith Ivey) ed è fondamentale la gestione dei tempi narrativi, che non appesantiscono mai un film che fa della parola il suo elemento chiave.

 

 

[La presenza del personaggio di Frances McDormand è centellinata, ma significativa]

 

Le esperienze traumatiche e la differenza di pensiero delle protagoniste perciò conferisce a Women Talking più sfumature, evitando di omologare un solo tipo di sguardo alla vicenda e quindi alla raffigurazione stessa del trauma.

 

Perché prima di capire cosa fare il gruppo di donne nel film di Sarah Polley deve venire a patti con la colpa, quella di matrice cristiana della mela di Adamo.

 

Una colpa che diventa di nuovo il centro del discorso etico, spostando la decisione sulla reazione da una fase inquisitoria ad una accusatoria. Perciò la retorica argomentativa di ogni componente del gruppo diventa un atto linguistico che si trasforma in cooperazione, ribadendo ancora una volta l’importanza della parola e del linguaggio. Cultura come sguardo sul mondo, che trova spazio fuori dal fienile - Sarah Polley lo dimostra con precisi e significativi movimenti di macchina - e dalla castrazione di una fede dogmatica che inevitabilmente appassisce ogni slancio vitale.   

 

È interessante inoltre come in Women Talking l’unico maschio che assiste al dibattito in questione - August, interpretato dal sempre convincente Ben Whishaw - sia istruito e che aiuti le donne a raggiungere il loro scopo, sebbene anche lui sia colpevole di non aver fatto nulla nonostante fosse a conoscenza di ciò che avveniva.

 

 

[Ona (Rooney Mara) è il personaggio più legato a August (Ben Whishaw)]

 

Women Talking è una chiara metafora dei nostri tempi, precisa, messa in scena intelligentemente - a volte pecca per l’utilizzo della colonna sonora come segnaletica emotiva - che ribadisce come solo l’atto del parlare sia prima di tutto un atto di coraggio. 

 

Questo gesto additato spesso da un occhio esterno come banale, in realtà è il primo passo per una riappropriazione di un sé, di una identità: parlo quindi sono.

 

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