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Ant-Man and the Wasp: Quantumania - Recensione: il quantum della domenica

Nelle sale cinematografiche è arrivato Ant-Man and the Wasp: Quantumania, il nuovo film Marvel che apre la Fase 5 del MCU: sfortunatamente secondo me non c’è molto per cui entusiasmarsi 

Ant-Man and the Wasp: Quantumania inaugura la stagione dei blockbuster e dei tentpole, prestandosi contestualmente da apripista per la Fase 5 del Marvel Cinematic Universe.

 

La Fase 4, non proprio entusiasmante, si è chiusa a mio avviso con il deleterio Thor: Love and Thunder e il più rassicurante e celebrativo Black Panther: Wakanda Forever. 

Il grande disegno Marvel tra Cinema e televisione è sembrato in affanno, appannato come Michael Scott di The Office dopo aver trangugiato un mappazzone di fettuccine Alfredo prima di una maratona.   

 

Kevin Feige ha dichiarato recentemente “Il ritmo con il quale rilasceremo gli show Disney Plus cambierà, così da permettere a ognuno di questi di brillare,” dando l’idea che in futuro calerà anche il numero di produzioni. 

 

“Less is more,” si usa dire a Hollywood e per qualche oscura ragione i Marvel Studios non sembrano aver capito che affogare il pubblico con i propri contenuti potrebbe minare sia la qualità delle produzioni sia l’appetito del pubblico stesso.   

 

[Trailer internazionale di Ant-Man and the Wasp: Quantumania]

 

 

Andando a vedere Ant-Man and the Wasp: Quantumania la sensazione era quella del pranzo della domenica a casa dei genitori: vuoi bene ai tuoi, ma tutto ha il sapore di una stanca abitudine.

 

Il tuo intestino ti sta già facendo digerire la cucina unta che non hai ancora assaggiato, i nervi di una settimana pesante in un mese stressante in un anno da cani stanno sperando che tuo zio limiti al minimo le battute vagamente razziste e che mamma si faccia passare il prima possibile la mania di TikTok. 

 

In breve: l’entusiasmo verso le opere Marvel è ai minimi storici anche per chi come me è cresciuto sfogliando gli albi degli eroi della Casa delle Idee e che, ancora oggi, trova rifugio e ristoro nelle imprese di quegli eroi.

Eppure, come insegnano le migliori storie di eroi e supereroi, la speranza è l’ultima a morire e per quanto le avversità possano sembrare insormontabili, una nuova alba all’orizzonte guiderà la via verso l’ultima riscossa. 

Sfortunatamente l’alba non sta sorgendo all'orizzonte di Ant-Man and the Wasp: Quantumania.   

 

Il grande numero di produzioni dedicate agli eroi Marvel e la loro fattura sempre più chiusa in uno standard non è, a mio dire, il problema principale delle opere dedicate all’MCU - siano queste seriali o cinematografiche. 

Il problema nevralgico è la mancanza di buone storie e quindi, a monte, di autori che siano in grado di plasmare per i fan avventure caratterizzate dagli elementi che rendonoo grandiosi questi personaggi e le loro imprese. 

 

Per metterci una pezza si è scelto di sfruttare i punti deboli della fanbase più modaiola e la cultura dell’hype, colmando il vuoto e parlandosi un po’ addosso, spremendo la lore del MCU con gli easter egg e solleticando l’entusiasmo dello spettatore grazie alle suggestioni delle scene dopo i titoli di coda, basate sulla promessa di esaltanti avventure future sempre più lontane, distraendo da quello che si sta guardando.

 

Ant-Man and the Wasp: Quantumania non fa eccezione e la sceneggiatura di Jeff Loveness ha l’unico merito di aver spostato la storia di Ant-Man in un universo, quello del Regno Quantico, potenzialmente molto affascinante; anche se a conti fatti è secondo me sfruttato davvero male e sostanzialmente trattato come un teatro di cartapesta che fa da sbadato sfondo alla vicenda. 

