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Petite fleur - Recensione: quando uccidere il vicino salva i matrimoni - Torino Film Festival 2022

Perfetto giocattolo visivo e registico che dietro alla comicità esuberante nasconde una lucida analisi di una coppia

Santiago Mitre è uno dei volti nuovi del Cinema sudamericano: l'autore argentino, habitué del Torino Film Festival, ha già dimostrato a più riprese la sua capacità di calarsi in stili e toni completamente diversi tra loro e con Petite Fleur in questa 40ª edizione della kermesse torinese ci mostra l'ennesima nuova faccia della sua poetica. 

 

Mitre non è un volto nuovo del festival - ha vinto nel 2015 con Paulina ed è stato giurato e ospite con Il presidente nel 2017 - e torna a Torino nell'anno della sua definitiva consacrazione: la vittoria del premio FIPRESCI alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia con Argentina, 1985.

 

[Il trailer di Petit Fleur di Santiago Mitre]

Petite Fleur

Petite Fleur

Dopo l'importanza e la gravità dell'opera premiata al Lido Petite Fleur, basato su un racconto di Iosi Havilio e scritto da Mariano Llinas (regista e storico collaboratore dell'autore), si pone su un registro completamente diverso ed è il racconto grottesco e surreale della crisi di coppia tra José e Lucie, neogenitori della piccola Antonia.

 

Sembrerebbe l'inizio di un classico dramma familiare, se non fosse che l'ironica voce fuoricampo che ci sta raccontando le premesse ci informa praticamente subito che sta narrando le vicende del proprio assassino.

 

Scopriremo che a parlare è Jean-Claude, il vicino dei due coniugi, e che quello che ricorda l'incipit di Viale del tramonto o la costruzione di un film di suspense e violenza in realtà è l'apertura di una divertente commedia grandguignolesca.

 

 

[Uno dei molteplici oimicidi di Jean-Claude in Petit Fleur]
Petite Fleur

Petite Fleur

I due si sono appena trasferiti in Francia per il nuovo lavoro di José (Daniel Hendler), ex-fumettista argentino prestato alla grafica pubblicitaria, purtroppo però l'uomo perde presto il lavoro e i ruoli devono invertirsi: Lucie (Vimala Pons), francese, inizia a lavorare in un giornale e il padre, rimasto nullafacente, bada alla piccola Antonia. 

 

All'inizio, nonostante le tante differenze e l'incomunicabilità, la coppia sembra molto affiatata, ma la ridefinizione dei ruoli imposta dall'esterno e il rifuto di imparare il francese da parte dell'uomo, uniti alla frustrazione lavorativa della giornalista, li allontanano sempre di più.  

 

José trova la sua dimensione nel nuovo ruolo di uomo di casa e di padre, anche se non sembra volerlo accettare: Antonia lo adora e lo ascolta, lui ha tempo per riscoprire la sua arte e per muoversi in una placida routine che sembra essere il suo habitat naturale; proprio durante uno dei lavoretti di questa nuova quotidianità incontra il suo vicino Jean-Claude per chiedergli una pala.

 

 

[Il primo omicidio di Jean-Claude in Petite Fleur con la fatidica pala]
Petite Fleur

Petite Fleur

Jean-Claude è istrionico, sicuro di sé, grande conoscitore della vita e dei suoi piaceri che inizia a raccontare al malcapitato vicino: entra in un turbinio infinito di parole che sembra non lasciare scampo a José, che continua a sperare che il baby monitor parli per liberarlo dal supplizio, ma la cosa non succede e dopo l'ennesimo scherzo del padrone di casa l'argentino uccide il francese. 

 

La lucidità prende il sopravvento, pulisce tutto e nasconde le prove, poi arriva la paura di ciò che è stato commesso in preda ai propri istinti, ma proprio quando pensa di essere stato scoperto viene a sapere che il vicino è ancora vivo: inizia così una routine per cui ogni giovedì i due vicini si incontrano, bevono, mangiano, chiacchierano e poi il padrone di casa viene ucciso.

 

Ogni sera dopo la mattanza, quando Lucie torna a casa da lavoro è come se l'amore tra i due coniugi risbocciasse fino al mattino dopo quando ritornano alla distanza e alla freddezza che si stanno insinuando tra loro: vanno a ballare, escono a cena, si divertono fino a tardi e sembra che tutte le difficoltà sempre più grandi all'interno della coppia svaniscano assieme alla vita Jean-Claude; José inizia quindi a pensare che esista un legame tra la morte del vicino e la felicità tra di loro.

 

 

[Santiago Mitre sul set di Petite Fleur]

 

In Petite Fleur Mitre non ha intenzione di darci spiegazioni su questa resurrezione continua, se sia essa soprannaturale, immaginifica o onirica: il vero centro d'interesse per l'autore argentino è l'aspetto umano di una coppia, composta da un artista che ha abbandonato la propria arte e la cui vita sta andando a rotoli e una donna in crisi con l'aumento delle responsabilità e con l'età che avanza. 

