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Una vita in fuga - L'America dei ribelli fuggiaschi

Grazie all'ultimo film di Sean Penn ripercorriamo la storia dei ribelli fuggiaschi nel Cinema  

Una vita in fuga arriverà nelle nostre sale a quasi un anno di distanza dalla sua presentazione al Festival di Cannes, dove era in lizza per la Palma d’oro.

 

L’ultimo lungometraggio diretto e interpretato da Sean Penn debutterà infatti nei cinema italiani il 31 marzo grazie alla distribuzione italiana di Lucky Red

 

Il film che vede protagonista Dylan Penn insieme al padre prosegue una lunga tradizione narrativo-cinematografica, specialmente americana, che abbraccia il tema dei ribelli in fuga.

 

[Il trailer italiano di Una vita in fuga]

 

 

Siano essi braccati dalla legge, dalle convenzioni sociali che rifuggono o, più semplicemente, dai demoni interiori che li divorano, il Cinema statunitense moderno ci ha regalato una lunga serie di fuggiaschi.

 

A partire da quello che può essere considerato, per certi versi, il loro capostipite, la guida spirituale dei ribelli tormentati, ossia James Dean

Bello e maledetto, perennemente a bordo di bolidi luccicanti e velocissimi, l’attore nato in Indiana rappresentò l’icona di rappresentanza della gioventù americana del secondo dopoguerra.

 

Fu in film come Gioventù bruciata (1955) di Nicholas Ray che Dean si impose come simbolo perfetto per i “ribelli senza causa”, lanciato in fuga guidato dalle sole passioni della vita e dal rock 'n' roll.

 

 

[Se c'è un divo che ha passato una vita in fuga a bordo di bolidi potentissimi è proprio lui: James Dean!]

 

Di lì in avanti il personaggio del giovane eroe inquieto, ribelle, reticente all’idea di assoggettarsi alle imposizioni sociali - e quindi alla legge - è stato riproposto in diversi contesti, con chiavi di lettura differenti e con fortune alterne.

 

Si tratta di animi inquieti, ragazzi e ragazze costretti a vivere in un contesto sociale castrante, che pare non ascoltarli fino in fondo.

 

Qui si intersecano le storie dei reduci, giovani spezzati dalla Guerra del Vietnam, proprio come nel caso di Lupo solitario (The Indian Runner, 1991), primo lungometraggio diretto da Sean Penn e ispirato a una canzone di Bruce Springsteen.

Anche in questa storia il protagonista era un "non-eroe",  un tormentatissimo Viggo Mortensen nei panni di Frank Roberts, reduce in lotta col mondo col diavolo addosso.

 

Un membro della schiera dei cuori ribelli, fuggiasco libero da vincoli, imposizioni, ma condannato a un’esistenza difficile in un mondo che persegue l’ordine e le convenzioni sociali fatte di famiglia, figli, lavoro e morti anonime.

 

 

[Un giovanissimo Sean Penn sul set di Lupo solitario, ben trent'anni prima di Una vita in fuga]

 

Una delle produzioni più eclatanti di questa casistica cinematografica dei “dannati in fuga” coinvolge quello che, a tutti gli effetti, è uno dei debutti alla regia più sfolgoranti dell’intera Storia del Cinema, ossia quello che porta la firma di Terrence Malick.

 

Nel 1973, infatti, il regista statunitense di origini iraniane portò in sala il suo La rabbia giovane (Badlands), un film on the road colmo di passioni, anche violente, che vede coinvolti due giovanissimi in fuga.

 

Kit (Martin Sheen) è un venticinquenne disilluso che intesse una relazione con Holly (Sissy Spacek), appena quindicenne; il padre di lei si oppone a questa relazione sconveniente e, in seguito a una reazione scomposta, viene ucciso da Kit.

Qui inizia il viaggio dei due fuggiaschi attraverso l’America delle badlands, tra il Sud Dakota e il Montana. Immersi nelle praterie, incorniciati dagli alberi, i ragazzi vivranno il loro amore e ricorreranno all’omicidio per proseguire insieme il loro cammino nel mondo.

 

Quello che Paolo Mereghetti definì come “Uno dei film più insoliti e preziosi del Cinema americano è un racconto dove natura e violenza si intrecciano, confondendosi in un connubio colmo di bellezza, dolore, inquietudine e vita, elementi che caratterizzeranno la poetica e la filmografia successiva di Malick.

 

[Il trailer originale de La rabbia giovane di Terrence Malick]

 

 

Da ribelli in amore il passo ad amiche fuggiasche sembrerebbe quantomeno lecito, così ci pare giusto continuare questo percorso parlando di un altro grande classico del Cinema americano: Thelma & Louise di Ridley Scott.

 

Il film che vede protagoniste le straordinarie Susan Sarandon e Geena Davis si aggiudicò il Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura Originale ed è considerato tutt’ora un cult movie della Settima Arte.

 

La fuga, la ribellione romantica che era stata protagonista del primo film di Malick, nel caso del film di Scott si declina invece come rivolta del genere femminile contro un sistema ampiamente maschilista: due amiche che, in seguito a un episodio di violenza, incominciano la loro folle corsa nel Sud degli USA, dirette verso il Messico.