 

 

[Il Regno Quantico di Ant-Man and the Wasp: Quantumania]
Ant-Man and the Wasp: Quantumania

 

Tutto il resto è un rincorrersi di eventi pericolosamente svuotati di qualsiasi appeal, tensione, dramma e, tornando al problema centrale, morale e catarsi eroica.

 

Nei film Marvel l’eroe e la sua morale sono sempre più una sbiadita ombra, un tratteggio appena accennato che non è mai utile al fine di costruire l’epica dei personaggi che, anche grazie a questo meccanismo, lo spettatore solitamente ama.  

 

“I fumetti sono storie; sono come i romanzi o altro. Quindi la prima cosa che devi fare è diventare un bravo narratore”: questa è una delle tante citazioni di Stan Lee, per chi non volesse credere alla mia tesi ma basarsi sull’opinione, più autorevole, di un uomo che tutti amano e celebrano, ma molti sembrano non conoscere affatto.   

 

Ant-Man and the Wasp: Quantumania è la conferma dell’incapacità dei Marvel Studios di ricreare la formula dietro il mito che ha fatto esplodere l'universo cinematografico Marvel che oggi, in assenza di protagonisti all’altezza dell’eredità e della memoria dei primi Avengers, sta puntando tutto su un cattivo carismatico, ma con una serie di problemi.   

 

Il villain Kang il Conquistatore diventa interessante se opposto a degli eroi verso i quali lo spettatore prova un forte attaccamento emotivo che, nella giostra della finzione, innesca tutti gli elementi del “conflitto”, la materia fondamentale per alimentare una storia. 

In questo modo si mettono in discussione le scelte morali dell’eroe, si dà potenza alle sue gesta, al concetto di sacrificio e alle caratteristiche uniche che rendono il mito di quel personaggio così iconico.   

 

Lo Scott Lang (Paul Rudd) di Ant-Man and the Wasp: Quantumania è sostanzialmente un personaggio invisibile perché mentre è chiamato a prendere il centro del palco paga lo scotto di aver fatto da figurina comica in ogni sua comparsa nei film precedenti. 

 

La stessa introduzione della figlia Cassandra Lang (Kathryn Newton) è vanificata da una scrittura che prima la presenta con una forte etica, una sorta di Jane Fonda determinata a farsi in quattro per gli ultimi - o il "little guy" citato dallo stesso Scott nel suo libro - e poi la dissolve dimenticando di sviluppare ogni possibile espediente per generare contrasto, catarsi o altro. 

 

 

[Il rapporto padre e figlia e il senso di colpa di Scott verso Cassie in Ant-Man and the Wasp: Quantumania è un soggetto sprecato]

 

Ant-Man and the Wasp: Quantumania è un film che si sposta tra un timido conflitto tra padre e figlia, un mesto omaggio a Hank Pym, il “vero” Ant-Man, una buona vagonata di spiegoni e Kang, un cattivo il cui carisma non è merito del racconto in sé, ma solo della presenza scenica di Jonathan Majors.   

 

Da quando è stata distribuita su Disney+ la serie TV Loki, il pubblico ha appreso il nome e il volto del nuovo Thanos: Kang il Conquistatore, il distruttore di linee temporali e di universi alternativi, ovvero il fondamento di questa nuova lunga linea narrativa dei film Marvel. 

 

In Ant-Man and the Wasp: Quantumania, come già visto nell’episodio finale di Loki, Majors conferma la sua capacità di bucare lo schermo e la rara abilità di saperlo fare recitando persino il bugiardino di un collirio.

La meraviglia che proviamo guardando Kang sullo schermo non è figlia della commistione tra la certosina costruzione di un villain, la regia e la bravura del suo interprete, ma semplicemente il compiacimento che nasce dal vedere un attore dotato. 

 

Kang è la nuova grande minaccia, ma esattamente come i nuovi eroi che dovrebbero proteggerlo non è proprio elettrizzante e i Marvel Studios stanno fallendo nel creare storie che gli diano il giusto risalto.  

