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Con Bones and All Luca Guadagnino prosegue il percorso di voce generazionale intrapreso con We Are Who We Are, serie TV HBO realizzata nel 2020.
Non è un caso infatti che a interpretare il protagonista ci sia proprio Timothée Chalamet, attore lanciato dal regista italiano con Chiamami col tuo nome e diventato col tempo vero e proprio teen-idol.
Guadagnino, sebbene introduca il suo personaggio dopo trentasei minuti, lavora per costruire attorno alla figura di Chalamet il volto di una sessualità fluida che non conosce imposizioni, specchio di un'evoluzione di pensiero connaturatosi nel corso degli ultimi anni.
[Il trailer di Bones and All]
Viene quindi abbandonata l’idea del maschio alpha tutto muscoli per abbracciare invece un personaggio che “pesa sessanta chili da bagnato” il cui outfit stravagante è a metà tra gli anni ‘80 - periodo in cui Bones and All è ambientato - e i giorni nostri.
L’obiettivo perseguito dal regista attraverso la fisicità dell'attore newyorkese è quindi evidente, oltre a essere figlio di una visione di mondo che caratterizza il film.
A dividere lo schermo insieme a Timothée Chalamet c’è Taylor Russell - attrice al suo primo vero grande ruolo - anch’essa utile alla rappresentazione di una generazione che è in perenne cambiamento.
Bones and All è prima di tutto una storia d’amore tra i due protagonisti, entrambi con un segreto da custodire per non venire soffocati dalla loro unicità.
Un racconto - tratto dall’omonimo romanzo di Camille DeAngelis - che ci porta ai margini della società, nella suburbia statunitense dove Lee e Maren vivono, o per lo meno cercano di farlo.
Lo sguardo di Guadagnino è rivolto anche a mostrare quel mondo di provincia spesso protagonista del Cinema indie USA, ma che in produzioni generate dalle major stentiamo a vedere.
Due ore che si evolvono in un viaggio dantesco alla scoperta di sé stessi e degli Stati Uniti, dove ogni paese diventa un girone infernale in cui è possibile incontrare l’amore e al tempo stesso la morte.
Il road movie è dunque applicato a contesti orrorifici, genere che Guadagnino aveva già esplorato nel 2018 con Suspiria, film che mostrava l’amore come sola forza per non soccombere al peso della memoria e del dolore.
Sebbene la metafora del viaggio per scoprire sé stessi sia spesso abusata, il modo in cui il regista italiano rilegge le regole di questo contesto narrativo applicandolo alla sua poetica visivo-contenutistica è mirabile.
Perciò quel "we are who we are" che nella serie TV era rivolto a contesti e situazioni familiari al regista - le famiglie statunitensi in un Paese straniero di A Bigger Splash e Chiamami col tuo nome - in Bones and All diventa uno slogan universale, abbracciando così, a modo suo, lo sguardo generazionale di Sam Levinson in Euphoria.
Una naturale evoluzione destinata a scontrarsi con i residui conservatori di un Paese lacerato da una divisione sempre più netta tra chi è figlio del cambiamento (Lee e Maren) e chi invece lo ripudia, come nel caso di Sully.
Quest’ultimo personaggio, interpretato da Mark Rylance, se in un primo momento può esser visto come il Virgilio che accompagna Maren alla scoperta della propria natura, si rivela esser invece la causa della disgregazione socio-culturale a cui possiamo andare in contro.
Una figura paterna che rifiuta l’evoluzione della nostra società e che, di conseguenza, come tutti i genitori presenti in Bones and All genera e acuisce le sofferenze dei propri figli.
Non è un caso che Sully abbia un bisogno quasi bambinesco del sesso femminile e che, simultaneamente, si inserisca in una posizione di carnefice nei confronti dello stesso: ci troviamo dunque di fronte a un personaggio-emblema dell’ipocrisia del modo di vivere (e concepire) il mondo che rappresenta .
[Il personaggio di Chalamet in Bones and All è destinato a diventare un'icona]
Bones and All è un film che si nutre di queste contrapposizioni, di scontri generazionali e bisogni incontrollabili, mostrando al contempo dolcezza e delicatezza dello sguardo anche laddove la ferocia delle immagini tinge lo schermo di rosso sangue.
Un’opera che non vive dell’urgenza del racconto e che dilata i tempi narrativi quando è necessario, soffermandosi così su momenti di iato che restituiscono tutta la bellezza degli attori e del paesaggio che li circonda.
Bones and All è, per certi versi, un film fluido come i suoi splendidi protagonisti, un viaggio emotivo sul supposto impossibile che si tramuta in possibile, vero e proprio monito per le generazioni presenti e future su ciò che possono essere: "we are who we are".
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