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Il mostro di Fritz Lang e il Cinema come specchio del reale

Ricordando uno dei più grandi capolavori di Fritz Lang

Ci sono pellicole che più di altre hanno segnato tappe fondamentali nella Storia del Cinema e senza dubbio M - Il mostro di Düsseldorf è una di queste. 

 

Il film fu presentato a Berlino l’11 maggio 1931: un battito di ciglia per l’eternità, un arco di tempo considerevole per la Settima Arte.

A dirigere questa pietra miliare del grande schermo fu l’austriaco Fritz Lang, annoverato a ragion veduta fra i più grandi cineasti del XX secolo.

 

Fritz Lang nacque a Vienna nel 1890 e mosse i primi passi nel mondo del Cinema in Germania dopo la fine della Prima Guerra Mondiale insieme a Thea Von Arbou, sceneggiatrice e sua futura moglie.

 

 

[Il regista Fritz Lang all’opera sul set]

 

 

La famosa battuta di Harry Lime, personaggio interpretato da Orson Wells ne Il terzo uomo di Carol Reed, è vera anche in relazione alla Germania dell’epoca: gli anni ‘20 sono il decennio della debole Repubblica di Weimar, le cui fondamenta sono progressivamente erose dalla violente ondate del nazionalsocialismo.

 

Fra crisi economiche e tensioni politiche fiorirono nuove correnti cinematografiche che diedero lustro al Cinema tedesco in tutto il mondo.

Una di queste fu l’espressionismo, che impresse su celluloide le ansie e le angosce della Germania di quel tempo dando ampio spazio a distorte ambientazioni irreali e a tematiche basate sul mistero e sul sovrannaturale; Lang fu un Maestro dell’espressionismo con film come Il dottor Mabuse del 1922 e - soprattutto - Metropolis del 1927, capolavori del Cinema muto e in bianco e nero, dove a regnare sono l’immagine e il suo simbolismo.

 

Con l’avvento del sonoro, risalente al 1927, anche Lang si adeguò alla nuova tecnologia e se ne avvalse per la prima volta proprio in M - Il mostro di Düsseldorf.

 

 

[Il trailer di M - Il mostro di Düsseldorf]

 

 

Un maniaco adesca e uccide bambini in una città tedesca di cui non viene specificato il nome - il sottotitolo italiano allude a fatti di cronaca che sconvolsero la comunità di Düsseldorf negli anni 20’.

 

A nulla servono le indagini della polizia, che brancola nel buio per assenza di prove, mentre l'assassino agisce impunemente e senza posa.  

Anche le organizzazioni criminali della città, vedendo minacciate le proprie attività illecite proprio dalle forze dell’ordine che cercano il mostro tra file dei malviventi, decidono di dare la caccia all’uomo per ristabilire l’ordine. 

 

M - Il mostro di Düsseldorf è un’opera straordinaria e lo si può intuire già dalla sequenza iniziale che mostra l’ennesimo omicidio del maniaco: Lang fonde infatti l’innovativa tecnica del sonoro - la cupa filastrocca sull’uomo nero cantata da una bambina che gioca in cortile coi suoi coetanei - con la lezione espressionista sull’utilizzo delle luci - l’ombra dell’assassino sul manifesto che annuncia la taglia sulla sua testa - per creare un forte effetto di suspense. 

 

 

["Scappa scappa monellaccio, sennò viene l'uomo nero col suo lungo coltellaccio...": i bambini in M - Il mostro di Düsseldorf mettono i brividi] 

 

 

Espressivo è anche l’utilizzo del fuori campo.

 

L’omicidio della bambina in M - Il mostro di Düsseldorf non è mostrato perché la cinepresa preferisce indugiare su altri dettagli: una palla che rotola solitaria e un palloncino impigliato tra i fili del telegrafo alludono alla sua triste scomparsa. 

 

Agli effetti sonori sono associati alcuni fondamentali snodi della trama, riguardanti in particolare l’individuazione e la cattura dell’assassino, impersonato dall’attore ungherese Peter Lorre, al solo terzo film della sua carriera.

Proprio l’interpretazione di Lorre è uno dei punti forti di M - Il mostro di Düsseldorf: l’appellativo è da riferirsi non solo alle sue efferate gesta, ma anche all’apparenza da uomo comune che lo avvolge, un insospettabile che gira tranquillo per la città ed è improvvisamente capace di mutare espressione e atteggiamento in preda a una voce che gli ordina di uccidere.