 

È chiaro che la molla che fa scattare l'insoddisfazione e la frustrazione di José non sia tanto la perdita del lavoro in sé, ma il ritrovarsi in un ruolo che non ritiene proprio e, così come Lucie, si trova bloccato, insoddisfatto e incapace di vedere come la sua nuova condizione sia al contrario piena di opportunità.

 

 

[José, perfetto padre in Petite Fleur, ma allo stesso tempo incapace di accettarlo]

 

In Petite Fleur assistiamo a un simbolismo lucidissimo di Mitre, Havilio e Llinas alle spalle dell'eccesso grottesco e violento che caratterizza il film, infatti alle spalle della ripetizione estremamente visiva ed estetizzante dell'omicidio si celano i problemi tra due innamorati che si stanno allontanando sempre più.

 

Da un lato Lucie sente che le sue difficoltà ne imperizie nel fare la madre siano gravi come un peccato capitale, perciò il personaggio fugge spesso all'interno del film, prima di tornare in preda al senso di colpa imposto sia dalla società esterna, sia dall'amore che la lega alla sua famiglia; vive così una continua insoddisfazione che la porterà ad entrare nella setta del santone Bruno pur di sentirsi speciale, unica e non ingabbiata in uno schema.

 

Una sofferenza fisica, di ruolo e mentale che si ripercuote anche su ogni aspetto del rapporto con il marito: dalla lingua al sesso (altro aspetto centrale della rappresentazione della loro crisi di coppia), tutto poco a poco si corrode sembrando irrecuperabile.

 

 

[Lucie a una cena del gruppo di incontro di Bruno, un altro personaggio fondamentale del racconto di Petite Fleur]

 

 

Dall'altra parte José ha abbandonato la propria arte, ha perso il senso della sua esistenza e si ritrova in un ruolo che non sente come suo: percepisce la sua calma e la sua abitudinarietà come i freni che lo stanno affossando; così decide di far esplodere tutto ciò che reprime in una cruenta e sanguinolenta routine con il malcapitato Jean-Claude, un uomo che rappresenta tutto ciò che odia, ma che allo stesso tempo incarna ciò che lui vorrebbe essere. 

 

La necessità di riappropriazione e ridefinizione di sé che José è obbligato ad attraversare in Petite Fleur è ben esemplificata da uno degli archi interni del film, ovvero quello con il santone Bruno, un uomo istrionico come Jean-Claude, che si metterà tra lui e Lucie e grazie all'esuberanza e alla sicurezza che lo contraddistinguono lo farà sentire come un maschio castrato e inadeguato.

 

 

[La liberazione del personaggio attraverso la violenza senza conseguenze è fondamentale in Petite Fleur per il cambiamento di José]

 

 

Le interazioni tra i due saranno sempre pregne di significato (la rimozione/perdita del nome, l'omicidio messo in scena) e testimoniano perfettamente la lucidità di Mitre nell'inserire un discorso psicologico estremamente fine e curato alle spalle di una comicità esuberante e sagace, della cura visiva e della violenza esasperata.  

 

L'accettazione dell'impegno, della responsabilità e della quotidianità da un lato, e la riacquisizione e ridefinizione di sé dall'altro, guidano due personaggi scritti perfettamente all'interno di Petite Fleur: come dice nell'incipit la voce narrante di Jean-Claude, chiara rappresentazione dell'autore all'interno dell'opera, "all'inizio di questa storia ci sono i nostri personaggi", come se fossero l'unica cosa realmente importante, attorniata da macchiette e situazioni paradossali.

 

 

[Jean-Claude, l'alter-ego di Mitre in Petite Fleur]

 

Al di là di questa lettura di ciò che si trova alle spalle di Petite Fleur, non bisogna però dimenticare che il film di Santiago Mitre è un'opera visivamente curatissima: capace di raccontare attraverso i cambi di luce i differenti momenti di crescita interna e di coppia di José e Lucie e di sfruttare il cambio di registro visivo per raccontare quanto talvolta percezioni e realtà si scollino nella mente dei protagonisti.

 

Emblematiche, per esempio, le differenze fotografiche tra gli omicidi di Jean-Claude e quello tentato con Bruno, o la vicinanza stilistica delle serate del giovedì e delle violenze impossibili perpetrate sul vicino.  

 

Un film a mio avviso bello da vedere, con un ritmo e una verve comica che lo rendono irresistibile indipendentemente dall'interesse per ciò che si annida alle spalle della sua perfetta fattura, un'opera leggera, ma di assoluta maturità che nonostante le possa sembrare priva di pretese mostra un'abilità non indifferente nell'inserirsi nelle pieghe di un film così leggero e una consapevolezza sempre maggiore di Santiago Mitre. 

 

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