 

Ritornando all’idea di costruzione drammatica, qui a mio avviso assente, il ritmo del racconto di Ant-Man and the Wasp: Quantumania è talmente sfondato nella sua scrittura e nella messa in scena che fin dai primi minuti impareremo come nessuno dei nostri eroi sia davvero in pericolo: ogni volta che qualcosa di potenzialmente pericoloso si manifesta non riesce ad avere credibilità per più di una manciata di secondi, di conseguenza impedendo agli eroi di brillare. 

 

Dramma, conflitto ed epica dell’eroe mancano del tutto dal radar di Ant-Man and the Wasp: Quantumania e quando si palesano timidamente fanno la figura di Nonno Simpson, senza riuscire a evitare di coprirsi di ridicolo. 

 

Nota a scanso di equivoci: per "dramma" non intendo qualcuno che piange nudo in posizione fetale sotto la doccia, ma tutti quegli espedienti che sono il sale di ogni buona storia, in particolare in un racconto d’avventura di stampo eroico.

 

Non importa quanto questo abbia toni leggeri, anche un fumetto di PK ha una propria costruzione drammatica. 

 

 

[Jonathan Majors ruba la scena in Ant-Man and the Wasp: Quantumania]

 

Una delle sparute idee azzeccate di Ant-Man and the Wasp: Quantumania è la trasposizione di MODOK, personaggio figlio di una delle tante idee “fumettistiche” sopra le righe e oggi concettualmente invecchiate.

 

Venderlo seriamente è una discreta impresa ma questa patetica interpretazione credo abbia fatto centro, tanto quanto quella scelta per la serie TV in stop-motion creata da Jordan Blum e Patton Oswalt per Hulu. 

 

Ho apprezzato anche la breve incursione nel mondo dei popoli che vivono nel Regno Quantico, capace di sfruttare alcuni spunti comici e sci-fi gradevoli, la sopracitata scena che celebra Hank Pym interpretato da Michael Douglas, “l’autentico” Ant-Man e l’abbozzato passato di Janet Van Dyne (Michelle Pfeiffer) nel Regno Quantico, così come il suo conflitto con Kang. 

Devo però ammettere che non perdonerò mai alla produzione di non essere riuscita a sfruttare a dovere Bill Murray che per la prima volta dopo anni compare in un film e non lascia un gran segno; ci voleva un campione per riuscire in questa impresa.

 

Ant-Man and the Wasp: Quantumania è anche a mio avviso afflitto da alcuni momenti in cui tra le scelte di montaggio e il materiale girato si ha la netta sensazione che qualcosa sia andato maledettamente storto, compromettendo la continuità degli eventi e la sua logica.

 

Non potendo fare spoiler riportando situazioni ben precise, non ho occasione di scendere nella ricostruzione specifica di un paio di frangenti, ma in entrambi sembra di essere presi a schiaffi e il senso di smarrimento è tale che l’istinto è stato quello di gridare verso la sala di proiezione “Ehi, riavvolgi il film di un minuto!”.

 

 

[Lo scontro tra Kang e Scott in Ant-Man and the Wasp: Quantumania poteva essere qualcosa di più]

 

 

Ant-Man and the Wasp: Quantumania è dunque secondo me un film privo di carattere, minato dalla solita scrittura laconica nella descrizione degli eroi e del loro mito. 

 

A dimostrazione di ciò l’unico momento in cui il pubblico ha trattenuto il fiato in sala è stato durante la seconda scena post-credit che ancora una volta riconduce al futuro del MCU, mentre niente di quello che stava accadendo sullo schermo in precedenza è sembrato contare qualcosa. 

Ant-Man and the Wasp: Quantumania è con mio dispiacere l’ennesimo pranzo domenicale, una confezione logora che dalla fine della saga di Thanos si scioglie sotto la pioggia dell'abitudine.

 

Contrariamente alle certezze espresse pubblicamente da Kevin Feige, credo che il pubblico si stancherà di guardare questi supereroi, soprattutto se le loro storie perdono fascino in favore di un predominante puzzo di plastica da catena di montaggio. 

 

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