 

Sulle tracce di Hans Beckert - questo il nome del ricercato - si mettono la polizia e la malavita organizzata: mondi in teoria opposti fra di loro, eppure uniti dal desiderio comune, seppur con fini diversi, di catturare il maniaco per poter tornare alla tranquillità di un tempo.

 

 

[L'importanza del sonoro in M - Il mostro di Düsseldorf è sottolineata anche dal fatto che uno dei personaggi secondari più importanti del film sia un mendicante cieco]

 

 

A rinforzare l'impressione che poliziotti e delinquenti siano più simili di quel che si possa credere, contribuisce anche il montaggio parallelo delle due riunioni separate in cui sono impegnati i rispettivi vertici.

 

Le inquadrature si susseguono una dopo l’altra e sembra quasi che buoni e cattivi stiano discutendo fra di loro, rispondendo gli uni alle domande degli altri. 

 

Il tema principale di M - Il mostro di Düsseldorf, l’opposizione fra giustizia e vendetta, si manifesta nel pregevole finale: l’assassino è stato ormai catturato dai criminali e viene condotto in una distilleria abbandonata, dove sarà giudicato da una giuria popolare. 

Questa giuria improvvisata, scossa dai terribili eventi, è propensa a condannare a morte il maniaco: la loro giustizia sommaria è senza dubbio in contrasto con la giustizia ufficiale dei tribunali.

 

Lang sembra suggerire al pubblico che il diritto è un aspetto imprescindibile di uno stato civile e civilizzato; qualunque sia il crimine da giudicare devono sempre prevalere la legge e il suo rispetto. 

Tanto più se il carnefice è a sua volta vittima di una psiche malata che scatena in lui istinti incontrollabili.

 

Da qui un interrogativo morale per il pubblico: uccidere senza cognizione di causa equivale a uccidere intenzionalmente? 

 

 

[Hans Beckert, personaggio magistralmente interpretato da Peter Lorre in M - Il mostro di Düsseldorf]

 

 

Sicuramente la pena di morte non è soluzione, soprattutto nel caso in cui l’imputato è incapace di intendere e di volere: in uno struggente monologo del maniaco emerge tutta la sua lacerazione, l’estenuante lotta fra la sua sete di sangue e i conseguenti sensi di colpa. 

 

Hans Beckert è uno dei primi personaggi cinematografici segnati dalla devianza sessuale ed M - Il mostro di Düsseldorf rappresenta l’archetipo dei film sulle figure dei serial killer che tanto avrebbero avuto successo nei decenni successivi.

 

Ammesso che la cittadina del film rappresenti un campione della società tedesca in cui Lang vive e opera, il cineasta austriaco nutre chiaramente amarezza e disincanto nei suoi riguardi: una massa di individui che agisce in preda al risentimento, priva di lucidità e pronta a liquidare i più deboli senza troppi complimenti.

 

Una descrizione del feroce regime nazista che si sarebbe insediato da lì a poco.

 

 

[La folla inferocita, giudice e giuria del carnefice in M - Il mostro di Düsseldorf]

 

 

Non a caso i nazisti cercarono di boicottare l’uscita della pellicola in ogni modo, ritirandola infine dal mercato cinematografico nel 1934, un anno dopo la definitiva ascesa di Adolf Hitler al governo della Germania. 

 

Prima di dover emigrare altrove perché ebreo, Fritz Lang ebbe il tempo di sbeffeggiare apertamente i nazisti ne Il testamento del dottor Mabuse (distribuito proprio nel 1933) e si concesse anche il lusso di rifiutare la direzione dell’UFA - all’epoca la principale casa di produzione tedesca - offertagli da Joseph Goebbels, ministro della propaganda nazista.  

 

La carriera del regista, che dovette separarsi anche dalla moglie convintamente nazista, continuò così prima in Francia e poi oltreoceano: nelle sue storie in terra statunitense continuò a trattare argomenti a lui cari come il delitto, la giustizia e la figura criminale, dirigendo spesso bei film ma senza replicare i fasti del suo passato europeo.

M - Il mostro di Düsseldorf

 

[Joseph Goebbels, ministro della propaganda sotto il regime nazista]

 

 

Anche Peter Lorre dovette fuggire dalla Germania a causa della sua fede religiosa e anche lui - come Lang - sbarcò negli Stati Uniti, dove si ritagliò il suo spazio attraverso le apparizioni in capolavori come Il mistero del falco e Casablanca

 

Il resto è storia: la dittatura nazista non sopravvisse alla Seconda Guerra Mondiale, mentre M - Il mostro di Düsseldorf è ancora oggi ammirato e apprezzato in tutto il mondo dagli appassionati di Cinema, a testimonianza del genio di Fritz Lang.  

 

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