 

Osservando le variazioni tonali del tema e le diverse nature dei rapporti che legano i fuggiaschi, non si può non citare Un mondo perfetto (1993) di Clint Eastwood con Kevin Costner nei panni di un evaso di prigione che instaura un rapporto padre/figlio con il bambino/ostaggio usato come scudo umano per la sua fuga; o, ancora, sarebbe criminoso non accennare alla Palma d’oro del 43º Festival di Cannes, consegnata dal presidente di giuria Bernardo Bertolucci al Cuore Selvaggio di David Lynch.

 

 

[Amiche, ribelli, fuggiasche: Susan Sarandon e Geena Davis sono Thelma & Louise nel film di Ridley Scott]

 

Lì il ribelle in fuga era Sailor Ripley - uno splendido Nicolas Cage - accompagnato dalla sua bella, Lula, interpretata da Laura Dern.

 

Lo scapestrato portato in scena da Lynch, con la sua giacca di pelle di serpente che “rappresenta la mia fede nella libertà personale” è il protagonista perfetto di un neo-noir/road movie grottesco, un’assurda epopea che si colloca fra Il mago di Oz e un’Odissea omerica.

 

Nel calcare la mano, aggiungendo abbondanti dosi di psichedelia e pulp all’argomento, potremmo ricordare Assassini Nati - Natural Born Killers (1994) di Oliver Stone, un film che fa della fuga e della ribellione alle regole prestabilite la sua ragion d’essere.

 

L’undicesimo lungometraggio del regista di Platoon, nel raccontare le malefatte compiute da Mickey e Mallory Knox (Woody Harrelson e Juliette Lewis) si produsse in una feroce - e schizofrenica - critica al sistema dei media affetti da un morboso voyeurismo rispetto alla violenza presente negli States, spacialmente nelle loro suburbia.

 

 

[Armi, due cuori e una decapottabile: tutto il necessario per una vita in fuga. Natural Born Killers di Oliver Stone]

 

Il cerchio argomentativo qui brevemente tracciato si potrebbe chiudere simmetricamente, ritornando alla sua origine: Sean Penn.

 

L’attore e regista americano, dopo il Lupo solitario - con un cast strepitoso composto da Viggo MortensenDavid Morse, Valeria Golino Dennis Hopper - e prima di Una vita in fuga, nel 2007 diresse Into the Wild - Nelle Terre Selvagge, basato sulla storia vera di Christopher "Alexander Supertramp" McCandless.

Chris (interpretato da Emile Hirsch) è stato uno spirito libero, un giovane in fuga continua da un mondo, quello creato dall’uomo, da lui sempre ripudiato in favore di una vita semplice in mezzo alla natura.

 

 

Le musiche straordinarie di Eddie Vedder - create ad hoc per il film dal frontman del Pearl Jam - accompagnano il film di Penn, dedicato alla libera esistenza di un ragazzo che rinunciò a tutto, anche alla famiglia, pur di stare in contatto con sé stesso e con un - utopico - mondo bucolico, armonico e aggraziato.

 

[Quando colonna sonora e film si intrecciano alla perfezione: Guaranteed di Eddie Vedder]

 

 

Una vita in fuga (in originale Flag day) prosegue il discorso sui ribelli, portato avanti nel corso degli anni da Sean Penn, che qui interpreta anche il ruolo di co-protagonista.

 

La storia della produzione è ricavata da Flim-Flam Man: The True Story of My Father's Counterfeit Life, libro biografico/memoriale di Jennifer Vogel, dedicato al suo legame con il padre, John Vogel, falsario e rapinatore di banche con il quale ebbe un rapporto dominato da passioni fortissime e, spesso, anche contrastanti. 

Una storia vera, di vita vissuta, che coinvolge un padre e una figlia portati sullo schermo da un padre e una figlia, Sean e Dylan Penn, in un duetto dove per lo spettatore la complicità fra i due è semplicemente palpabile.

 

“Lavorare con mio padre nei panni del mio co-protagonista e del mio regista è stata un'esperienza estremamente intensa!

Detto questo, è realmente il miglior partner e il miglior regista con cui abbia mai lavorato. Mi sono sentita incredibilmente sostenuta e questo mi ha permesso di essere estremamente vulnerabile e nuda sul piano emotivo.

 

È davvero bravo a parlare con gli attori per ottenere quello che vuole; per quanto sul set dia l'impressione di essere esigente, è confortante avere una persona che sa esattamente quello che vuole, dal modo in cui fai la riga nei capelli a quello in cui entri in una stanza.

Lavorare con mio fratello è stato un vero regalo, rende tutto molto semplice. 

Nella vita reale siamo molto uniti e penso che la nostra complicità appaia in modo evidente nelle scene che abbiamo insieme”

 

Il sesto lungometraggio a soggetto di Sean Penn, infatti, annovera nel proprio cast anche Josh Brolin e Hopper Jack Penn, secondogenito dell'attore protagonista di Dead Man Walking - Condannato a Morte.

 

[Olivia Vedder canta My Father's Daughter, main track di Una vita in fuga]

 

 

Il regista, vincitore di due Premi Oscar per Mystic River e Milk, per quanto concerne la colonna sonora ha deciso di appoggiarsi ancora una volta alla penna e alla voce di Eddie Vedder che, curiosamente, ha permesso alla figlia Olivia di esordire proprio nella soundtrack di Una vita in fuga.

 

Una storia di padri e figlie, dunque.

Un film - girato in pellicola 16mm - che racconta di ribelli, di fughe e passioni brucianti sullo sfondo di un’America che evolve, si trasforma e cresce insieme ai suoi due splendidi protagonisti.

 

Una vita in fuga sarà nelle nostre sale a partire da giovedì 31 marzo.

 

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